Parere del Comitato economico e sociale sul tema "Valutazione intermedia dei tre processi alla base della strategia europea per l'occupazione"
Gazzetta ufficiale n. C 139 del 11/05/2001 pag. 0033 - 0041
Parere del Comitato economico e sociale sul tema "Valutazione intermedia dei tre processi alla base della strategia europea per l'occupazione" (2001/C 139/10) Nel corso della sessione plenaria del 2 marzo 2000 il Comitato economico e sociale, conformemente al disposto dell'articolo 23, paragrafo 3, del Regolamento interno, ha deciso di elaborare un parere sul tema "Valutazione intermedia dei tre processi alla base della strategia europea per l'occupazione". Conformemente al disposto dell'articolo 11, paragrafo 4, e dell'articolo 19, paragrafo 1, del Regolamento interno, il Comitato ha deciso di costituire un sottocomitato con l'incarico di preparare i lavori in materia. Il sottocomitato ha formulato un progetto di parere sulla base del rapporto introduttivo del relatore Olsson e della correlatrice Engelen-Kefer, in data 14 febbraio 2001. Il 28 febbraio 2001, nel corso della 379a sessione plenaria, il Comitato economico e sociale ha adottato il seguente parere, con 93 voti favorevoli, 1 voto contrario e 2 astensioni. 1. Contesto della valutazione 1.1. Il presente parere intende: - valutare i tre processi in esame (Lussemburgo, Cardiff, Colonia) nel quadro di un approccio globale; - preparare il Consiglio che si terrà a Stoccolma nella primavera del 2001, in quanto primo importante seguito al vertice di Lisbona, a conferma della necessità di coordinare i tre processi e di introdurre nuovi elementi. Tenuto conto del fatto che il Comitato rappresenta diversi attori della società civile organizzata, la sua valutazione si fonda sui seguenti criteri: - la partecipazione della società civile organizzata alla preparazione ed all'attuazione dei tre processi ed al seguito della strategia di Lisbona; - i rispettivi ruoli e responsabilità dei diversi attori quanto alla necessità di trovare un equilibrio adeguato tra la legislazione e le misure non legislative, conseguendo al tempo stesso gli obiettivi dello sviluppo di un'economia basata sulla conoscenza nel quadro della coesione sociale, dell'aumento dell'occupazione, dello sviluppo sostenibile, dell'equità e delle pari opportunità per tutti. Gli indicatori strutturali presentati dalla Commissione per dar seguito al vertice di Lisbona sono valutati in un altro parere del Comitato(1). 1.1.1. Il processo di Lussemburgo Il processo di Lussemburgo (novembre 1997) mira a rafforzare il coordinamento delle politiche nazionali di occupazione. Esso intende soprattutto vincolare gli Stati membri ad un insieme integrato di obiettivi comuni, raggruppati sotto i quattro pilastri dell'occupabilità, imprenditorialità, adattabilità e pari opportunità. È stato stabilito un processo regolare di programmazione, elaborazione di rapporti, analisi, valutazione e adattamento degli obiettivi. Il principale risultato a livello UE sono gli orientamenti sull'occupazione, adottati ogni anno e tradotti in piani d'azione nazionali per l'occupazione in ogni Stato membro. Al fine di rendere più efficace il processo di Lussemburgo il Consiglio di Lisbona ne ha chiesto una valutazione a medio termine le cui conclusioni vengano riprese negli indirizzi di massima per l'occupazione per l'anno 2001. Nella valutazione a medio termine(2) si constata che il processo ha contribuito a concentrare l'attenzione sull'occupazione e a coinvolgere un certo numero di operatori nel quadro di un approccio integrato. Nello stesso tempo si constata l'aumento delle differenze a livello regionale nonché l'accentuarsi della carenza soprattutto di manodopera qualificata. Vi è inoltre uno squilibrio nell'attuazione dei vari orientamenti, in particolare per quanto riguarda il pilastro dell'adattabilità. Anche l'inclusione della dimensione del genere è stata attuata solo in parte. Per il futuro si propongono meno orientamenti, un coordinamento più efficiente con gli altri processi, la definizione di indicatori, un migliore monitoraggio e una migliore diffusione delle buone prassi. Sono stati chiesti una più chiara suddivisione dei ruoli tra gli attori nonché un maggiore coinvolgimento delle parti sociali. Infine si auspica una maggiore visibilità esterna del processo. Il Comitato condivide le conclusioni della valutazione intermedia e sottolinea in particolare l'importanza di concentrare l'attenzione sulle questioni chiave, su obiettivi quantitativi e qualitativi più chiari, di promuovere l'imprenditorialità e di evidenziare l'impegno e il ruolo delle parti sociali nell'ambito degli indirizzi di massima che li riguardano maggiormente a tutti i livelli. Nel contempo il Comitato desidera sottolineare la necessità di un ampio ancoraggio del processo di Lussemburgo negli Stati membri sia a livello locale sia a livello delle imprese e delle organizzazioni della società civile. Dopo la conclusione del periodo quinquennale sarebbe perciò opportuno contemplare una pausa di un anno per coinvolgere concretamente tutti gli operatori interessati. Per concentrarsi sugli obiettivi e renderli più chiari è inoltre opportuna una semplificazione del processo. 1.1.2. Il processo di Cardiff Il processo di Cardiff (giugno 1998) mira a far sì che la riforma economica faccia del mercato unico la forza motrice verso la creazione di nuovi posti di lavoro e promuova l'imprenditorialità e la competitività. Il processo prevede misure che smantelleranno gli ostacoli agli scambi tra gli Stati membri, miglioreranno i risultati nel settore dei servizi, renderanno l'ambiente in cui operano le piccole e medie imprese più favorevole alla crescita ed all'occupazione, condurranno a mercati dei capitali efficienti e ad una sufficiente disponibilità di capitale di rischio, promuoveranno un'efficace politica di concorrenza e ridurranno gli aiuti di stato. A seguito del mandato del Consiglio europeo di Cardiff gli Stati membri e la Commissione redigono relazioni annuali su questioni relative alla riforma della produzione e dei mercati dei capitali. Nella seconda relazione di Cardiff(3) la Commissione chiede all'UE ed agli Stati membri di introdurre riforme economiche compatibili con la coesione economica e sociale, di assicurare la partecipazione di tutti gli interessati e di chiedere alle autorità pubbliche di garantire un efficace impatto sulla competitività e di migliorare la protezione dei consumatori, nonché di assicurare un ambiente normativo di facile comprensione e di elevata qualità. Il Comitato sottoscrive tale raccomandazione ma desidera sottolineare la necessità di un follow-up più sistematico e coerente in modo che il processo di Cardiff possa essere attuato con maggiore impegno dagli interlocutori sociali e dalle altre imprese e organizzazioni della società civile. 1.1.3. Il processo di Colonia Il processo di Colonia (giugno 1999) integra i processi di Lussemburgo e di Cardiff con un approccio globale completo (il Patto europeo per l'occupazione) raggruppando tutte le misure occupazionali a livello UE. Il processo prevede il coordinamento della politica economica ed il miglioramento della già positiva interazione tra le dinamiche salariali e la politica monetaria, di bilancio e fiscale, che, attraverso il dialogo macroeconomico, mira a mantenere una crescita sostenuta non inflazionistica ed il duraturo successo dell'Unione economica e monetaria. Gli indirizzi di massima per le politiche economiche (BEPG: Broad Economic Policy Guidelines) sono un elemento centrale nel processo di coordinamento della politica economica. Rappresentano l'interfaccia tra la politica economica ed i processi di Lussemburgo e di Cardiff e a partire dal 2000 verranno discussi non solo nell'ambito del Consiglio dei ministri delle finanze ma anche nell'ambito di altre formazioni del Consiglio. Il Consiglio, la Commissione, la BCE e le parti sociali partecipano al dialogo macroeconomico. Dal 1999 le riunioni si tengono due volte l'anno e sono presiedute dal presidente del Consiglio Ecofin. Il Comitato constata che il processo di Colonia è stato avviato. Fa tuttavia presente la posizione comune delle organizzazioni che rappresentano le parti sociali secondo la quale i ministri delle finanze devono effettivamente partecipare e il dialogo deve riguardare anche i rapporti tra la politica macroeconomica e le riforme strutturali(4). 2. Il vertice di Lisbona: Il nuovo metodo di coordinamento "aperto" 2.1. Facendo seguito ai Consigli europei di Colonia e di Helsinki, il Consiglio europeo di Lisbona si è concentrato sulla coerenza tra i vari processi di coordinamento e su una migliore articolazione tra di loro. Tuttavia, per attuare il nuovo obiettivo strategico adottato al vertice di Lisbona, anziché varare un nuovo processo il Consiglio ha introdotto un nuovo metodo politico, il cosiddetto nuovo metodo di coordinamento aperto. 2.2. Con il nuovo metodo occorre stabilire orientamenti e fissare un calendario specifico per il conseguimento degli obiettivi, definire indicatori quantitativi e qualitativi, nonché parametri di raffronto rispetto agli standard migliori del mondo, raffrontando le migliori prassi. Gli orientamenti europei dovrebbero essere recepiti nelle politiche nazionali e regionali stabilendo obiettivi specifici e adottando misure che tengano conto delle differenze nazionali e regionali. 2.3. In linea con il principio della sussidiarietà, e adottando un approccio decentrato, il Consiglio ha proposto che l'Unione europea, gli Stati membri, gli enti locali e regionali nonché "le parti sociali e la società civile" partecipino attivamente. La strategia si fonda soprattutto sul settore privato, nonché sui partenariati pubblico-privati. 2.4. Il Comitato rileva che con il nuovo metodo la strategia deve essere attuata da tutta la società civile organizzata. Il progetto europeo dovrà progredire non più con un approccio "dall'alto verso il basso", bensì grazie al coordinamento "dal basso verso l'alto" delle politiche attuate dagli attori pubblici e privati. 2.5. In varie occasioni il Comitato ha suggerito che le organizzazioni socioeconomiche dovrebbero partecipare alla definizione, all'attuazione e al monitoraggio delle politiche UE, a livello sia nazionale che UE, per quanto riguarda, ad esempio, gli indirizzi di massima per le politiche economiche, gli orientamenti sull'occupazione, la politica delle imprese, il mercato unico, l'istruzione e la formazione, la protezione sociale, il programma d'azione sull'esclusione sociale, la regolazione del mercato finanziario, ecc. Il Comitato rileva che la strategia di Lisbona ha aperto la strada all'introduzione di nuovi "processi" nell'ambito di altre politiche, come ad esempio la politica per la lotta all'esclusione sociale e alla povertà. 2.6. Il passo successivo dovrebbe essere l'integrazione delle politiche europee dei trasporti, dell'energia e dell'ambiente nella strategia di Lisbona. 2.7. Il nuovo metodo di coordinamento aperto rispecchia l'eterogeneità dell'Europa quanto a cultura, stile di vita e condizioni socioeconomiche. L'eterogeneità, accentuatasi nel corso degli anni, richiede una varietà di strumenti, legislativi e non legislativi, e la creazione di una cultura della partecipazione di tutti (imprese sia dell'economia "tradizionale" che della "new economy", organizzazioni sindacali, enti di protezione sociale, altri attori socioeconomici, istituti di istruzione ufficiali e non ufficiali, singole organizzazioni, autorità pubbliche). Per affrontare la diversità è importante anche una dimensione territoriale della politica basata su un partenariato di ampio respiro. Il Comitato desidera sottolineare nel contempo i valori comuni alla base del modello europeo e il fatto che il nuovo metodo di coordinamento richiede che il follow-up e la valutazione della politica (che possono avvenire in maniera diversa nei rispettivi Stati membri), basati su criteri comuni, comprendano tutti gli Stati membri. 2.8. La condivisione della responsabilità del settore privato rappresenta una sfida per la società civile e quindi anche per il Comitato in quanto rappresentante di una vasta gamma di organizzazioni socioeconomiche. Il Comitato ha quindi la responsabilità di mobilitare questi attori, conferendo valore aggiunto al processo. 2.9. Esso tiene a sottolineare la necessità che i paesi candidati si preparino al più presto a partecipare al nuovo metodo di coordinamento poiché l'adesione non comporta solo un adeguamento meccanico alla legislazione comunitaria esistente ("acquis" comunitario) e la creazione di istituzioni pubbliche per la loro attuazione. Un elemento altrettanto importante per far sì che il processo di adesione sia quanto più possibile vicino al cittadino è la partecipazione attiva delle organizzazioni delle imprese e della società civile. Nel quadro delle proprie iniziative il Comitato seguirà tali sviluppi con attenzione al fine di promuovere l'impegno delle organizzazioni della società civile. 2.10. Il nuovo metodo di coordinamento dovrebbe inoltre essere visto nel contesto dell'imminente Libro bianco sulle nuove forme di governo in Europa, la cui pubblicazione è prevista dopo il Consiglio europeo di Stoccolma. 3. Indagine sull'impegno della società civile organizzata 3.1. Ai membri del Comitato economico e sociale, alle organizzazioni europee e ai CES nazionali è stato trasmesso un questionario le cui domande vertevano sul loro grado di impegno attivo in diverse politiche (dialogo macroeconomico, orientamenti per l'occupazione, programmi a favore delle imprese, mercato interno, servizi finanziari, protezione sociale, programmi per combattere l'esclusione sociale e programmi per lo sviluppo regionale). Le risposte dei membri del Comitato si riferiscono a 13 dei 15 Stati membri. Hanno inoltre risposto una ventina di organizzazioni europee e 8 CES nazionali. Nonostante la percentuale relativamente bassa delle risposte, è possibile trarre le seguenti conclusioni preliminari: l'impegno delle parti sociali è relativamente elevato sia a livello europeo/nazionale che a livello regionale/locale, soprattutto negli ambiti che le riguardano più da vicino. Anche le organizzazioni che rappresentano interessi specifici (ad esempio i servizi finanziari o l'esclusione sociale) indicano un elevato grado di impegno. Tuttavia, le risposte trasmesse da taluni Stati membri indicano che le parti sociali non sono affatto coinvolte, ad esempio, nella politica dell'occupazione. Per quanto riguarda le domande relative al mercato interno, le risposte dimostrano una partecipazione relativamente bassa. Il III Gruppo ("Attività diverse") registra un coinvolgimento generalmente inferiore a quello delle organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro (fatto salvo il programma a favore delle imprese o l'esclusione sociale a livello nazionale). Le risposte dimostrano che i CES nazionali non sempre sono coinvolti, neppure a livello nazionale (nella migliore delle ipotesi 6 degli 8 interpellati sono impegnati in un numero ridotto di dette politiche). 3.2. Per accrescere la partecipazione al processo il Comitato insiste affinché le organizzazioni socioeconomiche della società civile facciano sentire la propria voce a livello nazionale, regionale e locale, e affinché gli enti nazionali, regionali e locali, stabiliscano, come proposto, partenariati pubblico-privati sulla base di un atteggiamento aperto, di fiducia reciproca e di parità. Al Vertice di Stoccolma il Consiglio dovrebbe ribadire l'importanza della partecipazione della società civile organizzata e di rivolgere questa raccomandazione a tutti gli Stati membri. Il Comitato giudica tuttavia importante che sia la Commissione sia i governi nazionali consentano alle parti sociali di svolgere il proprio ruolo e non intervengano in maniera inopportuna o precipitata, lasciando che queste ultime si assumano le proprie responsabilità fino in fondo nell'ambito delle proprie competenze. 4. I partenariati pubblico-privati e il ruolo del governo 4.1. Nel quadro della condivisione delle responsabilità tra il settore pubblico e quello privato su cui si fonda la strategia di Lisbona, il ruolo del governo dovrebbe essere quello di fornire un quadro normativo che offra alla società civile organizzata la possibilità di contribuire al raggiungimento degli obiettivi definiti dai vari processi e a Lisbona. In tale contesto il Comitato sottoscrive la raccomandazione contenuta nella seconda relazione di Cardiff II concernente un quadro normativo semplice e di alta qualità(5). 4.2. Il partenariato pubblico-privato dovrebbe essere rafforzato, e sarebbe opportuno creare un sistema di analisi comparativa intesa ad identificare le buone prassi di condivisione della responsabilità. 4.3. Per superare la frammentazione, nonché per allinearsi all'approccio integrato adottato dalla società civile organizzata e per aumentare l'efficienza, occorre che i governi adottino un approccio orizzontale. Ciò sarebbe coerente con la riforma amministrativa auspicata al vertice di Lisbona nel quadro delle necessarie riforme in campo economico. Per sostenere la riforma amministrativa e garantire un'elevata qualità dei servizi occorre adottare misure che consentano di sviluppare la politica in materia di gestione, partecipazione e supervisione del personale. Occorre inoltre una politica attiva per promuovere la parità di trattamento nei confronti delle donne e dei gruppi svantaggiati nonché per realizzare la "modernizzazione interna", l'"innovazione" e per una maggiore efficienza parallelamente allo smantellamento delle rigide strutture gerarchiche. Occorre inoltre tener conto degli effetti delle riforme amministrative a livello regionale. Il Comitato ritiene opportuno promuovere lo scambio di esperienze tra le amministrazioni pubbliche degli Stati membri in materia di riforme amministrative affinché, come nel caso della società civile organizzata, si possa trarre beneficio dalle buone prassi esistenti. 5. Mantenimento e miglioramento dei servizi di interesse generale 5.1. Le misure UE intese a promuovere la competitività hanno un impatto sempre maggiore sulle attività del settore pubblico. Molti ambiti sono disciplinati non più dagli Stati membri, bensì dalle regole del mercato interno. Questa tendenza viene accolta con favore in quanto garantisce una migliore qualità dei servizi, a prezzi più bassi e offre a tutti gli utenti l'opportunità di accedere a servizi offerti a prezzi accessibili. 5.2. Il governo è però responsabile del miglioramento dei servizi di interesse generale, i quali rappresentano un elemento chiave del modello sociale europeo. La mancanza di tali servizi ha conseguenze negative per i cittadini, per l'occupazione e per la qualità dell'ambiente a livello locale. 5.3. Occorre garantire la qualità dei servizi di interesse generale disponibili. L'obiettivo dovrebbe essere la creazione di un settore pubblico produttivo ed efficace, che integri la partecipazione degli utenti, la fattibilità economica e buone condizioni per i lavoratori, offrendo nello stesso tempo ai cittadini servizi di alta qualità a prezzi ragionevoli. Gli stessi obiettivi devono valere indipendentemente dal fatto che la produzione di tali servizi sia gestita da imprese pubbliche o private. 5.4. Oltre all'innovazione ed all'aumento della produttività, necessari per migliorare i servizi, occorre far sì che la scelta sia più ampia ed i costi più bassi, e, nel contempo, trovare nuovi modi per far fronte alla crescente domanda di servizi di interesse generale, e in particolare di nuovi servizi sociali e rispettosi dell'ambiente. Ciò è in linea con l'invito contenuto negli indirizzi di massima per l'occupazione a sfruttare al massimo il potenziale occupazionale nel settore dei servizi. 6. Occupazione 6.1. Il Comitato rileva con compiacimento che uno degli obiettivi stabiliti dal vertice di Lisbona è la piena occupazione. 6.2. Per conseguire questo obiettivo occorrono un maggior coordinamento ed una più forte coerenza tra tutti i processi nel quadro della strategia di Lisbona, la quale è ora al centro dell'azione politica. A questo proposito il Comitato desidera sottolineare l'importanza di elaborare indicatori confrontabili al fine di valutare lo sviluppo dell'occupazione. Tuttavia, non è sufficiente che gli Stati membri puntino soltanto a ridurre la disoccupazione: essi dovrebbero anche perseguire l'obiettivo di aumentare il livello di occupazione globale in modo da raggiungere i tassi medi di occupazione menzionati al punto 6.9. 6.3. Il Comitato raccomanda che si provveda ad un coordinamento che consenta di ottenere sinergie tra attori indipendenti, come la BCE per la gestione della politica monetaria, e gli interlocutori sociali per la definizione della politica salariale. Un coordinamento del genere permette infatti di meglio comprendere gli obiettivi e i vincoli cui sono soggetti diversi attori della politica economica. È necessaria una politica di bilancio anticiclica sostenibile che non comprometta l'equilibrio delle finanze pubbliche a medio termine. A tal fine il Comitato considera quindi indispensabile proseguire l'impegno per assicurare la sostenibilità delle finanze pubbliche nel quadro del patto di crescita e di stabilità, badando nel contempo a garantire una struttura ottimale tra le spese pubbliche di consumo e le spese pubbliche d'investimento. 6.4. Il Comitato appoggia un dialogo macroeconomico regolare al quale partecipino i ministri delle finanze e il Presidente della BCE. Tale dialogo dovrà contribuire a conciliare i presupposti economici con il requisito della coesione sociale e a far sì che le parti sociali si assumano le proprie responsabilità nell'ambito di una politica dei salari orientata all'occupazione e alla promozione degli investimenti. Tale dialogo è necessario per rafforzare la fiducia dei cittadini nell'euro, nonché per far fronte a rischi imprevisti che potrebbero causare instabilità economica e problemi sociali. Oltre al dialogo macroeconomico e ad una politica finanziaria coordinata, necessari per sostenere la crescita economica, si dovrebbero prendere in considerazione le diversità nazionali, e spetterebbe agli Stati membri scegliere le effettive misure di politica economica e fiscale nel quadro di una strategia globale coerente. 6.5. Il Comitato richiama l'attenzione sugli importanti elementi che legano strettamente le politiche macroeconomiche e le politiche strutturali. Occorre quindi ricercare un "policy-mix", cioè un insieme coerente ed ottimale di misure macroeconomiche e strutturali in vista degli obiettivi perseguiti in materia di crescita e di occupazione. Questo "policy-mix" non deve intervenire soltanto tra le politiche macroeconomiche, da una parte, e le politiche strutturali, dall'altra: si tratta di un equilibrio permanente, che deve prodursi anche all'interno di ciascuna di queste due politiche. In altri termini, occorre ricercare il massimo equilibrio possibile tra la politica monetaria, la politica di bilancio e la politica salariale, che insieme costituiscono la politica macroeconomica. Analogamente, le riforme in materia di innovazione tecnologica, di ricerca, di concorrenza, di mercato del lavoro, d'infrastrutture, ecc. devono sostenersi vicendevolmente, e non solo nell'ambito della politica strutturale. 6.6. Il Comitato osserva tuttavia che il forum di alto livello organizzato nel giugno del 2000 non è stato considerato un successo: per essere più utile per tutte le parti in causa dovrebbe essere organizzato prestando maggiore attenzione agli aspetti operativi e svolgersi tra il momento della pubblicazione della relazione sintetica e il vertice di primavera. 6.7. Il Comitato esorta i governi degli Stati membri a creare una stretta cooperazione con le parti sociali per discutere ed attuare la strategia per l'occupazione. Onde garantire il successo della strategia le parti sociali dovrebbero definire in piena autonomia i loro contributi concreti, di cui i governi dovranno tener conto. Il Comitato invita gli Stati membri a investire ingenti risorse nel campo della conoscenza e della formazione poiché il successo della strategia per l'occupazione dipende in larga misura da tali investimenti. Ciò è stato ribadito in diversi pareri del Comitato(6). Il Comitato si compiace del fatto che anche i ministri dell'istruzione siano stati coinvolti nelle discussioni in merito agli indirizzi di massima per l'occupazione. Auspica che al vertice di Stoccolma si faccia un ulteriore passo avanti verso il conseguimento di un "ampliamento delle conoscenze" generalizzato e che coinvolga l'intera popolazione. 6.8. Il Comitato suggerisce che nei prossimi anni la strategia per l'occupazione presti particolare attenzione alla tendenza all'invecchiamento della popolazione europea e alla necessità di migliorare la qualità del lavoro. In proposito il Comitato osserva che la tendenza demografica verso l'invecchiamento della popolazione potrà comportare un aumento dei risparmi, che andranno canalizzati verso investimenti in risorse umane, RST e nuove tecnologie della conoscenza, per eliminare le disparità di partecipazione al mercato del lavoro basate sulle competenze, sull'età, sul tasso di occupazione femminile e maschile, nonché quelle tra diversi gruppi e diverse regioni. 6.9. La sfida principale sarà quella di aumentare i tassi medi di occupazione di tutti gli Stati membri in modo tale da consentire il raggiungimento degli obiettivi globali (60 % per le donne e 70 % per gli uomini). Questo aumento deve essere accompagnato da misure adeguate per conseguire la coesione sociale. A tal fine occorre un impegno da parte di tutta la società civile organizzata. 6.10. Il Comitato ritiene opportuno prendere misure nel quadro di un regime di agevolazioni fiscali a favore dell'occupazione per realizzare i seguenti obiettivi: - accrescere la partecipazione al mondo del lavoro dei lavoratori più anziani. Il Comitato ribadisce la proposta(7) di promuovere una campagna d'informazione a livello europeo per sensibilizzare l'opinione pubblica sul ruolo che i lavoratori anziani possono svolgere e per avviare un dialogo sociale che potrebbe consolidare gli indirizzi di massima per l'occupazione già esistenti; - aumentare il tasso di occupazione femminile migliorando le possibilità di combinare vita familiare e vita lavorativa. È di fondamentale importanza assicurare che si possa accudire ai bambini e agli altri membri della famiglia che non lavorano, agevolare il passaggio ad altre mansioni lavorative, introdurre nuovi schemi di organizzazione del lavoro e realizzare l'obiettivo dell'indipendenza economica per le donne; - inserire i gruppi vulnerabili nel mercato del lavoro: sono necessarie politiche di supporto che coinvolgano tutta la società civile organizzata al fine di promuovere vie di accesso (pathways) per tutte le persone svantaggiate e di evitare la povertà; - promuovere la parità di opportunità nei confronti delle persone disabili sul mercato del lavoro e in tutti gli ambiti legati all'occupazione (mercato interno, società dell'informazione, ecc.); - migliorare la situazione dei cittadini dei paesi terzi e di altri immigrati residenti nell'UE in modo che possano trovare un lavoro sul mercato libero del lavoro e godere di adeguati livelli di protezione e diritti; - riesaminare le politiche occupazionali sotto tutti gli aspetti al fine di promuovere un'immigrazione controllata che contribuisca al benessere sia dell'Europa sia dei paesi da cui parte l'emigrazione. Il Comitato si sta occupando di questo tema come anche della politica dei profughi, ma sottolinea che in futuro esso verrà trattato separatamente dalla politica generale dell'immigrazione. 6.11. Il Comitato ritiene che il Consiglio di Stoccolma debba rappresentare il trampolino di lancio per nuove iniziative intese a migliorare la vita lavorativa, quali: - migliorare il livello di istruzione lanciando una campagna a livello europeo a favore dell'apprendimento lungo tutto l'arco della vita, intesa a coinvolgere non soltanto le imprese ma anche tutti gli attori impegnati nel campo dell'istruzione e della formazione, a livello ufficiale e non ufficiale. Nello stesso tempo sarebbe opportuno identificare metodi per utilizzare meglio le competenze di cui i lavoratori già dispongono; - migliorare la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro assumendosi l'impegno di attuare il nuovo programma previsto nell'agenda sociale; - assicurare che la politica a favore dell'occupazione e le riforme strutturali sul mercato del lavoro creino un certo numero di posti di lavoro effettivi e forme di assunzione ben definite; - attuare misure che incentivino modalità di organizzazione del lavoro innovative e un buon management, oltre a schemi di lavoro flessibili rispondenti alle esigenze sia delle imprese che dei lavoratori. Sarebbe opportuno promuovere sia la possibilità di cambiare lavoro sia la mobilità; - prestare particolare attenzione alle possibilità di migliorare la situazione per le donne e per altri gruppi meno remunerati e con accesso limitato alle possibilità di carriera. 7. Legislazione concernente il mercato del lavoro e la previdenza sociale 7.1. La legislazione non ancora adottata in materia sociale e del mercato del lavoro dovrebbe essere riveduta in modo da trovare un equilibrio tra le misure legislative e non legislative, in stretta cooperazione con le parti sociali e, laddove opportuno, anche con le altre organizzazioni socioeconomiche interessate. 7.2. Il Comitato accoglie con favore la creazione del Comitato per la protezione sociale e si compiace dell'attenzione da esso riservata in questo momento alle pensioni ed all'esclusione sociale. Constata nel contempo che vi sono altri due temi che esso dovrebbe esaminare, ovvero il problema del livello dei redditi da lavoro e quello dell'efficacia a lungo temine dei sistemi di assistenza sanitaria. 7.3. La sostenibilità delle pensioni è, in ultima analisi, indissolubilmente legata a uno sviluppo economico sostenibile nel lungo periodo, a prescindere dal modo in cui il sistema pensionistico è organizzato (sistema pubblico, integrativo a carattere contrattuale o mutualistico oppure pensioni private/individuali). 7.4. I mercati finanziari sono alimentati dall'incremento delle pensioni finanziate privatamente con sistemi mutualistici o in base ad accordi tra lavoratori e datori di lavoro. Dato che le pensioni basate sul sistema della capitalizzazione sono, in realtà, redditi differiti nel tempo, i rappresentanti dei beneficiari dovrebbero poter avere un ruolo decisivo nell'investimento dei fondi, a meno che ciò non incida in maniera negativa sui rendimenti per i beneficiari. Il Comitato suggerisce di definire linee guida per gli investimenti effettuati dai fondi pensione, o attraverso accordi tra le parti sociali o attraverso codici di condotta per i fondi, con l'obiettivo di assicurare la crescita e la sostenibilità a lungo termine. Il Comitato per la protezione sociale dovrebbe quindi anche avere il compito di esaminare gli sviluppi degli schemi pensionistici integrativi in stretta cooperazione con le parti sociali. I sistemi pensionistici non dovrebbero ostacolare la mobilità dei lavoratori(8). 7.5. Il Comitato per la protezione sociale dovrebbe inoltre valutare con urgenza sistemi di protezione sociale che combinino flessibilità e sicurezza individuando in particolare le esperienze positive e le soluzioni che possono esistere in questo ambito. 7.6. Un altro ambito in cui gli Stati membri si sono impegnati a modernizzare la protezione sociale è la fornitura di servizi sanitari di qualità. 7.7. Quanto al diritto di pari accesso alla protezione sanitaria, il Comitato ritiene possibile combinare i regimi obbligatori e integrativi sempre che entrambi si basino sul principio che tale diritto costituisce un servizio nell'interesse generale e che la selezione del rischio o l'uso di dati genetici non devono costituire un motivo di discriminazione sul piano assicurativo. Come già indicato in precedenti pareri(9), in un settore come questo, la cui complessità è stata chiaramente dimostrata, il Comitato ritiene che anziché introdurre norme legislative sia più opportuno indicare linee direttive. L'obiettivo è quello che gli Stati membri, attraverso la collaborazione e le trattative con le assicurazioni private, elaborino specifiche contrattuali che fungano da codice di buona condotta. 8. Il ruolo delle imprese 8.1. Le imprese dovrebbero essere viste come attori economici che promuovono la coesione sociale. Gli Stati membri dovrebbero quindi promuovere la cultura imprenditoriale a tutti i livelli della società. 8.2. Gli sforzi intesi a facilitare la creazione ed il trasferimento d'imprese rappresentano un fattore chiave per accrescere il tasso di occupazione. Migliori condizioni di base per le piccole imprese e semplificazione amministrativa sono di estrema importanza per sviluppare nuove aree di crescita e occupazione, soprattutto nel settore dei servizi. Il Comitato propone ancora una volta(10) che la "Carta europea delle piccole imprese" diventi il parametro di raffronto per quantificare i progressi effettuati. 8.3. È importante garantire una grande diversificazione dei tipi di impresa, evitando di puntare unicamente sui settori innovativi e di alta tecnologia. La maggior parte delle imprese sono piccole, locali e ad alto assorbimento di mano d'opera, soprattutto nel settore dei servizi. Si rileva una forte crescita nelle nuove forme di impresa, che prevedono tra l'altro lavoro autonomo a tempo pieno o a tempo parziale, nonché imprese create da imprenditori non tradizionali, quali donne, giovani e gruppi di minoranza. Occorrono adeguate strutture di supporto in tal senso. È inoltre necessario stabilire un'adeguata protezione sociale del lavoro nelle nuove forme di impresa (sia per i proprietari che per i lavoratori). 8.4. Tuttavia, una condizione importante per promuovere la cultura imprenditoriale in tutti i settori della società è costituita dallo sviluppo di una cultura dell'indipendenza e della responsabilità sul posto di lavoro. I creatori di imprese provengono in genere da un lavoro dipendente. Migliorare la qualità del lavoro e sviluppare la partecipazione dei lavoratori alla definizione del lavoro sono parte integrante della cultura dell'indipendenza. 8.5. Anche la proprietà dell'impresa da parte dei lavoratori, sotto diverse forme, può contribuire a rafforzare la cultura imprenditoriale, a promuovere la coesione sociale, nonché a migliorare la qualità del lavoro. La Commissione dovrebbe dar seguito ai rapporti Pepper esaminando i diversi modelli come punto di partenza per lo scambio di buone pratiche. 8.6. L'economia sociale, essendo fondata sulla partecipazione, svolge un ruolo importante come modello di imprenditorialità che si concentra sulle persone e sulle loro necessità, perseguendo obiettivi sociali e nell'interesse reciproco. 8.7. Dato che la maggior parte delle imprese si sviluppano fondamentalmente a livello locale, sarebbe opportuno evidenziare ulteriormente la dimensione territoriale della strategia per l'occupazione. Il Comitato suggerisce che il piano d'azione previsto dalla Commissione per il 2001 ponga l'accento sulle nuove e sulle piccole imprese e sulla creazione di partenariati per lo sviluppo di competenze e di innovazioni tra i vari attori (piccole e grandi imprese, sindacati, ONG all'interno dell'economia sociale, enti locali, servizi pubblici)(11) per migliorare la competitività. I patti territoriali per l'occupazione e analoghi piani d'azione a livello locale potrebbero fungere da modelli per un partenariato di successo a livello locale. 8.8. Ora che lo statuto della società europea e la direttiva al riguardo sono stati adottati, sarebbe opportuno introdurre rapidamente disposizioni analoghe per le cooperative, per le associazioni e per le mutue. 8.9. Le conclusioni del vertice di Lisbona hanno fatto appello in modo particolare al senso di responsabilità sociale delle imprese: l'Agenda sociale propone di dar loro seguito. 8.10. Il Comitato è favorevole al fatto che le imprese siano socialmente responsabili e che tengano conto di tutte le parti interessate (stakeholders) al di là delle norme messe a punto dalle parti sociali o dagli organi legislativi. Ritiene che le imprese dovrebbero puntare a una legittimazione con un impegno a lungo termine nei confronti della società e dello sviluppo sostenibile, promuovendo le buone prassi in termini di integrazione nell'ambiente locale, dialogo sociale approfondito, parità tra i sessi e parità di trattamento, integrazione delle minoranze, finanziamento delle microimprese. Esse potrebbero tra l'altro ispirarsi agli orientamenti OCSE per le società multinazionali, recentemente adottati, che prevedono impegni non vincolanti di natura etica, sociale e ambientale. 9. Semplificazione delle norme del mercato interno 9.1. Il vertice di Lisbona ha preso impegni per completare il mercato interno, al fine di garantire gli interessi delle imprese e dei consumatori. 9.2. Il Comitato riconosce l'urgente necessità di avviare una nuova politica di semplificazione per garantire il corretto funzionamento del mercato unico. Il Comitato ritiene che le norme dovrebbero essere redatte in maniera equilibrata, evitando d'introdurre nuove restrizioni che risultino sproporzionate rispetto all'obiettivo perseguito. Ciò non deve compromettere la qualità delle merci e dei servizi. Il Comitato stesso si è impegnato ad introdurre una proposta riguardante un codice di buona condotta per gli attori UE nel processo di regolamentazione. 9.3. In questo contesto il Comitato insiste affinché entro il 2001 il Consiglio europeo adotti un piano pluriennale per la semplificazione nel periodo fino al 2005, stabilendo le priorità, un calendario e le risorse necessarie per monitorare i risultati conseguiti e dar loro un seguito e anche redigendo relazioni annuali e quadri punteggio. 9.4. Il piano pluriennale dovrebbe tra l'altro prevedere quanto segue: - un uso più efficace delle schede sulla valutazione dell'impatto; - strumenti alternativi, quali codici di condotta e accordi contrattuali, nonché un uso più frequente di etichette, certificazioni ed altre procedure di autoregolamentazione, coinvolgendo nel processo le imprese, i sindacati ed i consumatori. 9.5. Il Comitato invita inoltre il Consiglio a proporre misure specifiche per far sì che il mercato interno produca effetti positivi per giungere alla soluzione dei problemi specifici delle zone insulari svantaggiate, delle zone rurali e delle regioni periferiche dell'UE(12). 10. Contributo dei mercati e dei servizi finanziari alla coesione sociale 10.1. Il Comitato è favorevole a regole che integrino i mercati finanziari e bancari dell'UE, caratterizzati da una grande frammentazione, purché esse tengano conto degli interessi di tutti i principali interessati (consumatori, risparmiatori, imprese e investitori). 10.2. I mercati ed i servizi finanziari dovrebbero non soltanto contribuire ai risultati economici, ma anche alla coesione sociale. 10.3. Si esprime preoccupazione perché lo sviluppo dei mercati finanziari e dei servizi finanziari porterà all'esclusione dei cittadini che dispongono di risorse limitate, come anche delle regioni periferiche e delle piccole imprese. In questo contesto, a livello europeo, si dovrebbe studiare la possibilità di imporre alle banche, alle compagnie di assicurazione e ad altri fornitori di servizi finanziari, senza infrangere il segreto bancario, l'obbligo di fornire informazioni sulle modalità di distribuzione dei loro servizi, e ciò in base a criteri sociali e regionali. 10.4. Il Comitato ritiene che, fatti salvi i consueti requisiti bancari: - i cittadini dovrebbero avere il diritto di accesso ad un conto bancario e a servizi finanziari di base che rispondano ai loro bisogni, tra cui l'accesso al credito al consumo e la protezione dall'usura e da altre forme di sfruttamento, nonché la possibilità di risparmiare per motivi etici, sociali o ecologici; - le piccole imprese dovrebbero poter accedere ai finanziamenti. Per far fronte a questi impegni gli istituti finanziari possono avvalersi di intermediari, costituiti da una piccola impresa o dai cittadini stessi. 11. Ricerca ed innovazione 11.1. In diversi pareri il Comitato ha appoggiato l'impegno dell'UE a procedere verso un'area europea di ricerca e innovazione per promuovere la società delle conoscenze(13). 11.2. L'ottimizzazione dei risultati della ricerca e dell'uso delle risorse finanziarie presuppone un coordinamento e un decentramento. Il Comitato sottolinea l'importanza di rendere accessibili le ricerche anche a gruppi della società che in passato sono stati svantaggiati. 11.3. Il Comitato suggerisce quindi che l'imminente sesto programma RST dell'UE si concentri su un numero limitato di priorità sotto il diretto controllo della Commissione, preveda una gestione decentrata a livello nazionale e locale di progetti di piccole dimensioni e preveda una piccola partecipazione finanziaria comunitaria ai progetti nazionali che rientrano nelle priorità comunitarie(14). 11.4. Il Comitato auspica inoltre che il vertice di Stoccolma approvi la sua proposta di creare un certo numero di "reti d'eccellenza" (reti di ricerca), in via sperimentale e per un periodo limitato. Approva inoltre la creazione di una rete di sistemi strategici di informazione per la ricerca e la tecnologia al fine di diffondere i risultati e organizzare scambi(15). 11.5. Il Comitato appoggia infine la creazione di un'agenzia delle tecnologie dell'informazione per migliorare la competitività della società dell'informazione europea. Bruxelles, 28 febbraio 2001. Il Presidente del Comitato economico e sociale Göke Frerichs (1) "Indicatori strutturali". (2) Documento interno della Commissione "Valutazione a medio termine del processo di Lussemburgo". (3) COM(1999) 61 def., "Riforme economiche e strutturali nell'UE" (Cardiff II). (4) Posizioni comuni UNICE/CEEP/CES in vista del forum ad alto livello del giugno 2000 (European Trade Union Confederation, Union of industrial and employers' confederations of Europe, European centre of enterprises with public participation and enterprises of general economic interest). (5) COM(1999) 61 def., Riforme economiche e strutturali nell'UE (CARDIFF II). (6) GU C 14 del 16.1.2001, "Nuovi saperi - Nuovi impieghi"; GU C 117 del 26.4.2000, pag. 62 "L'occupazione, la riforma economica e la coesione sociale: verso un'Europa dell'innovazione e delle conoscenze"; "La dimensione europea dell'istruzione: natura, contenuto e prospettive"; GU C 168 del 16.6.2000, pag. 30, parere del CES in merito alla "Proposta di raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio sulla collaborazione europea per la valutazione della qualità dell'insegnamento scolastico". (7) GU C 14 del 16.1.2001, "I lavoratori anziani", punto 5.3 e 5.5; GU C 14 del 16.1.2001, "Orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell'occupazione per il 2001". (8) GU C 157 del 25.5.1998, "Proposta di direttiva del Consiglio relativa alla salvaguardia dei diritti a pensione integrativa dei lavoratori subordinati e dei lavoratori autonomi che si spostano all'interno dell'Unione europea". (9) GU C 204 del 18.7.2000, parte III, lettera C, "L'assicurazione malattia integrativa". (10) GU C 14 del 16.1.2001. (11) GU C 14 del 16.1.2001. (12) Articoli 158 e 299 del Trattato dell'UE. (13) GU C 14 del 16.1.2001, "Nuovi saperi - Nuovi impieghi"; GU C 117 del 26.4.2000, pag. 62,"Occupazione, riforme economiche e coesione sociale". (14) GU C 367 del 20.12.2000, "Seguito, valutazione e ottimizzazione dell'impatto economico e sociale della RST: dal 5o Programma Quadro verso il 6o Programma Quadro". (15) GU C 14 del 16.1.2001, "Nuovi saperi - Nuovi impieghi"; GU C 204 del 18.7.2000, pag. 70, "Verso uno spazio europeo della ricerca".