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Document 62009CJ0108
Judgment of the Court (Third Chamber) of 2 December 2010.#Ker-Optika bt v ÀNTSZ Dél-dunántúli Regionális Intézete.#Reference for a preliminary ruling: Baranya megyei bíróság - Hungary.#Free movement of goods - Public health - Selling of contact lenses via the Internet - National legislation authorising the sale of contact lenses solely in medical supply shops - Directive 2000/31/EC - Information society - Electronic commerce.#Case C-108/09.
Sentenza della Corte (Terza Sezione) del 2 dicembre 2010.
Ker-Optika bt contro ÀNTSZ Dél-dunántúli Regionális Intézete.
Domanda di pronuncia pregiudiziale: Baranya megyei bíróság - Ungheria.
Libera circolazione delle merci - Sanità pubblica - Commercializzazione delle lenti a contatto via Internet - Normativa nazionale che autorizza la vendita di lenti a contatto nei soli negozi specializzati in dispositivi medici - Direttiva 2000/31/CE - Società dell’informazione - Commercio elettronico.
Causa C-108/09.
Sentenza della Corte (Terza Sezione) del 2 dicembre 2010.
Ker-Optika bt contro ÀNTSZ Dél-dunántúli Regionális Intézete.
Domanda di pronuncia pregiudiziale: Baranya megyei bíróság - Ungheria.
Libera circolazione delle merci - Sanità pubblica - Commercializzazione delle lenti a contatto via Internet - Normativa nazionale che autorizza la vendita di lenti a contatto nei soli negozi specializzati in dispositivi medici - Direttiva 2000/31/CE - Società dell’informazione - Commercio elettronico.
Causa C-108/09.
Raccolta della Giurisprudenza 2010 I-12213
ECLI identifier: ECLI:EU:C:2010:725
Causa C‑108/09
Ker-Optika bt
contro
ÀNTSZ Dél-dunántúli Regionális Intézete
(domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Baranya megyei bíróság)
«Libera circolazione delle merci — Sanità pubblica — Commercializzazione delle lenti a contatto via Internet — Normativa nazionale che autorizza la vendita di lenti a contatto nei soli negozi specializzati in dispositivi medici — Direttiva 2000/31/CE — Società dell’informazione — Commercio elettronico»
Massime della sentenza
1. Ravvicinamento delle legislazioni — Commercio elettronico — Direttiva 2000/31
(Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2000/31)
2. Libera circolazione delle merci — Restrizioni quantitative — Misure di effetto equivalente
(Artt. 34 TFUE e 36 TFUE; direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2000/31, art. 3, n. 4)
1. Le norme nazionali relative alla commercializzazione di lenti a contatto rientrano nell’ambito di applicazione della direttiva 2000/31, relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell’informazione, in particolare il commercio elettronico, nel mercato interno («direttiva sul commercio elettronico»), nei limiti in cui riguardano l’atto di vendita via Internet di siffatte lenti, vale a dire, segnatamente, l'offerta on line e la conclusione del contratto con mezzi elettronici. Per contro, le norme nazionali concernenti la consegna di dette lenti non rientrano nell’ambito di applicazione di tale direttiva.
(v. punti 28, 31, 77 e dispositivo)
2. Gli artt. 34 TFUE e 36 TFUE nonché la direttiva 2000/31, relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell’informazione, in particolare il commercio elettronico, nel mercato interno («direttiva sul commercio elettronico»), devono essere interpretati nel senso che essi ostano ad una normativa nazionale che autorizzi la commercializzazione di lenti a contatto esclusivamente in negozi specializzati in dispositivi medici.
Invero, una siffatta normativa costituisce una misura di effetto equivalente a una restrizione quantitativa vietata dall’art. 34 TFUE, dal momento che il divieto della vendita di lenti a contatto via Internet che ne deriva si applica alle lenti a contatto provenienti da altri Stati membri che formano oggetto di una vendita per corrispondenza e di una consegna presso il domicilio dei consumatori residenti sul territorio nazionale e priva gli operatori provenienti da altri Stati membri di una modalità particolarmente efficace di commercializzazione di tali prodotti, ostacolando quindi considerevolmente l’accesso di questi ultimi al mercato dello Stato membro interessato.
Certamente, riservando la consegna di lenti a contatto ai negozi di ottica che offrono i servizi di un ottico qualificato, una siffatta normativa è atta a garantire la realizzazione dell’obiettivo volto ad assicurare la tutela della salute degli utilizzatori di lenti a contatto. Tuttavia, adottando una simile normativa, il legislatore nazionale ha superato i limiti del margine discrezionale di cui dispone per decidere il livello al quale intende garantire la tutela della sanità pubblica e tale normativa deve ritenersi eccessiva rispetto a quanto necessario per il perseguimento dell’obiettivo invocato, dal momento che tale obiettivo può essere raggiunto tramite misure meno restrittive di quelle risultanti dalla suddetta normativa, consistenti nel sottoporre a talune restrizioni soltanto la prima consegna di lenti e nell’imporre agli operatori economici interessati la messa a disposizione del cliente di un ottico qualificato.
Per gli stessi motivi, detta normativa, prevedendo un divieto di vendita di lenti a contatto via Internet, non può essere considerata proporzionata all’obiettivo di tutela della sanità pubblica, ai sensi dell’art. 3, n. 4, della direttiva 2000/31.
(v. punti 58, 64, 74-76, 78 e dispositivo)
SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)
2 dicembre 2010 (*)
«Libera circolazione delle merci – Sanità pubblica – Commercializzazione delle lenti a contatto via Internet – Normativa nazionale che autorizza la vendita di lenti a contatto nei soli negozi specializzati in dispositivi medici – Direttiva 2000/31/CE – Società dell’informazione – Commercio elettronico»
Nel procedimento C‑108/09,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Baranya megyei bíróság (Ungheria), con decisione 10 febbraio 2009, pervenuta in cancelleria il 23 marzo 2009, nella causa
Ker-Optika bt
contro
ÀNTSZ Dél-dunántúli Regionális Intézete,
LA CORTE (Terza Sezione),
composta dal sig. K. Lenaerts, presidente di sezione, dal sig. D. Šváby, dalla sig.ra R. Silva de Lapuerta, dai sigg. E. Juhász e J. Malenovský (relatore), giudici,
avvocato generale: sig. P. Mengozzi
cancelliere: sig. B. Fülöp, amministratore
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 15 aprile 2010,
considerate le osservazioni presentate:
– per il governo ungherese, dalle sig.re R. Somssich, K. Szíjjártó e K. Veres, nonché dal sig. M. Fehér, in qualità di agenti;
– per il governo ceco, dal sig. M. Smolek, in qualità di agente;
– per il governo ellenico, dalla sig.ra E. Skandalou, in qualità di agente;
– per il governo spagnolo, dal sig. J.M. Rodríguez Cárcamo, in qualità di agente;
– per il governo dei Paesi Bassi, dalla sig.ra C. Wissels, dai sigg. M. de Grave e Y. de Vries, in qualità di agenti;
– per la Commissione europea, dai sigg. H. Krämer e A. Sipos, in qualità di agenti,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 15 giugno 2010,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 8 giugno 2000, 2000/31/CE, relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell’informazione, in particolare il commercio elettronico, nel mercato interno («direttiva sul commercio elettronico») (GU L 178, pag. 1), nonché degli artt. 34 TFUE e 36 TFUE.
2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la Ker-Optika bt (in prosieguo: la «Ker-Optika») e l’ÀNTSZ Dél‑dunántúli Regionális Intézete (Direzione regionale per il Transudanubio meridionale del Servizio nazionale per la sanità pubblica e l’assistenza sanitaria; in prosieguo: l’«ÀNTSZ»), in merito ad una decisione amministrativa secondo cui tale autorità ha vietato alla Ker-Optika la commercializzazione di lenti a contatto via Internet.
Contesto normativo
La normativa dell’Unione
3 Ai sensi dell’art. 1, n. 2, della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 22 giugno 1998, 98/34/CE, che prevede una procedura d’informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell’informazione (GU L 204, pag. 37), come modificata dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 20 luglio 1998, 98/48/CE (GU L 217, pag. 18; in prosieguo: la «direttiva 98/34»), si intende per:
«“servizio”: qualsiasi servizio della società dell’informazione, vale a dire qualsiasi servizio prestato normalmente dietro retribuzione, a distanza, per via elettronica e a richiesta individuale di un destinatario di servizi.
Ai fini della presente definizione si intende:
– “a distanza”: un servizio fornito senza la presenza simultanea delle parti;
– “per via elettronica”: un servizio inviato all’origine e ricevuto a destinazione mediante attrezzature elettroniche di trattamento (compresa la compressione digitale) e di memorizzazione di dati, e che è interamente trasmesso, inoltrato e ricevuto mediante fili, radio, mezzi ottici od altri mezzi elettromagnetici;
– “a richiesta individuale di un destinatario di servizi”: un servizio fornito mediante trasmissione di dati su richiesta individuale.
(...)».
4 Il diciottesimo, il ventunesimo e il trentaquattresimo ‘considerando’ della direttiva 2000/31 enunciano quanto segue:
«(18)I servizi della società dell’informazione abbracciano una vasta gamma di attività economiche svolte in linea (on line). Tali attività possono consistere, in particolare, nella vendita in linea di merci. Non sono contemplate attività come la consegna delle merci in quanto tale o la prestazione di servizi non in linea. (...). Le attività che, per loro stessa natura, non possono essere esercitate a distanza o con mezzi elettronici, quali la revisione dei conti delle società o le consulenze mediche che necessitano di un esame fisico del paziente, non sono servizi della società dell’informazione.
(...)
(21) (…) L’ambito regolamentato comprende unicamente requisiti riguardanti le attività in linea, quali l’informazione in linea, la pubblicità in linea, la vendita in linea, i contratti in linea, e non comprende i requisiti legali degli Stati membri relativi alle merci, quali le norme in materia di sicurezza, gli obblighi di etichettatura e la responsabilità per le merci, o i requisiti degli Stati membri relativi alla consegna o al trasporto delle merci, compresa la distribuzione di prodotti medicinali. (...)
(...)
(34) Gli Stati membri dovrebbero adeguare le parti della propria legislazione relative soprattutto ai requisiti di forma che potrebbero ostacolare il ricorso ai contratti per via elettronica. L’esame delle legislazioni che richiedono tale adeguamento deve essere sistematico e comprendere tutte le fasi e gli atti necessari alla formazione del contratto, compresa l’archiviazione del medesimo. Il risultato di tale adeguamento dovrebbe rendere possibili i contratti per via elettronica. (…)».
5 L’art. 1, nn. 1-3 e 5, della direttiva 2000/31 dispone quanto segue:
«1. La presente direttiva mira a contribuire al buon funzionamento del mercato interno garantendo la libera circolazione dei servizi della società dell’informazione tra Stati membri.
2. La presente direttiva ravvicina, nella misura necessaria alla realizzazione dell’obiettivo di cui al paragrafo 1, talune norme nazionali sui servizi della società dell’informazione che interessano il mercato interno, lo stabilimento dei prestatori, le comunicazioni commerciali, i contratti per via elettronica, la responsabilità degli intermediari, i codici di condotta, la composizione extragiudiziaria delle controversie, i ricorsi giurisdizionali e la cooperazione tra Stati membri.
3. La presente direttiva completa il diritto comunitario relativo ai servizi della società dell’informazione facendo salvo il livello di tutela, in particolare, della sanità pubblica e dei consumatori, garantito dagli strumenti comunitari e dalla legislazione nazionale di attuazione nella misura in cui esso non limita la libertà di fornire servizi della società dell’informazione.
(…)
5. La presente direttiva non si applica:
a) in materia tributaria;
b) alle questioni relative ai servizi della società dell’informazione oggetto delle direttive 95/46/CE e 97/66/CE;
c) alle questioni relative a accordi o pratiche disciplinati dal diritto delle intese;
d) [le] seguenti attività dei servizi della società dell’informazione:
– le attività dei notai o di altre professioni equivalenti, nella misura in cui implicano un nesso diretto e specifico con l’esercizio dei pubblici poteri;
– la rappresentanza e la difesa processuali;
– i giochi d’azzardo che implicano una posta pecuniaria in giochi di fortuna, comprese le lotterie e le scommesse».
6 L’art. 2 della direttiva 2000/31 è formulato nel seguente modo:
«Ai fini della presente direttiva valgono le seguenti definizioni:
a) “servizi della società dell’informazione”: i servizi ai sensi dell’articolo 1, punto 2, della direttiva 98/34 (...);
(...);
h) “ambito regolamentato”: le prescrizioni degli ordinamenti degli Stati membri e applicabili ai prestatori di servizi della società dell’informazione o ai servizi della società dell’informazione, indipendentemente dal fatto che siano di carattere generale o loro specificamente destinati.
i) l’ambito regolamentato riguarda le prescrizioni che il prestatore deve soddisfare per quanto concerne:
– l’accesso all’attività di servizi della società dell’informazione, quali ad esempio le prescrizioni riguardanti le qualifiche e i regimi di autorizzazione o notifica;
– l’esercizio dell’attività di servizi della società dell’informazione, quali ad esempio le prescrizioni riguardanti il comportamento del prestatore, la qualità o i contenuti del servizio, comprese le prescrizioni applicabili alla pubblicità e ai contratti, oppure la responsabilità del prestatore;
ii) l’ambito regolamentato non comprende le norme su:
– le merci in quanto tali,
– la consegna delle merci,
– i servizi non prestati per via elettronica».
7 Ai sensi dell’art. 3 della direttiva 2000/31:
1. Ogni Stato membro provvede affinché i servizi della società dell’informazione, forniti da un prestatore stabilito nel suo territorio, rispettino le disposizioni nazionali vigenti in detto Stato membro nell’ambito regolamentato.
2. Gli Stati membri non possono, per motivi che rientrano nell’ambito regolamentato, limitare la libera circolazione dei servizi della società dell’informazione provenienti da un altro Stato membro.
(…).
4. Gli Stati membri possono adottare provvedimenti in deroga al paragrafo 2, per quanto concerne un determinato servizio della società dell’informazione, in presenza delle seguenti condizioni:
a) i provvedimenti sono:
i) necessari per una delle seguenti ragioni:
– ordine pubblico, in particolare per l’opera di prevenzione, investigazione individuazione e perseguimento in materie penali, quali la tutela dei minori e la lotta contro l’incitamento all’odio razziale, sessuale, religioso o etnico, nonché violazioni della dignità umana della persona;
– tutela della sanità pubblica;
– pubblica sicurezza, compresa la salvaguardia della sicurezza, e della difesa nazionale;
– tutela dei consumatori, ivi compresi gli investitori;
ii) relativi a un determinato servizio della società dell’informazione lesivo degli obiettivi di cui al punto i) o che costituisca un rischio serio e grave di pregiudizio a tali obiettivi;
iii) proporzionati a tali obiettivi;
b) prima di adottare i provvedimenti in questione e fatti salvi i procedimenti giudiziari, anche istruttori, e gli atti compiuti nell’ambito di un’indagine penale, lo Stato membro ha:
– chiesto allo Stato membro di cui al paragrafo 1 di prendere provvedimenti e questo non li ha presi o essi non erano adeguati;
– notificato alla Commissione e allo Stato membro di cui al paragrafo 1 la sua intenzione di prendere tali provvedimenti.
5. In caso di urgenza, gli Stati membri possono derogare alle condizioni di cui al paragrafo 4, lettera b). I provvedimenti vanno allora notificati al più presto alla Commissione e allo Stato membro di cui al paragrafo 1, insieme ai motivi dell’urgenza.
(…)».
8 L’art. 4, n. 1, della detta direttiva stabilisce che:
«Gli Stati membri garantiscono che l’accesso all’attività di un prestatore di un servizio della società dell’informazione ed il suo esercizio non siano soggetti ad autorizzazione preventiva o ad altri requisiti di effetto equivalente».
9 Ai sensi dell’art. 9, n. 1, della direttiva 2000/31:
«Gli Stati membri provvedono affinché il loro ordinamento giuridico renda possibili i contratti per via elettronica. Essi, in particolare, assicurano (...) che la normativa relativa alla formazione del contratto non osti all’uso effettivo dei contratti elettronici e non li privi di efficacia e validità in quanto stipulati per via elettronica».
La normativa nazionale
10 In base all’art. 3, n. 1, della legge CVIII. del 2001 sul commercio elettronico e sui servizi della società dell’informazione (a elektronikus kereskedelmi szolgáltatások, valamint az információs társadalommal összefùggő szolgáltatásokról szóló 2001. évi CVIII. Törvény; in prosieguo: la «legge sul commercio elettronico»):
«Al fine di intraprendere o esercitare un’attività di prestazione di servizi della società dell’informazione non è necessaria una previa autorizzazione né una decisione amministrativa avente effetti analoghi».
11 Ai sensi dell’art. 3, n. 1, del regolamento 7/2004 (XI. 23.) del Ministero della Salute in materia di requisiti professionali ai fini della vendita, della riparazione e del noleggio di dispositivi medici [a gyógyászati segédeszközök forgalmazásának, javításának, kölcsönzésének szakmai követelményeiről szóló 7/2004 (XI. 23.) Egészségügyi Minisztériumi rendelet]:
«La vendita, la riparazione e il noleggio di dispositivi medici (...) possono avere luogo in negozi specializzati in dispositivi medici, a condizione che dispongano della licenza d’esercizio conforme alla normativa in materia e soddisfino le condizioni di cui ai punti I.1 e I.2 dell’allegato 2 del presente regolamento».
12 Secondo l’allegato 1 di tale regolamento:
«Sono esclusi dall’ambito di applicazione del presente regolamento i seguenti dispositivi medici:
(...)
– gli articoli ottici di serie, fatta eccezione per le lenti a contatto;
(...)».
13 Dall’allegato 2, punto I.1., lett. d), di detto regolamento risulta che per poter commercializzare lenti a contatto e occhiali realizzati in conformità alle misure individuali è necessario disporre di un negozio avente una superficie minima di 18 m2 o di un locale separato dal laboratorio. Tra le condizioni relative al personale figura, nel punto I. 2, lett. c), di tale allegato, il requisito secondo cui si deve ricorrere ai servizi di un optometrista o di un medico oftalmologo qualificato in materia di lenti a contatto.
Causa principale e questioni pregiudiziali
14 La Ker-Optika commercializza lenti a contatto tramite il suo sito Internet. Con decisione 29 agosto 2008, l’ÀNTSZ Pécsi, Sellyei, Siklósi Kistérségi Intézete (istituto locale dell’ÀNTSZ per le circoscrizioni di Pécs, Sellye e Siklós) le ha vietato questa attività.
15 A seguito di un reclamo presentato dalla Ker-Optika contro tale decisione, l’ÀNTSZ, con decisione 14 novembre 2008, ha confermato detto divieto.
16 L’ÀNTSZ si è fondata in particolare sulle disposizioni del regolamento 7/2004 (XI. 23.) del Ministero della Salute in base alle quali la commercializzazione di lenti a contatto può avvenire esclusivamente in negozi specializzati nella vendita di dispositivi medici o tramite consegna a domicilio a fini di consumo finale. Orbene, quest’ultima nozione, per denominazione e per oggetto, non includerebbe la commercializzazione via Internet.
17 La Ker-Optika ha proposto ricorso avverso detta decisione facendo valere, in particolare, che la commercializzazione di lenti a contatto via Internet non può essere oggetto di restrizioni alla luce dell’art. 3, n. 1, della legge sul commercio elettronico, il quale garantisce un libero esercizio dell’attività di prestatore di un servizio della società dell’informazione.
18 Al riguardo, l’ÀNTSZ ha invocato il diciottesimo ‘considerando’ della direttiva 2000/31 dal quale risulterebbe che l’ambito di applicazione della legge sul commercio elettronico non può includere la commercializzazione di lenti a contatto via Internet. Infatti, secondo tale ‘considerando’, attività che, per loro stessa natura, non possono essere esercitate a distanza o con mezzi elettronici, quali le consulenze mediche che necessitano di un esame fisico del paziente, non costituiscono servizi della società dell’informazione. Orbene, la commercializzazione di lenti a contatto richiederebbe un siffatto esame.
19 In tali circostanze, il Baranya megyei bíróság (tribunale provinciale della Baranya) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se la vendita di lenti a contatto rientri tra le consulenze mediche che necessitano di un esame fisico del paziente e, pertanto, sia esclusa dall’ambito di applicazione della direttiva [2000/31].
2) Ove la vendita di lenti a contatto non rientri tra le consulenze mediche che necessitano di un esame fisico del paziente, se l’art. 30 CE sia allora da interpretarsi nel senso che osta a una normativa nazionale ai sensi della quale le lenti a contatto possono essere vendute esclusivamente in negozi specializzati in dispositivi medici.
3) Se il principio della libera circolazione delle merci ai sensi dell’art. 28 CE osti alla normativa ungherese che consente la vendita di lenti a contatto esclusivamente in negozi specializzati in dispositivi medici».
Sulle questioni pregiudiziali
20 Con le sue questioni, da esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se il diritto dell’Unione osti ad una normativa nazionale come quella di cui trattasi nella causa principale che autorizza la commercializzazione di lenti a contatto esclusivamente in negozi specializzati nella vendita di dispositivi medici e che vieta, di conseguenza, la commercializzazione di queste ultime via Internet.
21 Per risolvere le questioni sottoposte, occorre individuare le disposizioni del diritto dell’Unione applicabili alla commercializzazione via Internet di lenti a contatto e determinare successivamente se tali disposizioni ostino a norme nazionali quali quelle di cui trattasi nella causa principale.
22 Anzitutto, nell’ambito di una vendita via Internet, si possono distinguere, segnatamente, i seguenti elementi. Una siffatta commercializzazione comprende, in un primo tempo, l’atto di vendita propriamente detto, caratterizzato dall’offerta di contrattare on line nonché dalla conclusione di un contratto con mezzi elettronici. In un secondo tempo, detta commercializzazione comporta la consegna del prodotto venduto che viene normalmente effettuata presso il domicilio del cliente. Peraltro, in alcuni casi particolari, la vendita o la consegna sono precedute dal consulto medico fornito al cliente.
Sulla direttiva 2000/31
23 Per quanto riguarda, in primo luogo, l’atto di vendita, si deve ricordare anzitutto che, conformemente agli artt. 1, n. 2, e 2, lett. a), della direttiva 2000/31, quest’ultima ravvicina talune disposizioni nazionali applicabili ai servizi della società dell’informazione, vale a dire ai servizi forniti normalmente dietro retribuzione, a distanza con mezzi elettronici e su richiesta individuale di un destinatario di servizi.
24 Come risulta dal diciottesimo ‘considerando’ della direttiva 2000/31, siffatti servizi della società dell’informazione includono in particolare la vendita di beni on line.
25 Tale indicazione è corroborata dalla motivazione della proposta di direttiva presentata dalla Commissione il 18 novembre 1998 [COM(1998) 586 def.] che precisa che i servizi della società dell’informazione includono i servizi di vendita di beni e i servizi che consentono di effettuare transazioni elettroniche on line al fine di acquistare merci, come la televendita interattiva e i centri commerciali on line.
26 Va rilevato poi che, conformemente al trentaquattresimo ‘considerando’ e all’art. 9, n. 1, della direttiva 2000/31, gli Stati membri devono adeguare sistematicamente la propria legislazione relativa ai requisiti che potrebbero ostacolare il ricorso ai contratti per via elettronica e che comprende tutte le fasi e gli atti necessari alla formazione del contratto riguardante la vendita di beni on line, quali l’offerta di contrattare, la negoziazione e la conclusione del contratto con mezzi elettronici.
27 Infine, si deve sottolineare che le attività di vendita di dispositivi medici quali le lenti a contatto non figurano tra le attività alle quali, in forza dell’art. 1, n. 5, della direttiva 2000/31, quest’ultima non è applicabile.
28 Di conseguenza, l’ambito regolamentato dalla direttiva 2000/31 include le disposizioni nazionali che vietano gli atti relativi alla vendita di lenti a contatto, vale a dire, in particolare, l’offerta on line e la conclusione del contratto con mezzi elettronici.
29 In secondo luogo, per quanto concerne l’operazione di consegna, si deve rilevare che, secondo il dettato stesso dell’art. 2, lett. h), ii), della direttiva 2000/31, l’ambito regolamentato non comprende i requisiti applicabili alla consegna di beni per i quali è stato concluso un contratto con mezzi elettronici.
30 Pertanto, le norme nazionali relative alle condizioni in cui una merce venduta via Internet può essere consegnata sul territorio di uno Stato membro non rientrano nell’ambito di applicazione di detta direttiva.
31 Ne discende che le condizioni di consegna di lenti a contatto non rientrano nell’ambito di applicazione della direttiva 2000/31.
32 In terzo luogo, occorre esaminare se le summenzionate constatazioni siano pregiudicate dal fatto che la vendita o la consegna di lenti a contatto possano essere soggette al previo consulto medico fornito al cliente.
33 Al riguardo, come rilevato dal diciottesimo ‘considerando’ della direttiva 2000/31, le attività che, per loro stessa natura, non possono essere esercitate a distanza o con mezzi elettronici, quali le consulenze mediche che necessitano di un esame fisico del paziente, non costituiscono servizi della società dell’informazione e, pertanto, non rientrano in tale direttiva.
34 Ciò considerato, nell’ipotesi in cui la consulenza medica che necessiti di un esame fisico del cliente facesse indissociabilmente parte della vendita delle lenti a contatto, il requisito di una siffatta consulenza comporterebbe che tale vendita non rientrerebbe, in definitiva, nell’ambito di applicazione di detta direttiva.
35 Su questo punto, va rilevato che tali lenti entrano direttamente a contatto con gli occhi e costituiscono dispositivi medici la cui applicazione può causare, in casi particolari, infiammazioni dell’occhio, se non addirittura difetti visivi permanenti, poiché tali patologie possono essere provocate dal solo fatto di portare dette lenti. La necessità di un previo consulto medico può dunque rivelarsi giustificata.
36 Al riguardo, il soggetto che intende portare lenti a contatto può essere tenuto a sottoporsi ad un esame oftalmologico preventivo durante il quale, da un lato, si verifica che considerazioni di ordine medico non ostino all’utilizzo delle lenti da parte sua e, dall’altro, sono determinati i valori esatti, in diottrie, della correzione necessaria.
37 Tuttavia, questo esame non fa indissociabilmente parte della vendita di lenti a contatto. Infatti, esso può essere effettuato indipendentemente dall’atto di vendita, dato che la vendita può essere realizzata, anche a distanza, sulla base di una prescrizione del medico oftalmologo che ha preventivamente esaminato il cliente.
38 Di conseguenza, occorre considerare che il consulto medico che necessita di un esame fisico del paziente, al quale può essere subordinata la vendita di lenti a contatto, è dissociato da quest’ultima.
39 Peraltro, sebbene sia vero che considerazioni di ordine sanitario possono esigere che il cliente si sottoponga altresì a consulti medici ai fini delle verifiche fisiche dell’inserimento delle lenti nonché a controlli oftalmologici periodici per determinare l’effetto che l’uso delle lenti comporta, tali verifiche e controlli avvengono durante l’utilizzo delle lenti oppure successivamente alla consegna di queste ultime. In tal modo, detti consulti medici non possono essere associati all’atto di vendita delle lenti.
40 Ne consegue che una disposizione nazionale che vietasse la vendita di siffatte lenti via Internet rientrerebbe, in linea di principio, nell’ambito di applicazione della direttiva 2000/31.
Sul diritto primario
41 Poiché le norme relative alle condizioni di consegna di lenti a contatto non rientrano nell’ambito di applicazione della direttiva 2000/31, esse devono essere valutate alla luce del diritto primario, vale a dire del Trattato FUE.
42 In via preliminare, occorre verificare se dette norme debbano essere esaminate dal punto di vista della libera prestazione di servizi, come sostenuto dal governo ungherese, o da quello della libera circolazione delle merci, come suggerisce il giudice del rinvio.
43 A questo proposito, dalla giurisprudenza della Corte risulta, da un lato, che, quando un provvedimento nazionale si ricollega sia alla libera circolazione delle merci sia ad un’altra libertà fondamentale, la Corte l’esamina, in linea di principio, con riferimento ad una sola delle due libertà fondamentali qualora risulti che una delle due è affatto secondaria rispetto all’altra e può esserle ricollegata (v., in questo senso, sentenze 24 marzo 1994, causa C‑275/92, Schindler, Racc. pag. I‑1039, punto 22, nonché 26 maggio 2005, causa C‑20/03, Burmanjer e a., Racc. pag. I‑4133, punto 35).
44 Dall’altro lato, emerge dalla sentenza 11 dicembre 2003, causa C‑322/01, Deutscher Apothekerverband (Racc. pag. I‑14887, punti 65, 76 e 124), che una misura nazionale che riguardi una modalità caratterizzata dalla vendita di merci via Internet e la consegna di queste ultime presso il domicilio del consumatore deve essere esaminata unicamente con riferimento alle norme in materia di libera circolazione delle merci e, pertanto, alla luce degli artt. 34 TFUE e 36 TFUE.
45 Nel caso di specie, la normativa nazionale che vieta la commercializzazione di lenti a contatto via Internet verte su una modalità di vendita caratterizzata dalla consegna di siffatte lenti presso il domicilio del consumatore.
46 Di conseguenza, tale normativa va esaminata alla luce degli artt. 34 TFUE e 36 TFUE.
Sull’esistenza di un ostacolo alla libera circolazione delle merci
47 Secondo costante giurisprudenza, ogni normativa commerciale degli Stati membri idonea ad ostacolare direttamente o indirettamente, in atto o in potenza, il commercio nell’ambito dell’Unione deve essere considerata come una misura d’effetto equivalente a restrizioni quantitative ai sensi dell’art. 34 TFUE (v., segnatamente, sentenze 11 luglio 1974, causa 8/74, Dassonville, Racc. pag. 837, punto 5, e 10 febbraio 2009, causa C‑110/05, Commissione/Italia, Racc. pag. I‑519, punto 33).
48 Da giurisprudenza parimenti costante risulta che l’art. 34 TFUE riflette l’obbligo di rispettare i principi di non discriminazione e di mutuo riconoscimento dei prodotti legalmente fabbricati e commercializzati in altri Stati membri e di assicurare, altresì, ai prodotti dell’Unione libero accesso ai mercati nazionali (v. sentenza Commissione/Italia, cit., punto 34, e giurisprudenza ivi citata).
49 Occorre perciò considerare come misure di effetto equivalente a restrizioni quantitative le misure adottate da uno Stato membro che abbiano per oggetto o per effetto di penalizzare i prodotti provenienti da altri Stati membri, così come le norme che stabiliscono quali requisiti debbano possedere le merci, anche qualora tali norme siano indistintamente applicabili a tutti i prodotti (v. sentenza Commissione/Italia, cit., punti 35 e 37).
50 Nella medesima nozione rientra altresì ogni altra misura che ostacoli l’accesso al mercato di uno Stato membro di prodotti originari di altri Stati membri (sentenza Commissione/Italia, cit., punto 37).
51 Per tale motivo, può costituire ostacolo diretto o indiretto, in atto o in potenza, agli scambi commerciali tra gli Stati membri, ai sensi della giurisprudenza di cui alla citata sentenza Dassonville, l’assoggettamento di prodotti provenienti da altri Stati membri a disposizioni nazionali che limitino o vietino talune modalità di vendita, a meno che tali disposizioni non valgano nei confronti di tutti gli operatori interessati che svolgono la propria attività sul territorio nazionale e a meno che non incidano in egual misura, tanto sotto il profilo giuridico quanto sotto quello sostanziale, sullo smercio dei prodotti sia nazionali sia provenienti da altri Stati membri. Infatti, l’applicazione di normative di tal genere alla vendita di prodotti provenienti da un altro Stato membro e rispondenti alle norme stabilite da tale Stato costituisce elemento atto ad impedire l’accesso di tali prodotti al mercato o ad ostacolarlo in misura maggiore rispetto all’ostacolo rappresentato per i prodotti nazionali (v., in tal senso, sentenze 24 novembre 1993, cause riunite C‑267/91 e C‑268/91, Keck e Mithouard, Racc. pag. I‑6097, punti 16 e 17, nonché Commissione/Italia, cit., punto 36).
52 Pertanto, occorre esaminare se la normativa nazionale di cui trattasi nella causa principale soddisfi i due requisiti menzionati nel punto precedente della presente sentenza, vale a dire se essa si applichi a tutti gli operatori interessati che svolgono la propria attività sul territorio nazionale e se incida in egual misura, tanto sotto il profilo giuridico quanto sotto quello sostanziale, sullo smercio dei prodotti sia nazionali sia provenienti da altri Stati membri.
53 Per quanto concerne il primo requisito, si deve rilevare che detta normativa si applica a tutti gli operatori interessati alla vendita di lenti a contatto, cosicché tale requisito è soddisfatto.
54 Per quanto riguarda il secondo requisito, è pacifico che il divieto della vendita di lenti a contatto via Internet si applica alle lenti a contatto provenienti da altri Stati membri che formano oggetto di una vendita per corrispondenza e di una consegna presso il domicilio dei consumatori residenti in Ungheria. Orbene, occorre constatare che il divieto delle vendite per corrispondenza di lenti a contatto priva gli operatori provenienti da altri Stati membri di una modalità particolarmente efficace di commercializzazione di tali prodotti e, pertanto, ostacola considerevolmente l’accesso di questi ultimi al mercato dello Stato membro interessato (v., per analogia, riguardo ai medicinali, sentenza Deutscher Apothekerverband, cit., punto 74).
55 Ciò considerato, detta normativa non incide in egual maniera sullo smercio di lenti a contatto da parte di operatori ungheresi e su quello effettuato da operatori di altri Stati membri.
56 Ne consegue che detta normativa costituisce una misura di effetto equivalente a una restrizione quantitativa vietata dall’art. 34 TFUE, a meno che essa non possa essere oggettivamente giustificata.
Sulla giustificazione dell’ostacolo alla libera circolazione delle merci
57 Secondo una giurisprudenza costante, un ostacolo alla libera circolazione delle merci può essere giustificato da motivi di interesse generale indicati nell’art. 36 TFUE oppure da una ragione imperativa. In entrambi i casi, la misura nazionale deve essere idonea a garantire la realizzazione dell’obiettivo perseguito e non eccedere quanto necessario per il suo raggiungimento (v., segnatamente, sentenza Commissione/Italia, cit., punto 59, e giurisprudenza ivi citata).
58 Al riguardo, se detta misura rientra nell’ambito della sanità pubblica, è necessario tener conto del fatto che la salute e la vita delle persone occupano una posizione preminente tra i beni e gli interessi protetti dal Trattato e che spetta agli Stati membri stabilire il livello al quale intendono garantire la tutela della sanità pubblica nonché il modo in cui tale livello deve essere raggiunto. Poiché detto livello può variare da uno Stato membro all’altro, si deve riconoscere agli Stati membri un margine discrezionale (v. sentenza 1° giugno 2010, cause riunite C‑570/07 e C‑571/07, Blanco Pérez e Chao Gómez, Racc. pag. I‑4629, punto 44, e giurisprudenza ivi citata).
59 Nella fattispecie, la giustificazione invocata dal governo ungherese verte sulla necessità di garantire la tutela della salute degli utilizzatori di lenti a contatto. Tale giustificazione risponde, pertanto, a preoccupazioni di sanità pubblica riconosciute dall’art. 36 TFUE, le quali possono giustificare un ostacolo alla libera circolazione delle merci.
60 Di conseguenza, si deve esaminare se la normativa di cui trattasi nella causa principale sia idonea a garantire l’obiettivo perseguito in tal modo.
61 A tale proposito, i governi ungherese e spagnolo fanno valere la necessità d’imporre ai clienti la presa in consegna delle lenti a contatto presso negozi specializzati, in quanto essi devono avere accesso ad un ottico che effettui gli esami fisici necessari, che proceda a verifiche e che fornisca loro istruzioni sull’utilizzo di dette lenti.
62 Su tale punto occorre ricordare, come rilevato nel punto 35 della presente sentenza, che il solo fatto di portare lenti a contatto può causare, in casi particolari, infiammazioni dell’occhio, se non addirittura difetti visivi permanenti.
63 Riguardo ai rischi così presentati per la sanità pubblica, uno Stato membro può richiedere che le lenti a contatto siano fornite da un personale qualificato che attiri l’attenzione del cliente su tali rischi, che effettui esami del cliente e che raccomandi o sconsigli a quest’ultimo l’uso di lenti, invitando l’interessato, se del caso, a consultare un medico oftalmologo. A causa di questi rischi, uno Stato membro può anche richiedere che, nel caso in cui l’utilizzo di lenti non sia sconsigliato, un personale qualificato determini il tipo di lenti più idoneo, verifichi il posizionamento delle lenti negli occhi del cliente e fornisca a quest’ultimo informazioni sull’uso corretto e sulla manutenzione delle stesse (v., in tal senso, sentenza 25 maggio 1993, causa C‑271/92, LPO, Racc. pag. I‑2899, punto 11).
64 Infatti, senza eliminare totalmente i rischi corsi dagli utilizzatori di lenti, la messa in relazione con un ottico qualificato e le prestazioni fornite da quest’ultimo possono ridurre tali rischi. Di conseguenza, riservando la consegna di lenti a contatto ai negozi di ottica che offrono i servizi di un siffatto ottico, la normativa di cui trattasi nella causa principale è atta a garantire la realizzazione dell’obiettivo volto ad assicurare la tutela della salute di detti utilizzatori.
65 È tuttavia fondamentale, inoltre, che tale normativa non ecceda quanto necessario al raggiungimento di detto obiettivo, vale a dire che non esistano misure meno restrittive alla libera circolazione delle merci per realizzare l’obiettivo stesso.
66 In primo luogo, riguardo al requisito della necessità della presenza fisica del cliente ai fini di un esame degli occhi da parte di un ottico nel negozio di vendita, va rilevato, da un lato, che gli esami preventivi effettuati a titolo indicativo possono essere realizzati dai medici oftalmologi in una sede diversa dai negozi di ottica.
67 Dall’altro lato, nel fascicolo sottoposto alla Corte nulla consente di constatare che la normativa di cui trattasi nella causa principale imponga all’ottico di sottoporre ogni consegna di lenti ad un esame preventivo o al previo consulto medico o che essa subordini tale consegna a questi requisiti, in particolare nel corso di forniture successive di lenti ad uno stesso cliente.
68 Pertanto, esami e consulti siffatti devono essere considerati facoltativi, cosicché il fatto di sottoporvisi rientra principalmente nella responsabilità di ogni utilizzatore di lenti a contatto, dato che il compito dell’ottico consiste, al riguardo, nel fornire consigli agli utilizzatori.
69 Orbene, i clienti possono essere consigliati, in modo equivalente, prima della consegna delle lenti a contatto, nell’ambito della commercializzazione di queste ultime via Internet, e ciò tramite elementi interattivi esistenti nel sito Internet interessato, i quali devono obbligatoriamente essere utilizzati dal cliente prima di poter procedere all’acquisto di dette lenti (v., in tal senso, per quanto concerne la commercializzazione di medicinali via Internet, sentenza Deutscher Apothekerverband, cit., punto 114).
70 In secondo luogo, è vero che lo Stato membro può richiedere – come constatato nel punto 63 della presente sentenza – che il tipo più adatto di lenti a contatto sia determinato da un ottico, essendo quest’ultimo tenuto a verificare, in tal caso, il posizionamento delle lenti negli occhi del cliente e a fornire a quest’ultimo consigli al fine di un utilizzo e di una manutenzione corretti delle stesse.
71 Tuttavia, occorre rilevare che dette prestazioni s’impongono, in linea di principio, soltanto all’atto della prima consegna di lenti a contatto. Infatti, nel corso delle successive forniture, non è necessario, di regola, fornire al cliente prestazioni simili. È sufficiente che il cliente segnali al venditore il tipo di lenti consegnategli durante la prima fornitura, poiché le caratteristiche di queste lenti sono state adattate, se del caso, da un medico oftalmologo che ha effettuato una nuova prescrizione, la quale tiene conto di variazioni della vista del cliente.
72 In terzo luogo, se l’utilizzo prolungato di lenti a contatto deve essere corredato di informazioni e di consigli supplementari, questi ultimi possono essere forniti al cliente tramite elementi interattivi presenti nel sito Internet del fornitore.
73 Inoltre, lo Stato membro può imporre agli operatori economici interessati l’obbligo di mettere a disposizione del cliente un ottico qualificato che fornisca a quest’ultimo, a distanza, informazioni e consigli personalizzati in materia di utilizzo e di manutenzione delle lenti a contatto. La fornitura a distanza di informazioni e consigli del genere può, d’altronde, presentare vantaggi in quanto essa consente all’utilizzatore di lenti di formulare le proprie domande in modo ponderato, specifico e senza un obbligo di spostamento da parte sua (v., in tal senso, per quanto concerne la commercializzazione di medicinali via Internet, sentenza Deutscher Apothekerverband, cit., punto 113).
74 Da quanto precede discende che l’obiettivo volto a garantire la tutela della salute degli utilizzatori di lenti a contatto può essere raggiunto tramite misure meno restrittive di quelle risultanti dalla normativa di cui trattasi nella causa principale, consistenti nel sottoporre a talune restrizioni soltanto la prima consegna di lenti e nell’imporre agli operatori economici interessati la messa a disposizione del cliente di un ottico qualificato.
75 Di conseguenza, quando uno Stato membro adotta una normativa come quella di cui trattasi nella causa principale, esso supera i limiti del margine discrezionale di cui al punto 58 della presente sentenza, e tale normativa deve ritenersi pertanto eccessiva rispetto a quanto necessario per il perseguimento dell’obiettivo invocato.
76 Per gli stessi motivi, detta normativa, prevedendo un divieto di vendita di lenti a contatto via Internet, non può essere considerata proporzionata all’obiettivo di tutela della sanità pubblica, ai sensi dell’art. 3, n. 4, della direttiva 2000/31.
77 Alla luce delle suesposte considerazioni, occorre risolvere le questioni sollevate dal giudice del rinvio dichiarando che le norme nazionali relative alla commercializzazione di lenti a contatto rientrano nell’ambito di applicazione della direttiva 2000/31 nei limiti in cui riguardano l’atto di vendita via Internet di siffatte lenti. Per contro, norme nazionali concernenti la consegna di dette lenti non rientrano nell’ambito di applicazione di tale direttiva.
78 Gli artt. 34 TFUE e 36 TFUE nonché la direttiva 2000/31 devono essere interpretati nel senso che essi ostano ad una normativa nazionale che autorizzi la commercializzazione di lenti a contatto esclusivamente in negozi specializzati in dispositivi medici.
Sulle spese
79 Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice del rinvio, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara:
Le norme nazionali relative alla commercializzazione di lenti a contatto rientrano nell’ambito di applicazione della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 8 giugno 2000, 2000/31/CE, relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell’informazione, in particolare il commercio elettronico, nel mercato interno («direttiva sul commercio elettronico»), nei limiti in cui riguardano l’atto di vendita via Internet di siffatte lenti. Per contro, le norme nazionali concernenti la consegna di dette lenti non rientrano nell’ambito di applicazione di tale direttiva.
Gli artt. 34 TFUE e 36 TFUE nonché la direttiva 2000/31 devono essere interpretati nel senso che essi ostano ad una normativa nazionale che autorizzi la commercializzazione di lenti a contatto esclusivamente in negozi specializzati in dispositivi medici.
Firme
* Lingua processuale: l’ungherese.