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Document 62011CJ0042

Sentenza della Corte (Grande Sezione) del 5 settembre 2012.
João Pedro Lopes Da Silva Jorge.
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla cour d’appel d’Amiens.
Cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale — Decisione quadro 2002/584/GAI — Mandato d’arresto europeo e procedure di consegna tra Stati membri — Articolo 4, punto 6 — Motivo di non esecuzione facoltativa del mandato d’arresto europeo — Attuazione nel diritto nazionale — Persona arrestata cittadina dello Stato membro di emissione — Mandato d’arresto europeo emesso ai fini dell’esecuzione di una pena privativa della libertà — Normativa di uno Stato membro che riserva la facoltà di non esecuzione del mandato d’arresto europeo al caso delle persone ricercate aventi la cittadinanza di tale Stato.
Causa C‑42/11.

Court reports – general

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2012:517

SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

5 settembre 2012 ( *1 )

«Cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale — Decisione quadro 2002/584/GAI — Mandato d’arresto europeo e procedure di consegna tra Stati membri — Articolo 4, punto 6 — Motivo di non esecuzione facoltativa del mandato d’arresto europeo — Attuazione nel diritto nazionale — Persona arrestata cittadina dello Stato membro di emissione — Mandato d’arresto europeo emesso ai fini dell’esecuzione di una pena privativa della libertà — Normativa di uno Stato membro che riserva la facoltà di non esecuzione del mandato d’arresto europeo al caso delle persone ricercate aventi la cittadinanza di tale Stato»

Nella causa C-42/11,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dalla cour d’appel d’Amiens (Francia), con decisione del 18 gennaio 2011, pervenuta in cancelleria il 31 gennaio 2011, nel procedimento relativo all’esecuzione di un mandato d’arresto europeo emesso nei confronti di

Joao Pedro Lopes Da Silva Jorge,

LA CORTE (Grande Sezione),

composta dal sig. V. Skouris, presidente, dai sigg. A. Tizzano, J.N. Cunha Rodrigues, K. Lenaerts, J.-C. Bonichot e U. Lõhmus, presidenti di sezione, dai sigg. A. Rosas, E. Levits, A. Ó Caoimh (relatore), L. Bay Larsen, T. von Danwitz, A. Arabadjiev e C.G. Fernlund, giudici,

avvocato generale: sig. P. Mengozzi

cancelliere: sig.ra R. Şereş, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 31 gennaio 2012,

considerate le osservazioni presentate:

per J.P. Lopes Da Silva Jorge, da D. Fayein-Bourgois, avocat;

per il governo francese, da G. de Bergues, J.-S. Pilczer e B. Beaupère-Manokha, in qualità di agenti;

per il governo ceco, da M. Smolek e J. Vláčil, in qualità di agenti;

per il governo tedesco, da T. Henze e J. Kemper, in qualità di agenti;

per il governo dei Paesi Bassi, da C. Wissels e M. Bulterman, in qualità di agenti;

per il governo austriaco, da C. Pesendorfer, in qualità di agente;

per il governo polacco, da M. Szpunar, M. Arciszewski e B. Czech, in qualità di agenti;

per la Commissione europea, da W. Bogensberger e R. Troosters, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 20 marzo 2012,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri (GU L 190, pag. 1), nonché dell’articolo 18 TFUE.

2

Tale domanda è stata presentata nell’ambito dell’esecuzione in Francia di un mandato d’arresto europeo emesso il 14 settembre 2006 dal tribunale penale di Lisbona (Portogallo) nei confronti del sig. Lopes Da Silva Jorge, cittadino portoghese residente in Francia, ai fini dell’esecuzione di una pena di cinque anni di reclusione per traffico di stupefacenti.

Contesto normativo

Il diritto internazionale

3

L’articolo 2, paragrafo 2, della Convenzione sul trasferimento delle persone condannate, firmata a Strasburgo il 21 marzo 1983, dispone quanto segue:

«Una persona condannata nel territorio di una Parte può, conformemente alle disposizioni della presente Convenzione essere trasferit[a] nel territorio di un’altra Parte per scontare la pena inflittale. A tal fine essa può manifestare, presso lo Stato di condanna, o presso lo Stato di esecuzione, il desiderio di essere trasferita in applicazione della presente Convenzione».

4

L’articolo 3 di tale Convenzione è così formulato:

«1.   Una persona condannata può essere trasferita in applicazione della presente Convenzione se ricorrono le seguenti condizioni:

a.

la persona condannata è cittadino dello Stato di esecuzione;

(...)

4.   Ogni Stato può in qualsiasi momento, per mezzo di una dichiarazione indirizzata al Segretario Generale del Consiglio d’Europa, definire, per quanto lo riguarda, il termine “cittadino” ai fini della presente Convenzione».

Il diritto dell’Unione

La decisione quadro 2002/584/GAI

5

I considerando 1 e 5-8 della decisione quadro 2002/584 sono del seguente tenore:

«(1)

In base alle conclusioni del Consiglio di Tampere del 15 e 16 ottobre 1999, ed in particolare il punto 35, è opportuno abolire tra gli Stati membri la procedura formale di estradizione per quanto riguarda le persone che si sottraggono alla giustizia dopo essere state condannate definitivamente ed accelerare le procedure di estradizione per quanto riguarda le persone sospettate di aver commesso un reato.

(…)

(5)

L’obiettivo dell’Unione di diventare uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia comporta la soppressione dell’estradizione tra Stati membri e la sua sostituzione con un sistema di consegna tra autorità giudiziarie. (...) Le classiche relazioni di cooperazione finora esistenti tra Stati membri dovrebbero essere sostituite da un sistema di libera circolazione delle decisioni giudiziarie in materia penale, sia intervenute in una fase anteriore alla sentenza, sia definitive, nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia.

(6)

Il mandato d’arresto europeo previsto nella presente decisione quadro costituisce la prima concretizzazione nel settore del diritto penale del principio di riconoscimento reciproco che il Consiglio europeo ha definito il fondamento della cooperazione giudiziaria.

(7)

Poiché l’obiettivo di sostituire il sistema multilaterale di estradizione creato sulla base della convenzione europea di estradizione del 13 dicembre 1957 non può essere sufficientemente realizzato unilateralmente dagli Stati membri e può dunque, a causa della dimensione e dell’effetto, essere realizzato meglio a livello dell’Unione, il Consiglio può adottare misure, nel rispetto del principio di sussidiarietà menzionato all’articolo 2 [UE] e all’articolo 5 [CE]. (…)

(8)

Le decisioni relative all’esecuzione di un mandato d’arresto europeo devono essere sottoposte a un controllo sufficiente, il che implica che l’autorità giudiziaria dello Stato membro in cui la persona ricercata è stata arrestata dovrà prendere la decisione relativa alla sua consegna».

6

L’articolo 1 della decisione quadro 2002/584 definisce il mandato d’arresto europeo e l’obbligo di darne esecuzione nei termini seguenti:

«1.   Il mandato d’arresto europeo è una decisione giudiziaria emessa da uno Stato membro in vista dell’arresto e della consegna da parte di un altro Stato membro di una persona ricercata ai fini dell’esercizio di un’azione penale o dell’esecuzione di una pena o una misura di sicurezza privative della libertà.

2.   Gli Stati membri danno esecuzione ad ogni mandato d’arresto europeo in base al principio del riconoscimento reciproco e conformemente alle disposizioni della presente decisione quadro.

(…)».

7

L’articolo 3 della medesima decisione quadro elenca tre «[m]otivi di non esecuzione obbligatoria del mandato di arresto europeo».

8

L’articolo 4 della decisione quadro 2002/584, vertente sui motivi di non esecuzione facoltativa del mandato di arresto europeo, enuncia, in sette punti, i suddetti motivi. A tale riguardo, il suo punto 6 dispone quanto segue:

«L’autorità giudiziaria dell’esecuzione può rifiutare di eseguire il mandato d’arresto europeo:

(…)

6)

se il mandato d’arresto europeo è stato rilasciato ai fini dell’esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza privative della libertà, qualora la persona ricercata dimori nello Stato membro di esecuzione, ne sia cittadino o vi risieda, se tale Stato si impegni a eseguire esso stesso tale pena o misura di sicurezza conformemente al suo diritto interno».

La decisione quadro 2008/909/GAI

9

I considerando 2 e 4 della decisione quadro 2008/909/GAI del Consiglio, del 27 novembre 2008, relativa all’applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze penali che irrogano pene detentive o misure privative della libertà personale, ai fini della loro esecuzione nell’Unione europea (GU L 327, pag. 27), sono del seguente tenore:

«(2)

Il 29 novembre 2000 il Consiglio ha adottato, conformemente alle conclusioni di Tampere, un programma di misure per l’attuazione del principio del reciproco riconoscimento delle decisioni penali [GU 2001, C 12, pag. 10], pronunciandosi per una valutazione della necessità di meccanismi moderni per il reciproco riconoscimento delle decisioni definitive di condanna a pene privative della libertà personale (misura 14) e per l’estensione dell’applicazione del principio del trasferimento delle persone condannate alle persone residenti negli Stati membri (misura 16).

(…)

(4)

Tutti gli Stati membri hanno ratificato la convenzione del Consiglio d’Europa, del 21 marzo 1983, sul trasferimento delle persone condannate. A norma di detta convenzione, il trasferimento per l’esecuzione della parte residua della pena è previsto solo verso lo Stato di cittadinanza della persona condannata e solo previo consenso della medesima e degli Stati interessati. Il protocollo addizionale di tale convenzione, del 18 dicembre 1997, che prevede, a determinate condizioni, il trasferimento dell’interessato indipendentemente dal suo consenso, non è stato ratificato da tutti gli Stati membri. Entrambi gli strumenti non contengono alcun obbligo di massima di accettare le persone condannate ai fini dell’esecuzione di una pena o una misura».

10

Sotto la rubrica «Finalità e ambito di applicazione», l’articolo 3 di tale decisione quadro enuncia quanto segue al paragrafo 1:

«Scopo della presente decisione quadro è stabilire le norme secondo le quali uno Stato membro, al fine di favorire il reinserimento sociale della persona condannata, debba riconoscere una sentenza ed eseguire la pena».

11

L’articolo 17 della suddetta decisione quadro, rubricato «Legislazione applicabile all’esecuzione», così dispone al paragrafo 1:

«L’esecuzione della pena è disciplinata dalla legislazione dello Stato di esecuzione. Le autorità dello Stato di esecuzione sono le sole competenti, fatti salvi i paragrafi 2 e 3, a prendere le decisioni concernenti le modalità di esecuzione e a stabilire tutte le misure che ne conseguono, compresi i motivi per la liberazione anticipata o condizionale».

12

L’articolo 25 della medesima decisione quadro, rubricato «Esecuzione delle pene a seguito di un mandato d’arresto europeo», è così formulato:

«Fatta salva la decisione quadro [2002/584], le disposizioni della presente decisione quadro si applicano, mutatis mutandis, nella misura in cui sono compatibili con le disposizioni di tale decisione quadro, all’esecuzione delle pene nel caso in cui uno Stato membro s’impegni ad eseguire la pena nei casi rientranti nell’articolo 4, [punto] 6, della detta decisione quadro, o qualora, in virtù dell’articolo 5, [punto] 3, della stessa decisione quadro, abbia posto la condizione che la persona sia rinviata per scontare la pena nello Stato membro interessato, in modo da evitare l’impunità della persona in questione».

13

L’articolo 26 della decisione quadro 2008/909, che, conformemente alla sua rubrica, riguarda le relazioni con altri accordi e intese, così dispone al paragrafo 1:

«Fatta salva la loro applicazione tra Stati membri e Stati terzi e la loro applicazione transitoria conformemente all’articolo 28, la presente decisione quadro sostituisce, a decorrere dal 5 dicembre 2011, le corrispondenti disposizioni delle seguenti convenzioni applicabili nelle relazioni tra Stati membri:

la Convenzione europea sul trasferimento delle persone condannate, del 21 marzo 1983, e il relativo protocollo addizionale, del 18 dicembre 1997,

(…)».

14

L’articolo 28, paragrafo 1, di tale decisione quadro prevede che:

«Le richieste pervenute anteriormente al 5 dicembre 2011 restano disciplinate in conformità degli strumenti giuridici vigenti sul trasferimento delle persone condannate. Le richieste pervenute dopo tale data sono disciplinate dalle norme adottate dagli Stati membri conformemente alla presente decisione quadro».

15

L’articolo 29, paragrafo 1, della suddetta decisione quadro così dispone:

«Gli Stati membri adottano le misure necessarie per conformarsi alle disposizioni della presente decisione quadro entro il 5 dicembre 2011».

Il diritto francese

16

L’articolo 695-24 del code de procédure pénale (codice di procedura penale francese) dispone quanto segue:

«L’esecuzione di un mandato d’arresto europeo può essere rifiutata:

(…)

Se la persona ricercata per l’esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza privative della libertà possiede la cittadinanza francese e le autorità francesi competenti si impegnano ad eseguire la pena».

(…)».

Procedimento principale e questioni pregiudiziali

17

Con sentenza del 3 dicembre 2003, passata in giudicato, il tribunale penale di Lisbona ha condannato il sig. Lopes Da Silva Jorge a una pena di cinque anni di reclusione per il reato di traffico di stupefacenti, commesso tra il mese di aprile e il mese di luglio dell’anno 2002.

18

Il 14 settembre 2006 detto tribunale ha emesso un mandato d’arresto europeo nei confronti del sig. Lopes Da Silva Jorge ai fini dell’esecuzione di tale pena.

19

Il sig. Lopes Da Silva Jorge si è successivamente stabilito in Francia. Sarebbe coniugato dall’11 luglio 2009 con una cittadina francese, con la quale risiederebbe da allora sul territorio francese. Egli lavorerebbe in Francia dal 3 febbraio 2008 come autotrasportatore regionale, nell’ambito di un contratto di lavoro a tempo indeterminato per un’impresa stabilita in detto Stato membro.

20

Il 19 maggio 2010 il sig. Lopes Da Silva Jorge, a seguito di convocazione telefonica, si è presentato presso gli uffici competenti della polizia francese, i quali, in tale occasione, hanno dato esecuzione al mandato d’arresto europeo emesso nei suoi confronti e gli hanno notificato i suoi diritti.

21

Il 20 maggio 2010 il procuratore generale della cour d’appel d’Amiens, dopo aver proceduto all’interrogatorio identificativo del sig. Lopes Da Silva Jorge e averlo informato del contenuto di tale mandato d’arresto europeo nonché dei suoi diritti in materia di difesa, ne ha disposto l’incarcerazione.

22

Con sentenza del 25 maggio 2010 la cour d’appel d’Amiens ha disposto che il sig. Lopes Da Silva Jorge venisse rimesso in libertà, applicando la misura cautelare della vigilanza giudiziaria.

23

Nell’ambito del procedimento principale relativo all’esecuzione del suddetto mandato d’arresto europeo, il procuratore generale della cour d’appel d’Amiens ha chiesto la consegna del sig. Lopes Da Silva Jorge alle autorità giudiziarie di emissione con la motivazione che il mandato d’arresto europeo era stato emesso da dette autorità nel rispetto dei requisiti di legge e che non trovava applicazione alcun motivo di non esecuzione obbligatoria o facoltativa previsto, in particolare, dall’articolo 695-24 del codice di procedura penale francese. Invitato a prendere posizione sull’incidenza della sentenza della Corte del 6 ottobre 2009, Wolzenburg (C-123/08, Racc. pag. I-9621), il procuratore generale della cour d’appel d’Amiens ha sostenuto che il sig. Lopes Da Silva Jorge ha il diritto di avvalersi della normativa francese che disciplina le condizioni alle quali l’autorità competente può rifiutare l’esecuzione di un mandato d’arresto europeo rilasciato ai fini dell’esecuzione di una pena privativa della libertà e, quindi, di invocare l’articolo 695-24 del codice di procedura penale. Egli osserva tuttavia che il motivo di rifiuto di esecuzione di un mandato d’arresto europeo previsto da tale articolo, che riguarda i soli cittadini francesi, è facoltativo, ai sensi dell’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584. Come avrebbe dichiarato la sezione penale della Cour de cassation (Francia) nella sua sentenza del 7 febbraio 2007 (n. 07-80.162, Bull. crim. n. 39), l’articolo 695-24 del codice di procedura penale si applicherebbe quindi solo ai cittadini francesi e a condizione che le autorità francesi competenti si impegnino a eseguire esse stesse la pena.

24

Il sig. Lopes Da Silva Jorge, invece, chiede al giudice del rinvio di rifiutare l’esecuzione del mandato d’arresto europeo e di ordinare l’esecuzione della sua pena detentiva in Francia. A tale riguardo, il sig. Lopes Da Silva Jorge deduce, segnatamente, che la sua consegna alle autorità giudiziarie portoghesi sarebbe contraria all’articolo 8 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950. Essa arrecherebbe un pregiudizio sproporzionato al diritto al rispetto della sua vita privata e familiare, dato che egli risiede in Francia con la moglie, cittadina francese, e lavora in detto Stato membro come autotrasportatore regionale nell’ambito di un contratto di lavoro a tempo indeterminato concluso con un’impresa francese. Il sig. Lopes Da Silva Jorge sostiene altresì, richiamandosi alla citata sentenza Wolzenburg, che l’articolo 695-24 del codice di procedura penale, riservando ai soli cittadini nazionali il motivo di non esecuzione facoltativa previsto all’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584, costituisce una trasposizione non corretta di quest’ultima norma, dal momento che questa consente di invocare tale motivo anche con riferimento ai residenti nello Stato membro di esecuzione. Ne risulterebbe, peraltro, una discriminazione in base alla nazionalità ai sensi dell’articolo 18 TFUE, poiché la differenza di trattamento istituita da tale disposizione nazionale tra cittadini nazionali e cittadini di altri Stati membri non è oggettivamente giustificata.

25

Nella decisione di rinvio, la cour d’appel d’Amiens si domanda, pertanto, se l’articolo 695-24 del codice di procedura penale, nella parte in cui riserva ai soli cittadini nazionali la possibilità di beneficiare del motivo di non esecuzione facoltativa di un mandato di arresto europeo enunciato all’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584, sia conforme, alla luce della citata sentenza Wolzenburg, a detta disposizione della decisione quadro e all’articolo 18 TFUE.

26

In tali circostanze, la cour d’appel d’Amiens ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se il divieto di discriminazione sancito dall’articolo [18 TFUE] osti ad una normativa nazionale, quale l’articolo 695-24 del codice di procedura penale, che riserva la facoltà di rifiutare l’esecuzione di un mandato d’arresto europeo emesso ai fini dell’esecuzione di una pena privativa della libertà al caso in cui la persona ricercata sia di nazionalità francese e le autorità francesi competenti si impegnino ad eseguire tale pena.

2)

Se il principio di applicazione nel diritto interno del rifiuto di esecuzione di cui all’articolo 4, [punto] 6, della decisione quadro [2002/584] sia lasciato alla discrezionalità degli Stati membri ovvero abbia carattere obbligatorio e, in particolare, se uno Stato membro possa adottare un provvedimento che comporti una discriminazione basata sulla cittadinanza».

Sulle questioni pregiudiziali

27

Con le sue questioni, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584 e l’articolo 18 TFUE debbano essere interpretati nel senso che uno Stato membro di esecuzione, nell’ambito della trasposizione di detto articolo 4, punto 6, può decidere di limitare le situazioni in cui l’autorità giudiziaria nazionale dell’esecuzione è legittimata a rifiutare la consegna di una persona rientrante nell’ambito di applicazione di tale disposizione, escludendo in maniera assoluta e automatica i cittadini di altri Stati membri che dimorano o risiedono nel suo territorio.

28

Si deve ricordare che la decisione quadro 2002/584, come risulta in particolare dal suo articolo 1, paragrafi 1 e 2, nonché dai suoi considerando 5 e 7, è intesa a sostituire il sistema multilaterale di estradizione tra gli Stati membri con un sistema di consegna tra autorità giudiziarie delle persone condannate o sospettate, ai fini dell’esecuzione di sentenze o dell’instaurazione di azioni penali, fondato sul principio del reciproco riconoscimento (v. sentenze del 3 maggio 2007, Advocaten voor de Wereld, C-303/05, Racc. pag. I-3633, punto 28; del 17 luglio 2008, Kozłowski, C-66/08, Racc. pag. I-6041, punti 31 e 43; Wolzenburg, cit., punto 56, nonché del 16 novembre 2010, Mantello, C-261/09, Racc. pag. I-11477, punto 35).

29

Orbene, il suddetto principio implica, a norma dell’articolo 1, paragrafo 2, di tale decisione quadro, che gli Stati membri sono in linea di principio tenuti a dar corso ad un mandato di arresto europeo (v., in tal senso, sentenze del 1o dicembre 2008, Leymann e Pustovarov, C-388/08 PPU, Racc. pag. I-8983, punto 51; Wolzenburg, cit., punto 57, nonché Mantello, cit., punti 36 e 37).

30

Sebbene il principio del riconoscimento reciproco informi l’economia della decisione quadro 2002/584, un riconoscimento del genere non implica tuttavia un obbligo assoluto di esecuzione del mandato d’arresto emesso. Difatti, il sistema di tale decisione quadro, come risulta segnatamente dall’articolo 4 della medesima, lascia agli Stati membri la facoltà di consentire, in situazioni specifiche, alle autorità giudiziarie competenti di decidere che una pena inflitta debba essere eseguita nel territorio dello Stato membro di esecuzione (sentenza del 21 ottobre 2010, B., C-306/09, Racc. pag. I-10341, punti 50 e 51).

31

Così è, in particolare, nel caso dell’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584, che prevede un motivo di non esecuzione facoltativa del mandato di arresto europeo in forza del quale l’autorità giudiziaria dell’esecuzione può rifiutarsi di eseguire un mandato siffatto, rilasciato ai fini dell’esecuzione di una pena privativa della libertà, qualora la persona ricercata «dimori nello Stato membro di esecuzione, ne sia cittadino o vi risieda» e tale Stato si impegni a eseguire esso stesso tale pena conformemente al suo diritto interno.

32

A tale riguardo, la Corte ha già dichiarato che tale motivo di non esecuzione facoltativa mira, segnatamente, a consentire all’autorità giudiziaria dell’esecuzione di accordare una particolare importanza alla possibilità di accrescere le opportunità di reinserimento sociale della persona ricercata una volta scontata la pena cui è stata condannata (v. sentenze citate Kozłowski, punto 45; Wolzenburg, punti 62 e 67, nonché B., punto 52).

33

Nondimeno, gli Stati membri dispongono di un potere discrezionale certo nell’attuazione di tale disposizione. Infatti, uno Stato membro di esecuzione può legittimamente perseguire un simile obiettivo solamente nei confronti delle persone che abbiano dimostrato un sicuro grado di integrazione nella società di detto Stato (v., in tal senso, sentenza Wolzenburg, cit., punti 61, 67 e 73).

34

Quindi, nell’attuazione dell’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584, agli Stati membri è consentito limitare, nel senso indicato dal principio fondamentale enunciato all’articolo 1, paragrafo 2, della medesima, le situazioni in cui dovrebbe essere possibile rifiutare, in quanto Stato membro di esecuzione, la consegna di una persona rientrante nella sfera di applicazione di detto articolo 4, punto 6, subordinando l’applicazione di tale disposizione – qualora la persona ricercata sia un cittadino di un altro Stato membro che gode di un diritto di soggiorno basato sull’articolo 21, paragrafo 1, TFUE – alla condizione che tale cittadino abbia soggiornato legalmente per un certo periodo nel territorio di detto Stato membro di esecuzione (v., in tal senso, sentenza Wolzenburg, cit., punti 62 e 74).

35

Tuttavia, se uno Stato membro attua l’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584 nel suo ordinamento interno, deve tenere conto del fatto che l’ambito di applicazione di tale disposizione è circoscritto a chi sia «cittadino» dello Stato membro di esecuzione e a chi, ove non sia cittadino di detto Stato, vi «dimori» o vi «risieda» (v., in tal senso, sentenza Kozłowski, cit., punto 34).

36

Orbene, i termini «risieda» e «dimori», in quanto riferiti a nozioni autonome del diritto dell’Unione, devono essere oggetto di una definizione uniforme nell’insieme degli Stati membri (v. sentenza Kozłowski, cit., punti 41-43).

37

Da un lato, sebbene gli Stati membri dispongano, come emerge dal punto 33 della presente sentenza, di un potere discrezionale certo nell’attuazione dell’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584 nel loro ordinamento interno, essi non possono conferire a tali termini una portata più estesa di quella risultante da un’interpretazione uniforme di detta disposizione nell’insieme degli Stati membri (v. sentenza Kozłowski, cit., punto 43).

38

A questo proposito, la Corte ha già dichiarato che il termine «dimori» non può essere interpretato in modo talmente estensivo da implicare che l’autorità giudiziaria dell’esecuzione possa rifiutare di eseguire un mandato d’arresto europeo per il semplice fatto che la persona ricercata si trovi temporaneamente nel territorio dello Stato membro di esecuzione (sentenza Kozłowski, cit., punto 36).

39

D’altro lato, gli Stati membri, nel trasporre l’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584 nel loro ordinamento interno, sono tenuti al rispetto dell’articolo 18 TFUE.

40

Orbene, alla luce dell’obiettivo segnatamente perseguito dall’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584 e ricordato al punto 32 della presente sentenza, vale a dire accrescere le opportunità di reinserimento sociale di una persona condannata a una pena privativa della libertà in un altro Stato membro, i cittadini dello Stato membro di esecuzione ed i cittadini di altri Stati membri che risiedono o dimorano nello Stato membro di esecuzione e sono integrati nella società di tale Stato non dovrebbero, in linea di principio, essere trattati diversamente (v., in tal senso, sentenza Wolzenburg, cit., punto 68).

41

Pertanto, non si può ammettere che una persona ricercata che, pur non essendo cittadina dello Stato membro di esecuzione, vi dimora o vi risiede da un certo tempo non possa in alcun caso presentare con detto Stato legami tali da giustificare l’eventuale opposizione di questo motivo di non esecuzione facoltativa (sentenza Kozłowski, cit., punto 37).

42

Come emerge dal punto 34 della presente sentenza, la Corte ha già riconosciuto, nei confronti di uno Stato membro che aveva attuato l’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584 stabilendo condizioni particolari relative all’applicazione di tale disposizione, che, analogamente ad una condizione di nazionalità per i propri cittadini, una condizione di soggiorno in via continuativa per cinque anni per i cittadini degli altri Stati membri può essere considerata tale da garantire che la persona ricercata sia sufficientemente integrata nello Stato membro di esecuzione (v. sentenza Wolzenburg, cit., punto 68).

43

Peraltro, la Corte ha altresì dichiarato che, quando uno Stato membro ha attuato l’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584 senza tuttavia stabilire condizioni particolari relative all’applicazione di tale disposizione, spetta all’autorità giudiziaria dell’esecuzione – per determinare se, in una situazione concreta, tra la persona ricercata e lo Stato membro di esecuzione esistano legami che consentono di constatare che quest’ultima risiede o dimora in detto Stato ai sensi dell’articolo 4, punto 6, della decisione quadro – effettuare una valutazione complessiva di un certo numero degli elementi oggettivi caratterizzanti la situazione della persona in questione, tra i quali, segnatamente, la durata, la natura e le modalità del suo soggiorno, nonché i rapporti familiari ed economici che essa intrattiene (v., in tal senso, sentenze citate Kozłowski, punti 48 e 49, nonché Wolzenburg, punto 76).

44

Al fine di giustificare la differenza di trattamento tra i cittadini francesi e quelli degli altri Stati membri, il governo francese sostiene tuttavia che la decisione quadro 2002/584 non ha previsto alcun meccanismo che consenta ad uno Stato membro di eseguire una pena irrogata in un altro Stato membro, dato che l’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584 rinvia a tale riguardo al diritto degli Stati membri, poiché l’applicazione del motivo di non esecuzione previsto a tale disposizione è subordinata all’impegno dello Stato membro di esecuzione di eseguire tale pena «conformemente al suo diritto interno».

45

Orbene, il governo francese osserva che, in base al suo diritto interno attuale, esso può impegnarsi a eseguire la pena di una persona condannata solo se questa ha la cittadinanza francese. Infatti, a differenza di altri Stati membri, la Repubblica francese non sarebbe parte della Convenzione europea sulla validità internazionale dei giudizi repressivi, firmata a L’Aja il 28 maggio 1970, o della Convenzione tra gli Stati membri delle Comunità europee sull’esecuzione delle condanne penali straniere, del 13 novembre 1991. Come tutti gli altri Stati membri, invece, la Repubblica francese avrebbe ratificato la Convenzione sul trasferimento delle persone condannate, firmata a Strasburgo il 21 marzo 1983, il cui articolo 3, paragrafo 1, lettera a), prevede che un trasferimento per l’esecuzione della parte residua della pena è previsto solo verso lo Stato di cittadinanza della persona condannata.

46

Il governo francese sottolinea che è proprio questa la ragione per cui il legislatore dell’Unione ha adottato la decisione quadro 2008/909, che mira, in particolare, a estendere il principio del trasferimento delle persone condannate alle persone residenti in uno Stato membro. Tale decisione quadro, ai sensi del suo articolo 25, si applicherebbe all’esecuzione delle condanne nel caso in cui uno Stato membro si impegni a eseguire la condanna conformemente all’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584. Tuttavia, secondo l’articolo 29 della decisione quadro 2008/909, gli Stati membri avrebbero avuto tempo fino al 5 dicembre 2011 per attuare le disposizioni della medesima. Peraltro, l’articolo 28, paragrafo 1, della stessa decisione quadro prevederebbe che le richieste pervenute anteriormente al 5 dicembre 2011 restino disciplinate in conformità degli strumenti giuridici vigenti sul trasferimento delle persone condannate.

47

Tuttavia, come indicato dal governo francese stesso in risposta a un quesito della Corte in udienza, e come altresì fatto valere dai governi tedesco e olandese, anche se l’articolo 3, paragrafo 1, lettera a), della citata Convenzione sul trasferimento delle persone condannate consente agli Stati aderenti a tale Convenzione di riservare al solo caso dei cittadini nazionali la possibilità di eseguire sul territorio nazionale una pena irrogata in un altro Stato, né tale Convenzione né alcuna altra disposizione di diritto internazionale obbligano i suddetti Stati ad adottare una norma siffatta.

48

Così, in udienza, la Commissione europea ha rilevato, senza essere contraddetta sul punto, che, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 4, della suddetta Convenzione, ogni Stato aderente alla medesima può in qualsiasi momento, per mezzo di una dichiarazione indirizzata al segretario generale del Consiglio d’Europa, definire il termine “cittadino” ai fini di tale Convenzione come comprensivo di talune categorie di persone che dimorano o risiedono nel territorio di tale Stato senza averne la cittadinanza. Un certo numero di parti contraenti ha effettivamente formulato siffatte dichiarazioni, come, in particolare, il Regno di Danimarca, l’Irlanda, la Repubblica italiana, la Repubblica di Finlandia ed il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord.

49

Occorre pertanto concludere che l’asserita impossibilità di eseguire nello Stato membro di esecuzione una pena privativa della libertà irrogata in un altro Stato membro nei confronti di un cittadino di un altro Stato membro non può giustificare la disparità di trattamento tra un simile cittadino ed un cittadino francese risultante dal fatto che il motivo di non esecuzione facoltativa di cui all’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584 è riservato esclusivamente ai cittadini nazionali.

50

Di conseguenza gli Stati membri, qualora traspongano l’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584 nel loro ordinamento interno, non possono, pena la lesione del principio di non discriminazione in base alla nazionalità, limitare tale motivo di non esecuzione ai soli cittadini nazionali, escludendo in maniera assoluta e automatica i cittadini di altri Stati membri che dimorano o risiedono nel territorio dello Stato membro di esecuzione, indipendentemente dai legami che essi presentano con tale Stato membro.

51

Tale affermazione non implica che lo Stato membro in questione debba necessariamente rifiutare l’esecuzione del mandato d’arresto europeo emesso nei confronti di una persona residente o dimorante in tale Stato, ma, nei limiti in cui essa presenti un grado di integrazione nella società di detto Stato membro paragonabile a quello di un cittadino nazionale, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione deve poter valutare se sussista un interesse legittimo che giustifichi che la pena inflitta nello Stato membro di emissione sia eseguita nel territorio dello Stato membro di esecuzione.

52

Ne risulta che, anche se uno Stato membro, in sede di trasposizione dell’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584, può decidere di limitare le situazioni in cui l’autorità giudiziaria nazionale dell’esecuzione può rifiutare la consegna di una persona rientrante nell’ambito di applicazione di tale disposizione, così rafforzando il sistema di consegna istituito da detta decisione quadro conformemente al principio del reciproco riconoscimento (sentenza Wolzenburg, cit., punti 58 e 59), esso non può escludere in maniera assoluta e automatica da tale ambito di applicazione i cittadini di altri Stati membri che dimorano o risiedono nel suo territorio, indipendentemente dai legami che essi presentano con quest’ultimo.

53

Secondo la giurisprudenza, anche se le decisioni quadro, ai sensi dell’articolo 34, paragrafo 2, lettera b), UE, non possono avere efficacia diretta, il loro carattere vincolante comporta tuttavia in capo alle autorità nazionali, in particolare ai giudici nazionali, un obbligo di interpretazione conforme del diritto nazionale (sentenza del 16 giugno 2005, Pupino, C-105/03, Racc. pag. I-5285, punti 33 e 34).

54

Nell’applicare il diritto nazionale, il giudice nazionale chiamato ad interpretare quest’ultimo è quindi tenuto a farlo quanto più possibile alla luce della lettera e dello scopo della decisione quadro al fine di conseguire il risultato perseguito da questa. Tale obbligo di interpretazione conforme del diritto nazionale è insito nel sistema del Trattato FUE, in quanto permette ai giudici nazionali di assicurare, nell’ambito delle rispettive competenze, la piena efficacia del diritto dell’Unione quando risolvono le controversie ad essi sottoposte (v. in tal senso, in particolare, sentenze del 5 ottobre 2004, Pfeiffer e a., da C-397/01 a C-403/01, Racc. pag. I-8835, punti 113 e 114, nonché del 24 gennaio 2012, Dominguez, C-282/10, punto 24).

55

È ben vero che tale principio di interpretazione conforme del diritto nazionale è soggetto ad alcuni limiti. In tal senso, l’obbligo per il giudice nazionale di fare riferimento al contenuto di una decisione quadro nell’interpretazione e nell’applicazione delle norme pertinenti del diritto interno trova un limite nei principi generali del diritto e non può servire a fondare un’interpretazione contra legem del diritto nazionale (v., in tal senso, sentenze citate Pupino, punto 47, nonché Dominguez, punto 25 e la giurisprudenza ivi citata).

56

Resta comunque il fatto che il principio di interpretazione conforme esige che i giudici nazionali si adoperino al meglio, nei limiti delle loro competenze, prendendo in considerazione il diritto interno nel suo insieme ed applicando i metodi di interpretazione riconosciuti da quest’ultimo, al fine di garantire la piena efficacia della decisione quadro di cui trattasi e di pervenire ad una soluzione conforme allo scopo perseguito da quest’ultima (v., in tal senso, sentenza del 24 gennaio 2012, Dominguez, cit., punto 27 e la giurisprudenza ivi citata).

57

Nel procedimento principale, il giudice del rinvio deve, a tal fine, prendere in considerazione non solo le disposizioni di attuazione della decisione quadro 2002/584, ma anche i principi e le disposizioni dell’ordinamento giuridico interno che disciplinano le conseguenze che un giudice è legittimato a trarre da una discriminazione vietata dal diritto nazionale, in particolare quelli che consentono a detto giudice di ovviare a una discriminazione siffatta fino all’adozione, da parte del legislatore, delle misure necessarie all’eliminazione della stessa.

58

Se una simile applicazione del diritto nazionale fosse possibile, spetterebbe a detto giudice esaminare se, nel procedimento principale, sussistano tra la persona ricercata e lo Stato membro di esecuzione, sulla base di una valutazione globale degli elementi oggettivi che caratterizzano la situazione di tale persona, legami sufficienti, in particolare familiari, economici e sociali, idonei a dimostrare la sua integrazione nella società di detto Stato, tali per cui essa si trovi effettivamente in una situazione paragonabile a quella di un cittadino nazionale.

59

Alla luce dell’insieme delle suesposte considerazioni, occorre rispondere alle questioni sollevate dichiarando che l’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584 e l’articolo 18 TFUE devono essere interpretati nel senso che uno Stato membro, pur potendo, in sede di trasposizione di tale articolo 4, punto 6, decidere di limitare le situazioni in cui l’autorità giudiziaria nazionale dell’esecuzione può rifiutare la consegna di una persona rientrante nell’ambito di applicazione di tale disposizione, non è legittimato ad escludere in maniera assoluta e automatica da tale ambito di applicazione i cittadini di altri Stati membri che dimorano o risiedono nel suo territorio, indipendentemente dai legami che essi presentano con quest’ultimo.

60

Il giudice del rinvio è tenuto, prendendo in considerazione il diritto interno nel suo insieme ed applicando i metodi di interpretazione riconosciuti da quest’ultimo, ad interpretare il diritto nazionale quanto più possibile alla luce della lettera e dello scopo della decisione quadro 2002/584, al fine di garantire la piena efficacia di tale decisione quadro e di pervenire ad una soluzione conforme allo scopo da essa perseguito.

Sulle spese

61

Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:

 

L’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri, e l’articolo 18 TFUE devono essere interpretati nel senso che uno Stato membro, pur potendo, in sede di trasposizione di tale articolo 4, punto 6, decidere di limitare le situazioni in cui l’autorità giudiziaria nazionale dell’esecuzione può rifiutare la consegna di una persona rientrante nell’ambito di applicazione di tale disposizione, non è legittimato ad escludere in maniera assoluta e automatica da tale ambito di applicazione i cittadini di altri Stati membri che dimorano o risiedono nel suo territorio, indipendentemente dai legami che essi presentano con quest’ultimo.

 

Il giudice del rinvio è tenuto, prendendo in considerazione il diritto interno nel suo insieme ed applicando i metodi di interpretazione riconosciuti da quest’ultimo, ad interpretare il diritto nazionale quanto più possibile alla luce della lettera e dello scopo della decisione quadro 2002/584, al fine di garantire la piena efficacia di tale decisione quadro e di pervenire ad una soluzione conforme allo scopo da essa perseguito.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: il francese.

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