10.3.2017   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 75/75


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulle condizioni di ingresso e soggiorno dei cittadini di paesi terzi che intendano svolgere lavori altamente specializzati»

[COM(2016) 378 final — 2016/0176 (COD)]

(2017/C 075/14)

Relatore:

Peter CLEVER

Consultazione

Parlamento europeo, 4 luglio 2016

Base giuridica

Articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Consultazione

Consiglio dell’Unione europea, 20 luglio 2016

Base giuridica

Articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

 

 

Sezione competente

Occupazione, affari sociali, cittadinanza

Adozione in sezione

22 novembre 2016

Adozione in sessione plenaria

14 dicembre 2016

Sessione plenaria n.

521

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

195/0/7

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Considerata l’evoluzione demografica in atto, l’UE, se vuol garantirsi crescita e prosperità, deve fare affidamento anche sull’immigrazione di manodopera altamente qualificata. E a tal fine l’attivazione del potenziale dei mercati del lavoro nazionali — per quanto di indubbia importanza nella politica nazionale — non è sufficiente: piuttosto, è necessaria una strategia europea comune per attrarre tale manodopera, dato che nella competizione mondiale per la forza lavoro l’Europa nel suo insieme può posizionarsi meglio dei suoi singoli Stati membri.

1.2.

Tale strategia comune per attrarre manodopera da paesi terzi dovrebbe avere carattere globale e riguardare tutti gli ambiti pertinenti, dai primi contatti con la forza lavoro interessata ad emigrare fino al trattamento relativo ai diritti pensionistici. E in essa dovrebbero essere presi in considerazione anche gli immigrati che compiono prima una parte dei loro studi universitari nel paese di destinazione. Si deve altresì tener conto degli effetti della migrazione di manodopera nei paesi di origine degli immigrati, paesi che devono essere sostenuti nell’ulteriore sviluppo dei loro sistemi di istruzione.

1.3.

È inoltre importante raggiungere il più ampio consenso possibile in modo che anche gli Stati membri si impegnino a favore di tale strategia e attuino in maniera coerente le misure adottate a livello UE. A tal riguardo occorre prestare attenzione a coinvolgere pienamente le parti sociali nazionali ed europee. Quando si impiegano cittadini di paesi terzi vanno garantite le pari opportunità e la non discriminazione.

1.4.

Un campo d’azione di importanza fondamentale per una politica coerente in materia di immigrazione di manodopera è la politica di ammissione. Qui norme comuni possono sì agevolare l’accesso dei cittadini di paesi terzi ai mercati del lavoro europei, ma rappresentano al tempo stesso anche un’ingerenza nella sovranità nazionale, ragion per cui, a tal proposito, si tratta fondamentalmente di soppesare i vantaggi e gli svantaggi di una maggiore armonizzazione. E un’armonizzazione completa della politica di ammissione non sembra, allo stato attuale, né utile né necessaria.

1.5.

La proposta di revisione della Carta blu presentata dalla Commissione attualmente si spinge troppo in là, in quanto priva gli Stati membri della possibilità di mantenere delle vie d’accesso proprie, adeguate alle loro esigenze specifiche, per le persone altamente qualificate. Tuttavia, è giusto adoperarsi affinché, in futuro, gli Stati membri dell’UE facciano un maggiore ricorso alla Carta blu per ammettere i lavoratori altamente qualificati provenienti dai paesi terzi. Analogamente alla Green Card per gli Stati Uniti, la Carta blu potrebbe così rappresentare un vero e proprio marchio per promuovere l’UE in quanto regione di destinazione di un’immigrazione altamente qualificata.

1.6.

Nel suo insieme, la proposta della Commissione per la revisione della Carta blu va valutata positivamente, in quanto rende questo strumento di accesso all’UE più attraente e in particolare rende notevolmente più facile per chi ne è titolare muoversi all’interno dell’UE. In tale contesto, va accolto decisamente con favore il fatto che vengano offerte migliori possibilità di soggiornare per motivi professionali in altri Stati membri dell’UE.

1.7.

Anche le misure volte a facilitare il rilascio della Carta blu rappresentano un passo nella giusta direzione. Tuttavia, l’abbassamento delle soglie retributive solleva alcune riserve, e viene respinta l’applicazione di un valore inferiore al reddito medio per i lavoratori altamente qualificati.

1.8.

Considerazioni analoghe valgono per la possibilità, facoltativa, di sostituire il titolo di istruzione superiore con un’esperienza professionale equivalente. Nella fattispecie, si dovrebbe considerare l’opportunità di ridurre da cinque a tre anni la durata dell’esperienza professionale equivalente richiesta e sarebbe utile che si fornissero almeno delle indicazioni sui criteri in base ai quali tale esperienza deve essere valutata.

2.   Contesto — Importanza dell’immigrazione di manodopera altamente qualificata per l’Unione europea e necessità di una strategia europea per attirare tale manodopera

2.1.

La politica migratoria si prefigge diversi obiettivi. Uno è quello di stabilizzare la base di manodopera nei paesi fortemente colpiti dall’evoluzione demografica. Un altro è l’assunzione della responsabilità sociale nel mondo, ad esempio dando accoglienza ai profughi. Considerata la pluridimensionalità dell’argomento, il presente parere si concentra sull’immigrazione di lavoratori altamente qualificati provenienti da paesi terzi.

2.2.

Senza l’immigrazione dai paesi terzi, nell’UE l’evoluzione demografica si tradurrà, nei prossimi due decenni, in un forte calo della popolazione in età lavorativa, mentre crescerà notevolmente il numero delle persone anziane. Un’evoluzione di questo tipo comporta una pressione notevole sui bilanci pubblici, visto che al ridursi del numero dei contribuenti (netti) si accompagna l’aumento di quello dei beneficiari (netti) delle prestazioni sociali; essa, inoltre, può determinare strozzature sul mercato del lavoro.

2.3.

Per tenere sotto controllo le conseguenze negative dei cambiamenti demografici, si deve in primo luogo accrescere il potenziale di manodopera esistente negli Stati membri dell’UE. A tal fine si dovranno compiere notevoli sforzi per dotare, in particolare, le persone appartenenti a categorie socialmente svantaggiate delle qualifiche necessarie per il mercato del lavoro, mentre anche la mobilità interna all’Unione europea potrà contribuire, a medio termine, a stabilizzare la base di manodopera nei paesi particolarmente colpiti da questa evoluzione demografica. Tale mobilità all’interno dell’Europa non viene ancora utilizzata nella misura in cui sarebbe possibile giuridicamente e di fatto. Tuttavia, neanche queste due linee parallele d’intervento saranno sufficienti, ragion per cui ad esse deve aggiungersi una strategia mirata e a lungo termine che favorisca l’immigrazione legale di manodopera qualificata dai paesi terzi.

2.4.

Attualmente, nell’UE la situazione del mercato del lavoro si presenta molto diversa da uno Stato membro all’altro. Infatti, mentre in alcuni paesi vi è penuria di manodopera qualificata, in altri si registra un elevato livello di disoccupazione. Di conseguenza, la domanda di manodopera immigrata e le opportunità di integrazione per gli immigrati provenienti da paesi terzi sono anch’esse fondamentalmente diverse da un paese all’altro. Anche le strategie in materia di immigrazione, quindi, devono essere configurate in maniera diversa in funzione dei singoli Stati membri.

2.5.

Al tempo stesso, però, è necessaria una maggiore cooperazione nell’incitare le persone altamente qualificate a venire a lavorare in Europa. A differenza di quelle poco qualificate, infatti, tali persone hanno anche la possibilità di emigrare in altri paesi, e in particolare in quelli anglosassoni, i quali a loro volta le incoraggiano a trasferirvisi, per cui l’Europa viene a trovarsi in competizione con questi paesi. Così, soltanto il 31 % dei lavoratori altamente qualificati che migrano in un paese dell’OCSE da paesi terzi opta per uno Stato membro dell’UE. Un ostacolo fondamentale all’immigrazione di lavoratori altamente qualificati nell’UE è la loro scarsa conoscenza delle lingue dei singoli Stati membri. Un altro è che soprattutto i piccoli Stati membri sono spesso quasi sconosciuti al di fuori dell’Europa e sono quindi erroneamente percepiti come meno interessanti.

2.6.

In un contesto siffatto, l’UE svolge un ruolo importante nel raggruppare, e quindi rendere più efficaci, le attività degli Stati membri volte ad attrarre manodopera altamente qualificata proveniente da paesi terzi. Inoltre, il fatto che gli Stati membri si presentino collettivamente come un tutt’uno — ossia, appunto, come Unione europea — offre notevoli vantaggi in un contesto di concorrenza internazionale per la manodopera qualificata proveniente da paesi terzi. Per rendere l’UE una destinazione più attrattiva per i migranti altamente qualificati provenienti da paesi terzi, è necessaria una strategia europea mirata che punti ad attirare tale manodopera, dato che soltanto così l’UE potrà mantenere e migliorare la sua posizione nella competizione mondiale per la manodopera altamente qualificata.

2.7.

Il successo di una strategia europea per attrarre manodopera qualificata, tuttavia, dipenderà in gran parte dalla misura in cui essa terrà conto delle specificità nazionali e gli Stati membri dell’UE si riconosceranno in essa facendola propria. In linea di principio, quindi, bisognerà adoperarsi per ottenere il più ampio consenso possibile nei confronti delle misure di tale strategia, anche per quanto concerne il necessario quadro giuridico in materia di migrazione di manodopera qualificata.

3.   Componenti di una strategia europea per attrarre manodopera qualificata

3.1.

Nel quadro di una strategia comune per favorire l’immigrazione legale di manodopera altamente qualificata, le misure destinate ai lavoratori qualificati provenienti da paesi terzi ed al loro collocamento dovrebbero essere elaborate a livello europeo. Al riguardo, una misura molto promettente sembra essere la creazione di una banca dati europea dei talenti, dove, come già avviene in EURES, i lavoratori qualificati provenienti da paesi terzi interessati a lavorare nell’UE possano iscriversi, indicando le rispettive qualifiche, e contattare direttamente i datori di lavoro. Ulteriori componenti di una strategia europea per attirare manodopera dovrebbero essere la messa a disposizione di informazioni sull’Unione europea, sulle norme in materia di immigrazione vigenti nei diversi Stati membri e sulla situazione del mercato del lavoro in questi ultimi, cui dovrebbero aggiungersi un quadro adeguato per la mobilità all’interno dell’UE della manodopera proveniente da paesi terzi, una procedura coordinata di riconoscimento delle qualifiche acquisite in paesi terzi e l’affermazione di una cultura europea dell’accoglienza che consenta di superare l’ostilità della popolazione locale nei confronti degli immigrati. Tale quadro dovrebbe essere elaborato con il coinvolgimento delle parti sociali nazionali ed europee.

3.2.

Per far ciò, una strategia volta a promuovere l’immigrazione legale di persone altamente qualificate provenienti da paesi terzi non dovrebbe rivolgersi soltanto a coloro che, quando arrivano nell’UE, hanno già completato la loro formazione, ma anche a coloro che per prima cosa compiono qui i loro studi o una parte di essi. In quest’ottica, vanno salutate con grande favore le misure, dettate dalla nuova direttiva dell’UE sui soggiorni per motivi di studio e di ricerca [direttiva (UE) 2016/801], volte a rendere più agevole per gli studenti lavorare per mantenersi agli studi e a rendere possibile, dopo il completamento degli studi, rimanere nel paese almeno nove mesi per cercare un impiego. Tali misure devono essere integrate da un’offerta mirata di informazioni e consulenza alle università, che consenta loro di informare gli studenti provenienti dai paesi terzi riguardo alle loro prospettive di inserimento nel mercato del lavoro dell’UE.

3.3.

I cittadini di paesi terzi legalmente ammessi nell’UE non devono essere oggetto di discriminazione: devono essere, in particolare, remunerati come i cittadini autoctoni secondo i livelli retributivi locali e devono godere delle medesime condizioni di lavoro.

3.4.

Nel rivolgersi alla manodopera già qualificata proveniente da paesi terzi occorre procedere con molta cautela, in quanto anche in molti di tali paesi esiste una penuria di questa manodopera. Si deve evitare che da quei paesi si verifichi una «fuga di cervelli», mentre invece un’immigrazione temporanea di lavoratori qualificati nell’ambito di una «circolazione dei cervelli» contribuisce allo sviluppo economico di tali paesi. In questo caso, occorre garantire che il rientro temporaneo nel paese di origine non determini automaticamente l’estinzione del permesso di lavoro ottenuto in uno Stato membro dell’UE. In ogni caso, una strategia mirata per attirare manodopera qualificata dai paesi meno sviluppati dovrebbe essere accompagnata da misure di politica dello sviluppo che aiutino i paesi di origine, in particolare, a sviluppare ulteriormente i loro sistemi di istruzione. Tale politica deve essere orientata all’interesse dei paesi di origine e non può essere volta ad aumentare le possibilità di ulteriore assunzione di professionisti qualificati provenienti da questi paesi.

3.5.

Per contenere l’immigrazione irregolare, l’UE prevede di stipulare nuovi partenariati specifici in materia di migrazione con importanti paesi di origine e di transito. Tali partenariati dovrebbero inoltre essere utilizzati per promuovere la migrazione legale; una possibilità — questa — che, nell’ambito dei partenariati in materia di migrazione, finora non è quasi mai stata sfruttata. A tal fine si possono concordare misure mirate per far sì che i cittadini dei paesi partner acquisiscano o accrescano le loro qualifiche professionali in quei paesi e possano venire più facilmente a lavorare in Europa (eventualmente fissando delle quote). In questo modo è anche possibile contrastare la migrazione irregolare, offrendo a molti di coloro che sono interessati a lavorare nell’UE un’alternativa legale, il che presuppone di norma ulteriori investimenti nella formazione, con un possibile impatto positivo sul livello di istruzione nel paese di origine dei migranti.

4.   Necessità e limiti di una politica di ammissione uniforme

4.1.

Una componente importante della politica volta ad attrarre manodopera qualificata è costituita dalla politica di ammissione. Quest’ultima non soltanto regola l’accesso dei cittadini di paesi terzi al mercato del lavoro dello Stato membro interessato, ma stabilisce anche la misura in cui essi possono circolare all’interno dell’UE e se nel far ciò essi possono essere accompagnati, o farsi raggiungere, dai loro familiari. Anche questi aspetti rivestono grande importanza ai fini dell’attrattiva dell’UE agli occhi dei lavoratori qualificati provenienti da paesi terzi.

4.2.

L’adozione di una regolamentazione uniforme, applicabile in tutta l’UE, in materia di concessione dei permessi di soggiorno rappresenta sempre una grave violazione della sovranità nazionale. Una violazione che è tanto più grave quanto maggiore è l’armonizzazione dei regimi nazionali in materia di diritto di soggiorno e quanto minore è il margine di discrezionalità che in tal modo viene lasciato agli Stati membri. In linea di massima, quindi, la decisione sui criteri di ammissione uniformi deve essere preceduta da una ponderazione approfondita dei benefici che apporterebbe una normativa valida in tutta l’UE a fronte della diversità dei bisogni e degli interessi dei singoli Stati membri.

4.3.

Il fabbisogno di manodopera proveniente da paesi terzi presenta variazioni molto marcate tra uno Stato membro e l’altro dell’UE. L’articolo 79 del TFUE, quindi, consente giustamente al livello di Unione di sviluppare una politica comune in materia di immigrazione senza però sopprimere il diritto di ogni Stato membro di stabilire una sua politica nazionale in materia di ammissione. Ciò in quanto i criteri nazionali per l’ammissione di manodopera immigrata da paesi terzi generalmente corrispondono meglio alle specificità dei mercati del lavoro nazionali. Anche le analisi del mercato del lavoro possono essere importanti per la gestione dell’immigrazione di manodopera, e dovrebbero continuare ad essere lasciate alla discrezione degli Stati membri.

4.4.

Quanto si è detto, tuttavia, non toglie che sia necessario e urgente adottare un quadro comune, considerato che, per effetto del mercato interno europeo, le economie degli Stati membri dell’UE sono assai strettamente interconnesse. Molte imprese, infatti, hanno siti di produzione in più paesi dell’Unione europea e commercializzano i loro beni e servizi in tutta l’UE, per cui devono spesso distaccare per brevi periodi in Stati membri diversi anche collaboratori dotati di particolari qualifiche provenienti da paesi terzi. Se tali distacchi non rientrano nel campo di applicazione della direttiva sui trasferimenti intrasocietari (la cosiddetta direttiva ICT) e il relativo titolo di soggiorno non conferisce il diritto di lavorare in un altro paese dell’UE, tale esigenza rende difficile impiegare cittadini di paesi terzi. Problemi analoghi sorgono anche per gli immigrati che avviano un’attività in proprio in un paese dell’UE e con la loro impresa vogliono o devono operare in più Stati membri. Questo bisogno di mobilità per i cittadini altamente qualificati di paesi terzi deve assolutamente essere preso in considerazione.

5.   Le esperienze acquisite con la Carta blu UE e la necessità di una riforma

5.1.

Insieme con altri strumenti, la Carta blu UE è una componente importante di una strategia comune per attirare manodopera altamente qualificata. Essa offre enormi potenzialità ai fini dell’attrazione di lavoratori qualificati provenienti da paesi terzi, perché — analogamente alla Green Card per gli Stati Uniti — può rappresentare uno strumento di marketing per promuovere l’UE in quanto regione di immigrazione. Inoltre, dal momento che in tutti gli Stati membri la Carta blu risponde, quanto meno nella struttura, ai medesimi criteri, essa consente alle persone altamente qualificate interessate ad espatriare di valutare più facilmente le proprie opportunità di accesso ai mercati del lavoro europei, cosicché essa può anche servire a promuovere l’immigrazione nell’UE.

5.2.

Tuttavia, la Carta blu non riscuote lo stesso successo in tutti gli Stati membri. Mentre, ad esempio, in un paese come la Germania essa costituisce un elemento importante della strategia volta ad attrarre manodopera qualificata, in altri paesi dell’UE essa è poco o per nulla utilizzata, e in sostanza si continua ad applicare il sistema del permesso di soggiorno nazionale. Nel 2015, circa 14 600 delle 16 800 Carte blu rilasciate per la prima volta sono state emesse in Germania, ossia quasi il 90 % del totale; in nessun altro paese dell’UE sono state rilasciate in un numero superiore a 1 000. In diversi Stati membri ne sono addirittura state concesse meno di 20, e tra questi vi sono anche paesi nei quali la situazione del mercato del lavoro è relativamente buona, come i Paesi Bassi e la Svezia.

5.3.

Molti Stati membri, dunque, non adoperano la Carta blu UE come uno strumento strategico per attrarre manodopera altamente qualificata proveniente da paesi terzi, con la conseguenza che la Carta blu, nel complesso, non viene vista dai lavoratori interessati a espatriare da paesi terzi come un «marchio» della politica migratoria comune dell’UE, per cui essa non può sviluppare tutto il suo potenziale. È in tale contesto che la Commissione europea ha elaborato una proposta di riforma della Carta blu UE.

5.4.

Nel complesso, la proposta di nuova regolamentazione della Carta blu presentata dalla Commissione merita di essere valutata positivamente, in quanto si pone l’obiettivo di affrontare le importanti questioni dell’interazione della Carta con altri permessi di soggiorno nazionali, della mobilità della manodopera qualificata proveniente da paesi terzi all’interno dell’UE e della semplificazione dei criteri per il rilascio della Carta, offrendo delle soluzioni al riguardo. Tuttavia, la proposta in questione necessita di importanti correzioni.

5.5.

La proposta della Commissione prevede che alle persone altamente qualificate provenienti da paesi terzi che migrano nell’UE per lavorare non possa più essere rilasciato alcun titolo di soggiorno diverso dalla Carta blu. Una deroga è prevista soltanto per determinate categorie professionali, quali i lavoratori autonomi e gli scienziati. Questa rigidità, tuttavia, rende più difficile per gli Stati membri adeguare la loro politica migratoria al loro fabbisogno di manodopera qualificata e rispondere in maniera mirata a situazioni specifiche di penuria occupazionale. Il rigoroso divieto di consentire altre vie di accesso ai lavoratori dipendenti altamente qualificati è quindi inadatto allo scopo perseguito: gli Stati membri dovrebbero invece avere la possibilità di mantenere anche in futuro i propri sistemi nazionali.

5.6.

Ciò non toglie, tuttavia, che la Carta blu UE debba comunque essere ancorata più saldamente alle politiche di ammissione dei singoli Stati membri. A tal fine, nei considerando della direttiva si dovrebbe inserire un passaggio che inviti gli Stati membri, qualora il richiedente soddisfi i criteri previsti per la concessione della Carta blu, a rilasciare di preferenza quest’ultima anziché un permesso di soggiorno nazionale. Così facendo si eviterebbe di restringere i margini di manovra degli Stati membri in misura eccessiva, come avverrebbe invece se si vietasse il rilascio di altri permessi di soggiorno. Inoltre, va osservato che il successo della Carta blu UE non può essere garantito soltanto inserendo le opportune disposizioni nella pertinente direttiva europea, ma è necessario anche un chiaro impegno degli Stati membri dell’UE a favore di tale titolo di soggiorno europeo: la Carta blu potrà avere successo solo se gli Stati membri ne vedranno il valore aggiunto.

5.7.

Un abbassamento della soglia retributiva è utile, ma la proposta della Commissione si spinge troppo lontano

5.7.1.

La soglia retributiva finora vigente, pari ad almeno 1,5 volte — o, per le professioni in cui vi è penuria di manodopera, 1,2 volte — la retribuzione media annuale lorda, può, in alcuni Stati membri, costituire un ostacolo in particolare per coloro che entrano per la prima volta nel mercato del lavoro. Rivedere tale soglia al ribasso può quindi essere un passo opportuno, ma la misura è contestata dai sindacati. Secondo il CESE, è necessario garantire che la retribuzione delle persone altamente qualificate che si affacciano per la prima volta sul mercato del lavoro non possa essere inferiore a quella media. La soglia di 0,8 volte, di cui alla proposta della Commissione, è da considerare troppo bassa.

5.7.2.

Questa valutazione si fonda sulla constatazione che, ai fini del calcolo della retribuzione media annuale lorda, vengono presi in considerazione tutti gli occupati e sulla considerazione che di regola, anche all’inizio della loro carriera, i lavoratori altamente qualificati dovrebbero poter ottenere un salario superiore alla media se svolgono una professione corrispondente alle loro qualifiche. Se in uno Stato membro esistono carenze di manodopera qualificata, fissare soglie retributive così basse per il rilascio della Carta blu UE è senz’altro utile; ma, laddove il tasso di disoccupazione è alto anche tra i lavoratori qualificati, generalmente è opportuno fissare limiti più elevati. Inoltre, si dovrebbe evitare di dare l’impressione che la Carta blu UE possa essere utilizzata per attirare nell’UE manodopera «a buon mercato», ossia a basso costo. Ciò, infatti, potrebbe anche nuocere alla necessaria accettazione della nuova regolamentazione.

5.7.3.

Inoltre, è opportuno rilevare che anche la direttiva proposta è, come quella vigente, vaga e poco chiara quanto ai modi in cui il reddito medio da prendere in considerazione deve essere calcolato, il che può avere un forte impatto sulle soglie retributive che saranno infine adottate.

5.8.

Le proposte della Commissione volte a facilitare ulteriormente il rilascio della Carta blu vanno accolte con favore.

5.8.1.

La proposta della Commissione di ridurre da 12 a 6 mesi la durata minima del contratto di lavoro da presentare per ottenere la Carta blu costituisce infatti un passo nella direzione giusta, dato che permette ai datori di lavoro che non sono certi delle effettive capacità di un cittadino altamente qualificato di un paese terzo di stipulare più facilmente un contratto di lavoro, e quindi incoraggia l’immigrazione di tale manodopera.

5.8.2.

Il mantenimento della possibilità di presentare, in alternativa ad un titolo d’istruzione superiore, documenti che attestino un’esperienza professionale equivalente va anch’esso valutato positivamente, ma dovrebbe continuare ad essere facoltativo. Occorrerebbe inoltre considerare l’opportunità di ridurre da cinque a tre anni la durata dell’esperienza professionale equivalente richiesta. E al riguardo sarebbe opportuno anche fornire quantomeno delle indicazioni sui criteri ai quali attenersi per valutare tale esperienza, onde evitare divergenze di interpretazione troppo ampie da uno Stato membro all’altro.

5.8.3.

L’estensione della Carta blu ai cittadini di paesi terzi che beneficiano di uno status di protezione e rispondono ai requisiti di un’immigrazione qualificata è una misura utile, in quanto i profughi che possiedono buone qualifiche devono poter accedere più facilmente al mercato del lavoro.

5.9.

Le nuove norme sulla mobilità dei titolari della Carta blu all’interno dell’UE rappresentano un passo avanti importante.

5.9.1.

I lavoratori altamente qualificati dovrebbero, se necessario, anche poter essere distaccati per un breve periodo in altri Stati membri dell’UE. Le regole chiare proposte dalla Commissione in materia di mobilità professionale tra Stati membri dell’UE costituiscono quindi un passo importante nella direzione giusta, anche se la durata massima proposta per il distacco — 90 giorni su un periodo di 180 — dovrebbe essere ridiscussa con gli operatori del settore.

5.9.2.

La possibilità di richiedere una Carta blu in un altro Stato membro dell’UE dopo un anno senza essere assoggettati a un nuovo approfondito esame delle proprie qualifiche è un passo avanti verso una maggiore promozione della mobilità all’interno dell’UE.

6.   La politica di integrazione come componente importante della strategia europea volta ad attirare manodopera qualificata

6.1.

In un contesto di cambiamento demografico, per garantire all’UE una base di manodopera qualificata non basta incitare un numero sufficiente di lavoratori qualificati provenienti da paesi terzi a emigrare in Europa. Piuttosto, si devono offrire loro anche buone prospettive di integrazione affinché essi possano sfruttare appieno il loro potenziale sul mercato del lavoro europeo e decidere anche di rimanere in Europa a lungo termine. Pertanto il piano d’azione per l’integrazione presentato dalla Commissione va accolto con favore anche ai fini dell’immigrazione di manodopera.

6.2.

Qualsiasi forma di immigrazione auspicabile è anche espressione del rifiuto del razzismo e della xenofobia, il che è in linea con i valori dell’UE e rappresenta un principio guida per la politica e la società.

6.3.

Che il piano d’integrazione copra già il periodo precedente l’arrivo in Europa è un fatto molto positivo, in quanto alcuni presupposti importanti per il successo dell’integrazione si realizzano prima ancora dell’arrivo nel paese di destinazione; e ciò vale in particolare per l’apprendimento della lingua di tale paese. Migliorando le prospettive di carriera nell’UE, infatti, i corsi di lingua, come anche quelli di formazione orientati a una possibile migrazione verso l’UE, rendono quest’ultima più attrattiva anche come destinazione per i cittadini di paesi terzi che fruiscono di tale offerta formativa, e in tal modo possono anche contribuire direttamente ad attrarre persone qualificate provenienti da paesi terzi.

6.4.

Benché il piano d’integrazione comprenda alcune azioni specificamente rivolte alle persone altamente qualificate, come una più stretta cooperazione in materia di riconoscimento dei titoli d’istruzione acquisiti all’estero, esso si rivolge essenzialmente ad altre categorie di immigrati, bisognose di un maggiore sostegno. Ciò è senz’altro giusto; tuttavia, una strategia comune intesa ad attirare manodopera qualificata da paesi terzi dovrebbe abbracciare, oltre al piano d’integrazione già esistente, anche misure specificamente dirette all’integrazione delle persone altamente qualificate. A questo riguardo si rimanda alle raccomandazioni formulate dal Forum europeo sulla migrazione nell’aprile 2016.

Bruxelles, 14 dicembre 2016

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Georges DASSIS


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