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Document 51999AC0558
Opinion of the Economic and Social Committee on 'Economic Reform: Report on the functioning of Community product and capital markets'
Parere del Comitato economico e sociale in merito al documento «Riforma economica: relazione sul funzionamento dei mercati dei prodotti e dei capitali"
Parere del Comitato economico e sociale in merito al documento «Riforma economica: relazione sul funzionamento dei mercati dei prodotti e dei capitali"
GU C 209 del 22.7.1999, p. 28–35
(ES, DA, DE, EL, EN, FR, IT, NL, PT, FI, SV)
Parere del Comitato economico e sociale in merito al documento «Riforma economica: relazione sul funzionamento dei mercati dei prodotti e dei capitali"
Gazzetta ufficiale n. C 209 del 22/07/1999 pag. 0028 - 0035
Parere del Comitato economico e sociale in merito al documento "Riforma economica: relazione sul funzionamento dei mercati dei prodotti e dei capitali" (1999/C 209/09) Il Comitato economico e sociale ha deciso, in data 25 febbraio 1999, di elaborare, conformemente al disposto dell'articolo 23, secondo paragrafo, del Regolamento interno, un parere sul documento "Riforma economica: relazione sul funzionamento dei mercati dei prodotti e dei capitali". La Sezione "Mercato unico, produzione e consumo", incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il parere sulla base del rapporto introduttivo del relatore Cal e del correlatore Simpson, in data 18 maggio 1999. Il Comitato economico e sociale ha adottato il 26 maggio 1999, nel corso della 364a sessione plenaria, con 77 voti favorevoli e 4 astensioni, il seguente parere. NB:Nel corso dell'elaborazione del parere, l'Osservatorio del Mercato Unico ha inoltre deciso di esaminare i due documenti seguenti: "Valutazione del piano d'azione per il mercato unico, giugno 1997-dicembre 1998" e "Riforme economiche e strutturali nell'UE (Cardiff II)" Introduzione Il Comitato è lieto di potersi pronunciare sull'insieme dei documenti presentati in merito al mercato unico: la valutazione del piano d'azione, la relazione sul funzionamento dei mercati dei prodotti e dei capitali (Cardiff I) e la relazione sulle riforme economiche e strutturali nell'UE (Cardiff II). Come il Comitato ha sempre ripetuto, la valutazione del programma del mercato unico sarebbe dovuta avvenire contemporaneamente sotto il profilo giuridico ed economico, e non limitarsi a indicare l'avvenuto recepimento delle direttive. 1. Valutazione del piano d'azione per il mercato unico, giugno 1997- dicembre 1998 1.1. Dopo il Consiglio europeo di Amsterdam del giugno 1997, la Commissione ha pubblicato il suo piano d'azione per il mercato unico (CSE (97) 1). Il piano conteneva una serie di azioni importanti il cui obiettivo era di migliorare ulteriormente e in modo significativo il funzionamento del mercato unico entro il 1 gennaio 1999. Il più recente documento di valutazione dei progressi realizzati dal piano d'azione (COM (1999) 74 def.), elaborato alla fine del 1998, si basa sulle valutazioni precedenti del Quadro di valutazione del Mercato unico (Quadro del punteggio), il terzo dei quali è stato pubblicato nell'ottobre 1998(1). Ciascuno di tali quadri di valutazione ha formato oggetto di un parere del CES. Il parere in merito alla terza valutazione è stato adottato il 24 febbraio 1999(2). 1.2. Negli ultimi 18 mesi, l'attenzione relativa all'evoluzione del mercato unico si è concentrata principalmente su importanti questioni macroeconomiche, quali la preparazione e l'avvio dell'Unione economica e monetaria, gli sforzi degli Stati membri per soddisfare i criteri di convergenza, la definizione del Patto di Stabilità e di Crescita e gli obblighi nazionali all'interno di tale quadro di riferimento. 1.3. Come sottolinea il documento di valutazione del piano d'azione del mercato unico, oggetto del presente parere, molti altri aspetti del mercato unico nel contempo subivano una costante evoluzione. 1.4. Il documento di valutazione fa il punto delle azioni intraprese per ciascuno dei quattro obiettivi strategici definiti nel piano d'azione: - rendere le norme più efficaci; - affrontare le principali distorsioni del mercato; - eliminare gli ostacoli settoriali all'integrazione dei mercati; - dar vita ad un mercato unico al servizio dei cittadini. 1.5. Il documento passa brevemente in rassegna un gran numero d'impegni presi nell'ambito del piano d'azione. Tali impegni si riferiscono ad iniziative legislative e analisi politiche nonché ad una serie di iniziative specifiche relative agli obiettivi strategici. In precedenti pareri, il Comitato ha riconosciuto il valore di questo approccio e la varietà degli aspetti all'esame. Nel presente parere, il Comitato intende esprimere apprezzamento per il lavoro prezioso su cui riferisce il documento di valutazione e individuare un numero limitato di questioni che meritano di essere approfondite. 1.6. L'esame del piano d'azione da parte del CES è stato agevolato dal modo in cui si configura il documento di valutazione della Commissione. Il Comitato in particolare approva, all'Allegato II, la presentazione analitica del grado di realizzazione di ognuno degli impegni individuati e l'indicazione esplicita dei settori in cui i progressi sono stati deludenti. 1.7. Nelle osservazioni che seguono, il Comitato analizza anzitutto alcuni dei progressi significativi realizzati nel periodo del piano d'azione; in secondo luogo individua un cospicuo numero di insufficienze; infine presenta alcuni suggerimenti su questioni di rilievo che emergono dal piano d'azione e per le quali raccomanda alla Commissione di proseguire il lavoro. Valutazione dei progressi realizzati 1.8. La Commissione giudica il piano d'azione un successo. Nell'introduzione dice testualmente: "Nella maggior parte dei casi, seppur non in tutti, è stato possibile realizzare i progressi perseguiti dal piano d'azione". Il Comitato è d'accordo con questa osservazione e ritiene che la disciplina impartita dal piano d'azione sia stata costruttiva e benefica. Tuttavia, considerando che è la stessa Commissione a valutare i propri risultati, ritiene che una valutazione esterna sarebbe stata forse più critica. 1.9. Molti dei progressi realizzati dal piano d'azione sono necessariamente dei contributi all'evoluzione della strategia politica e non delle fasi complete e a sé stanti. Pertanto non ha senso cercare di valutare l'impatto a più lungo termine del piano d'azione, dato che molti degli impegni presi fanno parte di una serie di azioni più ampia che si svilupperà nel corso di un periodo molto più lungo. 1.10. Pur con delle eccezioni, in linea di massima il Comitato osserva che nell'ambito del piano d'azione, la Commissione ha fatto dei passi avanti nel conseguimento degli obiettivi che si era prefissa per la preparazione e la pubblicazione delle sue conclusioni relative alla produzione di una nuova legislazione comunitaria e alla modifica di quella vigente. Anche gli Stati membri sembrano aver migliorato l'attuazione dei loro obblighi legislativi. Sono stati registrati inoltre progressi nel senso di una maggiore efficacia delle norme esistenti, anche se con un successo meno pieno. 1.11. Direttive: L'arretrato nel recepimento delle direttive nella legislazione nazionale è stato ridotto. Il Comitato esprime soddisfazione per questo risultato tanto auspicato. Tuttavia il ritardo ancora esistente in materia è fonte di preoccupazione. Il Comitato è d'accordo con la Commissione sulla necessità di mantenere in vigore il sistema dei calendari e del monitoraggio anche dopo la fine del piano d'azione. 1.12. Appalti pubblici: La Commissione illustra in due modi contrastanti il tema complesso relativo alla garanzia di un mercato più aperto nel settore degli appalti pubblici. Da un lato, fa osservare che i progressi nell'applicazione delle direttive sugli appalti pubblici sono stati "particolarmente lenti". Questa affermazione negativa contrasta tuttavia con la pubblicazione, da parte della stessa Commissione, di un Libro verde sul follow-up degli appalti pubblici. Il Comitato teme che la legislazione e l'azione di taluni Stati membri non rispecchino adeguatamente le politiche e le decisioni comunitarie. 1.13. Altri progressi registrati nell'ambito del piano d'azione riguardano: a) il meccanismo d'intervento in caso di ostacoli gravi alla libera circolazione delle merci; b) le proposte specifiche miranti a semplificare le norme nazionali e comunitarie riguardanti il mercato unico; c) i meccanismi di soluzione dei problemi attraverso la creazione di centri di coordinamento e di punti di contatto; d) il codice di condotta per rimuovere la concorrenza nociva in campo tributario; e) la completata revisione delle linee guida sugli aiuti di stato; f) le norme a favore della liberalizzazione delle forniture di gas; g) l'aggiornamento della direttiva sull'orario di lavoro; h) la creazione del gruppo pilota di imprese europee per migliorare la qualità dei regolamenti proposti; i) proposte per modernizzare e razionalizzare l'applicazione dell'IVA. 1.14. Tuttavia, il meccanismo d'intervento per far fronte ad ostacoli gravi alla libera circolazione delle merci è un compromesso del Consiglio e deve ancora dimostrare di poter funzionare nella pratica. 1.14.1. Lo SLIM può essere considerato un successo solamente parziale. Un ulteriore processo di valutazione e di giudizio è necessario per scoprire se lo SLIM sia o non sia uno strumento efficace di semplificazione delle misure legislative. Molte delle direttive proposte non sono state adottate dal Consiglio e pochissime sono state appoggiate ed applicate. Il Comitato propone che la Commissione controlli e riveda la metodologia e i risultati di questa iniziativa. 1.14.2. Le proposte per modernizzare e applicare norme IVA uniformi sono positive, in quanto agevolerebbero l'attività delle imprese. Al tempo stesso, esse sarebbero solo un primo passo verso il previsto regime IVA basato sul paese d'origine. Il CES si è già dichiarato favorevole a tali proposte. Insufficienze 1.15. La Commissione ammette che in alcuni settori i progressi sono stati deludenti. Per i settori per cui ciò è segnalato, come nell'Allegato II, il Comitato è d'accordo con la Commissione e la invita a garantire che gli sforzi per rimediare a tali insufficienze proseguiranno. 1.16. Bande orarie (Slots) negli aeroporti: Il Comitato è particolarmente preoccupato per la mancanza di progressi nel proporre nuove norme per l'assegnazione delle bande orarie negli aeroporti. 1.17. Per una serie di azioni proposte, la Commissione pare mostrarsi assai più soddisfatta di quanto dovrebbe, secondo il Comitato. Il Comitato richiama in particolare l'attenzione sui risultati, alquanto modesti, fatti registrare in relazione a: i) le iniziative a favore del reciproco riconoscimento; ii) programmi per eliminare i problemi tecnici che ritardano la standardizzazione dei prodotti per l'edilizia; iii) l'eliminazione delle distorsioni causate dalle differenze nel campo delle imposte indirette; iv) le proposte relative ad un quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici; v) una decima direttiva sul diritto societario in materia di fusioni transfrontaliere; vi) i regolamenti sugli statuti europei di cooperative, associazioni e mutue; vii) le misure per eliminare i controlli personali alle frontiere interne della Comunità. 1.18. Dal piano d'azione si evince chiaramente che c'è ancora molto da fare in merito a numerosi altri aspetti chiave, oltre a quelli già citati precedentemente. Tra le questioni in sospeso possono essere annoverati il brevetto comunitario, lo statuto della società europea, le norme sulla fusione delle imprese, la eliminazione della doppia imposizione a livello comunitario, un regime definitivo dell'IVA, e infine l'impegno a evitare l'introduzione di nuovi ostacoli nazionali al mercato unico da parte degli Stati membri. Seguito del piano d'azione 1.19. Per il periodo conclusosi alla fine del 1998, il piano d'azione ha dimostrato di essere un metodo utile di definizione di obiettivi per la Commissione nel quadro della promozione del mercato unico. La definizione di obiettivi ha inoltre consentito di controllare e valutare più facilmente l'efficacia del lavoro della stessa Commissione e delle azioni collegate condotte dalle altre istituzioni e dai governi degli Stati membri. 1.20. Il Comitato ritiene che i preziosi insegnamenti ricavati dal piano d'azione dovrebbero tradursi in una nuova forma di valutazione degli sviluppi del mercato unico e del più ampio spettro di questioni correlate tra loro che illustrano i progressi della Comunità. 1.21. Negli ultimi tempi la Commissione ha soprattutto insistito sugli strumenti necessari alla creazione di un mercato unico e sulle relative misure di sostegno. In futuro, l'attenzione si sposterà invece più sul funzionamento efficace ed efficiente del mercato unico nel tempo. Continueranno ad essere necessari un monitoraggio da parte della Commissione e un feedback a suo favore per diversi aspetti. È sempre di più riconosciuta la necessità di un dialogo biunivoco tra la Comunità (e le sue istituzioni) e i cittadini e le imprese, che sono i soggetti principali. 1.22. Il Comitato ricorda alla Commissione l'importanza dell'idea di un processo periodico di revisione, monitoraggio, dialogo e analisi. A partire da tale processo iterativo la Commissione può mettere a punto una serie di obiettivi strategici per l'ulteriore evoluzione del mercato unico e delle ipotesi fondamentali che ne sostanziano l'idea. 1.23. Il valore del piano d'azione e delle relazioni ad esso collegate, conosciute come Cardiff I e II, è stato quello di effettuare una revisione strutturata dei progressi realizzati nell'ambito di tutte le politiche e le azioni comunitarie rilevanti, in modo da individuare i punti di forza e le debolezze. Di conseguenza, è possibile sviluppare ulteriormente tali procedure in quanto, come si è detto, rappresentano strumenti per raggiungere nuovi obiettivi. Il risultato positivo può essere la chiara definizione di una filosofia globale che orienti ed influenzi la fissazione degli obiettivi della Commissione. 1.24. Il Comitato appoggia la proposta del Commissario Monti, che dinanzi al Consiglio europeo del febbraio 1999 ha affermato quanto segue: "non vi è bisogno di un altro piano d'azione 'per completare il mercato unico', ma di obiettivi chiaramente definiti, come fanno le imprese per dirigere la loro politica nei confronti degli investitori; occorrono obiettivi concordati, ad esempio, per un periodo di tre anni, con un riesame alla fine di ogni anno, per essere sicuri che si stanno conseguendo e per intervenire con modifiche se necessario..." Il Comitato osserva tuttavia che la Commissione ha presentato un piano d'azione rivolto specificamente al settore finanziario e condivide l'esigenza di occuparsi in modo specifico di questo settore chiave. 1.25. La fissazione periodica di obiettivi strategici deve essere effettuata consultando le parti interessate, tra cui il Comitato, e deve essere vista in rapporto diretto con le esigenze dei cittadini e delle imprese, con l'occupazione e con lo sviluppo economico e sociale. Ciò dovrebbe portare alla definizione di obiettivi operativi più funzionali i quali, a loro volta, definiscono gli indicatori dei risultati che permettono il successivo monitoraggio dei progressi compiuti e l'individuazione di rischi, insuccessi o di un'inadeguata cooperazione. 1.26. La definizione di obiettivi e il dialogo con le parti interessate darebbe luogo ad un ciclo triennale di obiettivi strategici, che servirebbero per determinare le implicazioni a più breve scadenza che formerebbero parte del programma e gli indicatori dei risultati per le ulteriori relazioni annuali del tipo "Cardiff" e per il quadro di valutazione (quadro del punteggio) semestrale. 1.27. Il Comitato è d'accordo con la proposta del Commissario Monti secondo cui il primo Consiglio "Mercato interno" di ogni anno dovrebbe rivedere la situazione e individuare le priorità immediate d'azione e ciò per essere sicuri che la Commissione prenda le misure adeguate in base alle conclusioni tratte da tali relazioni. 1.28. Il Comitato attende con interesse le dichiarazioni della Commissione in vista della preparazione della riunione del Consiglio "Mercato interno" del giugno 1999. Il Comitato spera che in questa riunione siano dichiarati gli obiettivi della politica del mercato unico per i prossimi tre anni. 2. Mercati dei prodotti e dei capitali (Cardiff I) (COM (1999) 10 def.) e Riforme economiche e strutturali nell'UE (Cardiff II) (COM (1999) 61 def.) 2.1. Introduzione 2.1.1. Secondo il Consiglio europeo di Cardiff del 15 e 16 giugno 1998, la politica economica dovrebbe mirare a promuovere la crescita e l'occupazione nonché ad assicurare la stabilità macroeconomica ed il funzionamento efficace dei mercati del lavoro, dei prodotti (beni e servizi) e dei capitali. Il Consiglio ha accolto favorevolmente la decisione di istituire una procedura in base alla quale gli Stati membri e la Commissione elaborano relazioni annuali sintetiche illustrando, nelle rispettive sfere di competenza, la situazione dei mercati dei prodotti e dei capitali che permettano di completare le informazioni già inserite nei piani nazionali per l'occupazione. Il Consiglio ha inoltre approvato la proposta della Commissione di elaborare, sulla base di tali documenti, una relazione sulle questioni e sulle politiche strutturali, che sarà esaminata dal Consiglio "Affari economici e finanziari" e da altre formazioni del Consiglio (cfr. Conclusioni della Presidenza - punto 11). 2.1.2. Queste conclusioni sono state significativamente inserite nel capitolo riguardante gli indirizzi di massima per le politiche economiche (articolo 99, secondo paragrafo, del Trattato, ex articolo 103) e rappresentano pertanto un orientamento chiaro per allargare il quadro in cui tali indirizzi si sono collocati finora. Il Consiglio europeo ha infine sottolineato il contributo delle riforme strutturali ed economiche alla lotta contro la disoccupazione. 2.1.3. Il 20 gennaio 1999, la Commissione ha pubblicato una prima relazione in risposta alle conclusioni del Consiglio europeo di Cardiff, detta Cardiff I. Il 17 febbraio successivo, ha pubblicato una seconda relazione, chiamata Cardiff II. Infine, il 30 marzo, la Commissione ha approvato la Raccomandazione sugli indirizzi di massima per le politiche economiche (COM (1999) 143 def.), che contiene, per la prima volta, gli indirizzi per ogni singolo Stato membro non solo nel settore delle politiche di bilancio ma anche per quanto concerne i mercati dei prodotti e dei servizi e i mercati del lavoro. 2.1.4. Nella relazione "Cardiff I", la Commissione analizza la situazione del mercato interno e propone 16 priorità relative al quadro normativo del mercato unico. L'obiettivo previsto di queste misure è il potenziamento dell'efficienza economica in Europa nonché una maggiore flessibilità ed un migliore funzionamento dei mercati. Come riferisce la Commissione "l'obiettivo non è quello di sopprimere le normative nazionali bensì di migliorarne l'efficacia economica". 2.1.5. Nella relazione "Cardiff II", la Commissione riassume alcuni degli aspetti trattati nella prima relazione sui mercati dei prodotti (beni e servizi) e sui mercati finanziari e si sofferma in particolare sui mercati del lavoro (basandosi sulle relazioni nazionali degli Stati membri nel quadro del processo di Lussemburgo) e sulle finanze pubbliche, soprattutto in relazione alle spese relative alla previdenza sociale e in rapporto al regime fiscale. 2.1.6. Tutti questi aspetti vengono infine inclusi nella raccomandazione della Commissione relativa agli indirizzi di massima per le politiche economiche (articolo 99, ex 103 del Trattato), il che consente di trattare contemporaneamente diverse questioni legate tra loro. Questo rappresenta un progresso significativo nell'attività di coordinamento delle politiche economiche in seno all'Unione europea(3). 2.2. Osservazioni generali 2.2.1. La questione del miglioramento della situazione economica, del rafforzamento della coesione economica e sociale e dell'occupazione nell'Unione europea, in seguito alle misure adottate nel quadro della realizzazione del mercato unico, non appare sufficientemente sviluppata o dimostrata nelle relazioni in esame. Gli indicatori dell'integrazione economica attualmente analizzati si limitano agli scambi di beni intracomunitari, al commercio di servizi transfrontalieri, ai movimenti di capitali e all'investimento diretto estero, nonché alla libera circolazione dei lavoratori. In molti casi, gli effetti del processo di globalizzazione delle relazioni economiche e, in particolare, di quelle finanziarie sono in grado di spiegare le operazioni di ristrutturazione dei settori e delle imprese citate come esempio delle ripercussioni del mercato unico. 2.2.2. La competitività dell'economia europea sembra avere beneficiato del consolidamento del mercato unico, e ciò ha comportato un significativo aumento dei flussi d'investimento diretto estero tra i paesi europei. Anche gli scambi intracomunitari sono cresciuti, ma a un ritmo inferiore tra il 1995 e il 1997 di quanto non sia avvenuto nel periodo 1993-1995. 2.2.3. Nella relazione Cardiff I appare altresì esagerato il ricorso all'argomento della convergenza e della riduzione dei prezzi come prova dei risultati già conseguiti nel quadro del mercato unico o dei ritardi tuttora registrati nel processo di integrazione di alcuni settori. Come si può constatare esaminando la relazione Cardiff II, quando si tenta di confrontare la situazione dell'UE in questo settore con quella degli Stati Uniti d'America, i prezzi al consumo risultano più elevati nell'UE che negli USA, ma questa differenza è dovuta per lo più a differenziali tra i livelli di fiscalità indiretta, e non a una minore efficienza della rete di distribuzione all'ingrosso e al dettaglio o ai margini prezzo-costo superiori nell'UE. 2.2.3.1. Anche all'interno dell'UE, le differenze di prezzi sono un riflesso delle differenze tra i livelli di vita pro capite e delle aliquote delle imposte indirette. L'argomento secondo cui la dispersione dei prezzi nei servizi è il doppio di quella dei prezzi di beni sembra non tenere conto altresì del fatto che il peso dei redditi da lavoro è, in generale, superiore nel caso dei servizi e che la dispersione dei salari e della produttività, la quale oscilla da 1 a 5 tra gli Stati membri, è molto più alta della dispersione dei prezzi rilevata dalla Commissione. Nonostante l'importanza di tale questione, essa non viene trattata nelle relazioni della Commissione. 2.2.4. Le distorsioni della concorrenza dovute agli aiuti di Stato vengono esaminate in maniera insufficiente nelle relazioni, e ciò nonostante che la Commissione pubblichi ogni due anni le statistiche relative agli aiuti di Stato, spesso indicando che gli importi in questione sono molto elevati. In effetti, senza considerare il settore agricolo, nel periodo 1995-1997 gli aiuti di Stato annui hanno superato in media il bilancio totale dell'Unione europea, e sono stati pari a circa 95 miliardi di EUR, ovvero all'1,2 % del PIL comunitario. Al riguardo la Commissione presenta un suggerimento concreto e positivo, e cioè che, oltre al "controllo" esercitato dalla stessa Commissione, gli Stati membri fissino un calendario per la riduzione del bilancio destinato agli aiuti e modifichino la struttura attuale, nella quale è preponderante il peso degli aiuti ad hoc e settoriali. Nella raccomandazione, la Commissione dà per la maggior parte degli Stati membri indirizzi concreti e precisi per ridurre gli aiuti di Stato. 2.2.5. Gli obblighi di servizio universale hanno sollevato alcuni dei problemi più delicati nel processo di liberalizzazione dei mercati organizzati in rete. Oltre alla separazione delle attività di regolamentazione delle attività competitive, già in atto in tutti gli Stati membri, nelle relazioni della Commissione non si ravvisano altre proposte per far fronte ad alcuni dei problemi individuati, che si pongono in misura maggiore o minore, a seconda dello Stato membro: perdite di posti di lavoro, disponibilità dei servizi a prezzi "congrui" e con un livello di qualità garantito, definizione degli obblighi di servizio universale e del loro finanziamento, selezione delle imprese incaricate di porli in atto. La Commissione riconosce che "il processo di liberalizzazione sarà più facilmente accettato se sono chiari i suoi effetti positivi in termini di prezzi, di qualità e di universalità dei servizi [e se si garantisce] che questi vantaggi vengano trasmessi immediatamente alle imprese e ai consumatori" (Cardiff II, p. 15). Il Comitato è d'accordo con queste osservazioni ma ricorda la necessità di rispettare il principio di sussidiarietà in questo campo. D'altro canto, il Comitato reputa che una liberalizzazione sia accettabile solo ove si tenga in debita considerazione, oltre ai punti menzionati dalla Commissione, la situazione dei lavoratori che possono essere danneggiati da tale processo. 2.2.6. La libera circolazione dei lavoratori, che dovrebbe costituire uno dei quattro pilastri del mercato interno, è il settore in cui si registrano i maggiori ritardi, sia in ambito legislativo che nella realtà economica e sociale. Come riconosce la Commissione, i flussi di manodopera transfrontaliera, pur essendo limitati, appaiono in crescita e potrebbero ricevere un nuovo slancio dall'entrata in vigore dell'euro. Tuttavia, tale questione non viene affrontata in nessuna delle 16 proposte di cui alla Relazione Cardiff I, né nella parte relativa ai mercati del lavoro della Relazione Cardiff II, né tanto meno negli indirizzi di massima per le politiche economiche. 2.2.7. La sopravvivenza delle piccole e medie imprese in un contesto maggiormente competitivo e aperto costituisce una questione fondamentale per quanto riguarda il livello di occupazione nell'Unione europea. Nonostante la consistente creazione di posti di lavoro nelle PMI, questo livello si caratterizza altresì per la grande mortalità delle imprese (meno della metà delle PMI riesce a sopravvivere per oltre cinque anni) e per una maggiore distruzione di posti di lavoro. Diverse iniziative e relazioni si sono succedute a livello comunitario, e varie misure sono state prese negli Stati membri, tuttavia le relazioni non evidenziano alcuna correlazione tra tali misure e l'impatto sul corrispondente andamento dell'occupazione. Le imprese europee crescono meno di quelle degli USA e non raggiungono dimensioni tali da influire significativamente nella competitività internazionale soprattutto nei settori a più alto tasso di innovazione. Il problema della crescita dimensionale delle PMI deve essere affrontato nel mercato unico attraverso il miglioramento del quadro normativo con specifico riferimento agli aspetti fiscali e del lavoro e al miglioramento dell'efficienza dei mercati finanziari. Per favorire la crescita, il sistema fiscale in particolare deve essere volto a favorire il finanziamento delle imprese con capitale proprio e a prevedere una tassazione più favorevole del capital gains. Il miglioramento dei mercati finanziari deve prevedere una maggiore presenza di intermediari finanziari di dimensioni adeguate, un orientamento alla crescita del sistema fiscale e l'eliminazione della frammentazione valutaria e normativa dei mercati. In Europa le PMI continuano a soffrire per la mancata disponibilità di capitali propri e per il fatto di non avere accesso ai sistemi di finanziamento più favorevoli, per la difficoltà di partecipare ai programmi di ricerca e sviluppo e agli appalti pubblici, e per l'esistenza di quadri normativi e concorrenziali che non tengono conto delle loro condizioni specifiche. L'adozione di misure di sostegno per le PMI è stata per lo più lasciata alla discrezione degli Stati membri. 2.2.8. I sistemi fiscali rivestono "una notevole importanza per la crescita e l'occupazione", e hanno come obiettivo il "raggiungimento di un equilibrio tra efficienza economica e coesione sociale" (Cardiff II, punto 4.2). La Commissione afferma da un lato che un certo grado di concorrenza fiscale è auspicabile e, dall'altro, che la concorrenza fiscale dannosa è motivo di preoccupazione, senza definire né l'una né l'altra. Ritiene inoltre necessario armonizzare le imposte indirette e adottare decisioni legislative circa il luogo di prelievo dell'imposta sul valore aggiunto, ma neanche in questo caso presenta proposte sul modo di garantire le relative compensazioni di bilancio per gli Stati membri per i quali l'entrata in vigore del regime definitivo dell'IVA avrà effetti negativi. 2.2.9. Riguardo alla tassazione dei redditi delle imprese e degli interessi sul risparmio, la Commissione considera "importante ed auspicabile un certo grado di coordinamento". Sugli interessi sul risparmio è già stata presentata una proposta che ha formato oggetto di un parere del Comitato. Nondimeno, per quanto riguarda le imposte sulle società, la Commissione riconosce che la situazione attuale si caratterizza principalmente per l'esistenza di un gran numero di esenzioni e detrazioni che incidono direttamente sulle basi imponibili, per cui le differenze in termini di tassazione effettiva dei redditi delle società in tutti gli Stati membri risultano superiori a quelle fissate per legge. Lo studio, annunciato dalla Commissione, riguardante le differenze in materia di tassazione dei redditi delle imprese e i problemi politici che ne derivano deve essere presentato il più rapidamente possibile. 2.2.10. Nel 1998, la pressione fiscale nell'Unione europea è stata pari al 43 % del Prodotto interno lordo, a fronte del 32 % registrato negli Stati Uniti d'America e del 29 % in Giappone (cfr. Relazione Cardiff II - Tabella 4.2). Eppure, dietro questo dato globale si nascondono notevoli differenze. In relazione ai rispettivi PIL, i contributi sociali risultano maggiori nell'UE, perché le spese sociali e sanitarie negli USA sono per lo più private (cfr. oltre, punto 2.2.13), le imposte dirette nell'UE sono inferiori a quelle degli USA, mentre le imposte indirette nell'UE sono di molto superiori a quelle degli USA e del Giappone (14 % rispetto al 7 % o 8 % del PIL). 2.2.11. Riguardo all'evoluzione della pressione fiscale negli ultimi anni, la Commissione riconosce altresì che si registra nella media comunitaria un'elevata e crescente pressione fiscale sul lavoro, una stabilizzazione delle imposte sul consumo e una diminuzione delle imposte sul capitale(4). In particolare, dà atto che "con la scomparsa del rischio di cambio, le disuguaglianze nel trattamento fiscale del capitale e delle transazioni finanziarie appariranno sempre più come una distorsione nella destinazione delle risorse" (Cardiff I, pag. 24). Anche in questo caso, però, sarebbe necessario approfondire i dibattiti sulle fonti alternative tali da compensare l'eventuale perdita di gettito delle imposte sul lavoro, specie quello meno qualificato, o sul modo in cui si può aumentare l'efficienza dei sistemi di sicurezza sociale. 2.2.12. Ad ogni modo, l'analisi dei sistemi fiscali non può limitarsi a esaminare le modalità per ridurre il gettito delle imposte, ma deve affrontare altresì la questione della spesa, come riconosce la Commissione, in particolare quando afferma che "i tagli della spesa sono gravati in misura sproporzionata sugli investimenti pubblici" (Cardiff II, Capitolo 4). Nondimeno, la Commissione non trae alcuna conseguenza da tale affermazione, specie per quanto riguarda la politica economica degli Stati membri che devono colmare il loro ritardo economico. 2.2.13. Anche per quanto attiene alla sicurezza sociale, la Commissione illustra le riforme in atto e le numerose misure adottate per contenere la spesa, come anche le modifiche apportate al sistema di finanziamento di alcuni Stati membri. La spesa pubblica per la sicurezza sociale nell'Unione europea è considerata elevata in termini di PIL, benché tra gli Stati membri si registrino differenze consistenti. I paesi beneficiari del Fondo di coesione, assieme al Regno Unito, sono quelli che presentano i valori meno elevati. Tuttavia, come la stessa relazione riconosce, se si considera l'insieme della spesa pubblica e privata, le differenze rispetto agli USA risultano di gran lunga inferiori. Uno degli orientamenti già seguiti dalle riforme dei sistemi di sicurezza sociale in Europa consiste nell'incoraggiare un aumento delle pensioni autofinanziate, senza peraltro mettere in discussione la solidarietà che caratterizza il sistema. Ciò permetterà una maggiore responsabilità personale per il futuro. 2.2.14. Oltre al contenimento dei costi, segnatamente con la riforma dei sistemi pensionistici, la Commissione ritiene che si siano registrati progressi nel controllo della spesa (pubblica) per le cure sanitarie, anche se non è dato comprendere come a tale evoluzione potrà corrispondere il mantenimento dei principi di universalità e parità di accesso e di qualità di servizi. È da deplorare che nelle due relazioni, le quali rinviano a numerosi altri documenti della Commissione, non si faccia alcun riferimento ad un dato statistico significativo che dimostri la relazione tra i trasferimenti dei sistemi di sicurezza sociale e la situazione dei redditi negli Stati membri (la Prima relazione sulla coesione riferisce che senza i trasferimenti dei sistemi di sicurezza sociale il numero di famiglie europee al di sotto della soglia di povertà sarebbe pari a quasi il 40 %, anziché all'attuale 18 %). 2.2.14.1. Il tenore di vita relativamente elevato dell'Unione europea, la dinamicità della sua crescita economica e l'estensione del suo mercato interno devono molto a tali sistemi di protezione sociale, per cui ci si rammarica che nelle relazioni in esame non sia stata effettuata una siffatta analisi, al fine di determinare tutte le conseguenze delle riforme in atto(5). A meno che la Commissione non presenti un'analisi maggiormente equilibrata e completa di tutti i possibili aspetti del problema, come anche proposte che vadano al di là del mero controllo dei costi e del contenimento della spesa, il processo di riforma dei sistemi di sicurezza sociale continuerà a scontrarsi con difficoltà sotto il profilo politico e sociale. 2.2.15. Anche per quanto concerne i mercati del lavoro, la Commissione riconosce che i problemi che si pongono sono "pervenire al giusto equilibrio tra flessibilità e sicurezza", promuovere accordi tra le parti sociali per "evitare che le riduzioni del costo indiretto del lavoro siano semplicemente compensate, come già spesso in passato, da aumenti dei profitti o dei salari diretti", promuovere i "contratti collettivi di lavoro [che] stanno acquistando importanza come strumento atto a trovare un equilibrio tra i diversi interessi in gioco nel mondo del lavoro, [dato che] la contrattazione collettiva, malgrado un processo di riorganizzazione, dimostra una notevole adattabilità" (Cardiff II, punto 3.3). Il Comitato si rammarica che la Commissione non abbia approfondito questa analisi. 2.2.16. Le relazioni tra occupazione e disoccupazione, da un lato, e mercato interno e riforme economiche e strutturali, dall'altro, non vengono analizzate nelle relazioni, il che è tanto più deplorevole in quanto la stessa Commissione aveva appoggiato il Rapporto Cecchini, che prevedeva la creazione di cinque milioni di posti di lavoro con l'entrata in vigore del mercato unico. L'anno della realizzazione del mercato unico è "coinciso" con una grave recessione economica nell'Unione europea e ha determinato un aumento della disoccupazione che, da allora, praticamente non è diminuita. Nella Relazione Cardiff II (punto 3.3), la Commissione si limita, nella parte relativa al mercato del lavoro, a far riferimento al processo di Lussemburgo e ai piani nazionali per l'occupazione, nonché a ribadire gli Orientamenti in materia di occupazione, per quanto riguarda l'appello a far sì che le parti sociali negozino "a tutti i livelli adeguati, accordi volti a modernizzare l'organizzazione del lavoro, incluse formule flessibili di orario di lavoro, allo scopo di rendere le imprese più produttive e competitive". Per inciso, la Commissione critica sia la riduzione dell'orario di lavoro settimanale applicata in diversi Stati membri, poiché ritiene che le riduzioni non negoziate dalle parti sociali possano "risultare controproducenti", sia la legislazione in materia di protezione dell'occupazione, pur riconoscendo che "la rigidità delle leggi di protezione dell'occupazione non [va] individuata come la causa principale della elevata disoccupazione in Europa". 2.2.17. Si constata con preoccupazione l'assenza di riferimenti alle politiche regionali e di coesione, nonostante che la Commissione (Cardiff II, fine del punto 3.1) ne sottolinei l'importanza. Molti dei dibattiti avvenuti prima e durante l'introduzione del mercato unico, come anche con l'introduzione dell'euro, erano incentrati sugli effetti regionali di tali decisioni e sulla necessità di individuare le modalità per far fronte agli shock asimmetrici. I due pacchetti Delors sulle prospettive finanziarie dell'Unione erano in gran parte giustificati da tali considerazioni. Alcuni degli studi commissionati, di cui si è fatta menzione al punto 1 di questo capitolo del progetto di parere, riguardavano la componente regionale e la coesione economica e sociale. Inoltre, nelle relazioni in esame, le quali trattano delle riforme economiche e strutturali, non si fa alcun cenno a tali questioni, né per quanto riguarda il contributo dei fondi strutturali e di coesione alle misure relative alla realizzazione del mercato unico, né in merito all'eventuale inasprimento o attenuazione degli squilibri regionali in seguito all'introduzione del mercato interno e dell'euro. 2.2.18. L'entrata in vigore della terza fase dell'Unione economica e monetaria e l'introduzione dell'euro accelereranno ulteriormente il processo di realizzazione del mercato unico. Ciò avviene sin d'ora al livello dei mercati finanziari, nei quali tutti i titoli di Stato e tutte le azioni delle Borse dei paesi aderenti all'euro sono quotate in euro. Ne è derivato un nuovo slancio per le ristrutturazioni di imprese, come anche per le fusioni e le acquisizioni, le quali raggiungono valori elevatissimi. Le grandi imprese sono meglio preparate e dispongono di maggiori risorse per affrontare questa nuova situazione, mentre sono molti gli ostacoli che rendono difficile per le piccole e medie imprese espandere le proprie attività al di là delle regioni in cui sono ubicate. Tutto ciò porta a concludere che nei prossimi anni l'attività di consolidamento del mercato unico deve essere intensificata e trasformarsi in uno strumento della riforma economica. Il coordinamento delle misure è necessario per evitare distorsioni nel mercato unico. 3. Osservazioni conclusive 3.1. La Commissione ritiene che un nuovo piano d'azione non sia necessario, dato che è stata raggiunta una nuova fase di consolidamento del mercato unico. La questione centrale, al momento, riguarda non già l'adozione di nuove regole, bensì la necessità di garantire l'applicazione delle regole esistenti, affinché esse vadano a beneficio delle imprese e dei cittadini, e di far sì che gli obiettivi finali di tale processo - approfondimento dell'integrazione economica, miglioramento della competitività globale e contributo alla creazione di posti di lavoro - siano compresi e sostenuti. 3.2. Per monitorare questa fase, la Commissione reputa che gli strumenti a disposizione siano sufficienti, e menziona al riguardo il quadro di valutazione (quadro del punteggio) semestrale, il processo di Cardiff, il feedback derivante dal dialogo con i cittadini e le imprese, il miglioramento della raccolta delle informazioni e delle statistiche necessarie (cfr. parte relativa al monitoraggio nelle conclusioni della relazione Cardiff I). 3.3. La Commissione segnala, a giusto titolo, la minaccia permanente che rappresentano per l'integrazione del mercato le disposizioni di legge nazionali, le quali superano di gran lunga per numero, portata e complessità quelle emanate a livello europeo. Il Comitato si associa pertanto all'invito rivolto agli Stati membri perché sviluppino meccanismi di valutazione dell'impatto della legislazione nazionale sul mercato unico. Gli Stati membri dovrebbero impegnarsi a includere regolarmente nella valutazione delle conseguenze di nuove disposizioni normative la considerazione del loro prevedibile impatto sul mercato unico, prima che tali disposizioni siano messe a punto (cfr. la proposta 4 della relazione Cardiff I). 3.4. Per il Consiglio "Mercato interno" di giugno, la Commissione intende presentare un documento che definisca gli obiettivi della politica del mercato unico per i prossimi tre anni. Tali obiettivi saranno raggruppati in ambiti come il miglioramento dell'efficienza e l'integrazione dei mercati, le reazioni ai mutamenti tecnologici, alle esigenze dei cittadini e alla sfida della globalizzazione. In futuro, la Commissione intende far sì che le politiche di altri settori, come gli appalti pubblici, i servizi finanziari e l'imposizione fiscale seguano approcci coerenti con gli obiettivi del mercato unico. 3.5. Il Comitato economico e sociale ha creato, con il sostegno della Commissione, del Consiglio e del Parlamento europeo, l'Osservatorio mercato unico, il cui obiettivo fondamentale è consentire un monitoraggio permanente del processo di realizzazione del mercato unico. Le potenzialità dell'Osservatorio incominciano ora a essere esplorate e il CES, con l'appoggio della Commissione, dovrebbe studiare le modalità per integrare tale attività nel processo più ampio di monitoraggio in fase di sviluppo da parte della Commissione. Bruxelles, 26 maggio 1999. La Presidente del Comitato economico e sociale Beatrice RANGONI MACHIAVELLI (1) SEC (1998) 1889. (2) GU C 101 del 12.4.1999. (3) Cfr. il parere sulla relazione economica annuale 1999 - CES 133/99 fin. (4) Questa evoluzione può tuttavia essere diversa in alcuni Stati membri. (5) Cfr. specificamente la relazione d'iniziativa del CES in merito alla "Povertà in Europa" - GU C 284 del 14.9.1998.