18.8.2006   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 195/54


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta modificata di direttiva del Consiglio che modifica la direttiva 77/388/CEE per quanto riguarda il luogo delle prestazioni di servizi

COM(2005) 334 def. — 2003/0329 (CNS)

(2006/C 195/13)

La Commissione europea, in data 14 ottobre 2005, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 250 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di cui sopra.

La sezione specializzata Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 28 aprile 2006, sulla base del progetto predisposto dal relatore METZLER.

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 17 maggio 2006, nel corso della 427a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere con 143 voti favorevoli e 4 astensioni.

Sintesi e raccomandazioni

Il Comitato accoglie con favore l'iniziativa della Commissione, ritenendola un passo avanti nella giusta direzione. La proposta in esame mira a semplificare e rendere più trasparenti alcune disposizioni particolarmente controverse riguardanti la determinazione del luogo di prestazione dei servizi ai fini dell'imposta sul valore aggiunto (IVA). Il Comitato si compiace di questa iniziativa in materia di Sesta direttiva IVA, ritenendo che costituisca un progresso verso l'attuazione della strategia di Lisbona e la realizzazione degli obiettivi indicati nella direttiva sul mercato interno. Per funzionare bene, la società civile europea ha bisogno di un sistema economico efficiente e competitivo, e il conseguimento di questo obiettivo fondamentale presuppone l'applicazione di regole comparabili. La proposta modificata di direttiva rappresenta pertanto un progresso in quanto mira ad evitare distorsioni della concorrenza, estendendo il principio dell'imposizione nel luogo di consumo. Come sarà spiegato più avanti, ciò richiede la parallela introduzione di meccanismi di accompagnamento, che consentano anche alle piccole e medie imprese di competere sul mercato comunitario senza essere gravate da eccessivi oneri amministrativi. Si potrebbe pensare ad esempio all'introduzione del meccanismo dello «sportello unico» (one-stop shop).

Nel suo parere del 28 aprile 2004 il CESE aveva già richiamato l'attenzione sulla relativa facilità di evadere l'IVA e proposto di sviluppare un sistema alternativo più efficace dal punto di vista della riscossione. Inoltre, in quel parere si deplorava la disparità di trattamento tra i cittadini/consumatori causata dai difetti del regime IVA in vigore, difetti cui occorre rimediare in tempi rapidi.

Le distorsioni della concorrenza dovrebbero essere eliminate al più presto. Un esempio di tali ostacoli è costituito dal fenomeno per cui un'impresa può offrire i propri servizi sul mercato a prezzi vantaggiosi per il solo fatto di evadere l'IVA nella fase di intermediazione, ottenendo così un ingiustificato vantaggio competitivo. Anche in questo caso le istituzioni competenti devono intervenire al riguardo e il Comitato le esorta vivamente a farlo.

Una babele linguistica significa la fine del commercio comunitario e dei mercati comuni. L'applicazione di un diritto unitario presuppone un accordo sulla definizione dei concetti giuridici ivi impiegati. Pertanto, il CESE esorta a eliminare ogni confusione relativa a tali concetti. La nozione di «beni immobili» di cui all'articolo 9 bis della proposta modificata costituisce un buon esempio di come la CGCE stia cercando di porre rimedio alla confusione dovuta alla diversità delle definizioni adottate nei vari Stati membri. A tal fine, essa presuppone che determinati concetti di diritto comunitario siano alla base della Sesta direttiva IVA (cfr. il concetto di «locazione di beni immobili», di cui alla sentenza C-315/00, Maierhofer, del 16 gennaio 2003).

Ciò significa anche che le misure legislative ritenute necessarie devono essere adottate al più presto per dare ai legislatori nazionali la possibilità di recepirle il prima possibile nella rispettiva normativa interna in materia di IVA. Tuttavia, vi è motivo di dubitare che la direttiva in esame possa effettivamente essere recepita entro il 1o luglio 2006.

Motivazione

1.   Introduzione

Nelle conclusioni del vertice di Lisbona l'Unione europea si è posta fra l'altro l'obiettivo di diventare nei prossimi anni l'economia più competitiva del mondo. Per raggiungere tale obiettivo, l'UE e i suoi Stati membri dovrebbero disporre di una normativa fiscale coerente, coordinata e competitiva. Nell'Unione europea la disciplina dell'IVA è stata in gran parte armonizzata (soprattutto dalla Sesta direttiva CE), ma esistono ancora barriere ed ostacoli che intralciano notevolmente gli scambi intracomunitari, come il CESE aveva già evidenziato nel parere del 28 aprile 2004, in merito alla proposta di direttiva del 23 dicembre 2003 relativa al luogo di prestazione dei servizi (ECO/128).

La proposta di direttiva in esame, che modifica la Sesta direttiva IVA, rimanda alla proposta di direttiva del 23 dicembre 2003 e offre una revisione coerente delle norme relative al luogo di imposizione dei servizi fra imprese (business to business — B2B) e di servizi fra imprese e consumatori finali (business to consumer — B2C).

2.   Antecedenti e contesto della proposta

2.1

Fin dalle prime due direttive CEE, dell'11 aprile 1967, la Comunità europea si era posta l'obiettivo di eliminare le barriere fiscali fra gli Stati membri. A tal fine era necessario disporre di un luogo di imposizione fiscale unico. In base al principio del paese d'origine sarebbero state assoggettate ad IVA nello Stato di stabilimento di un dato operatore economico tutte le attività imponibili da esso condotte nell'ambito della Comunità europea. Quindi, secondo questo principio, i beni consegnati per esempio da un operatore stabilito in Francia in un altro Stato membro sarebbero stati assoggettati ad IVA in Francia in base alla pertinente aliquota prevista dalla normativa francese. Ciò sarebbe valso anche per i servizi.

2.2

Tuttavia, per evitare distorsioni della concorrenza, il principio del paese di origine avrebbe richiesto l'allineamento delle aliquote IVA applicate nei singoli Stati membri. Ma soprattutto sarebbe stato necessario un meccanismo interno di compensazione, dato che il gettito derivante dall'IVA contribuisce in misura notevole al gettito fiscale complessivo degli Stati membri e al finanziamento dell'Unione europea.

2.3

Per questi motivi, l'Unione europea ha deciso di non applicare il principio del paese di origine, per lo meno per un lungo periodo transitorio.

2.4

Tuttavia, la Commissione europea ha adottato una serie di misure volte a stimolare gli scambi intracomunitari, rimuovere gli ostacoli burocratici e ridurre o, ove possibile, eliminare completamente le distorsioni della concorrenza, in particolare quelle derivanti dalla diversità delle aliquote fiscali. Soprattutto il Consiglio ha contribuito in passato al mantenimento di tali diversità. Il CESE continua ad appoggiare la Commissione in tutti gli sforzi da essa profusi per adeguare i vari sistemi e agevolare così il completamento del mercato interno.

3.   Spirito e ratio della nuova disciplina

In linea di principio, il luogo di imposizione dell'IVA è quello in cui i servizi sono prestati. Dato che nell'Unione europea l'aliquota IVA ordinaria varia dal 15 % al 25 %, nei settori che la proposta modificata è volta a disciplinare si apre la strada a notevoli distorsioni della concorrenza tra le imprese comunitarie che sono soggetti passivi IVA, ma anche tra queste e le imprese stabilite in paesi terzi. Nella giurisprudenza della Corte di giustizia si registra una tendenza sempre più marcata a vietare le distorsioni della concorrenza provocate da una diversa disciplina delle imposte sul volume di affari, e ciò vale anche per la concorrenza tra imprese assoggettate ad IVA e operatori del settore pubblico. Per esempio, nella sentenza del 13 ottobre 2005, causa C-200/04, Finanzamt Heidelberg/iSt internationale Sprach- und Studienreisen GmbH, la Corte ha statuito che, nel caso in questione, ogni condizione supplementare per l'applicazione dell'articolo 26 della Sesta direttiva CE sarebbe suscettibile di operare una distinzione inammissibile tra gli operatori economici interessati, determinando così incontestabilmente una distorsione della concorrenza tra gli operatori, che comprometterebbe l'uniformità dell'applicazione di detta direttiva.

4.   Proposta modificata di direttiva del Consiglio del 20 luglio 2005

4.1   Osservazione generale

Una delle misure summenzionate è costituita dalla proposta modificata, del 20 luglio 2005, di direttiva del Consiglio (COM(2005) 334 def.), che fa seguito alla proposta di direttiva del Consiglio, del 23 dicembre 2003, che modifica la direttiva 77/388/CEE per quanto riguarda il luogo delle prestazioni di servizi (COM(2003) 822 def. — 2003/0329 (CNS)).

Il 28 aprile 2004 il Comitato economico e sociale europeo ha adottato un parere in merito alla proposta di direttiva del 2003. In quel parere il CESE sottolineava che le nuove norme erano ben lontane dal conseguire l'obiettivo della semplificazione generalmente perseguito dalla Commissione e manifestava l'opinione che si dovessero eliminare, nei limiti del possibile, il margine di discrezionalità degli Stati membri nell'interpretazione delle norme e il margine di autonomia decisionale delle amministrazioni fiscali. Soprattutto, il Comitato ritiene ancor oggi, alla luce delle difficoltà già allora riscontrate nel suo funzionamento, che il VIES (sistema di scambio di informazioni sull'IVA) sia un sistema di controllo insoddisfacente.

4.2   Documento di consultazione

Nel periodo tra le due proposte sono state condotte numerose consultazioni sul tema delle regole in materia di luogo di prestazione dei servizi. In generale, da tali consultazioni è emerso che le disposizioni vigenti in materia dovrebbero essere rivedute, perché ritenute problematiche. Nel contempo si è generalmente riconosciuto che ogni modifica in questo campo deve, da un lato, soddisfare le esigenze di controllo da parte delle autorità fiscali e quelle relative agli obblighi fiscali degli operatori economici ma, dall'altro, anche tener conto del principio secondo cui l'imposizione dell'IVA dovrebbe avvenire nello Stato in cui si fruisce del servizio. Al riguardo le parti consultate hanno sottolineato costantemente la necessità di adottare delle regole che, oltre ad essere di facile applicazione e a non comportare eccessivi oneri finanziari, non intralcino gli scambi intracomunitari.

4.3   Regole generali previste dalla proposta modificata

4.3.1

Occorre distinguere nettamente tra le prestazioni di servizi effettuate da un'impresa a un'altra (dove sia il prestatore che il destinatario sono soggetti passivi d'imposta (1)) e quelle effettuate da un'impresa a una persona che non è soggetto passivo (2). La proposta in esame prevede infatti un trattamento rigorosamente distinto per ciascuna di queste due fattispecie.

4.3.2

Se il servizio è reso a un soggetto passivo dell'imposta, la regola generale per la determinazione del luogo della prestazione dovrebbe essere che tale luogo è quello dove è stabilito il destinatario del servizio e non quello in cui il prestatore ha fissato la sede della sua attività economica.

4.3.3

Nella proposta in esame la Commissione propone di mantenere la regola generale secondo cui, se un servizio è reso a una persona non soggetto passivo, l'imposizione dell'IVA avviene nel luogo di stabilimento del prestatore del servizio. Tale decisione è dettata dalla considerazione che, se i servizi resi alle persone che non sono soggetti passivi dell'IVA venissero tassati in uno Stato diverso da quello di stabilimento del prestatore di tali servizi, quest'ultimo sarebbe gravato da oneri amministrativi eccessivi, come l'obbligo di iscriversi al registro dell'IVA nello Stato membro di imposizione.

4.3.4

Fintanto che non esiste un meccanismo che consenta di riscuotere l'IVA nello Stato membro di fruizione del servizio senza che ciò comporti inutili complicazioni amministrative, non è realistico tassare nel luogo di fruizione tutte le prestazioni di servizi resi a persone non soggetti passivi.

4.3.5

Tuttavia, si è reso necessario prevedere alcune eccezioni alla suddetta regola generale.

5.   Contenuto della proposta di direttiva — Le novità previste

5.1   Eccezioni alla regola generale

Nell'UE le proposte di modifica della normativa riguardante il luogo di imposizione delle prestazioni di servizi sono state sostenute da molti degli interessati. Tuttavia, si sono levate anche diverse voci a favore del mantenimento del principio del paese di origine e delle disposizioni generali oggi in vigore.

5.2   La nuova disciplina in dettaglio

Le osservazioni che seguono sintetizzano soltanto le modifiche che la proposta di direttiva mira ad introdurre:

5.2.1   Articolo 6 — Prestazioni di servizi

Si propone di inserire un sesto paragrafo, secondo il quale, ai fini della direttiva, i servizi resi tra le varie sedi (stabili organizzazioni) di una medesima persona giuridica non sono considerati prestazioni di servizi.

5.2.2   Articolo 9 quinquies — Prestazioni di servizi specifici a soggetti passivi

Viene inserito un nuovo paragrafo 2, secondo cui, quando i servizi di ristorazione e la fornitura di pasti preparati (catering) vengono resi a soggetti passivi a bordo di navi, aerei o treni durante un servizio di trasporto di passeggeri, si considera luogo della prestazione il luogo di partenza del servizio di trasporto.

Si è dunque tenuto conto della richiesta di maggiore chiarezza espressa anche dal CESE.

Il paragrafo 3 è stato modificato in modo tale da precisare che, per «noleggio o locazione a lungo termine», si intende un accordo, disciplinato da un contratto, che prevede il possesso o l'utilizzo continui del bene mobile materiale per un periodo superiore a 30 giorni. Questa norma dovrebbe servire a evitare a priori controversie, ad esempio nel caso di noleggio per uso immediato di autoveicoli da parte di soggetti passivi.

5.2.3   Articolo 9 septies — Prestazioni di servizi specifici a persone non soggetti passivi

Nel paragrafo 1, lettera c), è stato aggiunto un inciso che esclude dai servizi ivi elencati quelli di insegnamento a distanza (cioè impartito senza la presenza fisica del prestatore) di cui all'articolo 9 octies, paragrafo 1, lettera d), che formano oggetto di una disposizione specifica.

Nel paragrafo 1, lettera d), sono stati aggiunti i servizi di ristorazione e di catering, per far sì che vengano tassati nel luogo in cui le relative prestazioni sono materialmente eseguite.

Il paragrafo 2 prevede che si consideri luogo della prestazione dei servizi di ristorazione e di catering resi a bordo di navi, aerei o treni durante un servizio di trasporto passeggeri il luogo di partenza di quest'ultimo servizio. Questa modifica tiene conto di una proposta formulata in tal senso durante la fase di consultazione.

Nel caso di «noleggio o locazione a lungo termine» (ossia per un periodo superiore a 30 giorni) di mezzi di trasporto a persone che non sono soggetti passivi, si considera luogo della prestazione quello in cui il destinatario è stabilito oppure ha il suo domicilio o la sua residenza abituale.

Nel caso di noleggio o locazione a breve termine (ad esempio, il noleggio di un autoveicolo per pochi giorni), si considera luogo della prestazione quello in cui il mezzo di trasporto viene effettivamente messo a disposizione del destinatario del servizio. Anche questa disposizione ha incontrato il favore della maggioranza di coloro che si sono espressi nel corso della fase di consultazione.

5.2.4   Articolo 9 octies — Servizi che possono essere prestati a distanza a persone che non sono soggetti passivi

Questo articolo è stato modificato radicalmente. I servizi elencati nel primo paragrafo dell'articolo si considerano prestati nel luogo in cui il destinatario è stabilito oppure ha il suo domicilio o la sua residenza abituale.

Durante la fase di consultazione questa norma ha incontrato perlopiù una forte opposizione, ritenendosi che l'osservanza degli obblighi in materia di IVA avrebbe comportato oneri amministrativi sproporzionati. Per questo motivo, si è visto nell'introduzione del meccanismo dello sportello unico un presupposto indispensabile per l'applicazione della norma in questione.

Il CESE chiede che si definiscano ancor più chiaramente i servizi rientranti nell'ambito di applicazione di questo articolo.

5.2.5   Articolo 9 nonies — Servizi resi da intermediari a persone non soggetti passivi

Questa modifica chiarisce che si considera luogo di prestazione di tali servizi quello in cui viene effettuata la transazione principale ai sensi delle disposizioni degli articoli da 9 bis a 9 octies e 9 undecies.

5.2.6   Articolo 9 decies — Servizi resi a persone non soggetti passivi al di fuori della Comunità europea

Le modifiche apportate a questo articolo sono la conseguenza di quelle apportate all'articolo 9 octies, cui si è già accennato.

5.2.7   Articolo 9 undecies — Misure volte ad evitare i casi di doppia imposizione

Restano invariate le disposizioni volte a stabilire il luogo della prestazione dei servizi di e-commerce, telecomunicazioni, radiodiffusione e televisione resi da un prestatore stabilito al di fuori dell'UE. Continuerà pertanto ad essere determinante lo Stato membro di stabilimento della persona (non soggetto passivo) destinataria del servizio o dello Stato membro in cui il servizio è materialmente utilizzato.

Poiché le relative disposizioni sono ormai contenute negli articoli 9 octies e 9 nonies, le lettere h), j) e l) del precedente articolo 9 decies vengono espunte.

5.2.8   Articolo 22, paragrafo 6, lettera b), nella versione indicata all'articolo 28 nonies della direttiva 77/388/CEE — Estensione dell'ambito di applicazione dell'elenco riepilogativo

Si propone di modificare il testo di questo articolo in modo da estendere a determinate transazioni l'ambito di applicazione dell'elenco riepilogativo depositato da ogni soggetto passivo identificato ai fini IVA. Infatti, tale elenco dovrebbe contenere dati sugli acquirenti identificati ai fini IVA cui detto soggetto passivo ha ceduto dei beni, sui destinatari identificati ai fini IVA delle operazioni di cui al quinto comma, nonché sui destinatari soggetti passivi cui egli ha prestato servizi ai sensi dell'articolo 9, paragrafo 1.

5.2.9   Modifiche di carattere tecnico

Le altre modifiche proposte sono essenzialmente di carattere tecnico; in proposito, rinviamo al punto 2.12 dell'illustrazione dettagliata della proposta.

6.   Proposte e osservazioni del Comitato

6.1   Luogo di prestazione dei servizi resi a soggetti passivi

6.1.1

Il Comitato accoglie con favore la proposta di estendere il campo di applicazione del meccanismo di inversione contabile (reverse charge) al livello delle imprese e quindi agli scambi di servizi tra soggetti passivi d'imposta.

6.1.2

Tale proposta presuppone tuttavia che il meccanismo di inversione contabile possa essere applicato dalle persone interessate senza alcun problema. Potrebbero insorgere difficoltà nel caso in cui il prestatore del servizio possa demandare al destinatario la valutazione della transazione e di altri aspetti relativi all'IVA, come il luogo della prestazione, gli obblighi fiscali, le aliquote d'imposta o una possibile esenzione dall'imposta, senza che quest'ultimo abbia la possibilità di verificare l'attendibilità di tali informazioni.

6.1.3

Le imprese non dovrebbero essere gravate da ulteriori, onerosi obblighi di registrazione e dichiarazione. All'interno dell'Unione europea ogni impresa deve poter determinare in modo sicuro se un'impresa/soggetto passivo, stabilita in un altro Stato membro, destinataria di un servizio è tenuta ad applicare il meccanismo di inversione contabile a una determinata transazione. Un'eccessiva responsabilizzazione dell'impresa prestatrice dei servizi nel caso in cui l'inversione contabile non sia poi andata a buon fine comprometterebbe l'intero sistema del reverse charge e ne provocherebbe il rifiuto da parte degli ambienti interessati.

6.2   Servizi resi a persone non soggetti passivi

6.2.1

Se i servizi sono resi da un soggetto passivo a una persona che non lo è, l'applicazione del meccanismo di inversione contabile è esclusa a priori. Ciò significa che, nel caso in cui l'imposizione avvenga nel luogo di fruizione del servizio, un'impresa stabilita in un altro Stato membro dovrebbe iscriversi nel registro dell'IVA del paese in cui il servizio viene prestato ed osservare la pertinente normativa di quest'ultimo Stato. In una situazione siffatta, per ridurre al minimo gli oneri amministrativi e quindi anche gli ostacoli agli scambi intracomunitari, bisogna prevedere norme la cui applicazione non richieda adempimenti burocratici.

6.2.2

Un obbligo di iscrizione nel registro dell'IVA comporterebbe notevoli oneri amministrativi supplementari e costi aggiuntivi e, nei casi dubbi, susciterebbe una riluttanza a prestare il servizio da parte dell'impresa soggetto passivo d'imposta. Lungi dall'aprire il mercato interno e dal creare condizioni uniformi di concorrenza per le imprese in tutti gli Stati membri, ciò porrebbe le imprese comunitarie stabilite in un altro paese dell'Unione in notevole svantaggio rispetto a quelle nazionali. Così facendo, non si andrebbe certo nella direzione auspicata dell'eliminazione degli ostacoli agli scambi. Pertanto, quella di estendere l'imposizione nel luogo di utilizzo del servizio alle persone che non sono soggetti passivi è un'ipotesi realizzabile solo se il sistema dello «sportello unico» che si propone di introdurre funziona in modo rapido e ineccepibile. Solo in tal caso le imprese potrebbero prestare servizi imponibili, magari anche in tutti e 25 gli Stati membri, in assenza di un meccanismo di inversione contabile. In caso contrario, vi è il rischio di ottenere l'effetto opposto a quello voluto, ossia l'esclusione delle piccole e medie imprese dal mercato interno.

7.   La procedura di rimborso dell'IVA a monte

7.1

Ciò vale anche per la semplificazione degli obblighi fiscali nell'ambito dalla procedura di rimborso dell'IVA a monte. Come è noto, tale procedura comporta dei problemi in particolare nei casi in cui le somme in questione siano relativamente modeste e le imprese debbano decidere se «valga la pena» presentare richiesta di rimborso all'amministrazione tributaria straniera, o se non risulti più conveniente rinunciare fin dall'inizio al proprio diritto al rimborso. Tuttavia, ciò contraddice di fatto il principio, sotteso alla Sesta direttiva IVA, della detraibilità dell'IVA a monte.

Al riguardo il Comitato ritiene che, in alcuni Stati membri, gli sforzi di riscuotere l'IVA in maniera completa e uniforme debbano essere ancora notevolmente migliorati.

7.2

Per questo motivo occorre far sì che le proposte della Commissione concernenti l'introduzione del sistema dello «sportello unico» vengano tradotte in pratica e che ne venga verificata l'efficacia.

Bruxelles, 17 maggio 2006

La Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Anne-Marie SIGMUND


(1)  Qui e in seguito per «soggetto passivo d'imposta» si intende un'impresa i cui servizi sono soggetti ad IVA e che di regola può detrarre l'IVA pagata sugli acquisti dal debito lordo IVA.

(2)  Qui e in seguito per «persona non soggetto passivo d'imposta» si intende un soggetto non imprenditore (di solito una persona fisica/utente finale) che non è tenuto a presentare una dichiarazione IVA.


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