6.4.2022   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 152/181


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere

[COM(2021) 564 final — 2021/0214 (COD)]

(2022/C 152/30)

Relatore:

Andrés BARCELÓ DELGADO

Correlatore:

John COMER

Consultazioni

Parlamento europeo, 13.9.2021

Consiglio, 21.9.2021

Base giuridica

Articoli 192, paragrafo 1, e 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Agricoltura, sviluppo rurale ed ambiente

Adozione in sezione

25.11.2021

Adozione in sessione plenaria

8.12.2021

Sessione plenaria n.

565

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astensioni)

179/3/7

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il CESE accoglie con favore la proposta della Commissione di istituire un meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere (Carbon Border Adjustment Mechanism — CBAM) con l’obiettivo di sensibilizzare in merito alle ambizioni dell’UE in materia di clima e di creare condizioni di parità all’interno del mercato unico.

1.2.

Il CESE chiede che la valutazione d’impatto sia estesa alle attività di esportazione dei settori compresi nell’ambito di applicazione del CBAM. L’UE deve continuare a perseguire le sue ambizioni in materia di clima ma, al tempo stesso, deve garantire all’industria europea condizioni di parità sulla scena mondiale, consentendole di competere nel mercato unico e di esportare verso i mercati internazionali.

1.3.

Il CESE incoraggia i legislatori dell’UE a studiare i modi di calibrare il regime delle esportazioni in maniera tale da consentire all’industria dell’UE di rimanere competitiva sui mercati internazionali. Il CESE raccomanda di effettuare una valutazione d’impatto per stabilire come interpretare o adattare le norme dell’OMC in modo tale da sostenere gli obiettivi e l’efficienza del CBAM e contribuire così ad evitare in tutto il mondo le emissioni industriali di CO2.

1.4.

Molte questioni di rilievo dovranno essere ulteriormente approfondite mediante atti delegati per l’attuazione. Pertanto, alla luce di questa e della precedente considerazione, è quasi impossibile prevedere già adesso quali saranno le conseguenze dell’attuazione per i singoli settori manifatturieri. I dubbi su vari elementi chiave della proposta di regolamento rendono difficile valutarla finché l’iter legislativo non sarà giunto ad una fase più avanzata. In ogni caso, è necessario evitare condizioni quadro incerte, specie per quanto concerne la valutazione della CO2 per le importazioni, in modo da non compromettere le misure proattive e preventive adottate dalle imprese europee per proteggere il clima.

1.5.

Il CESE chiede ai legislatori europei di destinare le entrate provenienti dal CBAM direttamente al sostegno della transizione industriale dei settori interessati. Alcuni settori economici che risentono di una concorrenza climatica sleale potrebbero, in considerazione dei loro sforzi, aver bisogno di un sostegno supplementare, in quanto rischierebbero di diventare meno competitivi rispetto a quelli in cui il costo dell’impronta climatica/ambientale non viene internalizzato.

1.6.

Il CESE invita l’Unione europea ad aiutare i paesi meno sviluppati a migliorare le loro capacità tecnologiche, in modo tale da evitare rischi di elusione del CBAM.

1.7.

Una corretta verifica delle emissioni effettive incorporate nei prodotti importati sarà cruciale per un’equa diffusione del nuovo meccanismo. Il CESE raccomanda alla Commissione di presentare richieste specifiche agli organismi di verifica autorizzati.

1.8.

Il CESE rileva la necessità che l’Europa abbia un settore industriale forte, che sia pienamente competitivo e nel contempo responsabile sul piano climatico.

1.9.

Parallelamente alla procedura legislativa, la Commissione è invitata a effettuare uno studio d’impatto sugli effetti che l’attuazione del CBAM potrebbe avere lungo la catena del valore.

1.10.

L’introduzione del CBAM comporterebbe un cambiamento sostanziale nel sistema del commercio mondiale. L’UE deve adottare tutte le misure necessarie onde evitare che il nuovo meccanismo porti a maggiori emissioni di gas a effetto serra in altre parti del mondo e possa quindi causare un aumento di tali emissioni a livello globale. Il CBAM non deve in alcun modo portare alla deindustrializzazione dell’UE. L’UE deve trovare un equilibrio tra le proprie ambizioni in materia di clima e la realtà incontrovertibile che la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra è una questione globale.

1.11.

La dimensione politica del CBAM non è stata messa sufficientemente in rilievo. Le decisioni finali relative al nuovo meccanismo si baseranno in larga misura non solo sulle discussioni all’interno dell’UE, ma anche sui negoziati che saranno necessari con i partner commerciali per concordare una soluzione che eviti un conflitto commerciale.

1.12.

Il CESE ritiene ragionevole attendersi che un sistema CBAM ben funzionante rafforzerà l’occupazione nelle imprese e nei settori che, dopo essere stati ad alta intensità di carbonio, saranno diventati rispettosi del clima. Tuttavia, mette anche in guardia contro il rischio che il CBAM, unitamente al sistema ETS, fallisca nei suoi scopi. Nell’UE, con l’introduzione del CBAM, la completa abolizione dell’assegnazione gratuita di quote di emissioni potrebbe comportare gravi perdite occupazionali.

1.13.

Il CBAM sosterrà sia le ambizioni dell’UE in materia di clima sia l’intento di garantire in futuro una più forte impronta industriale all’Europa. Nell’attuazione del CBAM, durante e dopo il periodo di transizione, si dovrà tenere conto di una serie di rischi evidenti, a cominciare dalla difficoltà di verificare le informazioni fornite da paesi terzi sulle emissioni di CO2 e dalla possibilità di aggiramenti del sistema.

2.   Sintesi della proposta della Commissione

2.1.

Il 14 luglio scorso la Commissione ha pubblicato il pacchetto «Pronti per il 55 %: realizzare l’obiettivo climatico dell’UE per il 2030 lungo il cammino verso la neutralità climatica» (1), che comprende un meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere (CBAM) (2), strettamente collegato alla revisione della direttiva sul sistema di scambio di quote di emissioni (ETS) (3). Il pacchetto ha origine nella comunicazione sul Green Deal europeo (4), presentata il 15 dicembre 2019.

2.2.

La normativa proposta prevede l’applicazione di un «ETS teorico» alle importazioni di diversi prodotti industriali e di elettricità. I settori interessati nella prima fase sono il cemento, l’acciaio, i concimi, l’alluminio e l’energia elettrica.

2.3.

Per i materiali con una lavorazione a valle più intensiva, la nuova normativa comprende già molti prodotti a valle. Tuttavia, vi è un riferimento a «merci complesse» che potrebbe ampliare il campo di applicazione della normativa proposta.

2.4.

L’onere amministrativo del CBAM incombe alla Commissione, agli Stati membri e agli importatori nel mercato dell’UE.

2.5.

L’«ETS teorico» rispecchia l’attuale ETS, ma con alcune differenze fondamentali: i certificati di emissione non saranno commerciabili e gli importatori dovranno restituire tali certificati all’attuale prezzo della CO2 nell’UE, sulla base delle emissioni incorporate nei prodotti da importare nell’UE.

2.6.

L’elenco dei settori e dei prodotti contemplati dal CBAM è specificato nell’allegato I del regolamento proposto. Qualora dovesse individuare gravi rischi di elusione, la Commissione estenderebbe il campo di applicazione del CBAM a nuovi settori e/o nuovi prodotti; e le proposte della Commissione in tal senso saranno a loro volta soggette all’intero iter legislativo.

2.7.

Il sistema proposto tiene conto soltanto delle emissioni dirette (ambito 1) e non anche di quelle indirette legate all’energia (elettricità o riscaldamento) (ambito 2) o di quelle indirette dei prodotti nella catena del valore a valle, ma includerebbe un numero limitato di emissioni nella catena del valore a monte (esclusi i trasporti o la catena del valore delle imprese) (ambito 3) attraverso il concetto di «merci complesse». La normativa proposta non indica nei dettagli le modalità di funzionamento di tale sistema, che saranno stabilite dalla Commissione mediante atti di esecuzione.

2.8.

L’ambito di applicazione geografico copre tutti i paesi terzi non appartenenti all’unione doganale, ad eccezione di quelli inclusi nell’attuale sistema ETS dell’UE o dei paesi ad esso «associati». Sono incluse misure specifiche per tenere conto del prezzo del carbonio praticato in diversi paesi terzi.

2.9.

Il CBAM differisce dall’ETS in quanto sarà incentrato sui prodotti (con codici specifici della nomenclatura combinata (NC)], mentre l’ETS è incentrato sugli impianti.

2.10.

L’obiettivo finale del CBAM è la graduale sostituzione dell’attuale assegnazione gratuita nei settori interessati. Dopo il «periodo transitorio di tre anni», l’assegnazione gratuita di quote sarà gradualmente eliminata a partire dal 2026, a un tasso del 10 % annuo per dieci anni, come attualmente previsto nella proposta della Commissione. I dettagli relativi ai progressi compiuti nell’eliminazione graduale dell’assegnazione gratuita per i settori interessati non sono inclusi nel regolamento CBAM proposto, ma rientrano nel riesame della direttiva ETS.

2.11.

Al fine di evitare una doppia protezione, il CBAM terrà conto delle assegnazioni gratuite concesse all’industria dell’UE. Gli atti di esecuzione della Commissione stabiliranno la metodologia da applicare per calcolare il livello CBAM in relazione a ciascun prodotto.

2.12.

Le regole per determinare le emissioni incorporate nei prodotti sono disposizioni di carattere generale, ma con un approccio specifico e semplificato alle importazioni di energia elettrica.

2.13.

La Commissione ritiene che sarà necessaria una fase transitoria di tre anni per affinare il calcolo delle emissioni incorporate e stabilire chi saranno i verificatori accreditati di tali emissioni. Una revisione complessiva del nuovo sistema dovrà essere effettuata nel 2025, prima della seconda fase del CBAM.

2.14.

Le entrate provenienti dal CBAM saranno riscosse dalle autorità nazionali, che, in linea di principio, le verseranno nelle casse dell’UE, dopo averne dedotti i costi amministrativi connessi alla gestione delle procedure.

2.15.

La normativa proposta prevede una fase di sperimentazione amministrativa triennale (2023-2025) senza conseguenze economiche. Gli importatori dovranno assolvere determinati oneri di comunicazione, ma non dovranno verificare le emissioni incorporate, ottenere un’autorizzazione preventiva o pagare i certificati per i prodotti importati.

3.   Osservazioni generali

3.1.

Nell’elaborare la proposta, la Commissione — e più precisamente la DG TAXUD — ha svolto un valido lavoro, tenendo conto della necessità di contemperare le accresciute ambizioni dell’UE in materia di clima con la necessità di prevenire il rischio di una rilocalizzazione delle emissioni carboniche.

3.2.

La proposta sembra essere stata presentata senza prima aver definito tutta una serie di aspetti tecnici, i quali saranno decisi dalla Commissione durante la prima fase (periodo di prova). Sia il Consiglio che il Parlamento europeo si sono impegnati a rendere il nuovo sistema pienamente operativo già nel 2023, il che comporta tempi molto serrati.

3.3.

Molte questioni di rilievo dovranno essere ulteriormente approfondite mediante atti delegati per l’attuazione. Pertanto, alla luce di questa e della precedente considerazione, è quasi impossibile prevedere già adesso quali saranno le conseguenze dell’attuazione per i singoli settori manifatturieri. I dubbi su vari elementi chiave della proposta di regolamento rendono difficile valutarla finché l’iter legislativo non sarà giunto ad una fase più avanzata. In ogni caso, è necessario evitare condizioni quadro incerte, specie per quanto concerne la valutazione della CO2 per le importazioni, in modo da non compromettere le misure proattive e preventive adottate dalle imprese europee per proteggere il clima.

3.4.

Per quanto riguarda le importazioni di energia elettrica, non è chiaro se la Commissione abbia valutato correttamente l’impatto sul prezzo dell’elettricità sul mercato dell’UE e come ciò genererebbe costi più elevati per i consumatori e, di conseguenza, accrescerebbe il rischio di rilocalizzazione delle emissioni di carbonio tra i settori ad alta intensità di energia elettrica. Non va dimenticato che il consumo di elettricità non viene preso in considerazione ai fini del calcolo dell’impronta di carbonio dei prodotti importati (5).

3.5.

L’industria europea è orientata all’esportazione; e, se — per effetto del CBAM — godrà di una certa protezione contro le importazioni ma non potrà competere sui mercati internazionali, la perdita di competitività sarà considerevole e l’Europa non sarà più in grado di attrarre investimenti industriali.

3.6.

Una sostituzione molto rapida delle misure esistenti in materia di rilocalizzazione delle emissioni di CO2 con il nuovo meccanismo potrebbe provocare una notevole incertezza, inducendo a ripensare le decisioni di investimento a lungo termine già prese sulla base degli obiettivi per il 2030 rivisti di recente. Essa potrebbe inoltre ridurre la capacità dell’industria di investire in tecnologie a basse emissioni di carbonio, e costituire un ostacolo alla concorrenza per l’accesso ai mercati dei paesi terzi. Pertanto, ove necessario, occorrerebbe inizialmente mantenere l’attuale percentuale di quote gratuite — in modo da consentire alle industrie interessate dal CBAM di diventare più efficienti in termini di emissioni di carbonio — e successivamente procedere a una graduale riduzione, nella misura ritenuta opportuna, al fine di agevolare un’ulteriore decarbonizzazione.

3.7.

Occorre valutare attentamente gli effetti in termini di competitività e di prezzi sulla catena del valore al fine di limitare tale impatto, e ciò in particolare nei settori esportatori, come ad esempio quello agroalimentare, che dipendono fortemente dai prodotti dei settori già contemplati dal meccanismo proposto.

3.8.

Il CBAM potrebbe davvero realizzare appieno i suoi obiettivi soltanto se l’obbligo di evitare le emissioni di CO2 nelle importazioni nell’UE fosse compensato dai benefici derivanti da una produzione rispettosa del clima per le esportazioni da parte dei produttori europei. Potrebbe infatti accadere che vi siano condizioni di concorrenza ragionevolmente omogenee tra le imprese di paesi terzi e quelle dell’UE nel mercato unico, ma che nessuna impresa dell’UE possa competere all’estero, in quanto i produttori europei pagherebbero tutti i costi del carbonio, mentre i concorrenti di paesi terzi ne pagherebbero pochi o non ne pagherebbero affatto.

3.9.

Il nuovo sistema potrebbe dare adito a diversi meccanismi di elusione, quali ad esempio il trasferimento o il rimescolamento delle fonti, la modifica dei dettagli della verifica, affermazioni mendaci delle società multinazionali nei paesi terzi circa la fabbricazione dei prodotti in impianti a bassa impronta di carbonio, o l’alterazione della definizione dei prodotti. Tutto ciò potrebbe ostacolare i progressi verso il conseguimento degli obiettivi climatici più ambiziosi del CBAM. La proposta dovrebbe essere accuratamente perfezionata lungo l’intero processo legislativo per prevenire tali comportamenti perniciosi, che comprometterebbero gravemente l’obiettivo della normativa: quello di far sì che i prodotti rechino la propria impronta climatica indipendentemente dal luogo di provenienza, in modo da promuovere l’efficienza nella mitigazione dei cambiamenti climatici a livello mondiale e non una riduzione locale basata sull’esternalizzazione delle emissioni.

4.   Osservazioni particolari

4.1.

Il CESE è stato particolarmente attivo nell’esaminare le possibilità, i limiti e gli aspetti importanti da sviluppare, nell’ambito di un regime di adeguamento alle frontiere o di un’alternativa di tipo fiscale, al fine di ridurre la rilocalizzazione delle emissioni di carbonio uniformando i costi e gli sforzi sostenuti per il clima sia per i prodotti dell’UE che per quelli importati da paesi terzi. Il CESE è stato la prima istituzione dell’UE a ravvisare in queste possibilità uno strumento complementare per limitare la rilocalizzazione delle emissioni di carbonio.

4.2.

La Commissione intende ampliare il CBAM per includervi le «emissioni dell’ambito 2» (derivanti dall’elettricità o dal riscaldamento), che ne sono attualmente escluse. I legislatori dell’UE devono tenere conto del fatto che la compensazione per i costi indiretti derivanti dall’energia elettrica è tutt’altro che omogenea, in quanto si basa sulle decisioni degli Stati membri. Lo scenario peggiore che potrebbe verificarsi è quello in cui l’applicazione del CBAM finisca per limitare la compensazione ricevuta dall’industria per i costi indiretti, traducendosi in una compensazione inferiore a quella consentita dagli orientamenti dell’UE.

4.3.

Il CBAM proposto esclude le ferroleghe (NC 7202), ma non è chiaro se le emissioni incorporate nelle ferroleghe saranno prese in considerazione nei relativi prodotti (ad esempio l’acciaio inossidabile (NC 7218)], in quanto occorrerà attendere una normativa secondaria che copra i dettagli tecnici ed altri aspetti molto importanti.

4.4.

Al livello dell’UE, la certezza del diritto è di importanza fondamentale, e la proposta CBAM deve essere perfezionata lungo l’intero processo legislativo per garantire tale certezza a tutti gli operatori economici, europei o di paesi terzi.

4.5.

A livello internazionale, occorre promuovere, su un piano di parità, una «competitività climatica e ambientale» equa in un’industria efficiente, sia europea che non europea; e ciò significa altresì condizioni di lavoro eque, concordate in sede di contrattazione collettiva tra le parti sociali. La nuova competitività socialmente responsabile che desideriamo per l’industria europea potrà realizzarsi soltanto con il rispetto del clima e in condizioni sociali e lavorative eque. Un’intesa siffatta riguardo al mercato unico dell’UE, ma anche al mercato internazionale, incoraggerà una concorrenza leale in relazione al clima.

4.6.

La conformità delle importazioni nell’UE ai requisiti del CBAM si basa su documenti rilasciati al di fuori dell’UE, il che pone la questione dell’extraterritorialità e della competenza dell’UE ad accertare la validità di tali documenti. Inoltre, il tempo necessario per effettuare tale valutazione consentirebbe a merci importate con un’impronta di carbonio superiore a quella dichiarata di accedere al mercato dell’UE, a scapito sia della ratio della nuova disciplina che dell’industria europea.

4.7.

Non è chiaro come calcolare le emissioni incorporate nei prodotti trasformati non menzionati nell’allegato 1 ma contenenti materiali elencati nell’allegato stesso.

4.8.

La rendicontazione, la verifica, la tracciabilità e il monitoraggio sono aspetti cruciali e, come nel caso del monitoraggio ETS, non dovrebbero basarsi soltanto sul monitoraggio casuale. Dovrebbe esistere una procedura chiara e rapida per fare in modo che i casi di possibile elusione o mancata osservanza delle disposizioni del CBAM siano risolti in tempi ridotti ed evitare così sia le pratiche elusive che la perturbazione degli scambi commerciali e/o delle catene di approvvigionamento.

4.9.

La verifica e il monitoraggio dovrebbero essere pienamente trasparenti e affidabili sia a livello di Unione europea che negli Stati membri. Le informazioni dovrebbero essere messe a disposizione degli organismi competenti autorizzati a svolgere la sorveglianza, fatta salva la logica tutela della riservatezza.

4.10.

La Commissione europea dovrebbe offrire il proprio sostegno agli Stati membri con scarse capacità amministrative alle frontiere, i quali potrebbero essere presi di mira da pratiche sleali e diventare la breccia attraverso cui aggirare il nuovo sistema. Deve inoltre includere nei suoi programmi una «formazione» in materia di CBAM a sostegno dei paesi in via di sviluppo e dei paesi vicini dell’UE, al fine di aiutarli ad affrontare le sfide della protezione del clima e di evitare il rischio di pratiche elusive.

4.11.

Le entrate provenienti dal CBAM dovrebbero essere destinate a sostenere una transizione equa dell’industria europea verso un’economia neutra in termini di emissioni di carbonio nei settori interessati. L’UE potrebbe lanciare un fondo specifico per l’innovazione per lo sviluppo tecnologico, al fine di promuovere la transizione industriale senza mettere a rischio la competitività climatica.

5.   Osservazioni relative all’OMC

5.1.

La Commissione si è mossa con molta cautela per quanto riguarda la compatibilità con le regole dell’OMC, ragion per cui nella proposta in esame le esportazioni sono state lasciate da parte. Poiché, in merito alla suddetta compatibilità, vi sono opinioni contraddittorie, occorre procedere a un’analisi dettagliata di questo tema e intavolare discussioni oneste a livello diplomatico con i partner commerciali per prevenire una guerra commerciale e consentire all’industria dell’UE di essere competitiva sui mercati internazionali.

5.2.

È plausibile che l’articolo XX, lettere b) e g), dell’accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio (GATT 1994) sia invocato per giustificare il CBAM in quanto politica di protezione dell’ambiente. Nessuno, comunque, può essere sicuro di quale decisione prenderebbe in merito una commissione o un organo d’appello dell’OMC.

5.3.

Nelle circostanze attuali, considerata l’urgenza di combattere i cambiamenti climatici, è essenziale che un’OMC rinnovata iscriva all’ordine del giorno la considerazione delle questioni climatiche e ambientali. L’UE potrebbe utilizzare il CBAM come un’opportunità per avviare questo dibattito, insieme ad altri partner commerciali in seno all’OMC. Il CESE aveva già formulato proposte in tal senso nel suo parere REX/531 (6).

Bruxelles, 8 dicembre 2021

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  COM(2021) 550 final.

(2)  COM(2021) 564 final.

(3)  COM(2021) 551 final.

(4)  COM(2019) 640 final.

(5)  Commissione europea, valutazione d’impatto del CBAM, allegato 8.

(6)  Parere del CESE Mercati del carbonio: creazione, strutturazione e sfide per l’industria europea (REX/531) (GU C 429, 11.12.2020, pag. 122).


ALLEGATO

I seguenti emendamenti sono stati respinti nel corso del dibattito, ma hanno ottenuto almeno un quarto dei voti espressi (articolo 43, paragrafo 2, del Regolamento interno):

EMENDAMENTO 1

Punto 3.6

Modificare come segue:

Parere della sezione

Emendamento

Una sostituzione molto rapida delle misure esistenti in materia di rilocalizzazione delle emissioni di CO2 con il nuovo meccanismo potrebbe provocare una notevole incertezza, inducendo a ripensare le decisioni di investimento a lungo termine già prese sulla base degli obiettivi per il 2030 rivisti di recente. Essa potrebbe inoltre ridurre la capacità dell’industria di investire in tecnologie a basse emissioni di carbonio, e costituire un ostacolo alla concorrenza per l’accesso ai mercati dei paesi terzi. Pertanto, ove necessario, occorrerebbe inizialmente mantenere l’attuale percentuale di quote gratuite — in modo da consentire alle industrie interessate dal CBAM di diventare più efficienti in termini di emissioni di carbonio — e successivamente procedere a una graduale riduzione, nella misura ritenuta opportuna , al fine di agevolare un’ulteriore decarbonizzazione.

Una sostituzione molto rapida delle misure esistenti in materia di rilocalizzazione delle emissioni di CO2 con il nuovo meccanismo potrebbe provocare una notevole incertezza, inducendo a ripensare le decisioni di investimento a lungo termine già prese sulla base degli obiettivi per il 2030 rivisti di recente. Essa potrebbe inoltre ridurre la capacità dell’industria di investire in tecnologie a basse emissioni di carbonio, e costituire un ostacolo alla concorrenza per l’accesso ai mercati dei paesi terzi. Pertanto, ove necessario, occorrerebbe inizialmente mantenere l’attuale percentuale di quote gratuite — in modo da consentire alle industrie interessate dal CBAM di diventare più efficienti in termini di emissioni di carbonio — e successivamente procedere a una graduale riduzione, finché la nuova misura non avrà dato prova di efficacia , al fine di agevolare un’ulteriore decarbonizzazione.


Motivazione

Poiché il punto 3.6 si riferisce essenzialmente alle quote gratuite che dovrebbero essere mantenute inizialmente per consentire alle industrie interessate dal CBAM di diventare più efficienti in termini di emissioni di carbonio, procedendo successivamente a una loro graduale riduzione, questa disposizione dovrebbe essere spostata nel capitolo «Conclusioni e raccomandazioni»; è inoltre opportuno inserire l’inciso «fino a quando la nuova misura non avrà dato prova di efficacia», in modo da rafforzare la posizione secondo cui il CBAM dovrebbe essere considerato uno strumento complementare all’assegnazione gratuita fino a quando lo stesso non sarà pienamente operativo ed efficace e non impedirà la rilocalizzazione delle emissioni di carbonio, garantendo in tal modo una reale parità di condizioni per l’industria dell’UE.

Esito della votazione:

Voti favorevoli:

66

Voti contrari:

90

Astensioni:

24

EMENDAMENTO 2

Punto 1.12

Modificare come segue:

Parere della sezione

Emendamento

Il CESE ritiene ragionevole attendersi che un sistema CBAM ben funzionante rafforzerà l’occupazione nelle imprese e nei settori che, dopo essere stati ad alta intensità di carbonio, saranno diventati rispettosi del clima. Tuttavia, mette anche in guardia contro il rischio che il CBAM, unitamente al sistema ETS, fallisca nei suoi scopi. Nell’UE, con l’introduzione del CBAM, la completa abolizione dell’assegnazione gratuita di quote di emissioni potrebbe comportare gravi perdite occupazionali.

Il CESE ritiene ragionevole attendersi che un sistema CBAM ben funzionante rafforzerà l’occupazione nelle imprese e nei settori che, dopo essere stati ad alta intensità di carbonio, saranno diventati rispettosi del clima. Tuttavia, mette anche in guardia contro il rischio che il CBAM, unitamente al sistema ETS, fallisca nei suoi scopi. Nell’UE, con l’introduzione del CBAM, la completa abolizione dell’assegnazione gratuita di quote di emissioni potrebbe comportare gravi perdite occupazionali. Occorrerebbe inizialmente mantenere l’attuale percentuale di quote gratuite — in modo da consentire alle industrie interessate dal CBAM di diventare più efficienti in termini di emissioni di carbonio — e successivamente procedere a una graduale riduzione, finché la nuova misura non avrà dato prova di efficacia, al fine di agevolare un’ulteriore decarbonizzazione.


Motivazione

L’intenzione è quella di spostare un testo molto importante alla conclusione dal punto 3.6 (cfr. sopra).

L’accento dovrebbe essere posto sull’aspetto secondo cui le quote gratuite del CBAM dovrebbero essere completamente abolite solo quando il nuovo meccanismo avrà dimostrato la sua efficacia.

Esito della votazione:

Voti favorevoli:

60

Voti contrari:

94

Astensioni:

26


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