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Document 52017AE3013

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Un piano d’azione per la natura, i cittadini e l’economia» [COM(2017) 198 final]

GU C 129 del 11.4.2018, p. 90–95 (BG, ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, HR, IT, LV, LT, HU, MT, NL, PL, PT, RO, SK, SL, FI, SV)

11.4.2018   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 129/90


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Un piano d’azione per la natura, i cittadini e l’economia»

[COM(2017) 198 final]

(2018/C 129/15)

Relatore:

Lutz RIBBE

Consultazione

Commissione europea, 31 maggio 2017

Base giuridica

Articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

 

 

Decisione dell’Assemblea plenaria

25 aprile 2017

 

 

Sezione competente

Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente

Adozione in sezione

21 novembre 2017

Adozione in sessione plenaria

6 dicembre 2017

Sessione plenaria n.

530

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

157/5/6

1.   Sintesi delle conclusioni e raccomandazioni del Comitato

1.1.

In linea di massima, il CESE accoglie con favore i risultati del controllo dell’adeguatezza delle direttive sulla tutela della natura, da cui risulta che queste sono adeguate allo scopo in quanto pilastri di una più ampia politica in materia di biodiversità, ma che la loro applicazione deve essere notevolmente migliorata.

1.2.

Anche se, considerata singolarmente, ciascuna delle 15 misure presentate nel nuovo piano d’azione è senz’altro valida, la loro presentazione congiunta crea confusione nella misura in cui non è ancora chiaro quale rapporto abbia tale piano d’azione con l’attuale strategia sulla biodiversità, tanto più che molte sono le sovrapposizioni di contenuti, ma soltanto marginali le novità. Secondo il Comitato, sarebbe stato più utile effettuare una valutazione e, se del caso, un’integrazione di tale strategia.

1.3.

Ai fini di una politica efficace in materia di biodiversità, il problema davvero decisivo è che ad oggi, per i proprietari e gli utilizzatori dei terreni, le misure volte a promuovere o preservare la biodiversità rappresentano perlopiù non una fonte di introiti bensì un fattore di costo. Bisogna invece che le misure di tutela della biodiversità — sia all’interno che al di fuori dei siti Natura 2000 — siano economicamente redditizie per coloro ai quali spetta attuarle; esse non possono e non devono andare a loro discapito. Nessuno dei programmi finora varati dall’UE e dagli Stati membri è riuscito a risolvere realmente questo dilemma fondamentale; e anche il piano d’azione in esame, nel quale molto si parla di «situazioni vantaggiose per tutti», non offre purtroppo alcun elemento utile in tal senso.

1.4.

La mancanza di finanziamenti non è solo un problema capitale per il conseguimento degli obiettivi concordati in materia di biodiversità, ma è altresì un chiaro sintomo delle carenze della politica europea. Vengono infatti adottate normative che generano dei costi, ma non si trova un accordo su chi debba sostenerli e/o sui modi in cui debbano essere coperti.

1.5.

Il CESE rinnova il suo invito alla Commissione a presentare una stima aggiornata dei costi della rete Natura 2000. A giudizio del CESE, infatti, tale ammontare, più volte indicato nell’ordine dei 6,1 miliardi di euro, non rappresenta in modo adeguato il fabbisogno di risorse finanziarie della rete, che è più probabilmente pari al doppio o al triplo di questo importo.

1.6.

Il CESE ritiene pertanto indispensabile che sia presentata una strategia a lungo termine per la copertura del fabbisogno finanziario della politica in materia di biodiversità (1). Il dibattito sulle prospettive finanziarie per il dopo 2021 dovrebbe fornire il quadro pertinente, sennonché né il piano d’azione né l’approccio finora annunciati, da ultimo nel documento di riflessione sul futuro delle finanze dell’UE  (2), fanno presagire un miglioramento decisivo di tale situazione.

1.7.

Il CESE accoglie con grande favore il fatto che, nel quadro del piano d’azione, la Commissione intenda sviluppare ulteriormente la strategia per le infrastrutture verdi. Anche riguardo a questo progetto promettente e innovativo, tuttavia, il Comitato fa presente che un progetto senza finanziamenti non potrà apportare alcun cambiamento.

2.   Contesto di riferimento

2.1.

Già nel 1998 l’UE aveva adottato una prima strategia sulla biodiversità (3) al fine di arrestare la perdita di specie animali e vegetali selvatiche e dei loro habitat. La strategia per lo sviluppo sostenibile adottata nel 2001 (la cosiddetta «strategia di Göteborg») aveva poi enunciato degli obiettivi ben precisi in materia di biodiversità, ossia arginare la perdita di diversità biologica nell’UE entro il 2010 e provvedere al ripristino degli habitat e degli ecosistemi naturali.

2.2.

A queste erano seguite altre misure, quali il «piano d’azione a favore della biodiversità» del 2001 (4) e, nel maggio 2006, un ulteriore piano d’azione sulla biodiversità (5) il cui contenuto differiva ben poco dal primo.

2.3.

Riconoscendo che l’obiettivo così deciso e promesso non era raggiungibile, l’UE ha adottato — sulla base della comunicazione della Commissione intitolata Soluzioni per una visione e un obiettivo dell’UE in materia di biodiversità dopo il 2010  (6) — una nuova «strategia sulla biodiversità», questa volta all’orizzonte 2020 (7), che in sostanza non faceva altro che riproporre le stesse raccomandazioni e gli stessi strumenti dei precedenti piani d’azione e spostare al 2020 l’obiettivo inizialmente fissato per il 2010.

2.4.

La revisione intermedia di quest’ultima strategia — articolata in 6 obiettivi chiaramente definiti e in un totale di 20 misure — ha evidenziato risultati assai deludenti ed è giunta alla conclusione che occorrerà moltiplicare di molto gli sforzi per proteggere l’ambiente naturale se si vuole raggiungere il nuovo obiettivo che ci si è proposti, ossia arrestare definitivamente entro il 2020 la perdita di biodiversità e provvedere a ripristinare gli habitat naturali andati perduti.

2.5.

In merito a tutti questi documenti il CESE ha espresso in sostanza sempre la stessa posizione critica, osservando che:

nell’UE «quel che manca per la conservazione della biodiversità non sono leggi, direttive, programmi, progetti pilota, dichiarazioni politiche o istruzioni per l’uso: c’è invece bisogno di passare all’attuazione e di varare azioni concertate a tutti i livelli d’intervento politico»;

«finora i decisori politici non hanno trovato la forza, o la volontà, di realizzare misure riconosciute da anni come indispensabili, nonostante la comunicazione sottolinei per l’ennesima volta che sia la società che l’economia possono trarre vantaggio da una politica convincente in materia di biodiversità» (8);

di conseguenza, la politica dell’UE in materia di biodiversità costituisce un classico esempio di politica di promesse non mantenute a livello europeo e nazionale, e questo nonostante tale politica abbia individuato e/o definito del tutto correttamente sia i problemi sia gli strumenti necessari. Il CESE, dunque, non ha ritenuto necessario alcun cambiamento delle basi giuridiche vigenti in materia.

2.6.

Tuttavia, nel quadro del suo programma REFIT, la Commissione Juncker ha avviato un controllo dell’adeguatezza (fitness check) delle direttive sulla tutela della natura. L’esito di tale riesame ha confermato l’opinione del CESE, e lo stesso Consiglio Ambiente ha constatato che «le direttive sulla tutela della natura, quali pietra miliare della più ampia politica dell’UE in materia di biodiversità, sono adeguate allo scopo, ma che il conseguimento dei loro obiettivi e la realizzazione del loro pieno potenziale sono possibili solo migliorando in modo sostanziale la loro attuazione» (9).

2.7.

In risposta ai risultati del suddetto controllo di adeguatezza, la Commissione ha presentato un «piano d’azione per la natura, i cittadini e l’economia» (10), che costituisce l’oggetto del presente parere.

3.   Osservazioni generali in merito al piano d’azione

3.1.

Il piano d’azione ripropone innanzitutto una descrizione dello stato di conservazione ancora drammaticamente precario delle specie e degli habitat, che invece dovrebbero essere da tempo protetti in virtù delle direttive già adottate nel 1979 e nel 1992. Secondo il piano d’azione, «i principali fattori alla base delle carenze nell’attuazione comprendono: risorse limitate, applicazione carente, integrazione insufficiente degli obiettivi legati alla natura in altre aree di intervento, conoscenza e accesso inadeguati ai dati, scarsa comunicazione e modesto coinvolgimento dei portatori d’interesse. Inoltre, coloro che attuano le direttive, in particolare a livello regionale e locale, non conoscono talvolta a sufficienza gli obblighi o la flessibilità e le opportunità che esse offrono, con la conseguente eventuale comparsa di tensioni tra tutela della natura e attività economica».

3.2.

Il piano d’azione ha l’obiettivo di «migliorare l’attuazione delle direttive, la loro coerenza con gli obiettivi socioeconomici e il dialogo con le autorità a livello nazionale, regionale e locale, i portatori d’interesse e i cittadini».

3.3.

Data la forte dimensione territoriale delle direttive e il ruolo chiave delle autorità regionali e locali nella loro attuazione, il Comitato europeo delle regioni è stato strettamente coinvolto nella preparazione di tale piano d’azione e anche in futuro svolgerà un ruolo cruciale nel quadro della cooperazione con tali autorità e della loro sensibilizzazione.

3.4.

Il piano d’azione fissa un calendario rigoroso, e la Commissione intende riferire sui risultati ottenuti già nel 2019, dunque ancor prima della fine del suo attuale mandato. Secondo il CESE, si tratta di un proposito molto ambizioso, anche soltanto per il fatto che, per l’attuazione del piano d’azione, presso la Commissione non sono state create capacità aggiuntive in termini di risorse umane.

3.5.

Il piano d’azione copre 4 settori prioritari e prevede una serie di azioni concrete (15 in tutto):

la priorità A è migliorare gli orientamenti e le conoscenze e assicurare una maggiore coerenza rispetto ai più ampi obiettivi socioeconomici;

la priorità B, favorire la titolarità politica e rafforzare la conformità;

la priorità C, rafforzare gli investimenti nella rete Natura 2000 e migliorare le sinergie con gli strumenti di finanziamento dell’UE;

la priorità D, migliorare la comunicazione e la sensibilizzazione, coinvolgendo cittadini, portatori d’interesse e comunità.

4.   Osservazioni specifiche in merito al piano d’azione

4.1.

Innanzitutto il CESE condivide le conclusioni del controllo di adeguatezza, e ritiene che esse confermino la posizione da esso espressa fino ad oggi. A suo avviso, inoltre, è degno di nota che a tale controllo abbia partecipato un numero elevato di portatori d’interesse. Ciò, infatti, indica che la politica dell’UE in materia di biodiversità è un tema che suscita un intenso dibattito e l’interesse di ampie fasce della popolazione, le quali si sentono anche, almeno in parte, direttamente coinvolte.

4.2.

Per quanto ognuna delle 15 azioni specifiche del piano d’azione possa, di per sé sola, contribuire a una migliore attuazione della normativa vigente in materia di tutela della natura, il CESE manifesta una certa irritazione per il fatto che la Commissione abbia presentato un nuovo piano. Secondo il CESE, infatti, sarebbe più utile condurre una valutazione dell’attuale strategia per la biodiversità, con i suoi 6 obiettivi e le sue 20 azioni concrete, effettuare un’analisi precisa dei punti deboli e pubblicarla, per poi, su tale base, integrare le misure aggiuntive eventualmente necessarie nella strategia esistente. Presentando adesso un nuovo piano d’azione, invece, si crea confusione, in quanto rimane del tutto oscuro quale rapporto esso abbia con l’attuale strategia sulla biodiversità, tanto più che alcune delle misure in esso previste (ad esempio riguardo ai settori prioritari B e C) figurano da anni nei programmi dell’UE in materia di biodiversità e nell’agenda politica e attendono soltanto di essere attuate.

4.3.

Il CESE ha già espresso il monito che moltiplicare i programmi e le strategie serve solo a generare confusione e autorizza a ritenere che, con il varo di programmi, piani o strategie sempre nuovi, si voglia solo gettare fumo negli occhi, facendo mostra di una sorta di «attivismo» ma apportando in realtà ben pochi miglioramenti.

4.4.

Già nel sottotitolo del suo comunicato stampa sul nuovo piano d’azione, la Commissione europea afferma che il piano è inteso ad aiutare le regioni «a tutelare la biodiversità e a sfruttare i benefici economici derivanti dalla protezione della natura». Il Comitato apprezza il fatto che nel piano d’azione si parli non «solo» di natura e biodiversità, ma anche delle interazioni tra l’uomo, la natura e le attività economiche. È evidente, quindi, che la politica in materia di biodiversità sia qualcosa di più complesso dell’obbligo etico-morale di proteggere le specie e gli habitat naturali. E anche questo è in linea con le osservazioni formulate dal CESE negli ultimi anni.

4.5.

In molte regioni d’Europa sono da tempo stati sviluppati dei progetti che mostrano come i cittadini possano trarre beneficio dal capitale naturale. Ad esempio, è evidente la relazione tra turismo e paesaggi diversificati ed eterogenei, con elevata biodiversità. Inoltre, si fa sempre più strada la convinzione che i servizi ecosistemici — che non sono prestati soltanto nei siti Natura 2000 — contribuiscano all’interesse pubblico generale.

4.6.

Il problema decisivo, tuttavia, è che ad oggi, per i proprietari e gli utilizzatori dei terreni, le misure volte a promuovere o preservare la biodiversità rappresentano perlopiù non una fonte di introiti bensì un fattore di costo. Un tempo la «diversità naturale» era considerata quasi un sottoprodotto delle coltivazioni estensive, dando perciò luogo — anche a causa delle difficili condizioni economiche generali in cui versavano agricoltori e silvicoltori — a un classico «conflitto fra destinazioni d’uso dei terreni».

4.7.

Bisogna invece che le misure di tutela della biodiversità — sia all’interno che al di fuori dei siti Natura 2000 — siano economicamente redditizie per coloro ai quali spetta attuarle; esse non possono e non devono andare a loro discapito. I programmi finora varati dall’UE e dagli Stati membri non sono riusciti a risolvere questo dilemma fondamentale; e anche il piano d’azione in esame, nel quale molto si parla di «situazioni vantaggiose per tutti», offre purtroppo degli elementi assai poco utili in tal senso.

4.8.

Al riguardo neanche le misure finora inattuate nelle strategie sulla biodiversità e nuovamente contemplate nel piano d’azione apporteranno alcun cambiamento: nessuna valida campagna di sensibilizzazione e nessun meccanismo ben congegnato di partecipazione del pubblico, nessun miglioramento degli orientamenti e neppure la proclamazione del 21 maggio come «Giornata europea di Natura 2000» — tutte misure riproposte nel piano d’azione — avranno alcuna efficacia se non si creeranno i giusti presupposti economici e le idonee condizioni finanziarie. In materia, infatti, il CESE reputa indispensabile compiere ulteriori progressi: in particolare occorre che, nel quadro della nuova programmazione finanziaria di medio termine a partire dal 2021, alla rete Natura 2000 sia assegnata una dotazione finanziaria specifica adeguata, e alle autorità incaricate dell’attuazione, a livello sia di Unione europea che di singoli Stati membri, siano garantite risorse umane sufficienti.

5.   Il problema della mancanza di risorse finanziarie

5.1.

Già all’inizio della creazione della rete Natura 2000 si era ad esempio promesso di garantire ai proprietari e/o utilizzatori di terreni quantomeno un’adeguata compensazione finanziaria nei casi in cui essi subissero un pregiudizio economico dalle misure e dai vincoli riguardanti i siti Natura 2000. Nella sua Valutazione 2010 dell’attuazione del piano d’azione UE sulla biodiversità  (11), la Commissione giunge alla conclusione che «garantire un finanziamento sufficiente» è una delle «quattro grandi misure di sostegno». Essa, tuttavia, rileva anche che «in Europa è soddisfatto solo il 20 % dei bisogni complessivi di finanziamento per la gestione delle zone protette, tra cui la rete Natura 2000. Nel 2004 si stimò che la gestione di Natura 2000 richiedesse un investimento annuo di 6,1 miliardi di euro per l’UE-25». Ciò significa che mancano ancora almeno 5 miliardi di euro all’anno.

5.2.

Stime più aggiornate dei costi di gestione dei siti Natura 2000 indicano un fabbisogno finanziario nettamente più elevato. In Germania, gli enti regionali (Länder) calcolano il fabbisogno finanziario annuale della rete Natura 2000 terrestre tedesca in 1,417 miliardi di euro, che equivalgono a una media di 175 EUR per ettaro. Se si applica questo costo per ettaro alla rete Natura 2000 terrestre dell’intera Unione europea, il fabbisogno finanziario annuo per l’UE-28 risulta addirittura pari a circa 21 miliardi di euro, ai quali vanno aggiunti i costi dei siti Natura 2000 marini. Il CESE, quindi, esorta la Commissione a presentare con urgenza un calcolo aggiornato ed affidabile dei costi dell’intera rete Natura 2000.

5.3.

La mancanza di finanziamenti per la gestione della rete Natura 2000 non è solo un problema capitale per il conseguimento degli obiettivi concordati in materia di biodiversità, ma è altresì un chiaro sintomo delle carenze della politica europea. Vengono infatti adottate normative che generano dei costi, ma non si trova un accordo su chi debba sostenerli e/o sui modi in cui debbano essere coperti. La mancanza di coerenza tra il diritto dell’Unione e il bilancio dell’UE è la causa principale dei problemi della tutela della biodiversità in Europa.

5.4.

Inoltre, il nuovo piano d’azione si basa sul presupposto che il bilancio attuale dell’UE rimanga invariato. Si tratta di una scelta comprensibile in quanto ci troviamo ancora a metà del periodo finanziario in corso (2014-2020), ma che in pratica non consente di risolvere i problemi della tutela della biodiversità per mezzo del piano d’azione.

5.5.

L’unica misura finanziaria annunciata nel nuovo piano d’azione è un aumento del 10 %, in seno al bilancio del programma LIFE, dei fondi destinati ai progetti «a sostegno della conservazione della natura e della biodiversità». Ciò, tuttavia, avrà luogo in maniera neutra per il bilancio, ossia mantenendo inalterata la dotazione finanziaria globale di tale programma e dunque a scapito di altre misure da esso previste. Nel bilancio del programma LIFE, negli anni 2014-2017 i fondi resi disponibili per la priorità «Natura e biodiversità» sono stati di circa 610 milioni di EUR. Il 10 % in più, quindi, significa 15 milioni di EUR all’anno.

5.6.

Pertanto, è giusto che la Commissione, nell’ambito della priorità C del piano d’azione («Rafforzare gli investimenti …»), parli anche di «promuovere le sinergie con i finanziamenti della politica agricola comune», preveda di «accrescere la consapevolezza delle opportunità di finanziamento della politica di coesione» e di «migliorare le sinergie con la politica comune della pesca», e annunci l’elaborazione di «orientamenti a sostegno della realizzazione di infrastrutture verdi». Solo che tutte quelle summenzionate non sono misure o proposte nuove, bensì propositi che da tempo figurano nell’agenda politica e dei quali da tempo si invoca la realizzazione. Essi sono già contemplati nei vecchi programmi e nelle vecchie iniziative per la biodiversità, senza per questo che negli ultimi anni siano state tradotte in qualcosa di concreto e positivo.

5.7.

Sarebbe dunque necessario che la Commissione presentasse una strategia di lungo termine per coprire il fabbisogno finanziario in questione (12). E il dibattito che adesso si apre in merito alle prossime prospettive finanziarie è, a giudizio del CESE, il quadro entro cui devono inserirsi le riflessioni pertinenti in questo senso. L’esperienza dimostra che i progetti di cooperazione tra le regioni, le associazioni ambientaliste e gli agricoltori e i silvicoltori possono risultare estremamente efficaci ai fini dell’attuazione delle misure di Natura 2000, allorché queste sono concepite in maniera tale da essere sufficientemente attraenti sul piano economico. Sennonché né il piano d’azione né l’approccio finora annunciati, da ultimo nel documento di riflessione sul futuro delle finanze dell’UE  (13), fanno presagire un miglioramento decisivo della situazione.

5.8.

Il CESE accoglie con grande favore il fatto che, nel quadro del piano d’azione, la Commissione intenda sviluppare ulteriormente la strategia per le infrastrutture verdi. Anche riguardo a questo progetto promettente e innovativo, tuttavia, il Comitato fa presente che un progetto senza finanziamenti non potrà apportare alcun cambiamento. In proposito, il CESE rimanda anche alle conclusioni del Consiglio Ambiente del 19 giugno 2017, in cui si invita la Commissione a sviluppare ulteriormente la proposta di una Rete transeuropea di infrastrutture verdi (TEN-G).

5.9.

Il Comitato ricorda pertanto il proprio recente parere sulla valutazione intermedia del programma LIFE (14), nel quale ha proposto di trasformare tale programma «in uno strumento fondamentale di finanziamento della rete Natura 2000», osservando che «l’approccio, scelto in passato, di organizzare il finanziamento della rete Natura 2000 principalmente attraverso i fondi europei per lo sviluppo regionale e il secondo pilastro della politica agricola comune (PAC), è da considerarsi insufficiente. A questo proposito, il CESE rimanda al suo parere sull’argomento (15) e chiede un potenziamento, con destinazione specifica, della dotazione del programma LIFE. Al riguardo, bisogna garantire la coerenza tra tutte le misure di sostegno, evitando quindi finanziamenti opposti o duplici rispetto ad altri fondi dell’UE».

5.10.

Il piano d’azione prevede una migliore comunicazione nei confronti dei cittadini, dei portatori d’interesse, delle comunità e delle autorità locali e regionali, nonché una migliore sensibilizzazione e partecipazione di tutti questi soggetti; e in quest’ottica è prevista l’istituzione di una «piattaforma» insieme con il Comitato delle regioni. Il CESE ne prende atto con soddisfazione, profondamente convinto com’è che un più forte coinvolgimento della società civile nell’attuazione non possa che essere un fatto positivo.

5.11.

Il CESE si compiace altresì del fatto che il piano d’azione è stato elaborato e sarà attuato dalla Commissione in stretta collaborazione con il CdR, e offre a sua volta il proprio sostegno, ritenendo che, senza l’accettazione del piano da parte della società civile e il coinvolgimento di questa nella sua attuazione, anche gli enti locali e regionali potranno ottenere soltanto scarsi risultati.

Bruxelles, 6 dicembre 2017

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Georges DASSIS


(1)  Cfr. i pareri del CESE sui temi La politica dell’UE in materia di biodiversità (GU C 487 del 28.12. 2016, pag. 14) e Valutazione intermedia del programma LIFE (GU C 173 del 31.5.2017, pag. 7).

(2)  COM(2017) 358 final del 28 giugno 2017.

(3)  COM(1998) 42 final.

(4)  COM(2001) 162 final.

(5)  COM(2006) 216 final.

(6)  COM(2010) 4 final.

(7)  COM(2011) 244 final.

(8)  Parere del CESE in merito alla comunicazione della Commissione La nostra assicurazione sulla vita, il nostro capitale naturale: strategia dell’UE sulla biodiversità fino al 2020 (GU C 24 del 28.1.2012, pag. 111).

(9)  Conclusioni del Consiglio Ambiente del 19 giugno 2017.

(10)  COM(2017) 198 final del 27 aprile 2017.

(11)  COM(2010) 548 final, pag. 13.

(12)  Cfr. i pareri del CESE sul tema La politica dell’UE in materia di biodiversità (GU C 487 del 28.12.2016, pag. 14) e sulla Valutazione intermedia del programma LIFE (GU C 173 del 31.5.2017, pag. 7).

(13)  COM(2017) 358 final del 28 giugno 2017.

(14)  Cfr. il parere del CESE sulla Valutazione intermedia del programma LIFE (GU C 173 del 31.5.2017, pag. 7).

(15)  Cfr. il parere del CESE sul tema La politica dell’UE in materia di biodiversità (GU C 487 del 28.12.2016, pag. 14).


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