27.10.2005 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea |
C 267/45 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di direttiva del Consiglio che modifica la direttiva 77/388/CEE al fine di semplificare gli obblighi in materia di imposta sul valore aggiunto e alla Proposta di regolamento del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 1798/2003 per quanto concerne l'introduzione di modalità di cooperazione amministrativa nel contesto del regime dello sportello unico e della procedura di rimborso dell'imposta sul valore aggiunto
COM(2004) 728 def. — 2004/0261 (CNS) — 2004/0262 (CNS)
(2005/C 267/07)
Il Consiglio, in data 24 gennaio 2005, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 262 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di cui sopra.
La sezione specializzata Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 15 aprile 2005, sulla base del progetto predisposto dal relatore BURANI.
Il Comitato economico e sociale europeo, in data 12 maggio 2005, nel corso della 417a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere con 90 voti favorevoli, 0 voti contrari e 1 astensione.
1. Introduzione: il documento della Commissione
1.1 |
Nell'ottobre 2003 la Commissione ha presentato un documento (1) che riassumeva le strategie in materia di IVA già delineate nel giugno 2000, proponendo una serie di nuove iniziative nel loro contesto. In sintesi, la strategia consiste nel perseguire quattro obiettivi principali: la semplificazione, la modernizzazione, l'applicazione più uniforme della normativa vigente ed il rafforzamento della cooperazione amministrativa. |
1.2 |
Il documento sottoposto all'esame del CESE (2) consta di tre parti:
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1.2.1 |
Soltanto i documenti sub a) e c) richiedono i commenti del CESE. I commenti di carattere generale riguardano comunque entrambi i punti, considerati come parte di un'unica strategia. |
1.3 |
La semplificazione degli adempimenti a carico delle imprese, da tempo all'esame, è stata oggetto di una decisione del Consiglio europeo del 26 marzo 2004, il quale ha chiesto al Consiglio Concorrenza di identificare i settori suscettibili di una semplificazione. La decisione in merito è stata presa nel giugno 2004 e la Commissione ha predisposto il documento oggetto del presente parere nell'ottobre 2004. Nel frattempo la presidenza olandese aveva sollevato, nel corso del Consiglio informale Ecofin del settembre 2004, la questione di «promuovere la crescita riducendo gli oneri amministrativi». Orbene, la Commissione considera che il documento da essa presentato risponda in pieno a questo obiettivo. |
1.4 |
Gli studi condotti dalla Commissione (3), pubblicati nel secondo semestre 2003, hanno messo in evidenza che uno dei principali obiettivi doveva essere la semplificazione del regime per i «soggetti passivi con obblighi IVA in uno Stato membro in cui non hanno sede» (in pratica: gli esportatori di beni e servizi — nota del CESE). Per tali soggetti, infatti l'onere amministrativo è così pesante e complicato da indurre molti potenziali esportatori ad astenersi dallo svolgere qualsiasi attività soggetta a IVA in un altro Stato membro. D'altra parte, la procedura di rimborso è talmente complicata e onerosa che in qualche fase del procedimento il 54 % circa delle grandi imprese ha rinunciato a proseguire la pratica. |
1.5 |
Le proposte di cui al punto 1.2 mirano precisamente ad ovviare agli inconvenienti di cui sopra, attraverso l'adozione di sei misure concrete:
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1.6 |
Come premessa alla realizzazione di questi obiettivi, la Commissione ha già proposto tre iniziative legislative:
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1.6.1 |
Le iniziative contenute nel documento in esame sono già state oggetto di discussioni approfondite con gli Stati membri e di un vasto processo di consultazione via Internet con le parti interessate. |
A. PARTE I: LA PROPOSTA DI DIRETTIVA
2. Il progetto del regime dello sportello unico
2.1 |
Il concetto di «sportello unico» non è nuovo: è stato infatti proposto per la prima volta con la direttiva del Consiglio 2002/38/CE, che peraltro limitava la sua portata agli operatori del commercio elettronico (6) per i servizi transfrontalieri prestati a soggetti non imponibili. In sostanza, e in termini semplificati, lo sportello unico (SU) ora proposto, estenderebbe a tutti gli esportatori di beni e di servizi la facoltà di iscriversi in un registro elettronico nel paese di stabilimento, valido per tutti i paesi dell'UE, eliminando così l'obbligo di doversi iscrivere nei registri IVA di ognuno degli Stati membri destinatari delle esportazioni e mantenendo il proprio numero d'iscrizione nazionale. |
2.2 |
Con l'istituzione dello SU la situazione sarebbe quindi la seguente:
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2.2.1 |
La Commissione è convinta che lo SU potrebbe semplificare gli adempimenti fiscali per un numero e una gamma di operazioni ben superiori all'attuale: oltre alle operazioni di vendita a distanza già previste dalle disposizioni in vigore, verrebbero comprese tutte le vendite dirette a consumatori di altri paesi membri. Ma un aspetto ancora più importante è costituito dall'inclusione in questo regime delle operazioni fra soggetti passivi alle quali non è applicabile il regime dell'inversione contabile (autoliquidazione). |
2.2.1.1 |
Secondo le proiezioni fatte, il regime dello SU potrebbe essere adottato da circa 200.000 operatori. È peraltro prevedibile che le aziende esportatrici — soprattutto quelle di grandi dimensioni — già iscritte nei registri IVA di un paese diverso dal proprio, continueranno con il sistema attuale. Lo SU costituisce infatti una facoltà, non un obbligo. |
2.3 |
Lo sportello unico non costituisce tuttavia la soluzione di tutti i problemi. In primo luogo, rimangono in vigore tutte le norme nazionali in materia di periodi di dichiarazione, regole di pagamento e di rimborso e modalità di esecuzione; la Commissione ammette esplicitamente che il nuovo regime non ha come obiettivo quello dell'armonizzazione completa delle norme nazionali, armonizzazione che essa «non ritiene al momento né realistica né necessaria». |
2.3.1 |
Rimane inoltre aperto il problema dei trasferimenti finanziari, che dovranno essere eseguiti direttamente fra il soggetto passivo e lo Stato membro creditore. La Commissione rileva che l'esperienza fatta sin qui con il regime particolare per il commercio elettronico (regime che vede meno di 1 000 aziende di paesi terzi iscritte), ha dimostrato che la redistribuzione delle somme percepite costituisce un compito «molto gravoso» per lo Stato membro percettore. Non sarebbe «realistico» pensare — sempre secondo la Commissione — all'estensione del sistema ad un numero molto maggiore di soggetti e di operazioni: sarebbe infatti necessario in questo caso creare dei vasti sistemi di tesoreria per trattare i flussi finanziari, un compito questo che potrebbe essere svolto dagli intermediari finanziari, i quali potrebbero proporre agli operatori dei servizi di regolamento e liquidazione delle operazioni. Tali servizi — che vanno prestati solo su base volontaria e possono essere particolarmente interessanti per i piccoli operatori — dovrebbero tuttavia basarsi sulla «realtà economica» o, in altri termini, essere prestati a condizioni accettabili. |
2.3.2 |
In conclusione, lo SU lascia immutate tutte le modalità esistenti in materia di pagamenti e di rimborsi. Rimane anche in vigore il regime speciale per la prestazione a privati di servizi per via elettronica, che prevede un versamento unico allo Stato membro esportatore, il quale si incarica di ridistribuire quanto dovuto agli Stati di destinazione del servizio. Queste modalità dovrebbero essere riesaminate prima del 30 giugno 2006, e in occasione di tale riesame si studierà anche la possibilità di far confluire nel regime dello SU tutte le operazioni di fornitura di servizi tramite mezzi elettronici. |
3. Altri aspetti della proposta
3.1 |
Una proposta della Commissione del 1998 — che aveva come scopo principale la riforma del sistema dei rimborsi — conteneva anche alcune riforme in tema di spese non detraibili, o solo parzialmente detraibili, ai fini dell'imposizione dell'IVA. L'obiettivo era quello di «ravvicinare», se non di armonizzare, le norme nazionali che erano — e sono tuttora — estremamente divergenti. La proposta non andò in porto, soprattutto per le preoccupazioni di alcuni Stati membri in relazione alle proprie entrate. |
3.1.1 |
La proposta attuale riprende l'argomento, proponendosi di armonizzare le categorie di spese alle quali si applica l'esclusione dal diritto di detrazione (spese non detraibili). In linea generale (con alcune eccezioni e restrizioni), tale esclusione si applicherebbe:
Tutte le altre voci di spesa, non comprese nelle suddette categorie, sarebbero soggette alle normali regole di detraibilità. |
3.2 |
Per le transazioni B2B (business to business) l'IVA è a carico dell'acquirente nello Stato membro di destinazione, e può essere rimborsata con il meccanismo della inversione contabile ( reverse charge mechanism ), che è obbligatorio per alcune transazioni, mentre per altre può o meno essere imposto a discrezione degli Stati membri. La Commissione propone ora di estendere l'applicazione obbligatoria del meccanismo dell'inversione contabile, alle cessioni di beni installati o montati per conto dell'importatore o direttamente da lui stesso, alla fornitura di servizi relativi a beni immobili, nonché ai servizi coperti dall'articolo 9, paragrafo 2, lettera c) della Sesta direttiva. |
3.3 |
In materia di esenzioni dall'imposizione dell'IVA, la regole attuali sono, secondo la Commissione, «rigide e incoerenti», risultato di esenzioni concesse a singoli Stati membri al momento della loro adesione all'UE o in altre occasioni. Esiste in materia un'ampia disparità di trattamento fra i vari Stati membri: lungi dal diminuire, tali disparità sono aumentate in seguito a proroghe di autorizzazioni temporanee o addirittura di estensioni della loro portata. La proposta prevede una maggiore flessibilità nel determinare il limite al disotto del quale vengono concesse le esenzioni: la soglia proposta sarebbe di EUR 100 000, ma ciascuno Stato membro sarebbe libero di stabilire limiti inferiori, magari diversi a seconda che si tratti di forniture di beni o di servizi. |
3.4 |
In materia di vendite a distanza, le disposizioni attuali prevedono due diversi massimali, rispettivamente di EUR 35 000 o di EUR 100 000 annui globali, a scelta di ciascuno Stato membro di destinazione: al di là di questi, l'azienda fornitrice deve addebitare l'IVA al compratore secondo l'aliquota in vigore nello Stato membro di destinazione. Nell'intento di facilitare la vita degli operatori, la Commissione propone di adottare un massimale unico di EUR 150 000, rappresentante la globalità delle vendite verso tutti i paesi dell'Unione. |
4. Lo sportello unico: commenti
4.1 |
Il CESE è in linea di massima d'accordo sulla costituzione del regime dello SU, ma non può esimersi dall'esprimere qualche osservazione, nell'intento di contribuire ad una migliore efficienza del meccanismo dell'IVA transfrontaliera. I commenti e le proposte sono peraltro da interpretare come promemoria per futuri sviluppi e ulteriori interventi: nella situazione attuale, infatti, si riconosce che la Commissione ha fatto del suo meglio per proporre un programma realistico ma minimalista, e per ciò stesso — si spera — attuabile. |
4.2 |
In materia di armonizzazione fiscale in generale, e nel campo dell'IVA in particolare, il panorama non lascia spazio a grandi ottimismi: i progressi sono lenti e irti di ostacoli, i meccanismi farraginosi e spesso inefficienti, le norme complicate e talora di non facile interpretazione. Di questo stato di cose fanno le spese i cittadini e le imprese, e in definitiva l'intera economia; ma, paradossalmente, le prime vittime sono gli Stati membri stessi, che danno spesso l'impressione — confermata dai fatti — di voler a tutti i costi mantenere uno status quo per motivi più o meno confessabili, continuando con sistemi complicati e costosi nel timore di un cambiamento: una burocrazia che diventa vittima di se stessa. |
4.3 |
I primi risultati dello SU, già istituito e funzionante per la prestazione di servizi elettronici transfrontalieri, sembrano indicare uno scarso interesse da parte degli operatori: sono infatti meno di 1 000 (non residenti) ad averlo adottato, e principalmente «grandi» operatori, anche se è troppo presto per considerare il dato come significativo. Il nuovo SU dovrebbe invece ricevere, secondo la Commissione, un consenso più ampio: su circa 250 000 potenziali operatori transfrontalieri residenti, circa 200.000 dovrebbero avvalersene. Se tale ipotesi si avverasse, il regime dello SU andrebbe incontro a difficoltà: la Commissione rileva che il regime applicato al commercio elettronico pone già ora problemi amministrativi e pesanti oneri di gestione. La soluzione prospettata è quella di togliere allo SU le funzioni di riscossione e di ridistribuzione dei crediti (un compito «gravoso», secondo la Commissione) e la gestione dei rimborsi, per affidarle al settore finanziario: una soluzione forse necessaria, ma chiaramente insoddisfacente. |
4.4 |
Il CESE osserva che se il compito di gestire il denaro è «gravoso» per le amministrazioni fiscali, esso non lo è meno per il settore finanziario, che pure è certamente attrezzato per prestare il servizio: tale gestione avrebbe comunque un costo, che sarà a carico dei contribuenti o delle amministrazioni fiscali. Non è detto chiaramente, infatti, chi dovrebbe sopportare gli oneri del sistema da mettere in opera, anche se da parte delle autorità si dà per scontato che siano gli operatori. La Commissione ritiene, sulla base di studi effettuati, che il nuovo sistema — basato sullo SU e su un sistema di compensazione/regolamento delle somme dovute — sarà comunque meno costoso di quello attuale. |
4.5 |
Il Comitato non ha le risorse per verificare se e in quale misura l'intero progetto dello SU con l'affidamento del servizio al settore finanziario provocherebbe costi aggiuntivi o, al contrario, benefici apprezzabili. A fronte dei costi si dovrebbero calcolare, in termini monetari, i benefici, e cioè lo snellimento e l'accelerazione delle procedure per gli operatori e per le amministrazioni nazionali. In via intuitiva, i benefici per gli operatori potrebbero essere apprezzabili, ma limitati: lo SU eliminerebbe la necessità di registrazione nei diversi paesi di destinazione e lo scambio di documenti cartacei, ma rimarrebbero comunque in vigore le regole nazionali (periodi di dichiarazione e regole di pagamento e di rimborso), e soprattutto rimane invariata, in mancanza di armonizzazione, la pluralità di aliquote d'imposta nazionali. |
4.6 |
In definitiva, il CESE manifesta il suo accordo sulla proposta della Commissione, ma sottopone all'attenzione dei decisori una riflessione che ritiene fondamentale: se lo SU deve interporsi come unico interlocutore fra gli operatori e le diverse amministrazioni nazionali, esso deve essere veramente unico nelle procedure e nell'amministrazione delle somme dovute e da ricevere. Il processo non sarà comunque mai completo sin quando non sarà realizzata l'armonizzazione delle aliquote fiscali e delle norme nazionali, fondamentali anche per la realizzazione di un vero mercato unico. Un'altro aspetto da esaminare è quello delle lingue: anche se lo scambio di informazioni con lo SU avviene sulla base di codici, può rivelarsi necessario un vero dialogo, magari con l'uso di formule non sempre standardizzabili. |
5. Altri aspetti della proposta di direttiva: commenti
5.1 |
Il Comitato esprime la sua piena approvazione per la proposta della Commissione (punto 3.1.1) di «armonizzare»le categorie di spese escluse dal diritto alla detrazione dell'IVA. Se la proposta fosse accettata, si avvierebbe infatti finalmente un processo di ravvicinamento delle fiscalità, anche se destinato ad essere realizzato — come attualmente appare — in una data piuttosto lontana. |
5.2 |
Ugualmente va riservata accoglienza favorevole alla proposta di allargare la portata della inversione contabile (punto 3.2), ma un passo più decisivo potrebbe essere costituito dalla sua generalizzazione a tutte le operazioni B2B all'interno dell'Unione. |
5.3 |
L'esenzione dall'IVA (punto 3.3) merita commenti di diverso tipo. Il Comitato si è già occupato della questione nel contesto del suo parere, nel quale deprecava l'abitudine di riservare trattamenti particolari e più favorevoli a determinate categorie di operatori, non solo in occasione dell'entrata di nuovi Stati membri nelle varie fasi dell'allargamento, ma anche come eredità di posizioni pregresse nei paesi di più antica appartenenza. Il CESE rilevava — e conferma ora — che l'esenzione dall'IVA di alcune categorie di operatori provoca distorsioni di concorrenza non solo nelle operazioni transnazionali, ma anche — e forse con maggiore impatto — all'interno degli stessi Stati membri. |
5.3.1 |
È da notare, fra l'altro, che nei commenti della Commissione si parla di «piccole e medie imprese», mentre nei documenti ufficiali, e particolarmente nei protocolli di adesione, si parla in genere soltanto di «piccole» imprese: un segno evidente della volontà di minimizzare l'importanza della concessione e di estenderla, nei fatti, a imprese di ben diversa rilevanza. La proposta di direttiva evita di entrare nel merito della classificazione: si limita a parlare di «soggetti» con un volume d'affari intracomunitario non superiore a EUR 100 000: è chiara quindi la volontà di estendere il beneficio dell'esenzione a tutte le aziende, di qualsiasi dimensione. |
5.3.2 |
La ragione dell'esenzione non è quindi quella di esentare dall'imposizione IVA una particolare categoria di aziende, bensì una categoria di operazioni di valore non rilevante, e sotto questo aspetto il Comitato è senz'altro d'accordo. Rimane da chiarire se le aziende esenti da IVA nazionale in base alle disposizioni generali, saranno assoggettate al limite di EUR 100 000 per le operazioni intracomunitarie. Se così fosse, si assisterebbe al paradosso di aziende esenti di «diritto», che dovrebbero versare l'imposta qualora superassero il limite predetto. |
5.3.3 |
accoglienza meno favorevole — in linea di principio — il CESE riserva alla proposta di accordare a ciascuno Stato membro la facoltà di scegliere un massimale inferiore a EUR 100 000, o anche di stabilire massimali differenti a seconda che si tratti di beni o di servizi: si perpetua la deprecabile diversità di regole oggi esistenti, che complicano il lavoro degli operatori, aumentano i costi amministrativi e in definitiva, ancora una volta, sono in netto contrasto con i principi ispiratori del mercato interno. D'altra parte, ci si rende ben conto che particolari situazioni nazionali possono richiedere deroghe ad una norma generale, per cui un'armonizzazione del «tetto» delle esenzioni non avrebbe un effetto apprezzabile, in presenza di ben altre e più importanti difformità. |
5.4 |
Per quanto riguarda le vendite a distanza (punto 3.4) il Comitato non può che esprimere il proprio apprezzamento per ogni sforzo — come è il caso di questa proposta — che la Commissione mette in opera per eliminare i pesanti adempimenti imposti agli operatori dalla diversità delle norme fiscali nazionali. In combinazione con l'istituzione dello SU, la determinazione di una soglia massima unica e globale dovrebbe costituire un vero progresso. |
B. PARTE II: LA PROPOSTA DI REGOLAMENTO DEL CONSIGLIO
6. Il documento della Commissione
6.1 |
La proposta costituisce una modifica — che si renderebbe necessaria qualora fosse approvata la direttiva — al regolamento (CE) 1798/2003. Essa contiene disposizioni di tipo attuativo che non evocano particolari commenti, trattandosi in larga parte di modalità relative alle comunicazioni fra Stati membri, alla pubblicità delle norme e alle modalità di collegamento con la Commissione. La parte di maggior rilievo è contenuta nell'articolo 34 octies che riguarda i controlli sui soggetti IVA e sulle loro dichiarazioni. |
6.2 |
Il principio ispiratore dei controlli à quello della collaborazione fra Stati membri: i controlli tramite lo SU possono essere effettuati sia dallo Stato membro dello SU, sia da qualsiasi altro Stato membro destinatario, avendo ciascuna parte l'obbligo di informare preventivamente le altre parti interessate; queste ultime hanno il diritto di partecipare ai controlli qualora lo desiderino. Le procedure da adottare per stabilire la collaborazione sono quelle fissate dagli articoli 11 e 12 del regolamento di base. |
6.3 |
Trattandosi di materia essenzialmente procedurale, il CESE non ha particolari osservazioni da avanzare; si domanda peraltro se le modalità di collaborazione abbiano previsto tutte le possibilità in un campo che, pur non presentando aspetti del tutto nuovi (lo SU per le vendite a distanza esiste già), presenta elementi di notevole complessità. In primo luogo, lo sportello è virtuale , e quindi non prevede contatti personali fra i rappresentanti delle amministrazioni nazionali; inoltre, il già più volte ricordato problema della diversità linguistica non faciliterà certo la collaborazione o, per lo meno, una collaborazione efficace. |
6.3.1 |
È da rilevare, infatti, che i controlli non sempre e in ogni caso possono essere fatti con l'uso esclusivo di codici o di formule standardizzate. Anche se per ben noti motivi il problema dei contatti fra amministrazioni e con gli utenti viene considerato come secondario o addirittura inesistente, gli operatori del settore non nascondono le loro difficoltà attuali e le loro preoccupazioni per il futuro. |
6.4 |
Ultima osservazione, anche se certo non per importanza: la proposta di direttiva non tratta un aspetto che è invece essenziale per gli operatori: la protezione dei dati. Si dà per scontato che le comunicazioni fatte dagli operatori alle autorità siano protette contro il pericolo di comunicazione a terzi dalle vigenti norme sulla difesa della vita privata. Non viene peraltro affrontato il vero pericolo: quello della penetrazione di terzi nelle banche dati della pubblica amministrazione. Nel caso che ci occupa, i dati riguardanti quote di mercato e nominativi di clienti possono essere oggetto di spionaggio industriale, suscettibile di arrecare danni anche gravi. Prima di affidare informazioni alla pubblica amministrazione, qualunque essa sia, i cittadini e le aziende hanno il diritto di conoscere quali mezzi tecnici ed organizzativi sono messi in opera per difenderli dagli hackers. |
Bruxelles, 12 maggio 2005
La Presidente
del Comitato economico e sociale europeo
Anne-Marie SIGMUND
(1) COM(2003) 614 def.
(2) COM(2004) 728 def. del 29.10.2004.
(3) SEC(2004) 1128.
(4) Cfr. direttiva 2004/66/CE del Consiglio del 26.4.2004.
(5) Cfr. regolamento (CE) n. 885/2004 del 26.4.2004.
(6) Cfr. parere CESE GU C 116 del 20.4.2001, pag. 59.