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Document 52010IP0490

Una nuova strategia per l'Afghanistan Risoluzione del Parlamento europeo del 16 dicembre 2010 su una nuova strategia per l'Afghanistan (2009/2217(INI))

GU C 169E del 15.6.2012, p. 108–122 (BG, ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, IT, LV, LT, HU, MT, NL, PL, PT, RO, SK, SL, FI, SV)

15.6.2012   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

CE 169/108


Giovedì 16 dicembre 2010
Una nuova strategia per l'Afghanistan

P7_TA(2010)0490

Risoluzione del Parlamento europeo del 16 dicembre 2010 su una nuova strategia per l'Afghanistan (2009/2217(INI))

2012/C 169 E/11

Il Parlamento europeo,

viste le sue precedenti risoluzioni sull'Afghanistan, in particolare le risoluzioni dell'8 luglio 2008 sulla stabilizzazione dell'Afghanistan (1), del 15 gennaio 2009 sul controllo di bilancio dei fondi dell'Unione europea in Afghanistan (2) e del 24 aprile 2009 sui diritti della donna in Afghanistan (3),

vista la dichiarazione politica congiunta UE-Afghanistan, firmata il 16 novembre 2005, che si fonda su priorità condivise per l'Afghanistan come la creazione di istituzioni forti e responsabili, la riforma del settore della sicurezza e della giustizia, la lotta al narcotraffico, lo sviluppo e la ricostruzione,

visto l'accordo per Afghanistan del 2006, che stabilisce le tre principali aree di attività del governo afghano per il quinquennio successivo: sicurezza, governance, Stato di diritto, diritti umani, e sviluppo economico e sociale nonché un impegno per l'eliminazione della produzione di stupefacenti,

vista la Conferenza di Londra sull'Afghanistan, svoltasi nel gennaio 2010, in cui la comunità internazionale ha rinnovato il proprio impegno per l'Afghanistan e che ha gettato le basi per un consenso internazionale su una strategia comprendente una «soluzione non militare» della crisi afghana, stabilendo altresì che il trasferimento alle forze afghane della responsabilità in materia di sicurezza inizierà nel 2011 e sarà ampiamente completato entro il 2014,

vista la risoluzione 1890 (2009) del Consiglio di sicurezza dell'ONU che, ai sensi del capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite, proroga l'autorizzazione della International Security Assistance Force (ISAF) in Afghanistan quale definita nelle risoluzioni 1386 (2001) e 1510 (2003), per un periodo di dodici mesi dopo il 13 ottobre 2009, e invita i paesi membri delle Nazioni Unite facenti parte dell'ISAF a prendere tutte le misure necessarie per l'esecuzione del relativo mandato,

vista la proposta di «Fondo fiduciario per la pace e la reintegrazione» cui i partecipanti alla Conferenza di Londra si sono impegnati ad assegnare un importo iniziale di 140 milioni di dollari USA, con l'obiettivo di integrare i talebani e gli altri ribelli,

vista l'Assemblea nazionale consultiva di pace dell'Afghanistan (Jirga), tenutasi a Kabul all'inizio del giugno 2010 con l'obiettivo di trovare un consenso nazionale sul tema della riconciliazione con i nemici,

vista la Conferenza di Kabul, svoltasi il 20 luglio 2010, che ha valutato i progressi compiuti nell'attuazione delle decisioni adottate alla Conferenza di Londra e ha fornito al governo afghano una nuova occasione di dimostrare la leadership e la titolarità del processo, con la cooperazione della comunità internazionale, nell'incrementare la sicurezza, rafforzare le capacità delle forze di sicurezza afghane e migliorare la buona governance e lo Stato di diritto, nonché nel tracciare il cammino da percorrere anche per quanto riguarda la lotta alla produzione e al traffico di droga, oltre che alla corruzione, la pace e la sicurezza, lo sviluppo economico e sociale, i diritti umani e la parità tra i sessi; viste le conclusioni della Conferenza di Kabul che prevedono il trasferimento del controllo delle operazioni militari alla forze afghane in tutte le province entro la fine del 2014,

visto il decreto presidenziale, del 17 agosto 2010, che fissa una scadenza di quattro mesi per lo scioglimento delle aziende di sicurezza private presenti in Afghanistan, con una deroga per quelle che lavorano all'interno di complessi utilizzati da ambasciate, imprese e ONG straniere,

viste le elezioni presidenziali tenutesi in Afghanistan nell'agosto 2009, le critiche contenute nella relazione finale della missione di osservazione elettorale dell'Unione europea, pubblicata nel dicembre 2009, e le elezioni parlamentari svoltesi il 18 settembre 2010,

viste tutte le pertinenti conclusioni del Consiglio, in particolare le conclusioni del Consiglio Affari generali e relazioni esterne (CAGRE) del 27 ottobre 2009 e il Piano d'azione del Consiglio per rafforzare l'impegno in Afghanistan e Pakistan, e le conclusioni del Consiglio Affari esteri del 22 marzo 2010,

viste la nomina, a partire dal 1o aprile 2010, di un rappresentante speciale dell'UE/capo della delegazione dell'UE in Afghanistan dalla duplice veste, e la decisione del Consiglio, dell'11 agosto 2010, che proroga il mandato del Rappresentante speciale Vygaudas Usackas fino al 31 agosto 2011,

vista la dichiarazione del Consiglio, del 18 maggio 2010, che proroga la missione di polizia dell'Unione europea in Afghanistan (EUPOL Afghanistan) per tre anni, dal 31 maggio 2010 al 31 maggio 2013,

visto il documento strategico per paese relativo al periodo 2007-2013, che definisce l'impegno della Commissione per l'Afghanistan fino al 2013,

visto il bilancio generale dell'Unione europea per l'esercizio 2010,

vista la relazione delle Nazioni Unite sullo sviluppo umano 2009, che classifica l'Afghanistan al 181o posto su 182 paesi,

viste la valutazione 2007-2008 dell'Afghanistan sui rischi e la vulnerabilità nazionali, e le stime in essa contenute secondo cui i costi connessi all'eliminazione della povertà in Afghanistan per portare al livello della soglia di povertà tutti coloro che vivono al di sotto di tale soglia, sarebbero pari a 570 milioni di dollari USA,

vista la relazione 2008 dell'ACBAR (Agenzia di coordinamento degli aiuti per l'Afghanistan) intitolata «Carenze - efficacia degli aiuti in Afghanistan», da cui emerge che enormi somme destinate agli aiuti confluiscono negli utili societari delle imprese appaltatrici (nella misura del 50 % per contratto), che la trasparenza a livello di appalti e gare è minima e che i costi degli stipendi e delle indennità degli espatriati sono elevati,

vista la relazione della Missione di assistenza dell'ONU in Afghanistan (UNAMA), dell'agosto 2010, sulla protezione dei civili nei conflitti armati,

viste le raccomandazioni dell'associazione Peace Dividend Trust, che sostengono una politica di «priorità all'Afghanistan» incoraggiando gli appalti locali afghani per la fornitura di beni e servizi in luogo della relativa importazione, a beneficio, in primo luogo e soprattutto, degli afghani,

viste la strategia controinsurrezionale NATO/ISAF per l'Afghanistan e la relativa attuazione ai comandi del generale Davis Petraeus nonché la revisione della strategia stessa annunciata dal Presidente Obama per il mese di dicembre 2010,

vista la relazione del Congresso degli Stati Uniti dal titolo «War Lords Inc: Extortion and Corruption Along the US Supply Chain in Afghanistan» (I signori della guerra: estorsione e corruzione nella catena USA di forniture in Afghanistan) (commissione sul controllo e la riforma del governo, Camera dei rappresentanti USA, giugno 2010),

visti il lavoro dell'Ufficio delle Nazioni Unite contro la droga e il crimine (UNODC) e, in particolare, la sua relazione dell'ottobre 2009 sul tema «Tossicodipendenza, crimine e ribellione - la minaccia transnazionale dell'oppio in Afghanistan» e la sua relazione mondiale sulla droga 2010,

visto l'articolo 48 del suo regolamento,

visti la relazione della commissione per gli affari esteri e il parere della commissione per lo sviluppo (A7-0333/2010),

A.

considerando che la comunità internazionale ha più volte ribadito il suo sostegno alle pertinenti risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite che sanciscono la sicurezza, la prosperità e i diritti umani di tutti i cittadini afghani; considerando tuttavia che la comunità internazionale ha implicitamente riconosciuto che nove anni di guerra e di coinvolgimento internazionale non sono riusciti ad avere la meglio sull'insurrezione dei talebani e a portare la pace e la stabilità nel paese; e che dal 2009 è stata introdotta una nuova strategia controinsurrezionale con l'invio di 45 000 militari di rinforzo,

B.

considerando che, con una coalizione di forze internazionali già attiva ma incapace di sconfiggere i talebani e gli altri ribelli e un movimento insurrezionale e talebano incapace di prevalere su tali forze militari, non si intravede alcuna conclusione certa in Afghanistan,

C.

considerando che, nel 2009, il generale Stanley McChrystal ha dichiarato di non ravvisare segnali di una forte presenza di Al Qaeda in Afghanistan, e che alti funzionari americani confermano che Al Qaeda è oggi scarsamente presente in Afghanistan,

D.

considerando che le condizioni di vita e di sicurezza si sono deteriorate, erodendo il consenso popolare di cui godeva a un certo punto la presenza della coalizione, e che la coalizione è sempre più percepita dalla popolazione come forza di occupazione; considerando che è necessario un nuovo, più ampio partenariato con il popolo afghano, che coinvolga i gruppi non rappresentati e la società civile negli sforzi di pace e di riconciliazione,

E.

considerando che l'Unione europea è uno dei principali fornitori di assistenza allo sviluppo e donatori di aiuti umanitari per l'Afghanistan e che essa è un partner impegnato negli sforzi di ricostruzione e stabilizzazione,

F.

considerando che, nell'ambito dell'accordo per l'Afghanistan del 2006 e della Conferenza di Kabul, i donatori hanno concordato di assegnare una percentuale crescente dei loro aiuti (fino al 50 %) ricorrendo, ove possibile, al bilancio del governo centrale, direttamente o attraverso meccanismi basati su fondi fiduciari, ma che solo il 20 % degli aiuti allo sviluppo è attualmente convogliato attraverso il bilancio del governo,

G.

considerando che la mancanza di sufficiente coordinamento sta compromettendo l'efficacia dell'aiuto e dei contributi dell'Unione europea in Afghanistan,

H.

considerando che tra il 2002 e il 2009 un importo pari a oltre 40 miliardi di dollari USA in aiuti internazionali è stato destinato all'Afghanistan; che il numero di bambini che frequentano la scuola è aumentato nello stesso periodo ma che, secondo le stime dell'UNICEF, il 59 % dei bambini afghani di età inferiore ai cinque anni non ha ancora abbastanza cibo, e cinque milioni di bambini non riescono a frequentare la scuola,

I.

considerando che la situazione delle donne nel paese rimane estremamente preoccupante; che, secondo le relazioni delle Nazioni Unite, il tasso di mortalità materna in Afghanistan è il secondo più alto al mondo con circa 25 000 decessi l'anno, e che solo il 12,6 % delle donne sopra i 15 anni è in grado di leggere e scrivere, mentre il 57 % delle ragazze si sposa prima dell'età legale di 16 anni; che la violenza nei confronti delle donne continua a essere un fenomeno diffuso; che la legge sciita sullo status personale è ancora in vigore e che la stessa, tra le altre discriminazioni, criminalizza le donne che si rifiutano di avere rapporti sessuali con i propri mariti e vieta alle donne di uscire di casa senza il consenso del marito,

J.

considerando che l'Afghanistan è parte di diverse convenzioni internazionali per la tutela dei diritti delle donne e dei bambini, in particolare la Convenzione delle Nazioni Unite del 1979 sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne e la Convenzione ONU del 1989 sui diritti del fanciullo, e che la Costituzione afghana, all'articolo 22, stabilisce che i cittadini dell'Afghanistan, uomini e donne, hanno uguali diritti e doveri dinanzi alla legge; che il Codice afghano della famiglia è attualmente in fase di revisione al fine di armonizzarlo con la Costituzione,

K.

considerando che nel luglio 2010 il Congresso degli Stati Uniti ha chiesto di procedere a una verifica sui miliardi di dollari versati in passato a titolo di finanziamenti per l'Afghanistan e ha votato a favore di una temporanea riduzione degli aiuti al governo dell'Afghanistan di quasi 4 miliardi di dollari USA,

L.

considerando che il ministro delle Finanze dell'Afghanistan, Omar Zakhilwal, ha criticato in primo luogo le prassi contrattuali NATO/ISAF, in quanto non vanno a beneficio dell'economia locale afghana, e, in secondo luogo, l'interpretazione unilaterale data dall'ISAF delle regole sulle disposizioni di esenzione fiscale contenute nell'accordo ISAF-governo afghano, e che il ministro ha accusato gli appaltatori stranieri di essersi aggiudicati la maggior parte dei contratti finanziati dall'ISAF, che ammontano a 4 miliardi di dollari USA, con la conseguenza che, a quanto risulta, si verifica una costante fuoriuscita di denaro dal paese; considerando che il governo afghano chiede un'indagine internazionale,

M.

considerando che è ormai ovvia l'impossibilità di una soluzione militare in Afghanistan e che gli Stati Uniti hanno dichiarato che inizieranno a ritirare le loro truppe dall'Afghanistan nell'estate 2011, mentre altri paesi hanno già ritirato le proprie truppe o stanno mettendo a punto piani per procedere in tal senso e altri non hanno ancora manifestato l'intenzione di ritirarsi; che, tuttavia, il ritiro dei militari deve essere un processo graduale e coordinato nel quadro di un progetto politico che garantisca un agevole passaggio di responsabilità alle forze di sicurezza afghane,

N.

considerando che la Conferenza di Kabul ha stabilito che l'esercito nazionale afghano, con il necessario sostegno finanziario e tecnico della comunità internazionale, dovrebbe raggiungere i 171 600 effettivi e la polizia nazionale afghana i 134 000 entro ottobre 2011,

O.

considerando che l'obiettivo principale della missione EUPOL in Afghanistan è quello di contribuire alla creazione di un sistema di polizia afghano conforme alle norme internazionali,

P.

considerando che l'Afghanistan, secondo una recente relazione dell'Ufficio delle Nazioni Unite contro la droga e il crimine (UNODC), non solo è la principale fonte mondiale di produzione di oppio e il principale fornitore dei mercati di eroina dell'UE e della Federazione russa, ma anche uno dei principali produttori mondiali di cannabis; considerando tuttavia che la produzione di oppio in Afghanistan è diminuita del 23 % negli ultimi due anni e di un terzo dal picco del 2007; che l'UNODC ha stabilito che esiste una chiara correlazione tra la coltivazione dell'oppio e i territori in cui l'insurrezione è sotto controllo, e che nelle zone dell'Afghanistan dove il governo è maggiormente in grado di far rispettare la legge quasi due terzi degli agricoltori hanno dichiarato di non coltivare oppio perché è vietato, mentre nel sud-est, dove il braccio delle autorità è più debole, poco meno del 40 % degli agricoltori ha citato il divieto come motivo per non coltivare il papavero,

Q.

considerando che, secondo una recente relazione dell'UNODC, il numero di afghani tossicodipendenti è aumentato considerevolmente negli ultimi anni, e che tale tendenza avrà importanti ripercussioni sociali sul futuro del paese,

R.

considerando che l'Unione europea ha svolto un ruolo attivo nel sostenere gli sforzi per la lotta al narcotraffico fin dall'inizio del processo di ricostruzione senza conseguire risultati di rilevo in relazione all'obiettivo di limitare l'influenza pervasiva del settore della droga sull'economia, sul sistema politico, sulle istituzioni dello Stato e sulla società,

S.

considerando che in Afghanistan si è proceduto all'eradicazione del papavero utilizzando diserbanti chimici e che tale pratica comporta gravi danni alle persone e all'ambiente in termini di inquinamento del suolo e delle acque; considerando, tuttavia, che attualmente esiste un consenso sulla necessità di concentrare le misure repressive sul narcotraffico e sui laboratori per la produzione di eroina piuttosto che sugli agricoltori; considerando inoltre che lo sforzo principale è al momento incentrato sulla possibilità di offrire agli agricoltori fonti di reddito alternative,

T.

considerando che l'Afghanistan dispone di considerevoli risorse naturali, tra cui ricche riserve minerarie quali gas e petrolio, per un valore stimato di 3 000 miliardi di dollari USA, e che il governo afghano fa affidamento su tali risorse per stimolare lo sviluppo economico una volta che nel paese saranno instaurate la pace e la sicurezza,

Una nuova strategia UE

1.

è consapevole della serie di fattori che ostacolano i progressi in Afghanistan, ma ha scelto di concentrarsi, nella presente relazione, su quattro aree principali nel cui ambito, a suo avviso, l'impegno profuso potrebbe tradursi in miglioramenti: aiuto e coordinamento internazionali, implicazioni del processo di pace, impatto della formazione delle forze di polizia ed eliminazione della coltivazione dell'oppio mediante il ricorso a uno sviluppo alternativo;

2.

esprime il proprio sostegno al nuovo concetto di strategia controinsurrezionale studiato per proteggere la popolazione locale e ricostruire le zone in cui la sicurezza è stata garantita; appoggia inoltre il Piano d'azione dell'Unione europea per l'Afghanistan e il Pakistan;

3.

ritiene, pertanto, che la strategia dell'Unione europea per l'Afghanistan dovrà partire da due premesse: il riconoscimento del continuo deterioramento della sicurezza e degli indicatori socio-economici in Afghanistan, nonostante quasi un decennio di coinvolgimento e investimenti internazionali, e la necessità di incoraggiare ulteriormente un cambiamento di mentalità da parte della comunità internazionale – che in passato, in particolare prima della strategia controinsurrezionazione, ha troppo spesso messo a punto piani e preso decisioni tenendo in scarsa considerazione la popolazione afghana – in modo che in futuro essa metta a punto piani e prenda decisioni in stretta collaborazione con il popolo afghano; osserva che le conferenze di Londra e di Kabul hanno segnato una tappa importante in tale direzione;

4.

accoglie con favore e sostiene le conclusioni dal titolo «Rafforzare l'azione dell'UE in Afghanistan e in Pakistan» adottate dal Consiglio nell'ottobre 2009, in cui si delinea un approccio dell'Unione europea alla regione più coerente e coordinato e si sottolinea l'importanza della cooperazione regionale e del rafforzamento della componente civile nell'ambito della politica riguardante l'Afghanistan;

5.

sottolinea che qualsiasi soluzione a lungo termine della crisi afghana deve partire dall'interesse dei cittadini del paese per la propria la sicurezza interna, la protezione civile e lo sviluppo economico e sociale, e dovrebbe includere misure concrete per l'eradicazione della povertà, del sottosviluppo e della discriminazione nei confronti delle donne, per rafforzare il rispetto dei diritti umani e lo Stato di diritto, potenziare i meccanismi di riconciliazione, garantire la fine della produzione di oppio, impegnarsi in una solida strategia di consolidamento dello Stato e integrare pienamente l'Afghanistan nella comunità internazionale nonché bandire Al Qaeda dal paese;

6.

accoglie con favore le conclusioni della Conferenza internazionale di Kabul sull'Afghanistan; sottolinea la necessità di rispettare gli impegni assunti dal governo afghano per migliorare la sicurezza, la governance e le opportunità economiche per i cittadini del paese, nonché gli impegni della comunità internazionale atti a sostenere il processo di transizione e gli obiettivi condivisi;

7.

ribadisce che l'Unione europea e i suoi Stati membri dovrebbero sostenere l'Afghanistan nella ricostruzione del proprio Stato, in modo che possa contare su istituzioni democratiche più forti e capaci di garantire la sovranità nazionale, su una sicurezza basata su un esercito e forze di polizia soggetti a un controllo democratico, su un potere giudiziario competente e indipendente, sull'unità statale, sull'integrità territoriale, sulla parità tra uomini e donne, sulla libertà dei mezzi di informazione, su una particolare attenzione riservata ai settori dell'istruzione e della sanità, sullo sviluppo economico sostenibile e la prosperità del popolo afghano e sul rispetto delle tradizioni storiche, religiose, spirituali e culturali nonché dei diritti di tutte le comunità etniche e religiose presenti sul territorio nazionale, riconoscendo nel contempo la necessità di un cambiamento radicale dell'atteggiamento nei confronti delle donne; chiede che sia dato un maggiore sostegno ai progetti di sviluppo delle autorità locali nelle province che danno prova di buon governo;

8.

osserva che l'80 % della popolazione vive nelle aree rurali e che la superficie coltivabile procapite è diminuita passando dagli 0,55 ettari del 1980 agli 0,25 ettari del 2007; sottolinea il fatto che l'Afghanistan resta particolarmente esposto a condizioni climatiche sfavorevoli e agli aumenti dei prezzi delle derrate alimentari sul mercato mondiale, e che l'utilizzo diffuso e indiscriminato delle mine terrestri rappresenta un rischio significativo per il buon esito dello sviluppo rurale; ritiene, in tale contesto, che sia di fondamentale importanza mantenere e rafforzare i finanziamenti incentrati sullo sviluppo rurale e la produzione alimentare locale così da conseguire la sicurezza alimentare;

9.

prende atto dell'impegno del governo afghano ad attuare, in modo graduale e sostenibile sul piano fiscale, nel corso dei prossimi dodici mesi, il programma di governance subnazionale che rafforza le autorità locali e le loro capacità istituzionali sviluppando altresì quadri regolamentari, finanziari e di bilancio a livello subnazionale;

10.

osserva che la debolezza dell'amministrazione pubblica e le scarse capacità della funzione pubblica possono costituire un ostacolo a un maggiore coinvolgimento del popolo afghano nel processo di ricostruzione; è pertanto convinto che sia necessario prestare una maggiore attenzione a tali importanti settori; accoglie con favore l'idea che la Commissione e gli Stati membri debbano elaborare un programma faro specifico a lungo termine inteso ad affrontare la questione del rafforzamento della pubblica amministrazione attraverso lo sviluppo di programmi di formazione, il contributo alla costruzione di strutture o all'utilizzo di quelle esistenti, l'instaurazione di un collegamento con la rete degli istituti di pubblica amministrazione dell'Unione europea e lo svolgimento di funzioni di consulenza per gli istituti di pubblica amministrazione in varie grandi città dell'Afghanistan come Kabul, Herat e Mazar i Sharif;

11.

ricorda che gli sforzi di sviluppo devono concentrarsi sul miglioramento della capacità delle strutture governative afghane e che gli stessi afghani devono essere fortemente coinvolti sia nella scelta delle priorità che nelle fasi di attuazione onde rafforzare il processo di appropriazione e assunzione delle responsabilità a livello nazionale e comunitario; attira pertanto l'attenzione sul ruolo fondamentale delle organizzazioni della società civile nel garantire la partecipazione della cittadinanza afghana ai processi di democratizzazione e di ricostruzione, oltre che nell'arginare il rischio di corruzione;

12.

esprime profonda preoccupazione, nonostante dalla fine del regime dei talebani nel 2001 si siano registrati alcuni miglioramenti nella vita delle donne, per la situazione generale dei diritti umani in Afghanistan e, in particolare, per il deterioramento dei diritti fondamentali, politici, civili e sociali delle donne negli ultimi anni nonché per gli sviluppi negativi, quali il fatto che gran parte dei prigionieri nelle carceri afghane sono donne fuggite da un contesto familiare oppressivo, e per le recenti modifiche al codice elettorale che riducono le quote di seggi parlamentari destinati alle donne;

13.

ritiene che i diritti della donna siano parte della soluzione del problema della sicurezza e che sia impossibile raggiungere la stabilità in Afghanistan senza che le donne godano di pieni diritti a livello di vita politica, sociale ed economica; invita pertanto le autorità afghane e i rappresentanti della comunità internazionale a includere le donne in ogni fase dei colloqui di pace e degli sforzi di riconciliazione e reintegrazione, in conformità con la risoluzione 1325 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite; chiede di garantire una protezione speciale alle donne che partecipano attivamente alla vita pubblica o politica e sono pertanto esposte al pericolo di attacchi da parte dei fondamentalisti; fa notare che i progressi nei colloqui di pace non possono in alcun caso implicare una perdita dei diritti acquisiti dalle donne negli ultimi anni; chiede al governo afghano di tutelare meglio i diritti delle donne modificando la legislazione vigente, ad esempio il codice penale, onde evitare pratiche discriminatorie;

14.

invita la Commissione, il Consiglio e gli Stati membri dell'Unione europea a continuare a sollevare le questioni legate alla discriminazione nei confronti delle donne e dei bambini, nonché quelle riguardanti i diritti umani in generale, nelle relazioni bilaterali con l'Afghanistan, in linea con l'impegno a lungo termine dell'Unione ad assistere l'Afghanistan negli sforzi di pace e di ricostruzione;

15.

invita l'Unione europea e la comunità internazionale ad aumentare il livello di finanziamento e di sostegno politico e tecnico per le politiche intese a migliorare la situazione delle donne afghane e delle organizzazioni non governative femminili, incluse quelle che difendono i diritti delle donne;

16.

constata che, nonostante i miglioramenti realizzati dopo la caduta del regime dei talebani, negli ultimi anni si è registrato un peggioramento della situazione per quanto riguarda la libertà di espressione e di stampa; prende atto degli attacchi e delle minacce perpetrati da gruppi armati e dai talebani nei confronti di giornalisti per impedire loro di diffondere notizie sulle zone sotto il loro controllo; chiede che siano adottate misure in tale ambito al fine di consentire ai giornalisti di esercitare la loro professione con determinate garanzie di sicurezza;

17.

prende atto con preoccupazione del fatto che le elezioni parlamentari tenutesi in Afghanistan il 18 settembre 2010, con un'affluenza di circa il 40 % nonostante le condizioni di sicurezza nel paese, sono state ancora una volta caratterizzate da brogli e violenze in cui, secondo la NATO, hanno perso la vita 25 persone; si rammarica per il fatto che a molti afghani è stato impedito di esercitare il diritto fondamentale al voto;

18.

prende atto delle irregolarità registrate nei procedimenti giudiziari nel paese, che non rispettano le norme internazionali in materia di giustizia; deplora l'esecuzione di 16 sentenze di condanna a morte nel 2008; invita l'Unione europea a chiedere l'approvazione di una moratoria sulla pena di morte, in conformità con la risoluzione delle Nazioni Unite 62/149 del 2007, nella prospettiva della sua successiva abolizione;

Aiuti internazionali - uso e abuso

19.

ricorda che il bilancio combinato dell'Unione europea (Comunità europea e Stati membri) per gli aiuti all'Afghanistan relativi al periodo 2002-2010 è pari a 8 miliardi di euro circa;

20.

sottolinea l'importanza di rafforzare la libertà dei media e la società civile in Afghanistan per promuovere la democratizzazione del paese; elogia inoltre le conclusioni della missione UE di osservazione elettorale del 2009;

21.

rileva che, nonostante le enormi iniezioni di aiuti stranieri, la situazione in Afghanistan rimane sconfortante e impedisce agli aiuti medici e umanitari di raggiungere i gruppi più vulnerabili della popolazione, che muoiono più afghani a causa della povertà che per conseguenza diretta del conflitto armato, e che, paradossalmente, la mortalità infantile è aumentata dal 2002 mentre la speranza di vita alla nascita nonché i livelli di alfabetizzazione sono diminuiti notevolmente; nota altresì che dal 2004 il numero di persone che vivono al di sotto della soglia di povertà è aumentato del 130 %;

22.

insiste sull'importanza di conseguire gli Obiettivi di sviluppo del millennio e deplora che, nonostante i progressi compiuti in alcuni settori, l'Afghanistan sia sceso nell'indice di sviluppo umano dell'UNDP dal 173o posto del 2003 al 181o (su 182 paesi), mentre il tasso di mortalità tra i bambini con meno di cinque anni e quello di mortalità materna restano tra i più elevati al mondo; ritiene che obiettivi specifici in tali settori, oltre che in materia di accesso alla salute e all'istruzione, in particolare per le donne, non vadano trascurati, ma esorta ad attribuire particolare attenzione a migliori fonti di reddito e alla costruzione di un sistema giudiziario funzionante;

23.

sottolinea che l'UNODC rivela in uno studio del gennaio 2010 che la corruzione rappresenta la maggiore preoccupazione della popolazione e che il reddito generato dalla corruzione attiva rappresenta circa un quarto (23 %) del PIL dell'Afghanistan;

24.

invita la Commissione a garantire la trasparenza e la responsabilità in relazione all'assistenza finanziaria fornita al governo afghano, alle organizzazioni internazionali e alle ONG locali, al fine di garantire la coerenza degli aiuti e l'esito positivo della ricostruzione e dello sviluppo del paese;

25.

invita a una distribuzione dell'aiuto umanitario geograficamente più omogenea basata su un'analisi del fabbisogno e attenta all'urgenza degli interventi;

26.

osserva, tuttavia, i limitati progressi compiuti nel settore delle infrastrutture, delle telecomunicazioni e dell'istruzione di base, ovvero gli ambiti che i donatori e il governo afghano citano solitamente come esempi di esiti positivi;

27.

richiama l'attenzione sugli ingenti costi, stimati in oltre 300 miliardi di dollari USA ed equivalenti a oltre 20 volte il PIL del paese, della guerra di cui l'Afghanistan è stato teatro dal 2001 al 2009, costi che dovrebbero salire a oltre 50 miliardi di dollari USA l'anno in seguito al previsto incremento delle forze militari;

28.

riconosce la percezione diffusa secondo cui la corruzione del governo afghano è la sola responsabile della mancata fornitura di servizi essenziali ai cittadini, ma osserva altresì che la maggior parte delle risorse per lo sviluppo socio-economico sono state gestite da organizzazioni internazionali, banche di sviluppo regionali, ONG, appaltatori internazionali, consulenti, ecc. e non dal governo centrale; sollecita il governo afghano e la comunità internazionale a esercitare un controllo maggiore al fine di eliminare la corruzione e garantire che gli aiuti arrivino a destinazione;

29.

ritiene che la lotta contro la corruzione dovrebbe costituire la pietra angolare del processo di pace in Afghanistan, dal momento che la corruzione attiva devia le risorse dalla loro destinazione, crea difficoltà in termini di accesso ai servizi pubblici di base, come la sanità e l'istruzione, e costituisce un enorme ostacolo allo sviluppo socio-economico del paese; sottolinea altresì che la corruzione mina la fiducia nei confronti del settore pubblico e del governo e rappresenta pertanto una grave minaccia alla stabilità nazionale; sollecita pertanto l'UE ad accordare un'attenzione particolare alla lotta contro la corruzione nel fornire assistenza all'Afghanistan;

30.

rileva che, secondo quanto affermato dal ministro delle finanze afghano e confermato da altre fonti indipendenti, solo 6 miliardi di dollari USA (ovvero il 15 %) dei 40 miliardi di dollari USA destinati agli aiuti sono effettivamente pervenuti al governo afghano tra il 2002 e il 2009, mentre dei restanti 34 miliardi di dollari USA, che sono passati attraverso le organizzazioni internazionali, le banche di sviluppo regionali, le ONG, gli appaltatori internazionali, ecc., il 70/80 % non ha mai raggiunto i beneficiari designati, cioè il popolo afghano; prende atto della decisione adottata alla Conferenza di Kabul che prevede l'assegnazione del 50 % degli aiuti internazionali attraverso il bilancio nazionale afghano a partire dal 2012, così come richiesto dall'Afghanistan;

31.

mette in evidenza l'assoluta necessità di creare meccanismi di coordinamento tra i paesi donatori internazionali e di prevedere valutazioni dettagliate degli aiuti europei e internazionali per contrastare la mancanza di trasparenza e i limitati meccanismi di responsabilità dei donatori;

32.

condanna la perdita, lungo la catena di distribuzione, di una percentuale significativa di fondi europei e di altri fondi destinati ad aiuti internazionali, ovvero una situazione emersa prepotentemente nell'ambito del recente scandalo della Banca di Kabul, e richiama l'attenzione sulle quattro cause principali di tale fenomeno: sprechi, costi di intermediazione e sicurezza troppo elevati, fatturazione eccessiva e corruzione;

33.

rileva, tuttavia, che le perdite dell'UE sono attenuate dal fatto che il 50 % dei suoi aiuti (contro il 10 % di quelli statunitensi) è assegnato mediante fondi fiduciari multilaterali il cui tasso di efficacia è molto elevato (l'80 % circa);

34.

chiede all'Unione europea di istituire una banca dati centralizzata sui costi e l'impatto di tutti gli aiuti dell'UE in Afghanistan nonché di effettuare un'analisi di tali aspetti, in quanto la mancanza di dati globali, aggiornati e trasparenti danneggia l'efficienza degli aiuti;

35.

chiede, inoltre, a tutti i principali organismi umanitari e di sviluppo attivi in Afghanistan, ivi inclusi l'UE e i suoi Stati membri, gli Stati Uniti, l'UNAMA, le agenzie dell'ONU, le principali ONG e la Banca mondiale, di ridurre drasticamente le spese di funzionamento assegnando i fondi a progetti concreti attuati tramite un partenariato reale ed equilibrato con le istituzioni afghane, e di garantire che gli aiuti giungano effettivamente a destinazione; sottolinea, a tale proposito, che le istituzioni afghane hanno il diritto di decidere in merito all'uso dei fondi garantendo però la trasparenza e la responsabilità necessarie;

36.

sottolinea l'importanza di coordinare gli sforzi di ricostruzione e sviluppo a livello regionale al fine di promuovere uno sviluppo transfrontaliero in una regione dove i legami etnico-tribali spesso trascendono i confini nazionali;

37.

osserva che occorre promuovere una maggiore partecipazione dei governi locali e regionali afghani, e pone l'accento sul fatto che, a tale livello, la lealtà, lo Stato di diritto e la democrazia sono indispensabili ai fini del corretto utilizzo dei fondi; sottolinea che per l'assegnazione di fondi a livello locale e regionale deve essere necessaria l'approvazione del governo centrale in modo da rafforzarne il ruolo e le responsabilità;

38.

invita l'Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza, il Consiglio e la Commissione a istituire un gruppo congiunto di ricercatori al fine di valutare una volta l'anno tutte le misure e le missioni dell'UE e degli Stati membri in Afghanistan, facendo ricorso a indicatori qualitativi e quantitativi espliciti, in particolare per quanto riguarda gli aiuti allo sviluppo (comprese la sanità pubblica e l'agricoltura), il buon governo (compresi il settore della giustizia e il rispetto dei diritti umani) e la sicurezza (soprattutto l'addestramento della polizia afghana); chiede inoltre, in tale contesto, che sia svolta una valutazione dell'impatto relativo delle misure dell'Unione europea sulla situazione generale del paese e del livello di coordinamento e cooperazione tra gli organismi dell'UE e le altre missioni e misure internazionali, e che siano pubblicati i risultati di detta valutazione e le raccomandazioni conseguenti;

39.

sottolinea che la situazione della sicurezza e la distribuzione geografica dell'assistenza dipendono l'una dall'altra e chiede, pertanto, che gli aiuti siano inviati direttamente alle popolazioni interessate da vicino;

40.

sottolinea la necessità di considerare prioritaria la lotta contro la corruzione in Afghanistan; riconosce l'esistenza della corruzione locale ma auspica il controbilanciamento della stessa attraverso la rafforzata legittimità che le istituzioni dello Stato afghano otterranno grazie all'attribuzione della responsabilità in materia di approvazione dell'assegnazione dei finanziamenti e di garanzia dell'efficacia degli aiuti;

41.

è favorevole a una politica che preveda, ove possibile, l'aumento degli appalti all'interno dell'Afghanistan, piuttosto che l'importazione di merci o servizi;

42.

ritiene che la distribuzione degli aiuti nel paese dovrebbe essere affidata a organismi umanitari imparziali e che i militari dovrebbero essere coinvolti solo in casi del tutto eccezionali onde rispettare la neutralità, l'imparzialità e l'indipendenza delle attività degli organismi umanitari, in conformità con le norme internazionali in materia, codificate all'interno delle degli orientamenti sull'uso dei mezzi militari e della protezione civile nelle emergenze umanitarie (MCDA) e riprese nel Consenso europeo sull'aiuto umanitario;

43.

rileva che qualsiasi violazione, percepita come tale, dei principi di neutralità, imparzialità e indipendenza da parte dei citati organismi nell'ambito delle rispettive attività, li rende più vulnerabili sul territorio, soprattutto perché essi continueranno ad essere presenti in loco per molto tempo anche dopo il ritiro delle truppe;

44.

constata che, come ampiamente riportato dalla stampa e nella relazione della Camera dei rappresentanti statunitense «Warlords, Inc.» (I signori della guerra), i militari USA in Afghanistan hanno esternalizzato gran parte della logistica ad appaltatori privati, i quali a loro volta subappaltano la protezione dei convogli militari a aziende locali per la fornitura di servizi di sicurezza, con conseguenze disastrose;

45.

rileva che la decisione di porre la catena di approvvigionamento militare americano in mano a privati senza criteri affidabili atti a garantire la responsabilità, la trasparenza e la legalità alimenta estorsione e corruzione, in quanto i signori della guerra, i boss della mafia locale e, in ultima istanza, i comandanti dei talebani finiscono con l'impossessarsi di una quota significativa del giro d'affari relativo alla logistica militare in Afghanistan, pari a 2,2/3 miliardi di dollari USA;

46.

è costernato per il fatto che il denaro proveniente da attività di protezione e di estorsione a tutti i livelli della catena di approvvigionamento militare costituisce la più significativa fonte di finanziamento per i ribelli, come riconosciuto dal Segretario di Stato USA Hillary Clinton nella sua testimonianza dinanzi alla commissione esteri del Senato nel dicembre 2009;

47.

è altrettanto costernato in quanto, dal momento che la logistica militare degli Stati Uniti e quella della NATO/dell'ISAF hanno impostazioni analoghe, anche la piena tracciabilità dei contributi finanziari dell'UE potrebbe non essere del tutto garantita nella totalità dei casi;

48.

valuta in modo del tutto positivo i nuovi orientamenti sugli appalti (il cui valore stimato ammonta attualmente a circa 14 miliardi di dollari l'anno) pubblicati nel settembre 2010 dal comando militare della NATO in Afghanistan, con l'intento di ridurre la corruzione e far diminuire la percentuale di fondi che indirettamente finanzia la ribellione e i talebani; auspica che detta modifica nell'orientamento della politica in materia di appalti sia attuata rapidamente;

49.

plaude, in tale contesto al recente decreto del Presidente Karzai che fissa per tutte le aziende di sicurezza private locali e straniere in Afghanistan un termine di quattro mesi per porre fine alle loro attività;

Il processo di pace

50.

sottolinea che il buon governo, lo Stato di diritto e i diritti umani costituiscono il fondamento per un Afghanistan stabile e prospero; rileva pertanto che un sistema giudiziario credibile è un aspetto fondamentale del processo di pace e che il rispetto dei diritti umani e la prevenzione della diffusa impunità dovrebbero costituire aspetti non negoziabili di tutte le fasi del processo di pace; invita, a tale proposito, il governo afghano a dare attuazione in via prioritaria a una strategia di riforma della giustizia;

51.

ritiene che gran parte della responsabilità per l'attuale situazione di stallo in Afghanistan sia da imputare a iniziali errori di calcolo risalenti al periodo precedente la nuova strategia controinsurrezionale delle forze di coalizione, che avevano previsto una rapida vittoria militare sui talebani e un'agevole transizione verso un paese stabile, gestito da un governo legittimo con un forte sostegno occidentale;

52.

ritiene, di conseguenza, che da un lato sia stata sottovalutata la presenza dei talebani mentre dall'altro la capacità di governare del governo Karzai sia stata sopravvalutata e che, di conseguenza, sia stata accordata poca attenzione al compito di ricostruire il paese e favorirne lo sviluppo;

53.

teme che tali errori abbiano alimentato la ripresa dei talebani in oltre metà del paese, aggravando il deterioramento della sicurezza nell'intera regione e del rispetto dei diritti umani, in particolare quelli delle donne;

54.

rileva che l'impostazione militare del passato non ha dato i risultati auspicati e pertanto appoggia vivamente un approccio più marcatamente civile;

55.

riconosce che l'unica soluzione possibile è di natura politica, e ritiene che dovrebbe comprendere i negoziati - da svolgersi eventualmente sullo sfondo di un cessate il fuoco - con i talebani e altre formazioni combattenti nonché con altri esponenti politici del paese disposti a formare un governo di unità nazionale che possa mettere fine alla guerra civile che sconvolge il paese da quasi trent'anni e garantire il pieno rispetto dello Stato di diritto e dei diritti fondamentali; è del parere che, per arrivare alla soluzione politica, sia necessario accordare alla nuova strategia controinsurrezionale il tempo di dare i propri frutti in linea con il calendario annunciato dal Presidente Obama;

56.

è fermamente convinto che i tre principali presupposti dell'Unione europea per un processo di pace come quello descritto e per la partecipazione dei talebani debbano essere: un impegno assunto da tutte le parti negoziali a bandire dal paese Al Qaeda e la sua promozione del terrorismo internazionale nonché qualsiasi altro gruppo terroristico, l'adozione di misure per eliminare la coltivazione del papavero e l'instaurazione di una politica incentrata sulla promozione e sul rispetto dei diritti umani fondamentali e della Costituzione afghana;

57.

ritiene, inoltre, che tutte le altre questioni dovrebbero essere lasciate alla volontà e alla capacità del popolo afghano stesso;

58.

riconosce che i talebani non sono un'entità unica uniforme e che si contano almeno 33 leader di primo piano, 820 capi di livello medio/più giovani, e 25 000-36 000«soldati semplici» ripartiti tra 220 comunità, alcune delle quali in lotta per motivi ideologici e altre per questioni economiche; ritiene, pertanto, che sia fin d'ora necessario promuovere i negoziati a livello locale tra le amministrazioni locali democraticamente elette e i membri dell'opposizione armata «che rinuncino alla violenza, non abbiano legami con le organizzazioni terroristiche internazionali, rispettino la Costituzione e siano disposti a partecipare all'edificazione di un Afghanistan pacifico», conformemente ai paragrafi 13 e 14 del comunicato di Kabul del 20 luglio 2010;

59.

plaude al programma di pace e di reinserimento del governo afghano, che è aperto a tutti i membri afghani dell'opposizione armata e delle loro comunità sulla base dei già citati paragrafi 13 e 14 del comunicato di Kabul;

60.

ricorda che qualsiasi strategia di disarmo e reintegrazione non può prescindere da un'attenta valutazione del problema del ritorno degli ex combattenti e dei rifugiati nei villaggi di origine;

61.

sottolinea l'importanza di aumentare la credibilità, la responsabilità e la competenza del governo e dell'amministrazione afghani al fine di migliorare la loro reputazione presso i cittadini;

62.

sottolinea il ruolo fondamentale del Pakistan, in quanto non vi è alcun incentivo per i talebani a impegnarsi seriamente nei negoziati fino a quando il confine con il Pakistan rimane aperto per loro; raccomanda un più ampio coordinamento e coinvolgimento internazionale nel processo, che preveda anche la partecipazione di altri paesi vicini e attori regionali di primo piano, segnatamente l'Iran, la Turchia, la Cina, l'India e la Federazione russa;

63.

invita la Commissione a valutare le implicazioni strategiche e politiche per l'Afghanistan e l'intera regione delle recenti e disastrose inondazioni in Pakistan, e a prendere tutte le misure necessarie per assistere la popolazione del paese colpita e i profughi afghani i cui campi sono stati devastati dall'inondazione;

64.

sottolinea l'importanza di una buona gestione delle risorse idriche in Afghanistan e nella zona circostante e pone l'accento sui vantaggi della cooperazione regionale e transfrontaliera in questo settore, anche ai fini dell'instaurazione di un clima di fiducia tra i paesi vicini dell'Asia sudoccidentale;

65.

nota il coinvolgimento nell'insurrezione del Servizio di intelligence pakistano (ISI), teso a assicurarsi che anche il Pakistan ottenga un risultato soddisfacente da qualsiasi tipo di pace;

66.

sottolinea tuttavia che, affinché la pace possa instaurarsi stabilmente in Afghanistan, sarà necessario che le principali potenze della regione, tra cui India, Pakistan, Iran e gli Stati dell'Asia centrale, Russia, Cina e Turchia stipulino accordi politici e concordino una posizione comune di non-interferenza e sostegno dell'indipendenza dell'Afghanistan; chiede inoltre la normalizzazione delle relazioni afghano-pakistane, segnatamente tramite una soluzione definitiva della questione relativa al confine internazionale fra i due paesi;

67.

invita l'Unione europea a continuare a sostenere non solo il processo di pace e di riconciliazione in Afghanistan ma anche gli sforzi compiuti dal paese per il reinserimento di quanti sono pronti a rinunciare alla violenza, accordando al governo Karzai una sufficiente flessibilità nella scelta dei partner di dialogo ma insistendo sul fatto che la Costituzione afghana e il rispetto dei diritti umani fondamentali costituiscono il quadro giuridico e politico generale per il processo di pace;

68.

valuta positivamente i programmi di priorità nazionali elaborati dal governo afghano in linea con la strategia di sviluppo nazionale dell'Afghanistan e sostenuti dalla Conferenza di Kabul, e ne chiede la piena ed efficace attuazione;

69.

non si stancherà mai di sottolineare la necessità di un ruolo molto più attivo dell'Unione europea nella ricostruzione e nello sviluppo dell'Afghanistan, in quanto nessuna pace duratura è possibile, nel paese o nell'intera regione, senza una riduzione della povertà e uno sviluppo sostenibile significativi; riconosce che non può esistere sviluppo senza sicurezza, così come non può esistere sicurezza senza sviluppo;

70.

esorta l'Unione europea e i suoi Stati membri a convogliare, di concerto con gli Stati Uniti, una quota maggiore degli aiuti internazionali attraverso le autorità nazionali e il governo di Kabul e ad assicurare che droni, forze speciali e milizie locali contro i leader talebani siano utilizzati conformemente agli ordini di tolleranza zero del generale Petreus circa la perdita di vite di civili innocenti;

71.

rende omaggio ai militari, uomini e donne appartenenti a tutte le forze alleate che hanno perso la vita nel difendere la libertà ed esprime cordoglio alle loro famiglie e a quelle di tutte le vittime afghane innocenti;

72.

sottolinea che la presenza militare di alcuni Stati membri dell'Unione europea e dei loro alleati in Afghanistan si situa nel quadro dell'operazione NATO/ISAF e dei suoi obiettivi di combattere la minaccia del terrorismo internazionale e di affrontare il problema della coltivazione e del traffico di stupefacenti;

73.

sottolinea che tale presenza può contribuire a creare le condizioni di sicurezza necessarie per l'attuazione dei recenti piani del governo afghano volti a sfruttare l'industria mineraria ed estrattiva del paese, potenzialmente di vasta portata, consentendogli così di ottenere le risorse proprie indispensabili per il bilancio nazionale;

74.

sottolinea che le risorse minerarie ed estrattive, potenzialmente vaste, presenti nel territorio dell'Afghanistan, appartengono esclusivamente al popolo afghano, e che la «protezione» di queste attività non può in alcun caso essere utilizzata come pretesto per la presenza permanente di truppe straniere sul suolo afghano;

Forze di polizia e Stato di diritto

75.

rileva che non vi può essere stabilità o pace in Afghanistan senza che lo Stato garantisca innanzitutto la sicurezza dei suoi cittadini e assuma le proprie responsabilità;

76.

si compiace dell'obiettivo fissato dal Presidente Karzai di far sì che entro la fine del 2014 siano soltanto le forze di sicurezza nazionali afghane a dirigere e condurre le operazioni militari nelle varie province, nonché dell'impegno assunto dal governo afghano di giungere gradualmente all'esercizio della piena autorità sulla propria sicurezza;

77.

sottolinea che l'Afghanistan deve disporre di una forza di polizia efficiente e di un esercito autonomo in grado di garantire la sicurezza, così da consentire di procedere al ritiro delle forze militari straniere dal paese;

78.

riconosce la validità dell'idea del generale Petraeus, secondo cui si potrebbe assegnare alle autorità locali democraticamente elette una gendarmeria locale incaricata di mantenere l'ordine pubblico e proteggere la popolazione locale;

79.

riconosce, tuttavia, che disporre di forze di sicurezza autosufficienti è un obiettivo piuttosto a lungo termine e richiama pertanto l'attenzione, in particolar modo, sulla necessità di un approccio maggiormente coordinato e integrato alla formazione della polizia, nonché, separatamente, all'addestramento degli ufficiali dell'esercito, e fa altresì notare che l'investimento di fondi nella formazione della polizia ha dato modesti risultati; invita tutti gli attori coinvolti a coordinare da vicino le proprie attività al fine di evitare inutili sovrapposizioni e di svolgere compiti complementari a livello strategico e operativo;

80.

evidenzia la necessità di una riforma globale del ministero degli Interni, senza la quale gli sforzi per riformare e costruire una nuova forza di polizia rischiano di fallire, e sottolinea in tale contesto l'importanza del controllo, del sostegno, della consulenza e della formazione a livello di ministero degli Interni afghano nonché di regioni e province, in linea con gli ulteriori obiettivi di EUPOL;

81.

ritiene che l'innegabile vaghezza del mandato EUPOL e gli scarsi risultati ottenuti fino ad oggi impediscano alla missione di acquisire il ruolo di primo piano che merita nell'UE; deplora il fatto che, a tre anni dallo spiegamento, la missione EUPOL non abbia ancora raggiunto i tre quarti del contingente autorizzato e ribadisce l'invito rivolto al Consiglio e agli Stati membri affinché onorino pienamente i loro impegni rispetto a tale missione;

82.

saluta l'istituzione da parte di EUPOL Afghanistan dell'Ufficio del Procuratore anti-corruzione, avente il compito di investigare casi di presunta corruzione in cui sarebbero coinvolti titolari di funzioni pubbliche di alto profilo e altri pubblici ufficiali;

83.

esprime inquietudine per le cifre ISAF secondo cui dei 94 000 agenti della polizia nazionale afghana quasi il 90 % è analfabeta, il 20 % tossicodipendente, e oltre il 30 % scompare dopo un anno, senza contare i circa 1 000 poliziotti uccisi in servizio ogni anno;

84.

ritiene che i fattori principali a monte dell'inefficacia della formazione in generale siano l'insufficiente coordinamento fra i vari aspetti dell'addestramento di polizia e la prassi di demandare i compiti di addestramento a aziende militari e di sicurezza private (PMSC);

85.

rileva che l'impegno dell'Unione europea e dei suoi Stati membri per la creazione di una forza di polizia professionale afghana rischia di essere compromesso dalla diffusione di pratiche come l'approccio «fast-track» (selezione inadeguata delle reclute, sei settimane di formazione senza libri di testo a causa dell'analfabetismo, formazione minima sul campo e quindi consegna alle reclute di tesserino di riconoscimento, uniforme e pistola e inserimento in pattuglia), attuato da alcune grandi aziende di sicurezza degli Stati Uniti; rileva la necessità di un addestramento di polizia più coerente e duraturo, tale da permettere ai diversi corpi di polizia afghani di operare insieme; sottolinea che le missioni di addestramento della polizia devono non soltanto vertere sugli aspetti tecnici ma garantire anche l'alfabetizzazione delle reclute e fornire loro una conoscenza di base del diritto interno e internazionale;

86.

è altresì frustrato dalla constatazione degli scarsi controlli finanziari applicati alle aziende private e cita una relazione comune del ministero della Difesa e del dipartimento di Stato degli Stati Uniti del 2006, i cui risultati sono validi ancora oggi, secondo cui le forze di polizia in Afghanistan non erano in grado di svolgere le attività di routine connesse al rispetto della legge e non disponevano di alcun programma efficace di formazione sul campo; riconosce i tentativi del comando generale, nel quadro della strategia controinsurrezionale, di esercitare, durante il suo mandato, un certo grado di controllo sulle milizie private straniere che operano impunemente in Afghanistan;

87.

raccomanda che la formazione della polizia cessi quanto prima di essere un incarico affidato a aziende private;

88.

chiede una migliore cooperazione e un più efficace coordinamento a livello internazionale per accrescere in modo significativo le capacità di addestramento della polizia e migliorare ulteriormente l'efficacia dei programmi di formazione; propone che EUPOL e NATO/ISAF lancino un programma di formazione su vasta scala che incorpori le unità di polizia nazionale come concordato con il governo afghano, eliminando in tal modo doppioni, sprechi e frammentazione;

89.

sollecita l'Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza e gli Stati membri dell'UE a intensificare l'addestramento delle forze di polizia in Afghanistan e a incrementare notevolmente il numero degli addestratori sul campo, in modo che l'obiettivo della Conferenza di Londra di addestrare 134 000 agenti di polizia afghana per la fine del 2011 diventi realistico; sollecita l'Alto rappresentante a modificare la missione EUPOL in Afghanistan prevedendo una formazione obbligatoria del personale di grado più basso in tutte le province, aumentando il numero delle settimane dedicate all'addestramento di base e garantendo che pattugliamenti ed altre attività di polizia siano effettuati congiuntamente sul campo; sollecita gli Stati membri dell'UE non solo a unificare le rispettive missioni bilaterali di addestramento con EUPOL ma anche ad astenersi dall'imporre restrizioni alle forze nazionali di polizia spiegate nell'ambito di EUPOL;

90.

raccomanda che gli stipendi della polizia afghana siano aumentati e che l'intero processo di assunzione sia rivisto, dando la preferenza alle reclute con un livello di alfabetizzazione di base, che non consumino droghe e siano meglio qualificate psicologicamente e fisicamente rispetto alle forze attuali;

91.

sottolinea che l'addestramento di polizia non può produrre risultati senza un apparato giudiziario ben funzionante, e invita pertanto la comunità internazionale ad accrescere il sostegno finanziario e tecnico finalizzato al rafforzamento del sistema giudiziario, anche attraverso l'aumento degli stipendi dei giudici di ogni grado; chiede inoltre al Consiglio di varare, in coordinamento con le Nazioni Unite, una missione specializzata per formare i giudici e i pubblici funzionari del ministero della Giustizia e del sistema penale afghano;

92.

si compiace del fatto che, alla Conferenza di Kabul, il governo afghano si sia impegnato a migliorare, con il supporto dei partner internazionali, l'accesso alla giustizia in tutto il paese mediante misure concrete da attuare nei prossimi dodici mesi nonché a sviluppare la capacità delle istituzioni giudiziarie, anche tramite la definizione e l'attuazione di una strategia organica in materia di risorse umane;

Stupefacenti

93.

fa notare che l'Afghanistan è la fonte del 90 % dell'oppio illegale del mondo, e che però, quando le forze di coalizione sono entrate a Kabul nel 2001, i papaveri da oppio non venivano coltivati in Afghanistan grazie al successo conseguito dalle Nazioni Unite in relazione al divieto di coltivazione;

94.

reputa che una consistente forza militare dotata di notevoli risorse avrebbe potuto, successivamente, mantenere con facilità questa situazione «senza oppio» attraverso progetti di sviluppo agricolo locale, che le sue truppe avrebbero dovuto proteggere dai talebani e dai signori della guerra locali;

95.

rileva, tuttavia, che la produzione di oppio rappresenta ancora un grave problema sociale, economico e di sicurezza, e invita l'Unione europea a considerarlo una priorità strategica della sua politica nei confronti dell'Afghanistan;

96.

ricorda che in Europa oltre il 90 % dell'eroina proviene dall'Afghanistan e che il costo per la salute pubblica nei paesi europei ammonta a miliardi di dollari; sottolinea che le sfide poste dall'economia della droga in Afghanistan devono essere affrontate a livello non solo nazionale ma anche internazionale, prestando attenzione a tutti gli anelli della catena della droga, e che tale approccio implica, in particolare, un aiuto agli agricoltori ai fini della riduzione dell'offerta, la prevenzione e il trattamento delle tossicodipendenze per frenare la domanda nonché l'applicazione della legge contro gli intermediari; propone, in particolare, di investire massicciamente nell'instaurazione di una politica agricola e rurale globale al fine di offrire un'alternativa credibile e duratura ai produttori di oppio; insiste anche sulla necessità di integrare l'ambiente nella strategia agricola e rurale, dal momento che il degrado ambientale, provocato ad esempio da una gestione carente delle risorse idriche o dalla distruzione delle foreste naturali, rappresenta uno dei principali ostacoli allo sviluppo di un'economia agricola;

97.

prende atto che, in seguito all'impunità di coltivatori e trafficanti, entro due anni la coltivazione ha raggiunto i livelli precedenti al 2001, con pochi potenti signori della guerra che gestiscono un enorme cartello;

98.

esprima viva preoccupazione per il forte incremento, segnalato nella recente relazione UNODC, del numero di afghani tossicodipendenti; chiede misure mirate ed immediate per ridurre il numero di tossicodipendenti e fornire loro assistenza medica; sottolinea, in tale ottica, la necessità di finanziare programmi per la creazione di centri terapeutici nel paese, specie nelle zone che non hanno accesso alle cure sanitarie;

99.

sottolinea che, nonostante una precedente riduzione dei prezzi dovuta alla sovrapproduzione, nel 2009 il commercio di stupefacenti registrava un giro di affari di 3,4 miliardi di dollari USA e il valore potenziale lordo dell'esportazione di oppio era pari al 26 % del PIL dell'Afghanistan, con circa 3,4 milioni di afghani (il 12 % della popolazione) presumibilmente attivi nell'industria illegale della droga;

100.

richiama tuttavia l'attenzione sui risultati di una recente relazione UNODC, secondo cui i talebani incamerano solo il 4 % dei proventi del commercio annuale di stupefacenti, e gli agricoltori locali il 21 %, mentre il 75 % è appannaggio di funzionari del governo, della polizia, di mediatori locali e regionali nonché di trafficanti; osserva, in breve, che agli alleati afghani della NATO spetta di fatto sempre la parte del leone quanto ai profitti del narcotraffico;

101.

rileva che tra il 2001 e il 2009 gli Stati Uniti e la comunità internazionale hanno speso 1,61 miliardi di dollari USA per le misure di lotta alla droga senza avere alcun impatto significativo sulla produzione e il traffico, e ricorda che Richard Holbrooke, Rappresentante speciale americano per l'Afghanistan e il Pakistan, descrive gli sforzi degli Stati Uniti nella lotta al narcotraffico in Afghanistan finora portata avanti come «il programma più inutile e inefficace che ho visto nell'ambito dell'attività di governo e al di fuori di essa»;

102.

sottolinea che, se la dipendenza dell'economia afghana dalla droga non cesserà una volta per tutte e non si troverà un modello praticabile di crescita economica alternativa, gli obiettivi di ripristino delle condizioni di sicurezza e stabilità nella regione non potranno essere conseguiti;

103.

rileva l'importanza degli sforzi volti a eliminare gradualmente la coltivazione dell'oppio in Afghanistan, finora peraltro risultati vani, e invita, in tale contesto, a creare mezzi di sussistenza alternativi sostenibili per i 3,4 milioni di afghani che vivono di tale attività e a migliorare la situazione del resto della popolazione rurale afghana;

104.

prende atto del successo dei tentativi di eliminare gradualmente la coltivazione di oppio in Pakistan, Laos e Thailandia attraverso la sua sostituzione con colture alternative; rileva altresì l'emergenza in Afghanistan di promettenti nuove colture, come lo zafferano, che possono fornire un reddito molto più alto del papavero da oppio;

105.

osserva che un simile processo di graduale eliminazione della coltivazione di papavero da oppio potrebbe essere previsto per l'Afghanistan a un costo di 100 milioni di euro l'anno, destinandovi specificamente il 10 % degli aiuti accordati annualmente dall'UE al paese per un periodo di cinque anni;

106.

nota che l'Accordo di commercio e di transito Afghanistan-Pakistan, di recente sottoscritto, offrirà uno sbocco ai produttori di melagrane, la più nota coltura legale della zona che gli operatori stranieri della cooperazione allo sviluppo hanno ripetutamente definito la chiave per offrire valide alternative di sostentamento ai coltivatori di papavero del sud dell'Afghanistan;

107.

elogia l'UNODC per la sua attiva opera di sostegno al governo afghano nella lotta contro il traffico illegale di droga, e chiede il rafforzamento dell'UNODC e dei suoi programmi per l'Afghanistan;

108.

chiede un piano quinquennale nazionale per l'eliminazione delle colture oppiacee illegali, con scadenze precise e parametri di riferimento, da attuarsi per il tramite di un apposito ufficio dotato di bilancio e personale propri;

109.

sottolinea che il piano dovrebbe essere promosso attraverso la cooperazione tra l'Unione europea e la Federazione russa, che è la principale vittima dell'eroina afghana e il secondo mercato mondiale di oppiacei dopo l'UE;

110.

chiede al governo e al parlamento dell'Afghanistan di adottare una normativa specifica volta a vietare tutte le pratiche di eradicazione che possano comportare l'uso di mezzi non manuali e non meccanici;

111.

invita il Consiglio e la Commissione a integrare pienamente la strategia proposta nelle loro strategie correnti e sollecita gli Stati membri dell'UE a tenerne pienamente conto nei rispettivi piani nazionali;

112.

sollecita il Consiglio e la Commissione a tenere pienamente conto di tutte le implicazioni di bilancio delle proposte contenute nella presente relazione;

*

* *

113.

incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione, al Segretario generale delle Nazioni Unite, al Segretario generale della NATO nonché ai governi e ai parlamenti degli Stati membri e della Repubblica islamica dell'Afghanistan.


(1)  GU C 294 E del 3.12.2009, pag. 11.

(2)  GU C 46 E del 24.2.2010, pag. 87.

(3)  GU C 184 E dell'8.7.2010, pag. 57.


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