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Document 52001IE0528
Opinion of the Economic and Social Committee on "EU enlargement: the challenge faced by candidate countries of fulfilling the economic criteria for accession"
Parere del Comitato economico e sociale sul tema "L'allargamento dell'UE: la sfida che devono affrontare i paesi candidati per soddisfare i criteri economici per l'adesione"
Parere del Comitato economico e sociale sul tema "L'allargamento dell'UE: la sfida che devono affrontare i paesi candidati per soddisfare i criteri economici per l'adesione"
GU C 193 del 10.7.2001, p. 60–69
(ES, DA, DE, EL, EN, FR, IT, NL, PT, FI, SV)
Parere del Comitato economico e sociale sul tema "L'allargamento dell'UE: la sfida che devono affrontare i paesi candidati per soddisfare i criteri economici per l'adesione"
Gazzetta ufficiale n. C 193 del 10/07/2001 pag. 0060 - 0069
Parere del Comitato economico e sociale sul tema "L'allargamento dell'UE: la sfida che devono affrontare i paesi candidati per soddisfare i criteri economici per l'adesione" (2001/C 193/14) Il Comitato economico e sociale, in data 13 luglio 2000, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 23 del Regolamento interno, di elaborare un parere sul tema di cui sopra. La Sezione "Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale", incaricata di preparare i lavori in materia, ha formulato il parere sulla base del rapporto introduttivo del Relatore Vever, in data 13 marzo 2001. Il Comitato economico e sociale ha adottato all'unanimità il 25 aprile 2000, nel corso della 381a sessione plenaria, il seguente parere. 1. Sintesi 1.1. Nel corso di questo decennio l'Unione europea si amplierà in misura considerevole, realizzando l'inedita ambizione politica di unificare, da Ovest a Est, la maggior parte del continente europeo. Dagli orientamenti della strategia per l'allargamento, aggiornati dalla Commissione nel novembre 2000 e approvati poi dal Consiglio, si rileva che le condizioni preliminari dal lato dell'UE sono ormai state soddisfatte, sul piano finanziario con l'accordo di Berlino che programma l'Agenda 2000 e sul piano istituzionale tramite l'Accordo di Nizza che modifica il Trattato. I nuovi allargamenti dipendono essenzialmente dal "percorso" di ciascuno dei paesi candidati, vale a dire dai progressi compiuti nel recepimento dell'acquis, giudicati buoni per la grande maggioranza dei candidati, e dalla conclusione dei negoziati di adesione, ritenuta possibile a partire dal 2002 per i meglio piazzati tra loro. Pur condividendo a grandi linee questa valutazione, il Comitato sottolinea anche che i 15 e i paesi candidati condividono necessariamente le responsabilità della risposta alla sfida economica dell'allargamento, traguardo mobile con una triplice posta in gioco: l'effettivo recepimento dell'acquis, una maggiore efficacia dei metodi di sostegno e la preparazione di una nuova coesione all'interno dell'Unione allargata. 1.2. L'effettivo recepimento dell'acquis comunitario risulta molto impegnativo dato il livello elevato di integrazione che l'Unione ha già raggiunto e che continuerà ad approfondire. La sfida è resa inevitabilmente più complessa dal numero elevato, dai ritardi di sviluppo e dalla diversità delle esigenze di adeguamento dei paesi candidati. La relazione della Commissione del novembre 2000 registra progressi molto incoraggianti da parte dei paesi candidati, illustrati dall'intensificazione degli scambi economici con l'Unione europea. Tali progressi aprono la prospettiva di una prossima adesione per una grande maggioranza dei paesi candidati. Le rimanenti priorità variano a seconda dei paesi e gli obiettivi vanno individuati di conseguenza. Tuttavia, al di là della diversità dei lavori che devono ancora essere portati a termine, il Comitato sottolinea che essi hanno in comune l'esigenza di associare pienamente la società civile per portarli a compimento. 1.3. Il buon esito del processo di integrazione richiede una maggiore efficacia dei metodi di sostegno. Gli aiuti comunitari programmati dall'agenda 2000 a Berlino non saranno sufficienti di per sé a finanziare il recupero: il Comitato sottolinea che essi devono soprattutto sostenere le condizioni di base per attirare gli investimenti privati, gli unici in grado di mobilitare tutte le risorse necessarie. Ciò presuppone anche che si intensifichino le azioni di formazione in stretto collegamento con i soggetti socioprofessionali, usufruendo di sostegni comunitari. In sede di redazione delle relazioni di valutazione, la Commissione deve prevedere una sorveglianza congiunta del Consiglio Ecofin e coinvolgere direttamente i rappresentanti socioprofessionali della società civile, che sono in una buona posizione per valutare gli effettivi progressi sul campo. Il Comitato vi contribuirà tramite i convegni che organizza annualmente e i comitati consultivi misti. Sarebbe opportuno anche associare fin d'ora i paesi candidati a talune politiche comuni (mercato interno, proprietà intellettuale, dogane, ambiente, politica commerciale). 1.4. È importante infine preparare fin d'ora le condizioni di una nuova coesione economica e sociale nell'Unione allargata, sfida complessa che presuppone azioni innovatrici congiunte. Il Comitato sottolinea la necessità di avviare delle riforme organizzative nei settori legislativo, amministrativo, economico e sociale. Sul piano legislativo una prima priorità consiste nel semplificare la regolamentazione comunitaria, migliorandone la qualità e l'efficacia e rafforzandone nel contempo le discipline di applicazione. Sul piano amministrativo occorre associare gli Stati al rafforzamento dei controlli sul mercato unico, a condizioni che responsabilizzino tutte le amministrazioni nazionali. Sul piano economico e sociale occorre perseguire l'approfondimento dell'UEM preparando i paesi candidati che dovrebbero partecipare sin dall'adesione al meccanismo di cambio dello SME II. Occorre anche associarli fin d'ora all'azione corrispondente al mandato di Lisbona che ha invitato tutti gli Stati membri a compiere degli adeguamenti strutturali per rafforzare la competitività europea. 1.5. Per conseguire questi tre obiettivi, il Comitato lancia un appello affinché, a partire dal 2001, si dia inizio a un programma globale e pluriennale di preparazione all'allargamento, mirante a rafforzare l'efficacia dei metodi di sostegno ai paesi candidati, creando, nel contempo, già a livello dei 15 le condizioni per mantenere la coesione dell'Europa dopo l'allargamento. Tale programma dovrà essere portato a termine molto prima della scadenza degli attuali mandati di Parlamento e Commissione. Esso dovrà aiutare i paesi candidati a raccogliere la sfida economica dell'adesione, instaurando un'autentica sinergia costruttiva tra loro e i quindici. Un tale processo interattivo, condotto in stretto collegamento con la società civile, consentirà non soltanto di ampliare l'Unione europea senza comprometterne la coesione economica e sociale, bensì di rafforzarne la competitività, ottimizzando, tramite la sua unificazione, i suoi fondamenti e punti di forza. 2. Osservazioni preliminari 2.1. L'allargamento su ampia scala dell'Unione europea è la sfida principale di questo decennio, destinata a lasciare profondi segni. Più che di un semplice allargamento, si tratta di unificare l'Europa e di fare di tale unificazione il suo punto di forza nel XXI secolo, dopo che la divisione è stata il suo handicap nel XX secolo. Si tratta di una sfida globale e complessa, che coinvolge la finalità politica dell'Unione europea, l'adeguamento istituzionale, i metodi di organizzazione interna, la dimensione geografica e regionale, la competitività sul piano mondiale. È una sfida interattiva, perché questi diversi fattori influiranno gli uni sugli altri, in un processo dinamico che occorrerà strutturare e controllare. La sfida economica e sociale è chiaramente al centro di tale problematica, per quanto riguarda sia le opportunità aperte, sia le esigenze da affrontare per il buon esito di tale processo(1). 2.2. Le opportunità economiche dell'allargamento sono inedite: la posta in gioco è la creazione di un grande mercato interno che riunirà più di mezzo miliardo di europei, garantirà l'irreversibilità della trasformazione economica avvenuta nei paesi candidati e stabilizzerà il continente europeo intorno a principi e discipline di economia di mercato. Tale grande mercato consentirà di sostenere lo sviluppo economico e il progresso sociale dello spazio europeo, di rafforzarne la competitività globale, di intensificare gli investimenti e gli scambi, valorizzando le complementarità degli Stati membri. Accrescerà inoltre il peso specifico dell'Unione europea negli scambi mondiali, sul piano bilaterale e multilaterale, nel momento in cui dovranno essere negoziate nuove regole per dare un quadro alla globalizzazione economica. 2.3. Gli orientamenti della strategia per l'allargamento, aggiornati dalla Commissione nel novembre 2000 e quindi approvati dal Consiglio, constatano che le condizioni preliminari dal lato dell'UE sono ormai state soddisfatte, sul piano finanziario con l'accordo di Berlino del marzo 1999 che programma l'Agenda 2000 e sul piano istituzionale tramite l'Accordo di Nizza del dicembre 2000 che modifica il Trattato. I nuovi allargamenti dipendono essenzialmente dall'andamento del "percorso" di ciascuno dei paesi candidati, vale a dire il proseguimento dei progressi nel recepimento dell'acquis, giudicato buono per la grande maggioranza dei candidati, e dalla conclusione dei negoziati di adesione, ritenuta possibile a partire dal 2002 per i meglio piazzati tra loro. 2.4. Pur condividendo a grandi linee tale valutazione e accogliendo con favore la prospettiva di assistere presto ai primi allargamenti, il Comitato sottolinea che ancor oggi al centro del processo resta la sfida economica e sociale. I problemi posti sono all'altezza delle opportunità. Il numero dei paesi candidati e gli scarti attuali di sviluppo creeranno una maggiore diversità che porrà in termini nuovi la questione della coesione dell'Unione. 2.5. In particolare, l'obiettivo dell'inserimento nell'economia europea assegnato ai paesi candidati costituisce un traguardo mobile. Di fatto, l'Unione europea è ancora lontana dall'aver raggiunto la piena maturità politica ed economica e dall'aver completato i dovuti adeguamenti sociali. L'unione economica e monetaria, avviata nel 1999 da 11 Stati membri e oggi allargata a 12, è soltanto agli inizi ed amplificherà in modo considerevole il processo di integrazione delle economie nazionali. Inoltre, i 15 hanno convenuto al Consiglio europeo di Lisbona nel marzo 2000 di accelerare le riforme strutturali per adeguare le loro economie alle nuove sfide della competitività ed hanno confermato tale impegno al Consiglio europeo di Stoccolma del marzo 2001. 2.6. Il Comitato ha incentrato le proprie riflessioni su tre questioni essenziali direttamente collegate a queste osservazioni preliminari: - la sfida del recepimento effettivo dell'acquis; - la sfida di una maggiore efficacia dei metodi di sostegno; - la sfida della preparazione di una nuova coesione nell'Unione allargata. 2.7. Un'audizione di rappresentanti socioprofessionali dei diversi paesi candidati(2) ha consentito di approfondire l'analisi e le raccomandazioni del Comitato, che incorpora così le valutazioni espresse da tali rappresentanti. In occasione di tale audizione è stato raggiunto un ampio consenso sulle linee direttrici del presente parere. 3. La sfida del recepimento effettivo dell'acquis 3.1. Il Consiglio europeo di Copenaghen del 1993 aveva già posto come condizione dell'adesione la capacità dei paesi candidati di dotarsi di un'economia di mercato efficace e di affrontare la concorrenza sul mercato unico. Obiettivo dei negoziati con ciascuno dei paesi candidati è garantire l'effettivo recepimento integrale dell'acquis comunitario, limitando rigorosamente il campo e la durata di eventuali transizioni dopo l'adesione. La sfida costituita da tale recepimento e dalla sua effettiva attuazione è estremamente impegnativa. Il mercato unico europeo ha già raggiunto, nei fatti, una profonda integrazione, fondata su una vasta regolamentazione comune (stimata pari a circa 80000 pagine), spesso recente. Il coordinamento europeo è divenuto molto più impegnativo con l'attuazione, a partire dal 1999, dell'unione economica e monetaria. È stato convenuto che i nuovi Stati membri dovranno aderire all'UEM, senza la possibilità di un "opting-out" politico, una volta che ne soddisfino i criteri economici. 3.2. Valutare l'entità della posta in gioco 3.2.1. Il recepimento dell'acquis sarà reso più complesso dal numero dei paesi candidati, dalla loro diversità geografica, dalle differenze di sviluppo, dalle esigenze sociali. 3.2.1.1. Il numero di paesi candidati è elevato: l'Unione europea sta attualmente negoziando contemporaneamente con dodici paesi candidati all'adesione; il Consiglio europeo di Helsinki del dicembre 1999 ha conferito lo status di paese candidato ad un tredicesimo paese, la Turchia (per quanto l'apertura di negoziati con tale paese resti condizionata ad alcuni requisiti preliminari connessi ai criteri politici definiti a Copenaghen). 3.2.1.2. La diversità geografica dei paesi candidati è notevole: le dimensioni variano considerevolmente (dai 400000 abitanti di Malta ai 38,7 milioni della Polonia e 64,3 milioni della Turchia) e anche la diversità regionale è molto marcata: dieci paesi candidati appartengono all'Europa centrale e orientale (Polonia, Ungheria, Repubblica ceca, Slovacchia, Estonia, Lituania, Lettonia, Slovenia, Romania, Bulgaria) e tre al bacino del Mediterraneo (Cipro, Malta, Turchia). 3.2.1.3. Gli scarti a livello di sviluppo sono molto pronunciati, con un tenore di vita medio nei paesi candidati pari solo al 40 % della media comunitaria: se la popolazione dei 13 paesi candidati (170 milioni di abitanti) rappresenta il 45 % di quella dell'Unione dei 15, il loro PIL, in termini statistici, ammonta soltanto al 6,7 % del PIL dell'UE, con differenze comparate anche molto marcate (differenziale superiore a 1:3 tra i paesi candidati). 3.2.1.4. Le implicazioni dell'adesione riguardano anche la società: l'integrazione economica nell'UE dei candidati comporterà per tali paesi trasformazioni radicali per quanto riguarda i fondamentali dell'economia e la regolazione congiunturale, i soggetti economici (imprese, lavoratori dipendenti, consumatori) e le istituzioni amministrative e giurisdizionali. I negoziati attuali consentono di accordarsi sulle regole e sulle relative modalità di applicazione, ma esercitano un impatto minimo sugli sviluppi economici e sociali e sui cambiamenti amministrativi, giudiziari e della società ("institution building") necessari per portare a termine con successo il recepimento dell'acquis comunitario. Tutte le componenti della società civile devono essere coinvolte nelle riforme. 3.2.2. Altri fattori dovrebbero invece contribuire ad agevolare il recepimento dell'acquis comunitario. 3.2.2.1. Si tratta, per la maggior parte dei paesi candidati, di mercati di dimensioni limitate, fattore che può facilitarne la trasformazione. 3.2.2.2. Gli investimenti comunitari, che hanno registrato un considerevole sviluppo in tali paesi, contribuiscono anche all'esportazione di un sistema di riferimento comune dell'UE e alla sua ampia diffusione (subappalti, ecc.). 3.2.2.3. Il controllo giuridico del recepimento dell'acquis comunitario può infine basarsi su criteri comunitari chiari e quantificabili che agevolano la valutazione delle situazioni. 3.3. Basarsi sui progressi in atto 3.3.1. Un lungo processo di adeguamento delle economie dei paesi candidati ha già avuto luogo dall'inizio del processo di preadesione concordato nel 1994 ad Essen, con gli accordi europei, i partenariati per l'adesione e gli strumenti di preadesione (programmi Phare - rafforzamento istituzionale e aiuto all'investimento, SSPA - infrastrutture nei settori dell'ambiente e dei trasporti, Sapard - sviluppo agricolo e rurale) e con la partecipazione dei paesi candidati a numerosi programmi comunitari. L'obiettivo era quello di accelerare, in tali paesi, lo sviluppo di un'economia di mercato in grado di sostenere la concorrenza all'interno del mercato unico e negli scambi con l'estero di un'Unione europea aperta al mondo. In un primo momento la conversione dei paesi dell'Europa centrale e orientale all'economia di mercato si è svolta in condizioni che hanno messo in luce i ritardi di competitività accumulati in un'economia di Stato (come era già avvenuto per l'integrazione dell'economia della Germania orientale), creando nella maggior parte di essi forti pressioni inflazionistiche, un calo della produttività e un aumento della disoccupazione. 3.3.1.1. Ma tali inizi difficili sono stati seguiti, in particolare nei paesi che hanno accelerato il processo di riforma e di nuovo orientamento dei flussi commerciali, da un netto risanamento economico non appena le ristrutturazioni e gli investimenti privati hanno potuto far sentire i loro effetti positivi. Una questione delicata nella maggior parte dei paesi candidati continua ad essere la disoccupazione il cui aumento è stato inevitabilmente legato alle ristrutturazioni economiche in corso: una priorità è l'aumento della sensibilità del mercato del lavoro all'andamento della crescita, per contribuire a ridurre la disoccupazione in misura significativa, come già avviene nei paesi candidati che sono più avanzati sulla via delle riforme, quali l'Ungheria o la Slovenia. 3.3.2. La relazione della Commissione dell'8 novembre 2000 prende atto di numerosi progressi per quanto riguarda il miglioramento degli equilibri economici, della produttività e dell'occupazione nel settore privato. Secondo tale relazione, Cipro, Malta, l'Estonia, l'Ungheria, la Polonia, la Repubblica ceca e la Slovenia sono attualmente delle economie di mercato pronte ad aderire all'Unione europea in un prossimo futuro, con riserva di alcune osservazioni differenziate, ma nel complesso positive, formulate riguardo alla situazione di ciascun paese. Anche la Lettonia, la Lituania e la Slovacchia sono considerate come economie di mercato funzionanti e dovrebbero essere pronte all'adesione in un futuro a medio termine, a condizione di intensificare le riforme in corso. Invece la Bulgaria, la Romania e la Turchia devono ancora sviluppare, o addirittura avviare le riforme necessarie per rispondere ai criteri economici dell'adesione, in un futuro ancora non definibile in questa fase (per la Turchia sussistono alcuni criteri politici preliminari che condizionano l'apertura dei negoziati). Nel complesso si può constatare che i progressi registrati dalla Commissione aprono prospettive di una prossima adesione a sette e forse a dieci paesi candidati, probabilmente a partire dal 2004 per i meglio piazzati tra loro. 3.3.3. Oltre alla crescita economica, stimata l'anno scorso complessivamente a circa il 4 % annuo, i progressi sono stati particolarmente evidenti per quanto riguarda l'intensificazione degli scambi commerciali con l'UE, che sono aumentati ad un ritmo annuale del 20 % dal 1993 e si sono triplicati, rappresentando attualmente, in media, il 60 % del commercio estero di tali paesi (una percentuale pari a quella dei 15 dell'UE nei loro scambi intracomunitari): i paesi candidati sono divenuti il secondo partner dell'UE, dopo gli Stati Uniti. Gli scambi sono ancora oggi caratterizzati da un forte avanzo commerciale dell'UE, che ha superato i 25 miliardi di euro nel 1999, cioè quasi un quarto del totale delle esportazioni comunitarie verso tali paesi. 3.3.4. Le seguenti valutazioni e raccomandazioni del Comitato, essenzialmente basate sulle audizioni di rappresentanti socioprofessionali dei paesi candidati, sono presentate in maniera globale e corrispondono a osservazioni prevalenti. Evidentemente devono essere sfumate in funzione della diversità delle situazioni nazionali dei paesi candidati. 3.3.5. Il Comitato osserva che i progressi negli scambi sono stati agevolati da numerosi sviluppi positivi nella maggior parte dei paesi candidati, in particolare: - l'accettazione del processo di trasformazione e dell'adeguamento al mercato unico; - un rafforzamento delle organizzazioni professionali, sindacali, di consumatori; - parallelamente ai progressi in materia di produttività, una nuova cultura imprenditoriale e di gestione; - un forte aumento degli investimenti internazionali; - una modernizzazione delle infrastrutture e dell'apparato produttivo; - lo sviluppo del settore dei servizi (banche, assicurazioni, commercio, audiovisivo); - una maggiore cooperazione nel settore della normalizzazione tecnica. 3.4. Impegnarsi a risolvere i problemi principali 3.4.1. I questionari e le audizioni del Comitato hanno consentito di rilevare numerosi problemi e ritardi nei paesi candidati, che vengono qui di seguito menzionati. L'enumerazione di tali diversi casi non vuol dire in alcun modo che essa metterebbe allo scoperto problemi incontrati in ognuno di questi paesi: con i progressi realizzati o in corso negli Stati candidati, solo nei paesi che sono più indietro sulla via dell'adesione si ritrova la maggior parte dei problemi constatati. Temperata in tal senso l'interpretazione dei dati, le audizioni del Comitato indicano che i problemi principali riguardano, oltre alle difficoltà e ai costi generali dell'adeguamento: 3.4.1.1. Taluni ritardi nella modernizzazione delle strutture (apparato produttivo, formazione e qualificazione della manodopera, sistema finanziario, reti di distribuzione, strutture amministrative e giurisdizionali, infrastrutture di trasporto e comunicazione); 3.4.1.2. Ritardi nell'adeguamento della regolamentazione (restrizioni ai movimenti di capitali, compatibilità delle norme tecniche e contabili, lacune in materia di proprietà intellettuale e industriale, protezione dell'ambiente, problemi legati allo sviluppo dell'economia sommersa). 3.4.2. I problemi più spesso segnalati dai soggetti economici e socioprofessionali dei paesi candidati riguardano: 3.4.2.1. in linea generale, i ritardi di competitività di fronte ad una maggiore concorrenza, la complessità dell'attuazione delle regolamentazioni comunitarie, la limitazione degli aiuti comunitari, le difficoltà di sviluppo per le imprese, in particolare per le PMI (mancanza di capitali e problemi di accesso al credito); 3.4.2.2. nel settore commerciale, i disavanzi negli scambi con l'UE ed anche le restrizioni di accesso dei prodotti agricoli nell'UE che restano al di là delle aperture; 3.4.2.3. in campo sociale, gli adeguamenti necessari della manodopera, spesso eccedentaria nel settore agricolo, ma insufficiente in altri settori, la preoccupazione di evitare la fuga della manodopera qualificata ed anche i problemi di attuazione, adeguamento e buon funzionamento dei sistemi di protezione sociale. 3.4.3. I problemi più citati dai soggetti economici e socioprofessionali dell'Unione europea risultano più marcati per quanto concerne sia gli esportatori sia gli investitori in loco e riguardano: 3.4.3.1. in generale, problemi di incertezza giuridica e di capacità istituzionale delle amministrazioni dei paesi candidati (casi di procedure burocratiche e d'assenza di possibilità di ricorso, competenza e indipendenza delle autorità di controllo, casi di protezionismo doganale ricorrente, inefficacia di taluni organi di regolamentazione, di normalizzazione e di certificazione, difficoltà dei riconoscimenti reciproci, frodi e problemi di corruzione); 3.4.3.2. in campo economico, la complessità e il livello dell'imposizione fiscale, la persistenza di ostacoli non tariffari e di barriere tecniche ed amministrative agli scambi, una mancanza di trasparenza dei programmi di privatizzazione, la scarsa prevedibilità del quadro giuridico e fiscale, il mantenimento di alcune regolamentazioni dei prezzi, tuttavia limitate; 3.4.3.3. nel settore della politica della concorrenza, talune limitazioni alla libertà di stabilimento, restrizioni all'insediamento (licenze, succursali), le restrizioni all'acquisizione fondiaria (che possono comunque essere aggirate costituendo una società controllata), il livello degli aiuti statali in taluni settori che registrano problemi di adeguamento e competitività, la mancata apertura degli appalti pubblici, prassi anomale (persistenza di dumping di prezzi, per quanto in un numero relativamente limitato di casi, viste le procedure avviate; mancato rispetto delle esigenze ambientali, lavoro illegale). 3.5. Delimitare le altre priorità di adeguamento 3.5.1. Dalle audizioni organizzate dal Comitato si evince che gli ambiti prioritari di intervento per i paesi candidati riguardano: 3.5.1.1. in generale, il consolidamento dei progressi già osservati (gestione economica, produttività, qualità dei beni e dei servizi, cultura d'impresa, educazione del consumatore), con la partecipazione diretta della società civile: 3.5.1.2. nel campo della politica economica, il rafforzamento della stabilizzazione macroeconomica, l'eliminazione degli ostacoli agli scambi di prodotti e di servizi, il proseguimento e l'accelerazione delle privatizzazioni, lo sviluppo della liberalizzazione dei prezzi, le riforme fiscali a sostegno dell'economia di mercato, il rispetto delle discipline monetarie, un sistema affidabile di tutela della proprietà intellettuale e industriale, il sostegno alle PMI, l'intensificazione della trasposizione delle norme europee, delle certificazioni e dei riconoscimenti reciproci, la protezione dell'ambiente; 3.5.1.3. nel settore delle strutture pubbliche, il rafforzamento della riforma dello Stato, delle amministrazioni e dell'apparato giurisdizionale, della politica della concorrenza, l'accettazione delle discipline dell'OCSE e del Consiglio d'Europa per combattere la corruzione (convenzioni civile e penale); 3.5.1.4. per quanto riguarda le strutture economiche, il rafforzamento di organizzazioni professionali autonome e rappresentative, la modernizzazione delle strutture industriali, commerciali e finanziarie, nonché agricole (con nuove concessioni reciproche in materia di scambi), la modernizzazione delle infrastrutture (trasporti, energia, telecomunicazioni), in particolare transfrontaliere tra paesi candidati e con l'UE; 3.5.1.5. in campo sociale, il recepimento dell'acquis sociale comunitario, lo sviluppo del dialogo sociale, la lotta contro l'economia sommersa. 4. La sfida di una maggiore efficacia dei metodi di sostegno 4.1. Il sostegno all'adattamento economico dei paesi candidati richiederà uno sforzo di adeguamento dei metodi, relativamente a quattro settori: la ridefinizione degli aiuti comunitari, l'intensificazione delle azioni di formazione, il miglioramento dei rapporti di valutazione, l'associazione anticipata a talune politiche comunitarie. 4.2. Ottimizzare l'aiuto comunitario 4.2.1. Gli aiuti comunitari, programmati per il periodo 2000-2006 nell'"Agenda 2000" adottata nel marzo 1999 a Berlino, sono rimasti nel quadro del massimale di bilancio comunitario fissato all'1,27 % del PIL. Essi prevedono, come stima per tale periodo, una ventina di miliardi di euro per gli strumenti di preadesione e una cinquantina di miliardi, a partire dal 2002, per i nuovi Stati membri. Pur essendo considerevole, l'ammontare di tali aiuti non basterà ovviamente di per sé a finanziare le esigenze di sviluppo e di recupero dei paesi interessati. 4.2.2. L'Unione europea non dovrebbe pensare di non avere più responsabilità di sostegno finanziario ai paesi candidati per il solo fatto di aver adottato l'Agenda 2000: secondo il Comitato al momento l'essenziale è che tali interventi comunitari siano finalizzati al sostegno di un'economia di mercato efficiente, garantendo un effetto di avviamento e di promozione degli investimenti privati, gli unici in grado di mobilitare le risorse necessarie. A tal fine il Comitato sottolinea diverse esigenze: 4.2.2.1. in primo luogo è indispensabile sviluppare il partenariato con i protagonisti socioprofessionali per quanto concerne i programmi nazionali di adeguamento all'acquis comunitario e l'utilizzo degli aiuti comunitari, garantendo tale concertazione a livello della progettazione, dell'attuazione, del controllo e della valutazione; 4.2.2.2. il controllo dell'impatto degli aiuti sullo sviluppo economico deve essere rafforzato, facendo leva in particolare su tale partenariato con i soggetti socioprofessionali; 4.2.2.3. occorre modernizzare il quadro di attività delle imprese, tra l'altro accelerando la riforma dell'amministrazione pubblica e garantendo la creazione di giurisdizioni qualificate, efficienti ed autonome (sviluppando le operazioni già avviate di gemellaggio tra amministrazioni nazionali degli Stati membri e degli Stati candidati); 4.2.2.4. i programmi di sostegno dovrebbero privilegiare maggiormente una dimensione transnazionale, rafforzando la cooperazione regionale tra i paesi candidati; 4.2.2.5. appare indispensabile lo sviluppo di partenariati pubblico/privato, in particolare per quanto riguarda i progetti di reti transeuropee di infrastrutture (cfr. trasporti, energia, telecomunicazioni, ambiente); 4.2.2.6. oltre alla conformità degli aiuti comunitari alle regole della concorrenza, occorre controllare la condizionalità degli aiuti, alla luce delle discipline comuni, della certezza giuridica riguardante le persone, i beni, le transazioni e gli investimenti, del rafforzamento dei dispositivi di lotta contro le irregolarità, le frodi, la corruzione, l'economia sommersa; 4.2.2.7. infine, è particolarmente necessario garantire lo sviluppo di un sistema finanziario e bancario forte e ben controllato. 4.2.3. Sarebbe anche utile favorire l'abbinamento tra aiuti comunitari e aiuti nazionali degli Stati membri per rafforzare l'impatto finanziario di taluni progetti: ciò costituirebbe un mezzo per ovviare alla limitazione degli aiuti comunitari e concentrare maggiormente gli aiuti europei, siano essi comunitari o nazionali, su taluni progetti prioritari. 4.2.4. Il Comitato sottolinea infine la necessità di pianificare, a termine, una riduzione progressiva piuttosto che una crescita degli aiuti non rimborsabili, operando così una limitazione globale degli aiuti pubblici nel funzionamento dell'economia europea: occorrerebbe quindi combinare tali aiuti pubblici con prestiti a tasso agevolato, abbuoni d'interessi, garanzie su prestiti o partecipazioni al capitale, con un migliore coordinamento tra gli aiuti dei fondi e i prestiti della Banca europea per gli investimenti, delle banche e del settore finanziario. 4.3. Intensificare le azioni di formazione 4.3.1. L'adeguamento dei paesi candidati richiederà anche un considerevole sforzo di formazione, all'interno del quale i soggetti socioprofessionali dei paesi membri svolgeranno un ruolo di primo piano, stipulando con i loro omologhi dei paesi candidati accordi di cooperazione e di assistenza reciproca, informandoli dei loro diritti e dei loro doveri nei confronti dell'acquis comunitario e sostenendone l'adeguamento in funzione delle loro esigenze specifiche. 4.3.2. Queste azioni di formazione svolte dai soggetti socioprofessionali e dalle parti sociali, che sono già cominciate con il sostegno comunitario, segnatamente del programma Phare, dovrebbero svilupparsi ulteriormente tramite missioni di esperti, tirocini e scambi reciproci. Esse dovrebbero contribuire ad integrare tutti i fattori di adeguamento e in particolare: - sostenere un quadro legislativo e giudiziario favorevole all'iniziativa privata; - diffondere lo stesso sistema di riferimento in materia di gestione; - insegnare ad utilizzare gli strumenti giuridici europei quali il brevetto europeo, il marchio comunitario, la certificazione CE, ecc.; - sviluppare gli accordi di riconoscimento reciproco; - promuovere il dialogo sociale. 4.4. Migliorare le relazioni di valutazione 4.4.1. L'accettazione dell'acquis comunitario forma oggetto di relazioni annuali elaborate dalla Commissione europea in collegamento diretto con le amministrazioni dei paesi candidati. L'ultima relazione è stata presentata l'8 novembre 2000. 4.4.2. Il Consiglio Ecofin, nel novembre 2000, ha stabilito di esaminare anche alcuni aspetti particolarmente significativi della politica economica dei paesi candidati, specialmente i programmi economici e la politica finanziaria per avvicinarli in misura crescente alla prassi seguita nell'Unione europea (previsioni economiche, notifica dei bilanci, stabilità delle finanze pubbliche, ecc.). Il Comitato approva l'iniziativa, che consentirà anche una maggiore partecipazione dei paesi candidati al processo di Cardiff sul rafforzamento della fluidità economica del mercato unico e dell'adeguamento dei mercati di servizi e capitali. 4.4.3. Inoltre, il Comitato sottolinea che dagli incontri organizzati con i rappresentanti socioprofessionali dei paesi candidati emergono spesso osservazioni dirette, raccolte sul campo, piuttosto divergenti dalle relazioni ufficiali, in particolare per quanto riguarda i seguenti aspetti: stato delle riforme e progressi compiuti, applicazione delle nuove legislazioni, ritardi nel recepimento dell'acquis, problemi di concorrenza, eventuali ostacoli al mercato unico. Il dibattito sull'adesione all'Unione europea, sui suoi progressi, sulle sue modalità e condizioni deve essere portato al centro della società civile, attraverso un dialogo permanente con i suoi rappresentanti organizzati. Il Comitato raccomanda quindi di garantire d'ora in avanti la collaborazione diretta degli ambienti socioprofessionali all'elaborazione di tali relazioni, per poter valutare meglio gli effettivi sviluppi in materia di stato delle riforme e progressi compiuti, l'effettiva applicazione delle nuove legislazioni, gli ostacoli sul terreno, ecc. 4.4.3.1. Nello stesso spirito, la Commissione europea dovrebbe fare in modo di inserire nelle proprie relazioni di valutazione le analisi e le raccomandazioni formulate sia dai convegni annuali organizzati dal Comitato economico e sociale con i rappresentanti socioprofessionali dei paesi candidati sia dai comitati consultivi misti (CCM) bilaterali che sono stati creati con diversi di essi. Inoltre gli enti pubblici dei paesi candidati che non hanno ancora proposto di creare un CCM dovrebbero farlo tra breve. 4.5. Associare già gli Stati candidati a talune politiche comuni 4.5.1. Sarebbe utile avviare la preparazione operativa dei paesi candidati coinvolgendoli, sin dal periodo di preadesione, nell'attuazione di politiche comuni al fine di creare già spazi di adesione limitati ma reali. Ciò contribuirebbe ad accelerare i negoziati e a definire per ciascun paese degli obiettivi temporali per l'adesione. 4.5.2. Un buon esempio di tale approccio è la recente firma da parte della Commissione europea di accordi di riconoscimento reciproco dei prodotti industriali (PECA) con l'Ungheria, la Repubblica ceca e la Lettonia. Tali accordi dovrebbero essere estesi ad altri paesi candidati. 4.5.3. Si può inoltre citare la concordata piena partecipazione dei paesi candidati allo spazio europeo di ricerca e in specie al Sesto programma quadro. 4.5.4. Il Comitato appoggia inoltre la proposta della Commissione europea, proposta che esso stesso aveva già formulato in un precedente parere sull'impatto dell'allargamento sul mercato unico, di estendere ai paesi candidati i centri di coordinamento e i punti di contatto "mercato unico" già esistenti in ciascuno dei quindici Stati membri, in modo da contribuire al superamento, su base bilaterale, degli ostacoli che possono ancora presentarsi negli scambi reciproci. 4.5.5. Un approccio cooperativo di questo tipo potrebbe anche applicarsi alla politica comunitaria delle dogane, dato che la maggior parte dei nuovi candidati avrà, al momento dell'ingresso nell'Unione europea, una frontiera con un paese terzo. 4.5.6. Il Comitato approva anche le proposte, formulate nel gennaio 2001 dalla Commissione europea, intese a far aderire i paesi candidati all'Agenzia europea per l'ambiente fin dal 2001. 4.5.7. Il Comitato richiama inoltre l'attenzione sull'esigenza di prevedere la possibilità che i paesi candidati aderiscano al brevetto comunitario non appena questo verrà adottato dall'Unione europea ed anche prima della loro adesione (senza che tale associazione complichi in alcun modo l'adozione da parte dei 15 del brevetto comunitario già nel 2001). In effetti, uno sblocco del brevetto comunitario, dai cui vantaggi gli Stati candidati si troverebbero esclusi, impedirebbe di prendere in considerazione tali paesi nell'assegnazione dei nuovi brevetti. In questo modo sarebbe impossibile includerli in seguito nei brevetti comunitari rilasciati prima della loro adesione, a causa delle regole restrittive del diritto di proprietà intellettuale e industriale che vietano di aggiungere altri paesi a quelli per i quali il brevetto è stato originariamente rilasciato. Una situazione di questo tipo creerebbe per numerosissimi brevetti comunitari una spaccatura all'interno del mercato unico, quando esso si amplierà, in contrasto con i vantaggi legittimamente attesi da tale brevetto. 4.5.8. Il Comitato sostiene infine l'associazione dei paesi candidati agli obiettivi perseguiti dall'Unione europea nei negoziati commerciali internazionali, che giustificano una stretta concertazione della Commissione con tali paesi, al fine di rafforzare il peso dell'Unione europea sulla scena internazionale. 5. La sfida della preparazione di una nuova coesione nell'Unione allargata 5.1. L'allargamento modificherà considerevolmente i dati della coesione interna dell'Unione europea, proprio mentre l'Unione è impegnata nel suo approfondimento, che è ben lungi dall'essere completato. La ricerca di una coesione ottimale sarà complicata dai ritardi e dagli scarti di sviluppo dei paesi candidati che, per la maggior parte, potranno essere colmati solo in piccolissima parte prima dell'effettiva adesione. Sussisteranno ancora in larga misura durante i primi anni, se non i primi decenni, successivi all'adesione. L'Unione allargata dovrà quindi imparare a vivere con una dispersione molto maggiore dei livelli economici degli Stati membri e delle regioni e trovare i mezzi per adeguarsi a tale situazione e per porvi gradualmente rimedio. Né l'Agenda 2000 adottata a Berlino nel 1999, né la riforma del Trattato scaturita dall'accordo di Nizza del dicembre 2000 potranno conciliare allargamento e approfondimento se non si collocheranno nel quadro di una riorganizzazione più generale. Occorre dunque avviare nuove iniziative, che associno pienamente i paesi candidati, per semplificare la regolamentazione comunitaria, coordinare le amministrazioni nazionali in vista di compiti comuni, consolidare l'UEM e rafforzare insieme la competitività del "sito Europa". 5.2. Semplificare la regolamentazione comunitaria 5.2.1. Il recepimento dell'acquis comunitario da parte dei paesi candidati è intralciato dalla grande complessità della regolamentazione comunitaria. Invece di semplificare la normativa, l'Unione europea continua anche oggi a emanare disposizioni troppo complesse per gli utilizzatori, troppo dispersive, se non contraddittorie, per formare un insieme veramente coerente, troppo appiattite sulle regolamentazioni nazionali vigenti per poterle effettivamente armonizzare. 5.2.2. Dal canto loro, gli Stati membri non danno prova di sufficiente disciplina rispetto alla regolamentazione comune, continuando ad accumulare ritardi nel recepimento e contenzioso giuridico con la Commissione e la Corte di giustizia europea. Così i 15 danno oggi un cattivo esempio ai paesi candidati. 5.2.3. Occorre dunque rafforzare l'efficacia dell'intervento comunitario migliorando la pertinenza e la qualità della regolamentazione ed intensificando i controlli e le discipline di applicazione. La posta in gioco è consolidare il funzionamento sostenibile del mercato unico, agevolando il recepimento dell'acquis comunitario da parte dei paesi candidati riducendo al minimo il contenzioso. 5.2.4. In un parere dell'ottobre 2000(3), il Comitato si è quindi pronunciato sulla necessità di avviare un programma pluriennale volto a semplificare la regolamentazione, che preveda l'introduzione di codici di condotta per le istituzioni e gli stessi Stati membri (il Comitato ha dato l'esempio adottando il suo codice di condotta), un rafforzamento del dialogo con i rappresentanti dei destinatari della regolamentazione, l'indipendenza dell'analisi preliminare dell'impatto dei progetti della Commissione, l'esame sistematico di alternative possibili alla regolamentazione, tramite impegni volontari, accordi contrattuali, autoregolamentazioni o coregolamentazioni dei partner professionali interessati, metodi efficaci di controllo (quadri di valutazione, relazioni annuali), promuovendo un'analisi comparativa delle migliori pratiche. 5.2.5. Il Comitato auspica che gli Stati candidati vengano associati a tale programma di semplificazione della regolamentazione, adottando anch'essi codici di buona condotta e promuovendo il dialogo contrattuale delle parti economiche e sociali. 5.3. Coordinare le amministrazioni nazionali 5.3.1. Il Comitato sottolinea che tale semplificazione della regolamentazione dovrà essere accompagnata da un rafforzamento dei controlli e delle trasposizioni, in un quadro inteso a responsabilizzare maggiormente gli Stati membri. La Commissione europea non potrà garantire da sola la corretta gestione del mercato unico allargato, nel momento stesso in cui occorrerà rafforzare le esigenze di sicurezza ed i controlli. 5.3.2. Il Comitato è quindi favorevole ad un coinvolgimento diretto delle amministrazioni degli Stati membri nel rafforzamento dei diversi controlli sul campo, tramite l'adozione di metodi comuni che dovrebbero essere certificati dalla Commissione. Gli Stati candidati dovranno essere invitati ad associarsi a tali procedure, e ciò offrirà loro il migliore apprendistato per la futura adesione. Si tratterà così di sviluppare, ad imitazione dei centri di coordinamento "mercato unico" recentemente creati in ciascuno dei 15 Stati membri, delle sinergie tra amministrazioni nazionali che agiscano nell'interesse del mercato unico. Tale approccio dovrà affermarsi in particolare per la politica della concorrenza, la protezione dell'ambiente, la sicurezza dei prodotti e degli alimenti, la salute e la sicurezza sul lavoro, la lotta contro le frodi fiscali e commerciali. 5.3.3. La Commissione dovrebbe essere invitata ad incentrare la propria azione su una sorveglianza vigile del corretto funzionamento di tali controlli decentrati. Dovrebbe essere autorizzata ad intervenire direttamente per rimediare ad eventuali carenze da parte di amministrazioni nazionali. Con la prospettiva di un'Unione di trenta membri dotata di amministrazioni nazionali molto eterogenee, gli interventi della Commissione potranno giustificare l'introduzione di ispezioni comunitarie, in particolare per quanto riguarda il controllo e la repressione delle frodi di portata europea. 5.3.4. Per quanto riguarda le dogane, il Comitato richiama l'attenzione sull'obiettivo di garantire procedure identiche alle frontiere esterne dell'Unione, a seguito della soppressione dei controlli intracomunitari. Tale obiettivo potrebbe giustificare il superamento della fase di cooperazione rafforzata delle amministrazioni nazionali e l'obiettivo di una effettiva unificazione delle dogane europee dopo l'allargamento nel quadro di un'unica amministrazione comunitaria. 5.4. Consolidare l'UEM 5.4.1. L'unione economica e monetaria, che realizza pienamente l'integrazione dell'economia degli Stati membri che partecipano all'euro, arriva al momento giusto per cogliere la sfida del rafforzamento della coesione economica e sociale nell'Europa allargata. Essa dovrà consolidare l'approfondimento dell'integrazione economica al di là degli allargamenti, e attirare gradualmente verso di sé, in modo ineluttabile, i nuovi paesi membri. 5.4.2. Il Comitato sottolinea l'esigenza di rafforzare il coordinamento economico al Consiglio Ecofin. L'eurogruppo sarà chiamato a svolgere un ruolo motore e dovrà strutturarsi ed agire di conseguenza. Oltre ai ministri dell'economia e delle finanze, anche altre formazioni del Consiglio, in particolare il Consiglio Affari sociali, dovranno tenere pienamente conto, nei loro dibattiti e nelle loro decisioni, di tutte le conseguenze inedite dell'esistenza dell'euro. 5.4.3. Il Consiglio Ecofin dovrà incoraggiare i paesi candidati a creare le basi giuridiche ed economiche della loro futura partecipazione all'UEM, in particolare avviando riforme strutturali che vadano in tal senso (come l'indipendenza delle banche centrali, riguardo alla quale sono stati già compiuti notevoli progressi). Il Comitato sottolinea che i paesi candidati si impegnano a partecipare, sin dall'adesione, al meccanismo di cambio europeo (SME II), subentrato allo SME; ciò garantirà solide basi per la stabilità dei cambi all'interno del mercato unico allargato e costituirà un primo passo, obbligatorio, per la loro successiva partecipazione all'UEM. 5.5. Rafforzare insieme la competitività dell'Europa 5.5.1. Nel marzo 2000 il Consiglio europeo di Lisbona ha dato mandato di rafforzare la competitività dell'Europa garantendo, nei diversi Stati membri, adeguamenti strutturali di notevole entità. Tale mandato dovrà essere realizzato con tutta la determinazione necessaria, al fine di rafforzare la capacità concorrenziale delle imprese, sviluppare l'innovazione, controllare i costi collettivi e le spese pubbliche, migliorare il funzionamento del mercato del lavoro e il livello dell'occupazione, garantire la sostenibilità dei sistemi di protezione sociale. 5.5.2. Il Comitato raccomanda di coinvolgere gli Stati candidati nel conseguimento degli obiettivi fissati a Lisbona e nelle procedure annuali di valutazione in occasione dei Consigli europei di primavera per: - rafforzare la capacità concorrenziale delle imprese, sviluppare l'innovazione, controllare i costi collettivi e le spese pubbliche, migliorare il funzionamento del mercato del lavoro e il livello dell'occupazione, garantire la modernizzazione dei sistemi di protezione sociale; - promuovere l'analisi comparativa delle migliori pratiche. Il Comitato accoglie con favore il fatto che il Consiglio europeo di Stoccolma del marzo 2001 abbia espressamente dichiarato il suo interesse per un tale coinvolgimento. 5.5.3. Un coinvolgimento di questo tipo incoraggerà tali Stati ad accelerare le riforme e li metterà in una situazione di sinergia reciproca, non soltanto tra di loro, ma anche nei confronti dei 15 Stati membri. Ogni paese candidato avrà d'altronde tutte le opportunità - soprattutto nei settori in cui ha avviato riforme nuove con metodi nuovi e con la ferma volontà di riuscire - quali l'apertura economica e l'innovazione, di trovarsi su un piano di parità con i 15 nell'adeguamento competitivo, e addirittura di eguagliare i migliori tra loro. 6. Conclusioni 6.1. Alla luce dei dibattiti portati avanti con i rappresentanti socioprofessionali dei paesi candidati, il Comitato sottolinea l'esigenza di rafforzare, in previsione dell'allargamento, gli sforzi di effettivo recepimento dell'acquis comunitario in tali paesi, metodi di sostegno più efficaci dell'Unione europea, la preparazione di una nuova coesione economica in un'Unione europea allargata. 6.2. Il Comitato osserva che gli Stati membri e i paesi candidati condividono ormai un futuro comune. Ciò giustifica un sostegno permanente ed efficace dell'Unione europea e dei suoi soggetti socioprofessionali agli sforzi di ogni genere che i paesi candidati dovranno compiere ed intensificare per rispondere ai requisiti dell'adesione, operazione necessariamente impegnativa dato il livello di integrazione ormai raggiunto, per quanto non ancora completato, da parte dell'Unione. 6.3. Il Comitato osserva anche che sarebbe assolutamente sbagliato pensare, dopo le decisioni preliminari dell'Unione europea riguardanti l'Agenda 2000 e la riforma del Trattato, che tale adattamento interessi soltanto i paesi candidati. Al contrario, la preparazione dell'Unione allargata richiederà un radicale adeguamento dell'Unione europea, ben al di là delle riforme di bilancio e istituzionali decise, per adattarsi alle conseguenze inedite dell'ampliamento. 6.4. Il Comitato ritiene che questa duplice sfida, per i paesi candidati come per gli Stati membri, debba essere percepita come un'occasione unica per avviare un profondo rinnovamento dell'Unione europea, vantaggioso per tutti, nella misura in cui garantirà la competitività economica e il progresso sociale di un'Europa ampliata e rafforzata allo stesso tempo. 6.5. Il Comitato lancia pertanto un appello perché l'Unione europea avvii, dal 2001, un programma pluriennale ambizioso e coerente di preparazione all'allargamento, per rendere più efficaci i metodi di sostegno ai paesi candidati, creando nel contempo, già a livello dei 15 le condizioni per mantenere la coesione dell'Europa dopo l'allargamento. Un programma del genere dovrà associare gli Stati membri e gli Stati candidati e coinvolgere in prima linea i soggetti economici e sociali della società civile. L'obiettivo dovrà essere quello di portarlo a termine prima della scadenza degli attuali mandati di Parlamento e Commissione. Bruxelles, 25 aprile 2001. Il Presidente del Comitato economico e sociale Göke Frerichs (1) Cfr. anche i pareri del Comitato economico e sociale: "Occupazione e situazione sociale nei PECO", "La dimensione settentrionale: piano d'azione per la dimensione settentrionale nelle politiche estera e transfrontaliera dell'Unione europea 2001-2003", GU C 139 del 11.5.2001. "Le conseguenze dell'ampliamento per il mercato unico", GU C 329 del 17.11.1999. (2) Convegno dal titolo "Verso un partenariato per la crescita economica e i diritti sociali", organizzato presso la sede del Comitato economico e sociale dal 14 al 17 novembre 2000. (3) "La semplificazione della legislazione in seno al mercato unico"GU C 14 del 16.1.2001, pag. 1.