ISSN 1725-2466

doi:10.3000/17252466.C_2011.192.ita

Gazzetta ufficiale

dell'Unione europea

C 192

European flag  

Edizione in lingua italiana

Comunicazioni e informazioni

54o anno
1 luglio 2011


Numero d'informazione

Sommario

pagina

 

I   Risoluzioni, raccomandazioni e pareri

 

RISOLUZIONI

 

Comitato delle regioni

 

90a sessione plenaria dell'11 e 12 maggio 2011

2011/C 192/01

Risoluzione del Comitato delle regioni Gestire l'impatto e le conseguenze delle rivoluzioni nel bacino del Mediterraneo

1

 

PARERI

 

Comitato delle regioni

 

90a sessione plenaria dell'11 e 12 maggio 2011

2011/C 192/02

Parere del Comitato delle regioni La modernizzazione della politica dell'UE in materia di appalti pubblici — Per una maggiore efficienza del mercato europeo degli appalti

4

2011/C 192/03

Parere del Comitato delle regioni Politica di sviluppo dell'Unione europea a sostegno della crescita inclusiva e dello sviluppo sostenibile: potenziare l'impatto della politica di sviluppo dell'UE

10

2011/C 192/04

Parere del Comitato delle regioni Potenziare la reazione europea alle catastrofi

15

2011/C 192/05

Parere del Comitato delle regioni La PAC verso il 2020: rispondere alle future sfide dell'alimentazione, delle risorse naturali e del territorio

20

 

III   Atti preparatori

 

Comitato delle regioni

 

90a sessione plenaria dell'11 e 12 maggio 2011

2011/C 192/06

Parere del Comitato delle regioni Per una politica europea ambiziosa a favore dei regimi di qualità dei prodotti agricoli

28

2011/C 192/07

Parere del Comitato delle regioni Pacchetto latte

36

IT

 


I Risoluzioni, raccomandazioni e pareri

RISOLUZIONI

Comitato delle regioni

90a sessione plenaria dell'11 e 12 maggio 2011

1.7.2011   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 192/1


Risoluzione del Comitato delle regioni «Gestire l'impatto e le conseguenze delle rivoluzioni nel bacino del Mediterraneo»

2011/C 192/01

IL COMITATO DELLE REGIONI

È in corso una crisi umanitaria

1.

osserva con preoccupazione i cambiamenti e l'incertezza sulla sponda meridionale del Mediterraneo e sostiene pienamente il processo di riforma sociale, economica e politica che dovrebbe portare a una vera democratizzazione, a una nuova stabilità in tutti i paesi interessati e a vere opportunità per gli uomini e le donne della regione di costruire la pace e la prosperità. Il Comitato deplora e condanna fermamente ogni forma di violenza e di violazione dei diritti umani in alcuni paesi dell'area e rivolge un pressante appello all'Unione europea affinché si dimostri all'altezza delle sue responsabilità nel sostenere il cambiamento pacifico e la transizione democratica;

2.

è preoccupato per lo spostamento di rifugiati risultante dalla situazione in Africa settentrionale e che interessa direttamente gli Stati membri e le relative comunità locali che sono più vicine a questa regione. Sottolinea pertanto la necessità di fornire senza indugio la solidarietà concreta e il necessario sostegno di cui l'Unione europea e i suoi Stati membri hanno preso l'impegno nella dichiarazione del Consiglio europeo dell'11 marzo 2011 e nelle conclusioni del Consiglio europeo del 24 e 25 marzo 2011;

3.

ricorda la dichiarazione della presidenza del CdR del 4 marzo 2011 (1), che sosteneva le aspirazioni delle popolazioni dell'intera regione ed esprimeva la solidarietà del Comitato alle loro richieste di democrazia effettiva, pluralismo politico, libertà fondamentali e rispetto dei diritti umani;

4.

rileva inoltre che un numero considerevole di persone si sta spostando verso l'UE per ragioni economiche, politiche o sociali; riconosce che alcune di queste persone sono sfollate a causa della situazione di emergenza nella regione e potrebbero avere legittimamente diritto all'asilo o alla protezione internazionale. Ricorda che il diritto all'asilo è garantito, tra l'altro, dalla Carta dei diritti fondamentali e rappresenta uno degli obblighi dell'UE e degli Stati membri in base al diritto internazionale;

5.

riconosce che l'instabilità politica e quella sociale sulla sponda meridionale del Mediterraneo, associate alla repressione, alle difficoltà economiche in una serie di settori e al continuo degrado dell'ambiente, costituiscono delle potenti forze motrici alla base della migrazione delle popolazioni verso la regione e dalla regione stessa e tali flussi migratori probabilmente continueranno, in quanto un numero sempre maggiore di persone fugge dai disordini politici e dalla povertà.

Una risposta immediata alla crisi

6.

sottolinea la necessità di fornire una risposta immediata e urgente al deterioramento della situazione umanitaria che tenga conto dei diritti fondamentali e delle singole situazioni delle persone coinvolte. Ritiene che questa risposta richieda un approccio coordinato da parte dell'UE, degli Stati membri e degli enti subnazionali, e ribadisce che l'esperienza delle città e delle regioni di tutta l'UE in materia di risposte alle emergenze e di protezione civile è a disposizione delle istituzioni, delle agenzie e degli Stati membri dell'UE. In questo approccio andrebbe anche coinvolta la società civile organizzata, in modo da mettere a profitto i contatti interpersonali nei paesi interessati;

7.

chiede una vera e reale solidarietà verso gli Stati membri e le comunità più direttamente interessate dai flussi di migrazione che sia basata su un'equa ripartizione delle responsabilità operative e finanziarie secondo quanto stabilito nei Trattati, in linea con l'art. 80 del TFUE. Raccomanda all'UE e agli Stati membri di continuare ad adattare queste misure in funzione dell'evolversi della situazione, tenendo conto delle necessità delle popolazioni migranti o sfollate e di quelle delle comunità che stanno fornendo assistenza a tali popolazioni;

8.

esorta tutti gli enti regionali e locali dell'UE a sostenere un piano d'azione, basato sulla condivisione degli oneri, che contribuisca a trovare nuovi luoghi d'accoglienza per i rifugiati della regione e a istituire un fondo di solidarietà per affrontare le pressioni umanitarie causate dalla crisi e così spronare gli Stati membri ad attivare il meccanismo previsto nella direttiva 2001/55/CE del Consiglio sulle norme minime per la concessione della protezione temporanea in caso di afflusso massiccio di sfollati e sulla promozione dell'equilibrio degli sforzi tra gli Stati membri che ricevono gli sfollati e subiscono le conseguenze dell'accoglienza degli stessi, e ciò sulla base del principio di solidarietà tra Stati membri e per dimostrare la genuina adesione dell'Unione europea a questo principio e a quello della condivisione delle responsabilità;

9.

in attesa dello stanziamento di fondi appositi chiede che gli strumenti finanziari già esistenti consentano di mobilizzare risorse in tempi brevi nei territori interessati al fine di affrontare le emergenze legate all'afflusso migratorio;

10.

suggerisce di introdurre misure di compensazione per sostenere i territori maggiormente interessati dall'emergenza, al fine di bilanciare le ingenti perdite e gli effetti negativi sulle economie locali, specialmente in settori chiave quali il turismo e la pesca;

11.

in tale contesto, propone che la direttiva 2001/55/CE del Consiglio venga rivista per definire in modo più chiaro cosa costituisca un «afflusso massiccio» di migranti, eventualmente definendo tale concetto in rapporto alla popolazione dei paesi ospitanti;

12.

sottolinea che tutte le misure prese dagli Stati membri devono essere conformi alla legislazione dell'UE ed essere rispettose dell'acquis di Schengen, che garantisce la libera circolazione dei cittadini all'interno dell'UE e costituisce in tal modo una conquista essenziale dell'integrazione europea, oltre a salvaguardare i diritti umani fondamentali, come stabilito negli strumenti di diritto internazionale e nei Trattati dell'UE, in particolare nella Carta dei diritti fondamentali;

13.

accoglie con favore le proposte della Commissione europea tese a salvaguardare il carattere comunitario del sistema Schengen per garantire che le necessarie risposte date da questo sistema ad eventi esterni siano basate su regole europee trasparenti e comuni e non limitino indebitamente la cooperazione transfrontaliera esistente.

Una risposta di lungo termine

14.

è più che mai consapevole della pressante necessità di sviluppare politiche comuni globali in materia di immigrazione e di asilo, basate sulla solidarietà e su un'equa ripartizione delle responsabilità. Evidenzia che gli enti regionali e locali dovrebbero essere coinvolti in via prioritaria nelle politiche in materia di migrazione legale e integrazione dei migranti;

15.

ribadisce che tutti gli sforzi andrebbero diretti a contrastare la migrazione irregolare e i suoi effetti secondari, in particolare la tratta di esseri umani; sostiene la conclusione di accordi di riammissione tra l'UE e i paesi della regione; chiede una revisione del mandato e del ruolo di Frontex, incluso un rafforzamento delle sue risorse finanziarie, tecniche e umane per il pattugliamento delle frontiere dell'UE, comprese le coste del Mediterraneo;

16.

si unisce alle richieste di rivedere l'attuale legislazione in materia di asilo, in particolare il meccanismo per determinare lo Stato membro responsabile per l'esame delle domande di asilo, e raccomanda alle istituzioni dell'UE e agli Stati membri di continuare a lavorare per la piena creazione di un regime comune europeo in materia di asilo. Si attende che l'Ufficio europeo di sostegno per l'asilo (UESA) fornisca agli Stati membri più esposti un prezioso sostegno nella gestione della migrazione;

17.

è convinto che la democrazia basata su elezioni libere e regolari e lo Stato di diritto, oltre ad un'amministrazione regionale e locale efficiente e democratica, rappresentino i presupposti per la stabilità e per lo sviluppo politico ed economico nei paesi interessati e svolgano un ruolo cruciale nel consentire ai cittadini di utilizzare le loro competenze nel loro paese;

18.

sottolinea l'utilità pratica dei programmi di sviluppo di capacità nel quadro dell'allargamento e della politica europea di vicinato e, additando quale esempio concreto il programma pilota dello strumento per l'amministrazione locale (2), propone che vengano sviluppate iniziative equivalenti per i paesi della sponda meridionale del Mediterraneo per sostenere lo sviluppo delle loro capacità a livello regionale e locale;

19.

rileva la connessione tra migrazione e politiche di sviluppo e ritiene necessario sviluppare politiche favorevoli alla creazione di condizioni economiche e sociali nella regione che possano garantire un futuro sostenibile per le popolazioni locali, riducendo così gli incentivi a migrare. In particolare, il CdR considera essenziale ridurre la povertà e creare posti di lavoro per le giovani generazioni, e pertanto chiede che venga fatto pieno uso delle risorse esistenti e dell'esperienza dell'UE per sostenere l'istruzione e la formazione professionale in questi paesi;

20.

sottolinea l'importanza di dare impulso agli scambi commerciali e agli investimenti con questi paesi e di fornire strumenti di micro-credito per la creazione di piccole imprese, come mezzo per consentire a questi paesi di espandere la loro crescita economica e ridurre la povertà. Maggiori scambi commerciali con l'Africa settentrionale rappresenterebbero un beneficio anche per l'Europa, traducendosi in creazione di molti posti di lavoro per gli europei e in crescita economica per l'UE. Chiede pertanto uno sforzo congiunto per abbattere, se del caso, le rimanenti barriere commerciali;

21.

è convinto che l'Unione per il Mediterraneo (UpM) possa svolgere un ruolo importante nell'affrontare il tema della migrazione e le sue implicazioni se tutte le parti interessate le conferiranno la necessaria volontà politica e le risorse; sottolinea a questo riguardo il contributo che l'Assemblea regionale e locale euromediterranea (ARLEM) può dare facilitando la cooperazione e lo scambio di conoscenze specialistiche tra gli enti regionali e locali; propone che l'ARLEM valuti attentamente la situazione, includa tra le sue priorità le risposte appropriate agli eventi in corso e adotti, nel suo ambito di competenza, le misure necessarie per sostenere attivamente il processo di democratizzazione nei paesi interessati;

22.

rileva che la diplomazia delle città e delle regioni può contribuire a promuovere e consolidare i processi di democratizzazione in corso, a coinvolgere il grande pubblico e a migliorare i rapporti tra le popolazioni e i loro governi;

23.

esorta la Commissione europea a garantire che nelle sue prossime iniziative strategiche (3) venga realizzato il lavoro preparatorio per lo sviluppo di risposte globali, rivolgendo un'attenzione speciale al ruolo e al contributo degli enti regionali e locali, e vengano sviluppate ulteriori sinergie tra le politiche in materia di immigrazione e asilo, azione esterna e sviluppo in stretta interazione con il livello regionale e locale;

24.

incarica la Presidente del CdR di trasmettere la presente risoluzione al Presidente del Consiglio europeo, al Parlamento europeo, alla Commissione europea, alla presidenza ungherese dell'UE, al Servizio europeo per l'azione esterna, all'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, al Comitato economico e sociale europeo, all'assemblea parlamentare dell'UpM e all'ARLEM.

Bruxelles, 12 maggio 2011

La presidente del Comitato delle regioni

Mercedes BRESSO


(1)  CdR 113/2011 fin.

(2)  Il CdR già coopera strettamente con la Commissione europea nel sostenere questo programma pilota che è attualmente riservato ai paesi candidati e a quelli potenziali candidati.

(3)  Ad esempio: la revisione della politica europea di vicinato, la relazione annuale sull'immigrazione e l'asilo, la comunicazione sulla solidarietà rafforzata all'interno dell'UE, la comunicazione sulla migrazione e la mobilità per lo sviluppo, nonché l'approccio globale in materia di migrazione.


PARERI

Comitato delle regioni

90a sessione plenaria dell'11 e 12 maggio 2011

1.7.2011   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 192/4


Parere del Comitato delle regioni «La modernizzazione della politica dell'UE in materia di appalti pubblici — Per una maggiore efficienza del mercato europeo degli appalti»

2011/C 192/02

IL COMITATO DELLE REGIONI

constata con soddisfazione che la Commissione considera le PMI la spina dorsale dell'economia dell'UE, e reputa che un accesso più agevole delle PMI alle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici sia di cruciale importanza per il mantenimento dell'occupazione; ritiene pertanto che sia importante abolire, per quanto possibile, le soglie imposte alle PMI per la presentazione di un'offerta;

raccomanda alla Commissione di incoraggiare il ricorso, da parte degli offerenti a livello nazionale, a un «passaporto per gli appalti pubblici» (preferibilmente nella forma di un sistema di registrazione elettronico), di cui essa dovrebbe uniformare il contenuto e le condizioni d'uso. Tale passaporto proverebbe che un operatore è in possesso delle dichiarazioni e dei documenti giustificativi spesso richiesti dalle amministrazioni aggiudicatrici nel quadro degli appalti pubblici. Grazie al passaporto, l'operatore eviterebbe di dover fornire ogni volta le stesse dichiarazioni e gli stessi documenti: ciò consentirebbe un notevole risparmio di tempo e risorse per gli operatori che partecipano spesso alle procedure di aggiudicazione di tali appalti;

attribuisce grande importanza alla possibilità di conseguire gli obiettivi in materia di innovazione, inclusione sociale, sostenibilità e ambiente per mezzo degli appalti pubblici. La realizzazione concreta di tali obiettivi è frenata dal criterio del collegamento tra i requisiti obbligatori e quelli preferenziali richiesti agli offerenti e l'oggetto dell'appalto, ragion per cui il collegamento con quest'ultimo elemento non deve essere considerato una condizione necessaria.

Relatore

Henk KOOL (NL/PSE), assessore comunale dell'Aia

Testo di riferimento

Libro verde sulla modernizzazione della politica dell'UE in materia di appalti pubblici — Per una maggiore efficienza del mercato europeo degli appalti

COM(2011) 15 definitivo

I.   OSSERVAZIONI

IL COMITATO DELLE REGIONI

1.

si rallegra per la pubblicazione, da parte della Commissione europea, del Libro verde sulla modernizzazione della politica dell'UE in materia di appalti pubbliciPer una maggiore efficienza del mercato europeo degli appalti, in cui essa tiene conto della posizione degli enti regionali e locali e delle altre amministrazioni aggiudicatrici in merito alla riduzione dei costi e alla modernizzazione del mercato europeo degli appalti pubblici nonché all'esigenza di rendere più semplici e chiare le direttive in materia;

2.

reputa che la direttiva 2004/18/CE (in prosieguo la «direttiva») sia eccessivamente dettagliata riguardo a taluni aspetti e raccomanda quindi alla Commissione di semplificarla laddove possibile;

3.

raccomanda inoltre di precisare meglio una serie di punti della direttiva che necessitano di un chiarimento. Alcuni elementi essenziali di tale direttiva sono stati integrati dalla giurisprudenza della Corte di giustizia dell'UE, e il Comitato auspica vivamente che le statuizioni più importanti della giurisprudenza siano recepite a livello normativo senza ulteriori inasprimenti. Il Comitato raccomanda che, per i contratti di servizi di tipo B, le sovvenzioni, i trasferimenti di beni immobili e gli appalti di valore inferiore alle soglie minime non si applichi l'obbligo di indire una gara o l'obbligo di trasparenza quando non sia in gioco un interesse transfrontaliero;

4.

reputa importante stimolare la professionalità sia delle amministrazioni aggiudicatrici che degli operatori del mercato al fine di garantire il funzionamento ottimale del mercato interno. Esso invita la Commissione a (far) istituire, nei quadri nazionali già esistenti, centri di competenza nazionali ed un centro di competenza europeo che ne assicuri il coordinamento. Tali centri potrebbero anche aiutare le amministrazioni aggiudicatrici a realizzare gli obiettivi in materia di innovazione, «appalti sociali», sostenibilità ed ambiente. Il ricorso a questi centri non dovrebbe essere obbligatorio, e gli enti locali devono essere liberi di decidere in materia.

II.   RACCOMANDAZIONI

Piccole e medie imprese (PMI)

5.

constata con soddisfazione che la Commissione considera le PMI la spina dorsale dell'economia dell'UE, e reputa che un accesso più agevole delle PMI alle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici sia di cruciale importanza per il mantenimento dell'occupazione; ritiene pertanto che sia importante abolire, per quanto possibile, le soglie imposte alle PMI per la presentazione di un'offerta;

6.

è importante ridurre al minimo gli oneri che le imprese devono sostenere per poter partecipare a un appalto pubblico. Il Comitato condivide quindi la proposta della Commissione di ritenere sufficiente, nel maggior numero possibile di casi, un'autocertificazione e di chiedere di presentare i documenti originali solo agli offerenti ammessi alla fase di aggiudicazione o all'aggiudicatario;

7.

raccomanda alla Commissione di incoraggiare il ricorso, da parte degli offerenti a livello nazionale, a un «passaporto per gli appalti pubblici» (preferibilmente nella forma di un sistema di registrazione elettronico), di cui essa dovrebbe uniformare il contenuto e le condizioni d'uso. Tale passaporto proverebbe che un operatore è in possesso delle dichiarazioni e dei documenti giustificativi spesso richiesti dalle amministrazioni aggiudicatrici nel quadro degli appalti pubblici. Grazie al passaporto, l'operatore eviterebbe di dover fornire ogni volta le stesse dichiarazioni e gli stessi documenti: ciò consentirebbe un notevole risparmio di tempo e risorse per gli operatori che partecipano spesso alle procedure di aggiudicazione di tali appalti. Dato che i certificati necessari per ottenere il passaporto hanno un termine di validità, anche il passaporto sarebbe valido per una durata determinata, il che ne accrescerebbe l'affidabilità. Questo sistema è già in uso a livello locale in determinati paesi, dove ha dato luogo a esperienze positive. Il passaporto per gli appalti pubblici non dovrebbe, per sua stessa natura, comportare costi elevati;

8.

è opportuno evitare i raggruppamenti inutili di appalti tra amministrazioni aggiudicatrici diverse e il raggruppamento di appalti di diverso tipo: gli appalti di maggiori dimensioni potrebbero imporre infatti criteri più rigorosi. Il Comitato raccomanda quindi che la Commissione europea richiami l'attenzione su questo problema per le PMI e insista, nella nota esplicativa della proposta di direttiva o in un documento orientativo specifico, sull'importanza di disciplinare i singoli lotti di appalto;

9.

l'aumento delle fattispecie in cui si può far ricorso alla procedura negoziata è vantaggioso per le PMI. Tale procedura offre infatti una certa flessibilità sia alle amministrazioni aggiudicatrici che agli offerenti. Le PMI si concentrano di fatto sulla conoscenza del loro prodotto o servizio anziché sulla procedura di aggiudicazione degli appalti. Il Comitato invita quindi la Commissione ad autorizzare l'impiego della procedura negoziata come procedura ordinaria. La relativa disciplina dovrebbe essere analoga a quella dettata dalla direttiva 2004/17/CE (direttiva «settori speciali»), in virtù della quale le amministrazioni aggiudicatrici scelgono, caso per caso, la forma di aggiudicazione che reputano più adatta al singolo appalto. Il Comitato raccomanda una semplificazione di tutte le procedure parallele;

10.

l'attuale procedura ristretta può invece risultare svantaggiosa per le PMI. Nel corso della prima fase di questa procedura, ossia la fase di selezione, attualmente è possibile esprimere solo i requisiti obbligatori e quelli preferenziali richiesti all'impresa appaltatrice; e i desiderata espressi in fase di selezione consistono perlopiù nella richiesta di informazioni sulla storia e l'esperienza dell'impresa in materia di esecuzione di progetti. Ora, in linea generale, le grandi imprese realizzano più progetti delle PMI e possono quindi presentare referenze più pertinenti, accrescendo così le proprie chances di superare la selezione. Il Comitato raccomanda pertanto di autorizzare anche la valutazione di (determinati) criteri di aggiudicazione già nel corso della prima fase della procedura ristretta.

Flessibilità

11.

raccomanda maggiore flessibilità nel quadro delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici;

12.

il diritto degli appalti pubblici è complesso, e le possibilità per gli offerenti di colmare una lacuna in una loro offerta sono limitate. Ciò dipende soprattutto dalla giurisprudenza (nazionale) e dalle scelte operate dalle amministrazioni aggiudicatrici nei bandi di gara d'appalto. Il Comitato raccomanda dunque di precisare, nella nuova direttiva o nella nota esplicativa che accompagna la relativa proposta, quali lacune possono essere colmate dagli offerenti e quali integrazioni o modifiche sono permesse;

13.

può accadere che, in seguito alle domande poste da taluni offerenti nel quadro di una procedura di aggiudicazione di appalti pubblici, un'amministrazione aggiudicatrice debba modificare o adattare l'appalto. Se si tratta di una modifica di carattere sostanziale, la procedura dev'essere temporaneamente sospesa e l'appalto rimesso in aggiudicazione. Il Comitato raccomanda dunque di definire un metodo semplice di modifica degli appalti da parte delle amministrazioni aggiudicatrici, che consista ad esempio in una rettifica ufficiale abbinata a una breve proroga del termine ultimo per la presentazione delle offerte;

14.

può accadere che, nel corso dell'esecuzione dell'appalto, l'amministrazione aggiudicatrice si renda conto di aver trascurato un determinato aspetto e desideri effettuare una modifica che non riguardi però un elemento imprevedibile e necessario. Il Comitato reputa dunque opportuno attenuare la disposizione vigente in materia di aggiunta di lavori supplementari. Si potrebbe considerare la possibilità di consentire all'amministrazione aggiudicatrice di attribuire all'aggiudicatario originario lavori supplementari equivalenti a una data quota dell'appalto senza perciò essere soggetta all'obbligo di soddisfare le condizioni di cui all'articolo 31 della direttiva;

15.

invita la Commissione ad adottare, nella nuova direttiva, una definizione molto più flessibile per gli accordi quadro, i quali vanno disciplinati allo stesso modo che nella direttiva «settori speciali». La durata del contratto e il fatto che un accordo quadro richieda soltanto in casi eccezionali due fornitori costituiscono disposizioni inutili che vanno soppresse.

Promozione dell'innovazione, degli «appalti sociali», della sostenibilità e dell'ambiente per mezzo degli appalti pubblici

16.

si compiace per l'attenzione prestata dalla Commissione, nel Libro verde in esame, alla realizzazione di obiettivi quali la protezione dell'ambiente, la promozione dell'inclusione sociale, il miglioramento dell'accessibilità per i disabili o lo stimolo all'innovazione;

17.

sottolinea che il successo della strategia Europa 2020 dipende in maniera decisiva dalla capacità del livello regionale e locale di mettere in pratica le nuove soluzioni innovative che costituiscono gli obiettivi delle iniziative faro. Le pratiche nuove e innovative non nascono da sole. Nella riforma della legislazione europea in materia di appalti occorrerebbe conferire ai comuni e agli altri soggetti pubblici una maggiore agilità strategica e accrescere il loro ruolo di creatori di nuove soluzioni;

18.

sottolinea che nella riforma delle norme in materia di appalti pubblici occorre accrescere il ruolo delle pubbliche amministrazioni in quanto promotrici dell'innovazione. Bisogna creare condizioni per progetti di sviluppo di grandi dimensioni, del valore di diversi milioni di euro, intesi a rispondere a complesse sfide sociali e attuati attraverso consorzi per l'assunzione di rischi. Dev'essere possibile, per un comune o per un altro soggetto pubblico, creare a proprie spese un raggruppamento del genere raccogliendo le necessarie competenze provenienti da imprese o da altre organizzazioni. Le normali gare d'appalto sono difficili o addirittura impossibili. Quando si crea qualcosa di interamente nuovo dev'essere possibile, nonostante le procedure in materia di appalti, riunire con un lavoro di negoziato talenti e competenze differenti e, in particolare, consentire la partecipazione di piccole imprese;

19.

attribuisce grande importanza alla possibilità di conseguire gli obiettivi in materia di innovazione, inclusione sociale, sostenibilità e ambiente per mezzo degli appalti pubblici. La realizzazione concreta di tali obiettivi è frenata dal criterio del collegamento tra i requisiti obbligatori e quelli preferenziali richiesti agli offerenti e l'oggetto dell'appalto, ragion per cui il collegamento con quest'ultimo elemento non deve essere considerato una condizione necessaria. Le amministrazioni aggiudicatrici possono così essere libere di decidere se ignorare il collegamento con l'oggetto dell'appalto in considerazione di tali aspetti e quali criteri applicare, considerato che le circostanze variano enormemente da uno Stato membro all'altro. Il Comitato raccomanda di tener conto di tutto ciò nella nuova direttiva;

20.

conviene con la Commissione sul fatto che gli enti pubblici possono fornire un contributo importante alla realizzazione degli obiettivi strategici previsti dalla strategia Europa 2020, utilizzando il loro potere di acquisto per rifornirsi di beni e servizi di «valore sociale» superiore, capaci ad esempio di promuovere l'innovazione o rispettare l'ambiente e contrastare i cambiamenti climatici, ridurre il consumo di energia, migliorare le opportunità di impiego, la sanità pubblica e le condizioni sociali, oppure ancora promuovere le pari opportunità migliorando l'inclusione delle categorie svantaggiate. È necessario trovare un equilibrio tra gli obiettivi di cui sopra, l'imparzialità e la non discriminazione per garantire la concorrenza leale e le pari opportunità di accesso alle PMI. Inoltre, nei loro appalti gli enti decentrati devono poter applicare criteri più rigorosi rispetto ai requisiti minimi stabiliti dall'UE, senza pregiudicare la libera concorrenza. Raccomanda tuttavia alla Commissione di formulare le nuove direttive sugli appalti pubblici in modo tale da assicurare una certa libertà di scelta alle amministrazioni aggiudicatrici, chiedendo, da un lato alle autorità pubbliche di promuovere nei loro appalti determinati servizi di «valore sociale» ma lasciandole libere, dall'altro, di scegliere una o più opzioni da un elenco di alternative;

21.

raccomanda alla Commissione di aumentare la sensibilizzazione e di sviluppare nuovi modi per promuovere, a livello dell'UE, l'impiego dei disoccupati di lunga durata, dei disabili e dei tirocinanti. Le amministrazioni aggiudicatrici, se lo desiderano, possono così inserire, nei bandi di gara per gli appalti pubblici, un criterio di aggiudicazione o di esecuzione in base al quale l'impresa aggiudicataria deve destinare una certa quota del valore dell'appalto all'impiego di persone appartenenti a queste categorie per l'esecuzione dell'appalto o per altri compiti all'interno dell'impresa stessa. L'inserimento di tali requisiti deve restare facoltativo a livello di Unione europea, e gli enti regionali e locali devono mantenere la massima flessibilità per specificare i diversi obiettivi politici che intendono conseguire in un appalto, concentrandosi al tempo stesso sul miglior rapporto qualità/prezzo;

22.

considera il criterio di aggiudicazione dell'appalto all'«offerta economicamente più vantaggiosa» del tutto appropriato per realizzare gli obiettivi in materia di innovazione, inclusione sociale, sostenibilità e ambiente. Il Comitato risponde negativamente alla domanda posta dalla Commissione circa l'opportunità di eliminare il criterio del «prezzo più basso» per determinate categorie. Esso ritiene infatti che tale criterio debba essere mantenuto, dato che anche in presenza di esso i suddetti obiettivi possono entrare in gioco sotto forma di requisiti minimi. Le amministrazioni aggiudicatrici devono poter scegliere il criterio da applicare in funzione dell'appalto, tenendo altresì presente che esse perseguono spesso anche un obiettivo di riduzione dei costi di cui devono tener conto nella scelta del criterio di aggiudicazione;

23.

le amministrazioni aggiudicatrici non sono sempre in grado di verificare il rispetto dei requisiti lungo tutta la catena di fornitura. Ad esempio, è difficile controllare se un processo di produzione in un paese terzo ha comportato il lavoro di minori. Il Comitato richiama l'attenzione della Commissione su questo problema.

Nuove procedure

24.

raccomanda di inserire nella nuova direttiva una serie di nuove procedure: una procedura d'appalto («piazza di mercato») per i servizi di tipo A, un modello che consenta la «scelta del cittadino» e una procedura applicabile agli appalti caratterizzati da un'elevata volatilità dei prezzi.

25.

«Piazza di mercato» per i servizi di tipo A. Per i servizi di tipo B, in alcuni Stati membri il sistema è il seguente: non esiste alcun accordo quadro generale, ma ciascun bando di gara viene pubblicato (on line) separatamente, cosicché in una stessa «piazza» coesiste un gran numero di appalti diversi tra loro. Gli interessati possono candidarsi per ogni singolo appalto, e per ciascun appalto viene stilata una graduatoria sulla base del prezzo proposto, dopodiché vengono esaminati e valutati gli aspetti qualitativi delle cinque offerte più competitive e l'offerente che ha presentato l'offerta più vantaggiosa tra queste ultime si aggiudica l'appalto. Il vantaggio di tale «piazza di mercato» è che essa accresce le probabilità di successo dei lavoratori autonomi senza dipendenti. Si propone quindi di adottare un sistema siffatto anche per i servizi di tipo A.

26.

Modello della «scelta del cittadino». Il modello detto della «scelta del cittadino» è una procedura che offre una soluzione nel caso di appalti nei quali assume rilievo la libertà del cittadino di scegliere una data impresa. In particolare, è questo il caso degli appalti pubblici relativi a servizi alla persona. La procedura prevede che tutti gli offerenti che soddisfano i requisiti qualitativi e accettano il prezzo (massimo) fissato dalle amministrazioni aggiudicatrici si aggiudichino un contratto quadro. Il cittadino sceglie quindi tra questi l'organizzazione da cui desidera ottenere i servizi alla persona.

27.

Procedura per i mercati caratterizzati dalla volatilità dei prezzi. Taluni mercati, come quello dell'energia, sono caratterizzati da una notevole instabilità dei prezzi. In questo tipo di appalti è auspicabile che il termine di ricorso sia il più breve possibile. Le offerte sono infatti basate sul prezzo del mercato dell'energia alla data di presentazione delle stesse. Si propone che la nuova direttiva preveda un termine di ricorso adatto a questo tipo di appalti.

Modifica delle soglie

28.

si rallegra del fatto che la Commissione esamini la questione del livello delle soglie. Il Comitato raccomanda di stabilire, prima di fissare nuove soglie, le soglie al di sopra delle quali un appalto pubblico può suscitare interesse al di fuori dei confini nazionali. Ciò significherebbe introdurre soglie per forniture e servizi con livelli notevolmente più elevati di quelli attuali. Qualora si ritenga che l'appalto non susciti alcun interesse all'estero, le amministrazioni aggiudicatrici possono risparmiarsi gli oneri imposti da una procedura d'appalto europea. Il Comitato è dell'avviso che la necessità di introdurre soglie significativamente più elevate debba figurare in qualsiasi rinegoziazione dell'Accordo sugli appalti pubblici (AAP) in sede OMC.

Principio di trasparenza

29.

Generale: l'esistenza di un interesse transfrontaliero non è sempre agevole da stabilire. In molti casi, infatti, per far ciò è necessario effettuare un'analisi di mercato, la quale comporta costi supplementari per le amministrazioni aggiudicatrici. È auspicabile fornire delle precisazioni in merito a ciò che si intende per «transfrontaliero» al fine di garantire una maggiore certezza a tali amministrazioni. Il Comitato raccomanda pertanto alla Commissione di stilare un elenco di soggetti o di mercati per i quali assume rilievo l'aspetto transfrontaliero. In questa stessa ottica, occorrerebbe stabilire se ciò vale per l'insieme del territorio di uno Stato membro oppure per le sole regioni frontaliere.

30.

Il Comitato risponde negativamente alla domanda posta dalla Commissione circa l'opportunità di obbligare le amministrazioni aggiudicatrici a redigere il capitolato d'oneri, per appalti di valore elevato, in più di una lingua e/o di accettare offerte in lingue straniere. Ciò comporterebbe un significativo aumento degli oneri amministrativi e contribuirebbe in modo probabilmente molto limitato a favorire la presentazione di offerte provenienti da altri paesi.

31.

Appalti pubblici di valore inferiore alle soglie europee: il Comitato reputa che gli appalti al di sotto delle soglie europee non possano per definizione essere considerati appalti «transfrontalieri». La prassi attuale dimostra infatti che le imprese straniere partecipano soltanto a un numero molto esiguo di appalti di valore superiore alle soglie europee. Il CdR raccomanda alla Commissione di effettuare uno studio al fine di ottenere dati quantitativi precisi al riguardo. In funzione delle conclusioni di questo studio, sarà possibile stabilire se gli appalti al di sotto delle soglie europee siano da includere o meno nella nozione di «appalto transfrontaliero».

32.

Appalti esclusi: non è facile stabilire in che misura il principio di trasparenza assuma rilievo nei casi di appalti esclusi. Esistono però determinate eccezioni per le quali tale valutazione si presenta più agevole: si pensi ad esempio alle concessioni di servizi. In altri casi particolari, quali i contratti di lavoro e i trasferimenti di beni immobili, il principio di trasparenza non dovrebbe trovare applicazione. Il Comitato chiede alla Commissione di precisare a quali appalti esclusi si applichi il principio di trasparenza.

33.

Servizi di tipo B: il Comitato raccomanda di non applicare il principio di trasparenza ai servizi di tipo B che, in seguito all'esame dell'elenco dei servizi di tipo A e B, sono stati aggiunti all'elenco dei servizi di tipo B, e propone che la Commissione lo stabilisca espressamente nella nuova direttiva.

Nuova ripartizione dei servizi di tipo A e B

34.

chiede di mantenere l'attuale suddivisione degli appalti di servizi nelle due categorie «A» e «B». L'elenco dei servizi di tipo B è riservato agli appalti che non danno luogo a concorrenza transfrontaliera o comportano un elemento personale tale da non rendere opportuna l'indizione di una gara europea, come ad esempio gli appalti di servizi sanitari e gli appalti sociali. In quest'ultimo caso, la fiducia riposta dall'appaltante e dall'utente/paziente nella persona aggiudicataria dei lavori è essenziale. Si tratta spesso di criteri soggettivi di cui non è possibile tener conto in una procedura di appalto pubblico. Il Comitato invita la Commissione a trasferire nella categoria «B» i servizi «A» che non si prestano al commercio transfrontaliero. Chiede inoltre alla Commissione di definire strumenti che rendano più facile per gli enti regionali e locali stabilire se un determinato appalto rientri nei servizi «A» o «B» elencati nell'allegato;

35.

invita la Commissione a riesaminare gli elenchi di codici CPV (Common Procurement Vocabulary - Vocabolario comune per gli appalti pubblici). Questi codici e i servizi connessi risultano infatti di difficile comprensione e danno adito a una serie di dubbi. Il Comitato insiste affinché i codici CPV siano resi più chiari oppure venga adottata una nota esplicativa al riguardo.

Esclusioni

36.

raccomanda di esaminare con attenzione le disposizioni relative agli appalti esclusi. Occorre infatti considerare la possibilità di spiegare e integrare tali disposizioni. Ad esempio, è difficile comprendere quali servizi finanziari rientrino nell'eccezione di cui alla lettera d) dell'articolo 16 e quando un servizio finanziario sia considerato un servizio di tipo A (categoria 6 dell'Allegato II A);

37.

insiste affinché la nuova direttiva preveda un'esclusione per gli appalti tra amministrazioni aggiudicatrici. Poiché le pubbliche amministrazioni sono tenute a fare un uso responsabile del denaro pubblico, è opportuno che esse possano far ricorso alle conoscenze e competenze di altre pubbliche amministrazioni, alle quali rimborseranno le spese sostenute, senza essere obbligate a indire una gara d'appalto. Tale esclusione migliorerebbe notevolmente la coerenza del quadro giuridico dell'UE e rappresenterebbe la soluzione a uno dei problemi più urgenti in materia di appalti con cui si stanno attualmente confrontando gli enti regionali e locali;

38.

l'indizione di gare d'appalto per sistemi TIC è fonte di notevoli problemi per le amministrazioni aggiudicatrici, il cui ambiente TIC si compone infatti di numerosi sistemi interdipendenti. Appalti aggiuntivi, come licenze supplementari o nuovi moduli in grado di integrare quelli esistenti, non possono quindi essere sempre soggetti a una procedura di gara senza dar luogo a notevoli svantaggi, sia dal punto di vista tecnico che in termini di costi. Il Comitato raccomanda quindi alla Commissione di verificare se, nella nuova direttiva, le esenzioni dalla procedura di gara possano essere estese a queste fattispecie e/o se si possa introdurre per i sistemi TIC una nuova procedura che metta in concorrenza non dei produttori bensì dei fornitori, essendo espressamente richiesta una determinata marca;

39.

reputa, al pari della Commissione, che sia necessario stimolare l'innovazione. Ai sensi del diritto degli appalti pubblici, le amministrazioni aggiudicatrici non possono acquistare nuovi prodotti innovativi senza un motivo specifico. Il Comitato propone che la Commissione studi le possibilità di introdurre una deroga che potrebbe valere per due anni a decorrere, ad esempio, dalla data di rilascio di un brevetto di invenzione riconosciuto.

Risultati ottenuti in passato

40.

reputa che le amministrazioni aggiudicatrici dovrebbero poter far tesoro, nel quadro delle procedure di gara, delle esperienze acquisite da amministrazioni omologhe con le imprese aggiudicatarie. Le esperienze negative, sfociate in un risultato finale insoddisfacente, dovrebbero poter essere prese in considerazione. Attualmente, infatti, un'impresa che in passato sia stata (deliberatamente) inadempiente può, in linea di principio, partecipare a una nuova gara d'appalto, che, in alcuni casi, deve essere indetta proprio a causa del ritiro dell'impresa selezionata in un primo tempo. Una soluzione, questa, spesso indesiderabile, dato il deterioramento dei rapporti, la fiducia tradita e l'insufficienza delle prestazioni fornite in passato. Il Comitato è quindi favorevole a un sistema che consenta di tener conto delle esperienze acquisite da un'amministrazione aggiudicatrice con una determinata impresa. Tale sistema deve naturalmente fornire garanzie di obiettività; a questo scopo, è consigliabile utilizzare una relazione di valutazione ufficiale sugli appalti precedenti e prevedere un limite temporale all'esclusione delle imprese interessate.

Appalti per i quali è obbligatorio indire una gara: definizione

41.

raccomanda di limitare il campo d'applicazione della nuova direttiva agli acquisti delle stesse amministrazioni aggiudicatrici. Elementi favorevoli a questa posizione si riscontrano nella giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea. Questa ha infatti stabilito che la sussistenza di un interesse economico diretto è elemento necessario e decisivo ai fini della delimitazione del campo di applicazione della direttiva. Gli accordi di carattere generale che riguardino ad esempio lo sviluppo territoriale e la concessione di sovvenzioni vanno esclusi dalla definizione in oggetto. Il semplice fatto di porre dei requisiti, ad esempio in materia di lavori da effettuare, non implica necessariamente che le prestazioni siano a titolo oneroso o debbano formare oggetto di un appalto pubblico. Le amministrazioni aggiudicatrici dovrebbero infatti, nell'esercizio della loro funzione pubblica, essere libere di specificare determinati requisiti allo scopo di fornire degli orientamenti. Il Comitato raccomanda di definire più chiaramente gli appalti per i quali è obbligatorio indire una gara, recependo a livello normativo la giurisprudenza della Corte in questo campo;

42.

la definizione di appalti pubblici di lavori è fonte di problemi per le amministrazioni aggiudicatrici. Il Comitato reputa che il criterio dell'«esecuzione, con qualsiasi mezzo, di un'opera rispondente alle esigenze specificate dall'amministrazione aggiudicatrice» ponga una serie di difficoltà, e raccomanda quindi di adattare e semplificare tale definizione.

Organismi di diritto pubblico

43.

chiede di prestare una particolare attenzione ai piccoli organismi di diritto pubblico, per i quali l'obbligo di indire una gara rappresenta un onere sproporzionato;

44.

la stessa definizione di «organismo di diritto pubblico» deve essere resa più adatta. Per le imprese, infatti, non è facile stabilire se esse abbiano o meno a che fare con un soggetto di questo tipo, la cui definizione si basa su criteri finanziari e di vigilanza che non sono agevolmente verificabili dai privati. Inoltre, la Corte di giustizia ha integrato i criteri legislativi riguardanti tali organismi. Il Comitato raccomanda quindi alla Commissione di elaborare una nuova definizione del concetto di «organismo di diritto pubblico».

Bruxelles, 11 maggio 2011

La presidente del Comitato delle regioni

Mercedes BRESSO


1.7.2011   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 192/10


Parere del Comitato delle regioni «Politica di sviluppo dell'Unione europea a sostegno della crescita inclusiva e dello sviluppo sostenibile: potenziare l'impatto della politica di sviluppo dell'UE»

2011/C 192/03

IL COMITATO DELLE REGIONI

condivide il giudizio della Commissione secondo cui, malgrado i progressi constatati in taluni ambiti sociali, rimane ancora molto da fare per realizzare gli obiettivi di sviluppo proclamati più di un decennio fa dalla comunità internazionale attraverso la Dichiarazione del millennio;

ritiene che occorra dedicare maggiore attenzione ai fattori collegati alle risorse disponibili per finanziare lo sviluppo, mantenendo gli impegni in materia di aiuti, sostenendo la mobilitazione di risorse nazionali nei paesi in via di sviluppo, rafforzando i loro sistemi fiscali, contrastando la corruzione, promuovendo la lotta contro l'evasione, la fuga di capitali e i flussi finanziari illeciti e promuovendo la ricerca di nuove fonti di finanziamento;

si rammarica del fatto che la Commissione europea, pur riconoscendo il ruolo fondamentale svolto dagli enti regionali e locali nel contesto degli aiuti allo sviluppo e dei programmi di cooperazione, non menzioni nel Libro verde il loro ruolo sempre più importante in una politica di cooperazione dell'UE che voglia essere efficace e socialmente accettata. Invita pertanto a dedicare maggiore considerazione al ruolo che compete agli enti regionali e locali nella promozione di uno sviluppo fondato su un'ampia base sociale, nella creazione di istituzioni di governance efficaci nei paesi in via di sviluppo e nell'elaborazione di un modello energetico e ambientale sostenibile;

esprime l'auspicio che la revisione della politica europea di sviluppo e il consenso europeo seguano la direzione indicata nella comunicazione Le autorità locali: attori di sviluppo, che mette in rilievo la posizione, il ruolo e il valore aggiunto di detti enti in tali ambiti e politiche. In tal senso, allo scopo di promuovere gli scambi e di offrire un forum per l'espressione politica degli enti regionali e locali nell'ambito della cooperazione allo sviluppo, il CdR si impegna a proseguire la propria stretta collaborazione con la Commissione europea nell'organizzazione della conferenza annuale sulla cooperazione decentrata.

Relatore

Jesús GAMALLO ALLER (ES/PPE), direttore generale per le relazioni esterne e con l'Unione europea, governo regionale della Galizia

Testo di riferimento

Libro verde - La politica di sviluppo dell'Unione europea a sostegno della crescita inclusiva e dello sviluppo sostenibile - Potenziare l'impatto della politica di sviluppo dell'UE

COM(2010) 629 definitivo

I.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO DELLE REGIONI

Osservazioni generali

1.

condivide il giudizio della Commissione secondo cui, malgrado i progressi constatati in taluni ambiti sociali, rimane ancora molto da fare per realizzare gli obiettivi di sviluppo proclamati più di un decennio fa dalla comunità internazionale attraverso la Dichiarazione del millennio;

2.

condivide il giudizio della Commissione secondo cui bisogna accrescere l'impatto e il valore aggiunto della politica di sviluppo dell'UE nell'ottica di attuare gli obiettivi di sviluppo del millennio; ritiene che ciò sia ancora più necessario in un contesto di severa crisi economica, come quello in cui si trovano attualmente buona parte dei donatori;

3.

si rammarica del fatto che il Libro verde non descriva più dettagliatamente i criteri necessari per individuare il valore aggiunto delle azioni di cooperazione dell'UE, che non venga dedicata maggiore attenzione all'esigenza di una valutazione più accurata dell'impatto di quanto è stato già realizzato e che non vengano proposti interventi rivolti ad approfondire l'agenda di Parigi, il programma d'azione di Accra e gli impegni derivanti dal consenso europeo per lo sviluppo e dal codice di condotta dell'UE;

4.

ritiene che occorra dedicare maggiore attenzione ai fattori collegati alle risorse disponibili per finanziare lo sviluppo, mantenendo gli impegni in materia di aiuti, sostenendo la mobilitazione di risorse nazionali nei paesi in via di sviluppo, rafforzando i loro sistemi fiscali, contrastando la corruzione, promuovendo la lotta contro l'evasione, la fuga di capitali e i flussi finanziari illeciti e promuovendo la ricerca di nuove fonti di finanziamento;

5.

è convinto che interventi di aiuto ben definiti e soggetti sistematicamente a monitoraggio e valutazione rappresentino in realtà un utile investimento da parte dei donatori. Si tratta di un investimento in libertà e giustizia, perché contribuisce a dar forma a società più giuste e maggiormente fondate sul riconoscimento dei diritti umani; un investimento in opportunità di progresso e di benessere, perché in un mondo interdipendente lo sviluppo di una parte è fonte di stabilità e di dinamismo per gli altri; un investimento in sicurezza, perché attenua le tensioni e migliora la governabilità del sistema internazionale;

6.

ribadisce che gli aiuti internazionali sono solo un elemento nel quadro dei fattori in grado di promuovere lo sviluppo nei paesi più poveri, e che pertanto è necessario rendere più coerenti le politiche applicate dai paesi donatori e predisporre i quadri normativi che regolano le transazioni internazionali e le sovvenzioni agricole dei paesi ricchi, affinché distribuiscano nel modo più equo possibile le opportunità di progresso offerte dalla globalizzazione. Si rammarica tuttavia del fatto che tali aspetti, pur avendo figurato all'ordine del giorno delle riunioni dei leader internazionali nel quadro delle Nazioni Unite e del G-20, non siano stati trattati adeguatamente nel Libro verde;

7.

si rammarica del fatto che la Commissione europea, pur riconoscendo il ruolo fondamentale svolto dagli enti regionali e locali nel contesto degli aiuti allo sviluppo e dei programmi di cooperazione, non menzioni nel Libro verde il loro ruolo sempre più importante in una politica di cooperazione dell'UE che voglia essere efficace e socialmente accettata. Invita pertanto a dedicare maggiore considerazione al ruolo che compete agli enti regionali e locali nella promozione di uno sviluppo fondato su un'ampia base sociale, nella creazione di istituzioni di governance efficaci nei paesi in via di sviluppo e nell'elaborazione di un modello energetico e ambientale sostenibile;

8.

esprime l'auspicio che la revisione della politica europea di sviluppo e il consenso europeo seguano la direzione indicata nella comunicazione Le autorità locali: attori di sviluppo, che mette in rilievo la posizione, il ruolo e il valore aggiunto di detti enti in tali ambiti e politiche. In tal senso, allo scopo di promuovere gli scambi e di offrire un forum per l'espressione politica degli enti regionali e locali nell'ambito della cooperazione allo sviluppo, il CdR si impegna a proseguire la propria stretta collaborazione con la Commissione europea nell'organizzazione della conferenza annuale sulla cooperazione decentrata;

9.

ricorda che nel parere del Comitato delle regioni (CdR 116/2010 fin) intitolato Pacchetto di primavera: un piano d'azione dell'UE per conseguire gli obiettivi di sviluppo del millennio è stata avanzata la seguente proposta: «si potrebbe prendere in considerazione la possibilità che ciascuno dei 100 000 enti regionali e locali decida, in conformità delle rispettive legislazioni nazionali, di destinare volontariamente almeno 1 euro pro capite all'aiuto allo sviluppo. Gli enti regionali e locali non direttamente coinvolti in azioni di cooperazione decentrata potrebbero versare il loro contributo a un fondo dedicato all'aiuto allo sviluppo degli enti locali, come già avviene in Spagna. In questo contributo potrebbero rientrare anche le azioni che contribuiscono indirettamente allo sviluppo (ad esempio quelle in materia di sensibilizzazione dei cittadini al tema della povertà nel mondo)».

Migliorare l'impatto delle politiche di sviluppo

10.

condivide il giudizio della Commissione secondo cui è opportuno concentrare gli aiuti in «quei settori in cui è più facile dimostrarne il valore aggiunto». Ritiene nondimeno che non vengano forniti criteri o indicatori che consentano di stabilire chiaramente come debba essere misurato il valore aggiunto fornito dall'UE nell'ambito della politica di cooperazione;

11.

condivide la raccomandazione della Commissione, secondo cui occorre migliorare le procedure volte a valutare l'impatto della cooperazione dell'UE, e osserva che l'UE dispone di un ampio spazio per introdurre procedure di valutazione d'impatto più solide e innovative, come quelle derivate dall'applicazione di tecniche basate sulla casualità (randomized evaluation) cui l'UE non ha dedicato grande attenzione. Tale sforzo dovrebbe estendersi anche al campo della cooperazione decentrata;

12.

condivide il giudizio della Commissione, secondo cui occorre dare la priorità a «Una crescita mirata allo sviluppo umano», e ciò per almeno due ragioni: i) perché in tal modo si corregge la distorsione che ha caratterizzato gli aiuti negli anni precedenti, quando si mettevano in primo piano le dimensioni sociali dello sviluppo, che sono difficili da sostenere senza un progresso economico inclusivo; ii) perché la crisi si sta ripercuotendo sulla capacità di crescita, di riduzione della povertà e di creazione di posti di lavoro di numerosi paesi in via di sviluppo;

13.

ricorda tuttavia che crescita e sviluppo non sono sinonimi, e che lo sviluppo comprende anche l'ampliamento delle capacità produttive, la promozione delle acquisizioni sociali e la ripartizione delle ricchezze sul territorio, attraverso uno sviluppo locale e regionale sostenibile, distribuito in termini geografici e accessibile ai settori più poveri;

14.

ricorda che per rendere realizzabile questo sviluppo su base territoriale è essenziale il coinvolgimento degli enti regionali e locali, che si confermano soggetti fondamentali del dispiegarsi di una crescita endogena e sostenibile;

15.

concorda con la Commissione nel ritenere che il rafforzamento delle istituzioni dei paesi partner e il miglioramento dei loro livelli di efficacia e di legittimità costituiscono uno dei compiti principali di qualsiasi strategia di sviluppo, perché migliorano le condizioni di governance del processo di cambiamento economico e sociale;

16.

raccomanda tuttavia alla Commissione di dedicare maggiore attenzione all'effetto negativo che la dipendenza dagli aiuti comporta per la qualità delle istituzioni, e invita a riconoscere maggiore importanza ai compiti connessi alle misure decisive di lotta contro la corruzione e al rafforzamento delle capacità fiscali dei paesi in via di sviluppo, al fine non soltanto di migliorare la qualità delle loro istituzioni, ma anche di ridurre la dipendenza dagli aiuti e di ampliare la capacità di mobilitazione delle risorse interne;

17.

sottolinea che per pervenire a istituzioni più legittime ed efficaci sono essenziali i processi di decentramento; questo permette infatti di avvicinare il governo alla cittadinanza e di radicare nella società i valori democratici. Gli enti regionali e locali dovrebbero avere un ruolo cruciale nella promozione di questi processi, ma il Libro verde non considera questo aspetto;

18.

concorda con la Commissione nel ritenere che la garanzia di un certo livello di sicurezza costituisca un requisito dello sviluppo. Ciò obbliga i donatori a rivedere le relazioni esistenti tra l'agenda di sicurezza e l'agenda di sviluppo tenendo conto delle loro interconnessioni, e a promuovere il rafforzamento delle istituzioni, il rispetto dei diritti umani e la coesione sociale nei paesi caratterizzati da strutture statali fragili, istituendo meccanismi di allerta rapida e di diplomazia preventiva. Esorta tuttavia la Commissione a chiarire meglio, in seno all'UE, la ripartizione delle competenze in questi campi, tra le unità responsabili della cooperazione e quelle che si occupano di azione esterna;

19.

condivide il giudizio della Commissione secondo cui se si vuole migliorare l'efficacia degli aiuti è necessario realizzare un coordinamento «più sistematico ed efficace» tra i donatori europei, e concorda nel ritenere che la proposta in materia di sincronizzazione dei cicli di programmazione dei paesi, che la Commissione deve presentare al Consiglio nel 2011, costituisca un'opportunità. Ricorda inoltre che il miglioramento del coordinamento degli aiuti è uno dei principi definiti nell'agenda di Parigi sull'efficacia degli aiuti, figura nel consenso europeo per lo sviluppo e rappresenta uno dei principi normativi dei testi costitutivi dell'UE (Trattato che istituisce la Comunità europea, Trattato di Maastricht sull'UE e Trattato di Lisbona);

20.

si rammarica tuttavia del fatto che il Libro verde non menzioni altri ambiti, complementari a quello del coordinamento e dotati di enormi potenzialità, come quello relativo ai progressi nella ripartizione del lavoro tra i donatori europei. Per di più la ripartizione del lavoro dovrebbe essere considerata non soltanto per quanto riguarda i donatori nazionali, ma anche tra essi e i rispettivi donatori subnazionali (regionali e locali), in considerazione dell'importante ruolo svolto da questi ultimi nei vari sistemi di cooperazione dell'UE. Invita pertanto la Commissione a creare dei punti di riferimento degli enti regionali e locali nel Servizio europeo per l'azione esterna e nella direzione generale DEVCO, sia nell'UE che nei paesi partner. Considera inoltre indispensabile che venga istituita una specifica linea di finanziamento a disposizione degli enti regionali e locali dell'UE;

21.

ritiene che per portare avanti un'adeguata divisione del lavoro sarebbe opportuno che il Libro verde promuovesse l'integrazione, nella politica dell'UE in materia di aiuti, di un approccio basato non soltanto sugli obiettivi, ma anche sugli attori e sulla distribuzione delle responsabilità tra di essi. Tale approccio dovrebbe mettere in evidenza il contributo che gli enti regionali e locali possono offrire ai fini dell'arricchimento e dell'efficacia della politica di cooperazione;

22.

ricorda che gli aiuti sono solo uno degli elementi della politica pubblica dei donatori in grado di incidere sulle possibilità di sviluppo dei paesi partner. Pertanto innalzare i livelli di coerenza delle politiche pubbliche costituisce un obiettivo essenziale della politica di sviluppo dell'UE. Inoltre, tale principio ha ampie basi nel diritto primario dell'UE (Trattato che istituisce la Comunità europea, Trattato di Maastricht sull'Unione europea e Trattato di Lisbona). Le relazioni elaborate dalla Commissione in merito alla valutazione annuale dei progressi realizzati dagli Stati membri (e dalla stessa Commissione) per quanto riguarda essenziali aspetti settoriali relativi alla coerenza delle politiche, costituiscono un valido strumento per promuovere l'avanzamento e la rendicontazione in questo ambito. A questo proposito il CdR sottolinea l'importanza di proseguire la riforma della politica agricola comune per evitare che tale politica comprometta gli obiettivi perseguiti dalla politica di sviluppo dell'Unione;

23.

tiene a sottolineare che le relazioni instaurate tra gli enti locali dell'UE e i loro omologhi dei paesi beneficiari consentono di realizzare progressi concreti nell'attuazione del principio di appropriazione, che è un elemento essenziale della dichiarazione di Parigi e non deve restare di esclusiva competenza degli Stati;

24.

ribadisce l'esigenza di rispettare le regole basilari degli accordi commerciali dell'UE, nel senso di non applicare deroghe ai requisiti concernenti le regole di origine dei prodotti provenienti da paesi partner, indipendentemente dal fatto che ciò possa far parte degli accordi di associazione. Occorre valutare i potenziali danni al corretto funzionamento del mercato interno derivanti da tali deroghe e i possibili vantaggi in termini di sviluppo sostenibile di questi paesi derivanti dalla promozione di una produzione di origine esclusivamente locale;

25.

condivide il giudizio della Commissione secondo cui il sostegno di bilancio non costituisce un rimedio universale e, pertanto, deve essere applicato dopo una rigorosa analisi delle condizioni del paese. Ricorda tuttavia che il sostegno di bilancio costituisce una modalità di attuazione dell'aiuto che favorisce il coordinamento dei donatori e la ricezione da parte dei paesi partner. Si tratta di due obiettivi che dovrebbero incoraggiare il ricorso a questa formula, a condizione che sussistano le necessarie condizioni;

26.

ribadisce il proprio interesse per la promozione della cooperazione tra Comitato delle regioni e Commissione europea nell'ambito della politica di cooperazione decentrata allo sviluppo. Sottolinea inoltre l'esigenza di proseguire gli sforzi rivolti a far sì che gli Stati membri e tutti gli enti regionali e locali dell'UE utilizzino l'Atlante della cooperazione decentrata, che raccoglie le attività finanziate dagli enti regionali e locali dell'UE in questo ambito. Segnala anche l'utilità del portale della cooperazione decentrata allo sviluppo, che servirà a contribuire a un migliore reperimento di partner in questo ambito e a una maggiore efficacia degli aiuti, come anche ad evitare duplicazioni;

27.

ritiene che l'UE debba tenere in maggiore considerazione, oltre al contributo economico degli enti regionali e locali, l'importante valore aggiunto apportato dalle regioni e dai territori in determinati ambiti di specializzazione. Grazie all'esperienza acquisita e alle loro conoscenze in settori in grado di offrire soluzioni adattate alle esigenze di paesi terzi partner, questi territori dispongono di un valore aggiunto per la cooperazione in ambiti come il rafforzamento amministrativo, l'assetto territoriale, l'istruzione, la protezione civile, la sicurezza alimentare attraverso l'agricoltura e la pesca, le energie rinnovabili, le risorse idriche, l'ambiente, le scienze marine e le attività di ricerca e sviluppo applicate allo sviluppo. In particolare questo è il caso delle regioni ultraperiferiche, frontiere attive e piattaforme dell'UE nel mondo, che possono dare maggiore efficacia alla politica europea di sviluppo.

Una politica di sviluppo che funge da catalizzatore di una crescita inclusiva e sostenibile

28.

condivide il proposito di fare in modo che gli aiuti promuovano una crescita inclusiva e sostenibile nei paesi partner. Si rammarica tuttavia del fatto che il Libro verde non menzioni due aspetti essenziali ai fini del conseguimento di questo obiettivo. Il primo consiste nell'esigenza di promuovere un'adeguata ridistribuzione dei frutti del progresso, approssimando la distribuzione del reddito ai parametri di equità che si considerano socialmente auspicabili. Un certo livello di equità è necessario per garantire la stabilità, consolidare le istituzioni e promuovere una crescita caratterizzata da un'ampia base sociale. Il secondo aspetto riguarda l'esigenza di rafforzare le capacità fiscali dei paesi e combattere la frode, la fuga dei capitali e i flussi finanziari illeciti, che drenano le scarse risorse nazionali dei paesi in via di sviluppo, limitando le loro possibilità di progresso;

29.

richiama tuttavia l'attenzione sul fatto che lo sviluppo è qualcosa di più che la crescita: esso implica il dispiegamento di conquiste sociali, il consolidamento delle istituzioni e il cambiamento sociale e produttivo dei paesi. L'obiettivo dovrebbe pertanto essere quello di dar impulso a una crescita inclusiva e sostenibile che promuova il processo di sviluppo radicato nel territorio;

30.

sottolinea l'importanza della parità tra donne e uomini per realizzare una crescita sostenibile nei paesi partner dell'UE. Oltre a rivestire un'importanza fondamentale nell'ambito dei diritti umani, le riforme intese a permettere alle ragazze e alle donne di realizzare il loro potenziale nella società - senza subire discriminazioni o minacce di violenza - costituiscono il metodo più efficace per consentire ai paesi partner dell'UE di consolidare le loro economie;

31.

si rende conto del fatto che costruire istituzioni solide e legittime significa dare maggior importanza agli aspetti distributivi, connessi alla ripartizione dei frutti della crescita, delle opportunità e della capacità di esprimersi dei paesi, portando avanti, al tempo stesso, i processi di decentramento necessari per avvicinare le istituzioni ai cittadini. A tal fine occorre rafforzare la capacità di gestione degli enti locali e regionali dei paesi partner, ispirandosi a programmi come TAIEX o Erasmus, cosa che contribuirebbe a migliorare l'impiego dei fondi di cooperazione. Il CdR invita d'altro canto la Commissione ad avviare programmi di sostegno settoriale di bilancio, che facilitino l'accesso alle risorse da parte degli enti regionali e locali dei paesi in via di sviluppo;

32.

riconosce che uno degli aspetti fondamentali dello sviluppo è una buona politica dell'istruzione, e incoraggia l'UE a fare della promozione dell'istruzione in questi paesi uno degli assi della sua politica di cooperazione allo sviluppo;

33.

ricorda che, affinché tale obiettivo venga realizzato, è necessario favorire e sostenere i processi di decentramento dei paesi partner, ove ciò sia opportuno, tentando di rispettare il principio della sussidiarietà nella distribuzione delle competenze. Il decentramento costituisce una maniera adeguata per rendere più democratici gli Stati e radicarli più solidamente nella realtà sociale, nonché un requisito per fare in modo che il processo di sviluppo raggiunga tutto il territorio e tutti i settori sociali.

Sviluppo sostenibile

34.

concorda con il Libro verde nel riconoscere l'importanza acquisita dagli aspetti connessi alla lotta contro il cambiamento climatico e al sostegno della biodiversità in tutte le strategie di sviluppo che funzionino. Ricorda al tempo stesso che i cambiamenti climatici e le altre sfide ambientali costituiscono per alcuni paesi in via di sviluppo un'opportunità per reperire opzioni di progresso, valorizzando la propria dotazione di risorse naturali e ambientali. L'impegno che l'UE ha sottoscritto a Copenaghen e confermato a Cancún rivela l'importanza che si attribuisce a questa dimensione dei processi di sviluppo e comprova l'esigenza di sostenere gli sforzi che i paesi partner potranno fare in materia di adattamento e di attenuazione;

35.

si rammarica del fatto che sotto questo profilo il Libro verde non presenti una visione più compiuta del ruolo che spetta ai poteri subnazionali (enti regionali e locali) nell'elaborazione di una valida strategia ambientale. Tali enti sono essenziali per avviare strategie sostenibili di gestione dell'acqua e dei rifiuti, di approvvigionamento energetico e di protezione delle aree sensibili sotto il profilo ambientale;

36.

condivide il giudizio secondo cui gli aspetti relativi al modello energetico adottato dai paesi costituiscono una componente essenziale di qualsiasi strategia di sviluppo sostenibile sotto il profilo ambientale. Questa osservazione fa emergere l'esigenza di promuovere un ricorso più intensivo alle energie rinnovabili. In tale contesto segnala che l'esperienza dell'UE può essere utile per alcuni paesi in via di sviluppo. D'altronde osserva che alcuni paesi in via di sviluppo godono di condizioni speciali per lo sviluppo di questo tipo di energie;

37.

propone che venga sottoscritto a livello internazionale un patto di sindaci e di regioni finalizzato alla fornitura di energia a tutti i cittadini nel quadro di programmi congiunti e con uno strumento finanziario adeguato e specifico;

38.

chiede che il suddetto obiettivo di cambiamento del modello energetico (in favore delle fonti rinnovabili) venga integrato da un altro obiettivo rivolto a migliorare la dotazione di infrastrutture energetiche nel paese e le condizioni di accesso all'energia da parte degli strati sociali più vulnerabili, rendendole adeguate.

Agricoltura e sicurezza alimentare

39.

concorda con la Commissione nel ritenere che lo sviluppo rurale e la sicurezza alimentare rappresentino dimensioni basilari del processo di sviluppo, nella misura in cui si ripercuotono su un settore che è essenziale per il processo di crescita e di trasformazione economica dei paesi più poveri, condizionano l'esercizio del diritto basilare a una alimentazione adeguata, che si ripercuote a sua volta su altri diritti individuali (come quello alla salute, all'istruzione, e al lavoro), e influiscono sui livelli di autonomia dei paesi in questione nel consesso internazionale;

40.

osserva che l'attuale crisi ha comportato una crescita anomala dei prezzi delle materie prime, comprese le derrate alimentari, che si sta riflettendo in maniera molto grave sulle condizioni di approvvigionamento dei paesi più poveri, e in special modo di quelli dell'Africa subsahariana, molti dei quali sono importatori netti di derrate alimentari. Fa osservare come da tutto ciò possano derivare gravi regressi nelle conquiste sociali realizzate in precedenza;

41.

ritiene che questa situazione derivi da quattro fattori: i) lo stimolo della domanda da parte di paesi di grandi dimensioni e con una crescita intensa, che sospingono gli acquisti internazionali su vasta scala di tali prodotti; ii) il contributo insufficiente dato dai paesi ricchi e dagli investimenti pubblici nei paesi in via di sviluppo negli anni scorsi rispetto all'esigenza di investire nello sviluppo rurale; iii) l'azione di speculatori che individuano in questi prodotti una fonte di profitti e vi investono il loro capitale; iv) le ripercussioni dei danni ambientali sulla produttività del suolo e dell'agricoltura;

42.

esorta a non ripetere errori del passato nella politica di cooperazione dell'UE e chiede che tale politica, nella definizione delle proprie strategie di aiuto internazionale, riconosca una priorità più elevata allo sviluppo rurale e alla sicurezza alimentare dei paesi partner. A tale proposito ricorda che l'UE possiede una vasta esperienza in materia di sviluppo rurale, di politica agricola e di sostegno della sicurezza alimentare, che può essere messa al servizio dei paesi in via di sviluppo;

43.

chiede che anche in questo contesto vengano tenute in considerazione le capacità e le esperienze delle regioni. Gli enti regionali e locali dispongono di un patrimonio di esperienza per quanto riguarda la programmazione delle infrastrutture di base per la distribuzione dei prodotti alimentari, lo studio della produttività del suolo e la gestione delle coltivazioni in base alle condizioni ambientali, la cura degli ecosistemi locali fragili e l'elaborazione di piani per garantire l'approvvigionamento della popolazione. È pertanto importante che questi soggetti ottengano il ruolo che compete loro nella politica di cooperazione dell'UE.

Bruxelles, 11 maggio 2011

La presidente del Comitato delle regioni

Mercedes BRESSO


1.7.2011   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 192/15


Parere del Comitato delle regioni «Potenziare la reazione europea alle catastrofi»

2011/C 192/04

IL COMITATO DELLE REGIONI

sottolinea l'importanza dei livelli regionali e locali nel campo della protezione civile. Gli enti regionali e locali si trovano spesso in prima linea nella lotta contro le catastrofi naturali e di origine umana, e devono quindi essere necessariamente coinvolti negli sviluppi in questo campo, anche e soprattutto in considerazione del fatto che in numerosi Stati membri tali enti dispongono di competenze legislative;

sottolinea come sia importante l'impegno dell'UE per il sostegno alle misure adottate dagli Stati membri. Proprio i danni causati dalle precedenti catastrofi naturali o di origine umana mostrano che, per alcuni aspetti, vi è ancora bisogno di ottimizzare la risposta a livello degli Stati membri; e anche in materia di ulteriore rafforzamento della cooperazione transnazionale e interregionale esiste ancora margine per un ulteriore miglioramento. Al riguardo l'UE può, soprattutto grazie a un migliore coordinamento, recare un valido contributo a una cooperazione ancora più efficace ed efficiente;

tuttavia, rammenta anche che la protezione civile è in primo luogo compito degli Stati membri nonché dei livelli di governo regionale e locale, le cui competenze non devono essere violate;

sottolinea che il TFUE assegna all'UE un ruolo di sostegno, coordinamento e completamento dell'azione degli Stati membri nell'ambito della reazione alle catastrofi. Per questo motivo il Centro di monitoraggio e informazione svolge un ruolo di coordinamento, mentre l'UE non dispone delle competenze necessarie né per la creazione di unità proprie né per assumere la guida di unità e altre risorse messe a disposizione dagli Stati membri. Tutte le programmazioni e gli interventi devono quindi essere opportunamente adattati ed effettuati in funzione delle norme che consentono agli Stati membri di dare concreta attuazione al principio di sussidiarietà;

aderisce ai principi di solidarietà, cooperazione, concertazione e sostegno reciproco tra gli Stati membri, le regioni e gli enti locali dell'UE nel campo della protezione civile, e condivide il parere della Commissione secondo cui in questo campo è necessario migliorare ulteriormente la coerenza, l'efficienza e la visibilità, con l'obiettivo di pervenire a una capacità di reazione europea alle catastrofi più fortemente integrata.

Relatore

Norbert KARTMANN (DE/PPE), membro del Parlamento del Land Assia

Testo di riferimento

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio - Potenziare la reazione europea alle catastrofi: il ruolo della protezione civile e dell’assistenza umanitaria

COM(2010) 600 definitivo

I.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO DELLE REGIONI

Osservazioni generali

1.

accoglie con favore l'intenzione della Commissione di rendere più coerente la politica UE in materia di reazione alle catastrofi e di elaborare un approccio globale comune ed equilibrato dell'UE nel settore della protezione civile, come già chiesto in passato dal CdR (1);

2.

sottolinea l'importanza dei livelli regionali e locali nel campo della protezione civile. Gli enti regionali e locali si trovano spesso in prima linea nella lotta contro le catastrofi naturali e di origine umana, e devono quindi essere necessariamente coinvolti negli sviluppi in questo campo, anche e soprattutto in considerazione del fatto che in numerosi Stati membri tali enti dispongono di competenze legislative;

3.

sottolinea ancora una volta - e tanto più alla luce della recente catastrofe giapponese - l'importanza di un sistema di soccorso alla popolazione efficace e con tempi di reazione rapidi, che in questi termini può essere realizzato soltanto a livello regionale e locale; ribadisce la richiesta, già formulata nella risoluzione Le conseguenze delle catastrofi naturali e del disastro nucleare in Giappone: gli insegnamenti per l'Unione europea (CdR 123/2011 fin), di riaprire il dibattito sulle questioni centrali della sicurezza alla luce degli insegnamenti tratti in Giappone, tenendo conto altresì degli ultimi risultati della ricerca scientifica; chiede agli Stati membri e alle regioni di riesaminare i loro piani attuali in materia di protezione civile in base a tali elementi e, se del caso, di rivederli di conseguenza;

4.

si compiace del fatto che la Commissione abbia chiarito che il rafforzamento delle capacità di reazione alle catastrofi dell'UE dovrà essere conseguito sulla base di unità e forze messe a disposizione dagli Stati membri. Il CdR sostiene tale strategia della Commissione, che si appoggia a queste strutture già esistenti per riunire le risorse in maniera ancora più efficace e coordinarne l'impiego senza perciò dar luogo ad ulteriori oneri amministrativi. Grazie a un miglior coordinamento si possono ottenere risultati ancora più efficaci per le persone colpite dalle catastrofi;

5.

aderisce, per quanto concerne le attività nel campo della protezione civile, ai principi di solidarietà, sussidiarietà e prevenzione;

6

sottolinea come sia importante l'impegno dell'UE per il sostegno alle misure adottate dagli Stati membri. Proprio i danni causati dalle precedenti catastrofi naturali o di origine umana mostrano che, per alcuni aspetti, vi è ancora bisogno di ottimizzare la risposta a livello degli Stati membri; e anche in materia di ulteriore rafforzamento della cooperazione transnazionale e interregionale esiste ancora margine per un ulteriore miglioramento. Al riguardo l'UE può, soprattutto grazie a un migliore coordinamento, recare un valido contributo a una cooperazione ancora più efficace ed efficiente;

7.

pone l'accento sull'importanza di questo tema sullo sfondo dei cambiamenti climatici: la frequenza e la gravità delle catastrofi naturali sono allarmanti, e in particolare le inondazioni, le siccità e gli incendi boschivi, come pure i danni dovuti al gelo e alla neve, rappresentano un pericolo crescente;

8.

sottolinea inoltre l'importanza di questo problema nel contesto di altre calamità naturali: è il caso, ad esempio, delle eruzioni vulcaniche o dei terremoti, i quali, come mostrano le statistiche, colpiscono e continueranno a colpire l'Europa meridionale, la Turchia e persino l'Europa centrale a intervalli variabili di tempo;

9.

fa notare che il Trattato di Lisbona ha introdotto una clausola di solidarietà (articolo 222 TFUE) secondo cui l'Unione e gli Stati membri agiscono congiuntamente nel caso di una calamità naturale o provocata dall'uomo sul territorio dell'UE. Inoltre, il CdR accoglie con favore il rafforzamento del ruolo di coordinamento dell'UE in base al principio di sussidiarietà e la promozione della cooperazione e dell'aiuto reciproco fra Stati membri, ai sensi del combinato disposto degli articoli 6, lettera f), 2, paragrafo 5, e 196 TFUE.

Valutare le carenze

10.

dichiara che le ulteriori attività di potenziamento della reazione alle catastrofi e della capacità di risposta alle crisi devono avere come punto focale un'analisi strutturata delle condizioni di partenza e delle eventuali carenze, al fine di poter sviluppare ipotesi di soluzione appropriate;

11.

sottolinea che al riguardo è senz'altro importante individuare e repertoriare le risorse disponibili negli Stati membri, ma che in una seconda fase occorre - accanto alle misure volte a migliorare il coordinamento e la disponibilità - verificare sulla base delle risorse così individuate quali carenze sussistano e dove esista un bisogno concreto che l'UE sostenga gli Stati membri nell'ottimizzazione del «pre-posizionamento» dei loro mezzi di soccorso. Gli interventi concreti dovrebbero poi essere effettuati solo sulla base dei risultati debitamente fondati di tale valutazione.

Moduli di una reazione europea alle catastrofi

12.

appoggia gli sforzi della Commissione volti a sviluppare sistemi di pianificazione anticipata che vadano al di là dell'attuale sistema di aiuto «ad hoc» degli Stati membri;

13.

è d'accordo con la Commissione sull'utilità di elaborare scenari di riferimento, individuare e inventariare le risorse nazionali disponibili sulla base di tali scenari nonché intensificare l'esecuzione di esercitazioni (test): tali misure, infatti, consentono di impiegare le risorse esistenti in modo ancora più efficace ed efficiente per la protezione dei cittadini e di testarle o integrarle in tempo utile. Anche piani di emergenza appropriati possono rappresentare uno strumento valido in tal senso;

14.

dà atto degli sforzi della Commissione per continuare a migliorare le capacità di reazione alle catastrofi. Tale obiettivo andrebbe perseguito anche attraverso un ulteriore sviluppo della procedura dell'UE, sostanzialmente dimostratasi efficace.

Principi della protezione civile: solidarietà, sussidiarietà e prevenzione

15.

aderisce espressamente al principio della solidarietà e dell'aiuto reciproco in caso di catastrofe, enunciato in numerosi accordi internazionali e bilaterali e messo in atto in molteplici casi di aiuto concreto tra le regioni. La multiforme cooperazione tra le regioni al di là delle frontiere nazionali mostra che, in caso di catastrofi, sono anche e soprattutto le regioni a recare un contributo essenziale ad un aiuto rapido. Questa proficua cooperazione comprende anche l'obiettivo comune di creare una mappa dei rischi e di procedere a una valutazione delle potenziali minacce. Le regioni svolgono un ruolo cruciale in questo campo, dal momento che sono particolarmente colpite dalle catastrofi naturali e che per questo motivo hanno sviluppato servizi di protezione civile e acquisito esperienze che possono essere «esportate» nei paesi terzi vicini. È il caso, in particolare, delle regioni ultraperiferiche, le quali hanno acquisito esperienze preziose che possono essere trasferite nelle regioni circostanti;

16.

pone l'accento sul fatto che in questo campo la responsabilità primaria incombe agli Stati membri e le relative competenze dell'UE sono disciplinate dall'articolo 196 TFUE, come da ultimo sottolineato anche dal Consiglio Affari generali nelle sue conclusioni del 14 dicembre 2010 (2);

17.

ribadisce che dovrebbero essere aiutati in particolare gli Stati membri e le regioni frequentemente e ripetutamente colpiti da catastrofi naturali, in modo da renderli ancora più capaci di reagire a queste situazioni in modo rapido ed efficace;

18.

è dell'avviso che il sostegno offerto dall'UE per ovviare alle eventuali carenze riscontrate in singoli campi dovrebbe soprattutto puntare ad accelerare la creazione e lo sviluppo delle capacità di reazione alle catastrofi all'interno e da parte degli stessi Stati membri, conformemente agli standard e alle norme adottati dall'UE;

19.

sottolinea che il TFUE assegna all'UE un ruolo di sostegno, coordinamento e completamento dell'azione degli Stati membri nell'ambito della reazione alle catastrofi. Per questo motivo il Centro di monitoraggio e informazione (Monitoring and Information Centre - MIC) svolge un ruolo di coordinamento, mentre l'UE non dispone delle competenze necessarie né per la creazione di unità proprie né per assumere la guida di unità e altre risorse messe a disposizione dagli Stati membri. Tutte le programmazioni e gli interventi devono quindi essere opportunamente adattati ed effettuati in funzione delle norme che consentono agli Stati membri di dare concreta attuazione al principio di sussidiarietà;

20.

constata che le unità e gli impianti a livello regionale e locale negli Stati membri svolgono un ruolo centrale nell'architettura della protezione civile. Le forze nazionali, regionali e locali sono quelle più adatte per una reazione efficace e rapida alle catastrofi. Solo una rete capillare di misure di prevenzione adeguate può fronteggiare le catastrofi in maniera rapida ed efficace ed attenuarne le conseguenze nel modo migliore possibile. Proprio le esperienze di recente acquisite sul campo nella gestione delle catastrofi (incendi boschivi e inondazioni) mostrano come sia importante una risposta rapida e rigorosa per reagire in modo efficace a questo tipo di situazioni;

21.

reputa inoltre indispensabile che le regioni e i territori esposti ad una minaccia comune continuino a cooperare intensamente. In proposito le regioni, in quanto istanze competenti e responsabili per una protezione civile efficace ed efficiente sul territorio, pongono nuovamente l'accento sul loro particolare attaccamento alla solidarietà transnazionale. Attualmente esiste già tutta una serie di convenzioni e accordi di aiuto internazionali con cui le regioni si sono obbligate a prestarsi reciprocamente assistenza e che costituiscono la base di una cooperazione riuscita. Le regioni hanno già dimostrato, in un gran numero di casi, di essere in grado di tradurre questi accordi in misure concrete. La necessità di creare una mappa dei rischi e di procedere a una valutazione delle potenziali minacce potrebbe risultare molto utile in termini pratici;

22.

dichiara che una protezione civile efficace e capillare sul territorio può essere realizzata anche e soprattutto con l'aiuto di volontari. Rafforzare le strutture di volontariato significa quindi contribuire in maniera efficace a migliorare le capacità regionali in materia di reazione alle catastrofi. Il CdR chiede alla Commissione di assicurare in futuro un sostegno forte alla creazione e allo sviluppo di strutture di volontariato in materia di protezione civile nelle regioni in cui esista un'istanza in tal senso. L'Anno europeo del volontariato dovrebbe appunto servire a sostenere gli Stati membri nei loro sforzi per creare strutture di questo tipo;

23.

riconosce che, soprattutto in considerazione dei crescenti rischi di catastrofi naturali indotti dai cambiamenti climatici, il tema della prevenzione assume un'importanza straordinaria. L'UE dovrebbe quindi rafforzare le sue attività in materia e in particolare aiutare le regioni ad adottare le misure necessarie per evitare le catastrofi naturali o limitarne per quanto possibile le conseguenze. Proprio le esperienze in materia di incendi boschivi nei paesi dell'Europa meridionale hanno dimostrato quale efficacia possano avere le misure preventive e quale importanza esse rivestano.

I principi delle misure di aiuto umanitario

24.

è favorevole all'idea di sfruttare, in forza di accordi giuridicamente vincolanti tra regioni o altri enti, le sinergie derivanti dal previsto potenziamento del MIC in quanto istanza di coordinamento dei soccorsi nei campi della protezione civile e dell'aiuto umanitario, ferma restando la necessità di assicurarsi del costante rispetto delle differenze giuridiche e strutturali tra questi due ambiti;

25.

appoggia gli sforzi tesi a coordinare con più efficacia le misure di aiuto umanitario insieme con le pertinenti organizzazioni internazionali governative e non governative. Grazie a una più intensa cooperazione e alla possibilità di avvalersi di banche dati telematiche di singoli enti (regioni), si dovrebbe evitare la creazione di strutture-doppioni, e ciò vale in particolare per la creazione di magazzini di generi di aiuto propri dell'UE. Proprio nel campo degli aiuti in natura, inoltre, si dovrebbe puntare anche a sinergie tra gli aiuti prestati dagli Stati membri e l'aiuto umanitario finanziato dall'UE, e ricercare il coordinamento con tutti gli altri soggetti coinvolti, e in particolare con le regioni, al fine di accrescere l'efficacia di tali interventi;

26.

rammenta che alcune regioni, tra cui quelle ultraperiferiche, costituiscono, per la loro situazione geostrategica, attori europei di cruciale importanza ai fini degli interventi umanitari d'urgenza effettuati all'esterno dell'UE - e lo si è visto anche in occasione di alcuni interventi recenti, come quello effettuato ad Haiti;

27.

considera un compito di cruciale importanza migliorare in futuro la visibilità delle misure adottate nel campo della reazione alle catastrofi e dell'aiuto umanitario. Ciò serve non solo all'informazione dei cittadini dell'Unione in merito alla reazione dell'UE alle catastrofi e al rafforzamento politico dell'UE in quanto partner internazionale responsabile e affidabile, ma vale anche ad offrire una motivazione supplementare ad impegnarsi alle molte persone che rendono appunto possibili queste misure di aiuto. La definizione di una strategia di comunicazione comune in materia, supportata da strumenti IT e pagine web (banche dati di capacità e risorse), è un elemento importante per il miglioramento di tale visibilità. Questa strategia di comunicazione dovrebbe includere anche una rappresentazione adeguata dell'efficacia dei meccanismi e delle strutture di aiuto esistenti;

28.

richiama l'attenzione sulle esperienze recentemente tratte sul campo dagli interventi internazionali di aiuto in materia di protezione civile, che hanno mostrato come la capacità di organizzare ed effettuare trasporti rapidi e senza eccessivi oneri amministrativi rappresenti un fattore essenziale per garantire l'efficacia dell'aiuto. Pertanto, nell'ottica dell'ottimizzazione degli interventi internazionali, il CdR esprime vivo compiacimento per la proposta di potenziare il cofinanziamento dei costi di trasporto. Al riguardo bisognerebbe altresì valutare come migliorare la fornitura e il reperimento di capacità di trasporto adeguate. A tal fine è necessario trovare dei modi che consentano a chi reca assistenza di intervenire rapidamente nelle regioni colpite, ma anche senza troppe formalità amministrative e senza doversi far carico anche di spese di trasporto. L'obiettivo dev'essere quello di esentare, per quanto possibile, da queste spese chi mette già a disposizione le risorse necessarie;

29.

esorta a continuare a promuovere e sostenere in maniera mirata la cooperazione regionale efficace, anche e soprattutto nell'ambito delle relative strategie nazionali di prevenzione; fa notare che l'iniziativa Interreg si è rivelata molto valida proprio nello scambio a livello transfrontaliero di buone pratiche nel settore della prevenzione delle calamità naturali. L'istituzione di gruppi europei di cooperazione territoriale (GECT) può migliorare ulteriormente l'attuazione di misure di prevenzione delle catastrofi per quanto concerne le banche dati comuni, le esercitazioni, la valutazione dei rischi e il sistema di allarme rapido, nonché il trasferimento di tecnologie e lo scambio di esperti;

30.

accoglie con favore la richiesta della Commissione di utilizzare al meglio le risorse disponibili e di non generare oneri finanziari e amministrativi supplementari. Ciò riveste un'importanza particolare proprio per gli enti regionali e locali, che possono sì vantare un'ampia conoscenza in materia di prevenzione e reazione alle catastrofi, ma devono fare i conti con una dotazione finanziaria limitata. Questo vale anche e soprattutto per gli interventi nel campo dell'aiuto umanitario, per i quali non è disponibile alcuna risorsa specifica a livello di enti regionali e locali, dato che tali interventi non rientrano nelle loro competenze originarie.

Rafforzamento e modalità di funzionamento del MIC

31.

si compiace del previsto rafforzamento del MIC in quanto strumento di coordinamento degli interventi, sia per prestare assistenza in caso di catastrofi sul territorio dell'Unione che per interventi umanitari in paesi terzi, soprattutto nei paesi caratterizzati da una maggiore vulnerabilità alle catastrofi e da un minor indice di sviluppo umano. Tuttavia, è necessario tener conto del fatto che al riguardo non si prevede che esso assuma anche compiti operativi. La responsabilità operativa deve continuare a incombere a chi presta assistenza, dato che questi è nella posizione più idonea per assumersi tale compito.

Osservazioni conclusive

32.

aderisce ai principi di solidarietà, cooperazione, concertazione e sostegno reciproco tra gli Stati membri, le regioni e gli enti locali dell'UE nel campo della protezione civile (3), e condivide il parere della Commissione secondo cui in questo campo è necessario migliorare ulteriormente la coerenza, l'efficienza e la visibilità, con l'obiettivo di pervenire a una capacità di reazione europea alle catastrofi più fortemente integrata;

33.

tuttavia, rammenta anche che la protezione civile è in primo luogo compito degli Stati membri nonché dei livelli di governo regionale e locale, le cui competenze non devono essere violate;

34.

si rallegra quindi, tenuto conto della competenza attribuita all'UE dal combinato disposto degli articoli 6, lettera f), 2, paragrafo 5, e 196 TFUE, che la Commissione non abbia chiesto la creazione di un corpo di protezione civile europeo;

35.

appoggia gli sforzi della Commissione volti a sviluppare un approccio globale comune dell'UE al fine di disciplinare gli aspetti della prevenzione delle catastrofi, della reazione ad esse e della gestione delle loro conseguenze su una base conforme ai Trattati.

Bruxelles, 11 maggio 2011

La presidente del Comitato delle regioni

Mercedes BRESSO


(1)  CdR 139/2009 fin.

(2)  Conclusioni del Consiglio Affari generali, 3060a riunione del 14.12.2010.

(3)  Come già nel parere CdR 116/2006 fin.


1.7.2011   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 192/20


Parere del Comitato delle regioni «La PAC verso il 2020: rispondere alle future sfide dell'alimentazione, delle risorse naturali e del territorio»

2011/C 192/05

IL COMITATO DELLE REGIONI

sottolinea che i pagamenti diretti devono continuare a rappresentare lo strumento di base per la stabilizzazione dei redditi degli agricoltori, a titolo di remunerazione per i beni pubblici messi a disposizione e di compensazione per gli standard più elevati che vigono nell'UE, e a condizione che il disaccoppiamento non comporti il rischio di abbandono della produzione nelle zone che presentano svantaggi naturali permanenti;

sottolinea che la PAC e la politica di coesione non possono essere considerate separatamente. Gli obiettivi territoriali delle due politiche devono essere coordinati meglio di quanto non accada ora, soprattutto a livello dell'UE;

ribadisce il suo sostegno alla proposta di definire un quadro strategico comune in cui rientrerebbero i fondi strutturali e gli altri fondi di sviluppo territoriale come il FEASR e il FEP;

esprime preoccupazione circa i primi orientamenti elaborati dalla Commissione in materia di regolamentazione dei mercati agricoli dopo il 2013 e ritiene che il futuro della politica agricola comune sia indissociabile dal mantenimento dei meccanismi di regolamentazione pubblica dei mercati per contrastare la volatilità dei prezzi e garantire che questi ultimi siano stabili per i produttori e i consumatori;

osserva che il futuro della PAC non può essere considerato separatamente dal futuro della politica europea in materia di commercio. Se l'UE vuole contribuire alla sicurezza alimentare nel mondo, occorre che la politica europea e internazionale del commercio punti, anche nel quadro dell'OMC, a far sì che l'agricoltura europea possa produrre in condizioni eque;

sottolinea in modo particolare l'aspetto della sussidiarietà nella definizione della politica di coesione e della PAC future: senza mettere in causa l'approccio europeo e il valore aggiunto di una politica comune, il CdR ritiene che gli enti regionali e locali debbano essere coinvolti maggiormente nella definizione dei futuri pilastri della PAC del futuro. È assolutamente indispensabile creare un quadro per la governance multilivello se si vuole allo stesso tempo mantenere l'approccio europeo della PAC, rafforzare la responsabilità locale e migliorare il consenso della società nei confronti della politica agricola;

sottolinea che gli obiettivi della politica agricola potranno essere raggiunti soltanto se anche dopo il 2014 vi saranno risorse finanziarie sufficienti.

Relatore

Luis DURNWALDER (IT/PPE), presidente della provincia autonoma di Bolzano

Testo di riferimento

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - La PAC verso il 2020: rispondere alle future sfide dell'alimentazione, delle risorse naturali e del territorio

COM(2010) 672 definitivo

I.   OSSERVAZIONI GENERALI

IL COMITATO DELLE REGIONI

Constata quanto segue:

1.

l'agricoltura è un comparto di grande importanza per lo sviluppo delle zone rurali d'Europa, in quanto fornisce occupazione a quasi 30 milioni di persone. Le zone rurali ricoprono il 90 % del territorio dell'Unione europea e ospitano il 60 % dei cittadini europei;

2.

l'agricoltura permette di garantire l'approvvigionamento alimentare degli europei, mette in moto circuiti economici e crea posti di lavoro. Inoltre essa crea habitat di elevata qualità, contribuisce all’assetto idrogeologico del territorio, conserva paesaggi culturali e mantiene le tradizioni. Senza l'agricoltura è impensabile uno sviluppo multifunzionale e sostenibile delle zone rurali in Europa;

3.

per questo, la politica agricola comune (PAC) è uno dei settori centrali di competenza dell'Europa fin dalla creazione della Comunità economica europea. La PAC ha dimostrato che una politica comune in campo agricolo può rappresentare un cospicuo valore aggiunto per la società europea, e gli obiettivi della strategia Europa 2020 possono essere promossi mediante patti territoriali;

4.

la PAC ha avuto successo e continua ad averne anche perché nel corso dei decenni ha sempre affrontato le nuove sfide che si presentavano in Europa e nel mondo ed è stata adeguata di conseguenza;

5.

le condizioni economiche generali, la volatilità dei prezzi, il calo dei redditi degli agricoltori, la crescente domanda di prodotti alimentari e materie prime agricole nel mondo, le richieste di metodi produttivi sostenibili e più ecologici, in particolare di una più forte difesa del clima e di una protezione contro gli effetti negativi dei cambiamenti climatici nel settore dell'agricoltura, ma anche di una maggiore difesa degli animali e di un'adeguata tutela dei consumatori, in termini sia di sicurezza alimentare che di garanzia degli approvvigionamenti agricoli, rendono ormai necessario pensare alla PAC del dopo 2013;

6.

il Comitato delle regioni ha già emesso un parere di iniziativa sul futuro della PAC dopo il 2013, nel corso della sua 85a sessione plenaria del 9 e 10 giugno 2010. In tale parere asseriva che la PAC deve:

rimanere una politica comune,

garantire l'indipendenza e la sicurezza alimentare degli europei,

garantire la stabilità dei redditi degli agricoltori,

andare a vantaggio di tutti i prodotti, promuovere l'introduzione di metodi agricoli alternativi e favorire l'occupazione e l'utilizzo sostenibile dei terreni,

favorire i sistemi produttivi rispettosi dell'ambiente e delle risorse naturali, compresi il paesaggio e la biodiversità,

tener conto degli svantaggi naturali e geografici (zone montuose, isole, zone scarsamente popolate, regioni ultraperiferiche),

concentrarsi sull'agricoltura e l'alimentazione,

contribuire allo sviluppo e alla semplificazione di determinate modalità di applicazione e amministrazione del primo e secondo pilastro della PAC, in particolare tramite un maggiore e migliore coinvolgimento degli enti territoriali,

disporre di una dotazione finanziaria all'altezza delle sfide e delle problematiche che l'attendono in futuro;

7.

il 27 gennaio 2011 il Comitato delle regioni ha adottato un parere di prospettiva sul tema I sistemi agroalimentari locali, in cui sottolinea l'importanza di un'agricoltura europea diversificata e il valore aggiunto della commercializzazione locale per esigenze ambientali, sociali ed economiche;

8.

nel solco dei propri lavori sulla riforma della PAC e in risposta alla comunicazione del novembre 2010, il Comitato delle regioni prende atto con soddisfazione che la Commissione ha affrontato nella sua comunicazione molti dei punti da lui sollevati nel parere sopra citato, e sottolinea che questi punti devono essere considerati e fatti valere nel corso della riforma;

9.

il Comitato delle regioni sottolinea in modo particolare l'importanza della PAC, soprattutto del suo secondo pilastro, per lo sviluppo complessivo delle zone rurali in Europa. Tale pilastro a sua volta presenta diversi punti in comune con la politica di coesione, per cui questi due ambiti, anche se autonomi l'uno dall'altro ed entrambi essenziali, non possono essere considerati separatamente. Gli obiettivi territoriali delle due politiche devono essere coordinati meglio di quanto non accada ora, soprattutto a livello dell'UE. Il CdR sottolinea la necessità che il terzo asse del secondo pilastro sia dotato di risorse sufficienti per migliorare la qualità della vita nelle zone rurali e promuovere la diversificazione di tali zone;

10.

il Comitato delle regioni sottolinea in modo particolare l'aspetto della sussidiarietà nella definizione della politica di coesione e della PAC future: senza mettere in causa l'approccio europeo e il valore aggiunto di una politica comune, il CdR ritiene che gli enti regionali e locali debbano essere coinvolti maggiormente nella definizione dei futuri pilastri della PAC del futuro. È assolutamente indispensabile creare un quadro per la governance multilivello (Stati membri dell'UE, regioni e comuni) se si vuole allo stesso tempo mantenere l'approccio europeo della PAC, rafforzare la responsabilità locale e migliorare il consenso della società nei confronti della politica agricola. Parallelamente, occorre però evitare che il principio di sussidiarietà generi un inutile proliferare di livelli di pianificazione causando oneri amministrativi insostenibili.

Le sfide della PAC

Constata inoltre quanto segue:

11.

la domanda mondiale di prodotti alimentari è destinata a crescere, non soltanto per il previsto aumento della popolazione del pianeta, ma anche per l'aumento del potere d'acquisto in molti paesi emergenti, con le conseguenti trasformazioni delle abitudini alimentari della popolazione. La PAC, il cui compito fondamentale è quello di alimentare le persone in Europa e di contribuire all'equilibrio alimentare, può e deve contribuire a soddisfare questo aumento della domanda mondiale. L'agricoltura contribuisce in modo rilevante anche a mettere a disposizione beni pubblici, il che si può tradurre, in particolare, nell'approvvigionamento di energia e di materie prime rinnovabili - non in concorrenza diretta con i prodotti alimentari - e nella conservazione del dinamismo delle zone rurali;

12.

in questo contesto, il futuro della PAC non può essere considerato separatamente dal futuro della politica europea in materia di commercio. Se l'UE vuole contribuire alla sicurezza alimentare nel mondo, occorre che la stessa UE e la politica internazionale del commercio puntino, anche nel quadro dell'OMC, a far sì che l'agricoltura dell'UE possa produrre in condizioni eque. Se gli agricoltori devono rispettare requisiti che vanno oltre gli standard internazionali causando loro costi aggiuntivi, questi ultimi devono essere considerati nelle disposizioni sulle importazioni nel quadro degli accordi commerciali internazionali;

13.

l'attività agricola presenta una connessione speciale con l'ambiente. Pertanto, la richiesta di un utilizzo sostenibile delle risorse naturali è non soltanto una giusta istanza della società, ma anche un interesse vitale per gli stessi agricoltori e per il mantenimento delle potenzialità di produzione agricola. L'agricoltura insomma dovrebbe anche contribuire ad affrontare problemi come i cambiamenti climatici, l'isterilimento dei suoli, la scarsità e l'inquinamento dell'acqua, la scomparsa di habitat e la perdita di biodiversità, e la PAC dove promuovere la ricerca di soluzioni a questi problemi;

14.

al riguardo, va sottolineato in modo particolare il ruolo dell'agricoltura nella lotta ai cambiamenti climatici. Gli agricoltori hanno già compiuto notevoli sforzi per ridurre in modo significativo le emissioni di gas serra, ma è ancora necessario lavorare attivamente alla formulazione di strategie di adattamento per consentire all'agricoltura di svolgere anche in futuro i compiti summenzionati. Tuttavia, occorre anche sottolineare il ruolo che può essere svolto dal suolo come pozzo di assorbimento di carbonio, che al tempo stesso migliora la capacità produttiva del terreno con l'aumentare della presenza di materia organica, e l'effetto «assorbimento» delle coltivazioni legnose. L'agricoltura è uno dei settori chiave per la soluzione del problema: essa infatti contribuisce a un approvvigionamento energetico sostenibile e all'utilizzazione di prodotti chimici a basso impatto ambientale, basati su materie prime rinnovabili. In questo contesto, hanno un ruolo importante anche le regioni e gli enti locali che sostengono concetti energetici innovativi, come quelli basati sulla biomassa: la principale fonte energetica prodotta sostenibilmente in tale contesto è il legno, e pertanto anche in futuro sarà necessario rafforzare, nel quadro dello sviluppo rurale, sia la silvicoltura nelle regioni in cui il bosco contribuisce in modo importante a proteggere da pericoli, a combattere l'erosione e ad attrarre turisti, sia lo sfruttamento dei rifiuti vegetali delle coltivazioni legnose;

15.

il Comitato delle regioni sostiene la posizione della Commissione secondo cui bisogna continuare a sviluppare la politica agricola sulla base di due pilastri coordinati, in base a una struttura che mantenga la configurazione dei pilastri attuale. Il Comitato sottolinea tuttavia l'importanza di precisare maggiormente gli obiettivi che rientrano in ciascuno dei due pilastri;

16.

i pagamenti diretti del primo pilastro garantiscono i redditi degli agricoltori, remunerano le loro attività che generano beni pubblici come la difesa del paesaggio, la tutela dell'ambiente e la sicurezza alimentare, cui i cittadini europei di oggi non sono disposti a rinunciare, cercano di compensare i più elevati standard dell'UE rispetto a quelli della concorrenza sul mercato mondiale e consentono di ammortizzare gli effetti della volatilità del mercato;

17.

il secondo pilastro promuove lo sviluppo delle zone rurali, per cui dev'essere adattato alle esigenze specifiche regionali. Inoltre le regioni e gli enti locali devono partecipare alla sua definizione, poiché condividono la responsabilità di dargli forma attraverso il cofinanziamento;

18.

il Comitato delle regioni sottolinea che gli obiettivi della politica agricola comune potranno essere raggiunti soltanto se anche dopo il 2014 vi saranno risorse finanziarie sufficienti.

II.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

Pagamenti diretti

19.

sottolinea che i pagamenti diretti devono continuare a rappresentare lo strumento di base per la stabilizzazione dei redditi degli agricoltori, a titolo di remunerazione per i beni pubblici messi a disposizione e di compensazione per gli standard più elevati che vigono nell'UE, e a condizione che il disaccoppiamento non comporti il rischio di abbandono della produzione nelle zone che presentano svantaggi naturali permanenti;

20.

sostiene la richiesta di distribuire in futuro in modo più equo i pagamenti diretti, poiché il sistema attuale di tali pagamenti, calcolato sulla base delle quantità prodotte in passato, provoca una distorsione della concorrenza all'interno dell'UE e deve essere sostituito con un sistema in cui le diverse pratiche agricole siano poste su un piano di uguaglianza all'interno dell'Unione europea;

21.

è dell'opinione che, per evitare squilibri di mercato all'interno dell'UE, i pagamenti unici dovrebbero essere ulteriormente avvicinati ma sottolinea che la ripartizione delle risorse fra i singoli Stati membri deve tener conto di entrambi i pilastri;

22.

è favorevole a un proseguimento del modello di pagamento disaccoppiato e sostiene le proposte della Commissione a favore della rapida soppressione dei pagamenti basati sui precedenti storici e a quelli specifici per azienda. Si esprime quindi a favore del passaggio a un premio a base regionalizzata;

23.

sottolinea la necessità che, nel corso del passaggio graduale di cui sopra, sia smantellata la distribuzione diseguale dei pagamenti unici all'interno dei singoli Stati membri generata dalla ripartizione basata sui precedenti storici, poiché è contraria allo spirito del disaccoppiamento e perché causa squilibri di mercato inaccettabili all'interno degli Stati membri, ma fa presente che occorre stabilire un periodo di transizione che permetta l'adattamento delle aziende al nuovo regime di aiuti;

24.

sostiene la proposta della Commissione di introdurre un limite massimo per i pagamenti unici e sottolinea che tale limite deve tenere in considerazione le diverse forme aziendali, l'associazionismo e il contributo di ciascuna azienda all'occupazione, nonché il numero dei membri nel caso di persone giuridiche, e che non deve impedire il necessario adeguamento strutturale dell'agricoltura nell'Unione europea;

25.

sottoscrive le riflessioni della Commissione per cui anche in futuro, nelle zone con problemi specifici e per le forme di agricoltura particolarmente importanti per il proseguimento delle attività agricole in tali zone, si devono prevedere pagamenti accoppiati. In questo contesto occorre ricordare l'importanza degli erbivori per le zone montane e per le regioni artiche, insulari e a bassa densità demografica, ossia sistemi produttivi che a causa del clima e delle particolarità del territorio richiedono un'assistenza specifica, e in particolare per la conservazione dell'industria lattiero-casearia in tali zone anche dopo la scadenza del sistema delle quote latte. Senza un'industria lattiero-casearia funzionante è impossibile riuscire a conservare i terreni adibiti all'agricoltura, soprattutto per quanto riguarda i prati e i pascoli delle zone di alta e media montagna e i boschi mediterranei erbosi. Risulta inoltre particolarmente importante l'uliveto a basso rendimento nelle zone di montagna e in altre zone caratterizzate da limitazioni agroclimatiche. Inoltre, per garantire la conservazione degli ecosistemi pastorali europei e dell'attività in determinate regioni, è altresì importante mantenere il settore delle carni bovine, ovine e caprine. Se questo tipo di terreni venisse sottratto alle attività agricole, si perderebbe per sempre il paesaggio culturale unico delle relative zone. Inoltre, l'allevamento di bovini garantisce l'utilizzo dei terreni marginali anche nelle zone periurbane. Questo aspetto è importante per mantenere spazi liberi (ad esempio come aree golenali) e consentirne al tempo stesso un certo sfruttamento economico. Senza aiuti accoppiati viene messa a rischio la vitalità del settore, il quale non sarebbe così più in grado di svolgere questo ruolo;

26.

è necessario che gli aiuti accoppiati previsti dall'OMC vengano usati pienamente;

27.

appoggia la raccomandazione della Commissione sull'opportunità di aumentare i pagamenti unici nelle zone svantaggiate, così da compensare i costi supplementari di produzione e da promuovere un'agricoltura che si estenda su tutta l'Europa. Sottolinea che il suddetto aumento è giustificato e necessario nell'ottica di garantire in modo equo i redditi degli agricoltori in tutte le regioni europee;

28.

sottolinea che la PAC e i produttori agricoli non devono essere gli unici a svolgere un ruolo attivo contro le nuove sfide ambientali, ancor meno se non possono contare su un incremento finanziario a tal fine;

29.

sottolinea che i programmi agroambientali del secondo pilastro devono contribuire a realizzare l'obiettivo di un'agricoltura più attenta alle esigenze dell'ecologia. In questo contesto va osservato che alcuni Stati membri utilizzano meno del 10 % del bilancio complessivo del secondo pilastro e dunque non offrono quasi nessun programma agroambientale ai loro agricoltori. Per questo, il Comitato propone che in futuro tutti gli Stati membri debbano utilizzare almeno il 10 % del bilancio complessivo del secondo pilastro per i programmi agroambientali e che a tal fine possa essere applicato un cofinanziamento ridotto di almeno il 10 %;

30.

ritiene che l'agricoltura biologica e l'agricoltura integrata debbano disporre di un maggiore sostegno nel quadro della politica agricola comune poiché rientrano in una politica di sviluppo sostenibile;

31.

considera, visto il rapido invecchiamento degli agricoltori attivi nell'Unione europea, che sia urgentemente necessario introdurre misure aggiuntive a favore degli agricoltori giovani: i finanziamenti finora erogati a questi ultimi nel quadro del secondo pilastro si sono rivelati insufficienti ad arrestare l'invecchiamento delle persone attive nel settore agricolo. Oggi nell'UE solo il 7 % degli agricoltori ha meno di 35 anni, e un terzo ha superato i 65. Occorre pertanto esplorare se sia possibile prevedere un aumento dei pagamenti diretti del primo pilastro per i giovani agricoltori, in modo da fornire un ulteriore stimolo per i giovani a trovare un'occupazione nel settore agricolo;

32.

fa notare che vi è bisogno di servizi pubblici adeguati che consentano alle giovani generazioni di avviare aziende agricole nelle zone rurali. Stimolando i giovani ad acquisire sistemi di produzione innovativi e rispettosi dell'ambiente e offrendo loro nuove opportunità economiche alternative, è possibile preservare la capacità agricola delle zone rurali;

33.

sostiene la proposta della Commissione di introdurre una regolamentazione di sostegno specifica e semplificata per i piccoli agricoltori, al fine di conservare un'agricoltura tradizionale di piccole dimensioni, di fornire un aiuto aggiuntivo a questa tipologia di aziende agricole soprattutto nelle zone svantaggiate, e di eliminare gli oneri burocratici. Sottolinea in questo senso che l'82 % degli agricoltori europei ha ricevuto un finanziamento inferiore a 5 000 euro, per cui una semplificazione amministrativa nel caso dei piccoli agricoltori significherebbe un cospicuo alleggerimento delle procedure e un aumento del consenso per la PAC fra gli agricoltori stessi;

34.

ricorda che occorre semplificare la condizionalità e il sistema integrato di gestione e controllo (SIGC) senza mettere in forse la funzionalità del sistema. Il punto di partenza in questo senso è rappresentato dall'introduzione di criteri fondamentali validi in tutta l'UE per il controllo locale della condizionalità e dal dimezzamento delle quote di controllo per quanto riguarda la condizionalità e il sistema integrato, al fine di uniformare i requisiti e i controlli nelle diverse regioni europee, nella misura in cui gli Stati membri possono dimostrare di possedere sistemi funzionanti e applicano soglie di tolleranza realistiche;

35.

concorda con la Commissione sulla necessità di effettuare pagamenti solo agli agricoltori attivi, senza però trascurare quanti praticano l'agricoltura come seconda attività, che spesso svolgono un ruolo importante per il mantenimento dell'agricoltura, soprattutto nelle zone svantaggiate; propone tuttavia che la Commissione fornisca definizioni di base in merito ai concetti di «agricoltore attivo» e di «terreno agricolo», che possano essere completate a livello di Stato membro o di regione;

36.

ritiene che, per i settori che finora sono stati disciplinati da organizzazioni di mercato proprie e in cui il sistema dei pagamenti unici disaccoppiati non è applicato o lo è solo in parte, come nel caso della produzione di frutta e verdura, di vino o di zucchero, si debba mantenere l'organizzazione di mercato rispettiva.

Misure di mercato

37.

esprime preoccupazione circa i primi orientamenti elaborati dalla Commissione in materia di regolamentazione dei mercati agricoli dopo il 2013 e ritiene che il futuro della politica agricola comune sia indissociabile dal mantenimento dei meccanismi di regolamentazione pubblica dei mercati per contrastare la volatilità dei prezzi e garantire che questi ultimi siano stabili per i produttori e i consumatori;

38.

fa osservare che la preferenza comunitaria deve continuare ad essere considerata un principio importante della PAC e che essa contribuisce sensibilmente a mantenere l'indipendenza alimentare dell'Europa;

39.

è dell'opinione che gli strumenti di mercato ancora esistenti, come l'intervento, l'ammasso privato e pubblico e le sovvenzioni alle esportazioni per prodotti particolari, si siano rivelati assolutamente indispensabili e debbano quindi essere mantenuti come rete di sicurezza dotata di una propria linea di bilancio;

40.

ricorda che il disaccoppiamento ha indotto l'agricoltura europea ad orientarsi maggiormente al mercato, ma questo sviluppo si traduce in una forte volatilità dei prezzi che è dannosa per la sopravvivenza delle aziende agricole;

41.

sottolinea che gli strumenti di mercato devono essere concepiti da una parte per garantire l'approvvigionamento dei mercati agricoli, proteggere gli agricoltori da crolli improvvisi dei prezzi e dalla conseguente perdita di redditi, dall'altra per limitare la volatilità dei prezzi al consumo dei generi alimentari;

42.

ritiene che tali strumenti debbano essere assolutamente migliorati. In tal senso andrebbe esaminata la possibilità di ampliare l'elenco dei prodotti per i quali si stabilisce l'ammasso temporaneo, aumentare i periodi di intervento e mettere in pratica misure di abbandono temporaneo della produzione. Di pari passo, è necessario impedire, con mezzi adeguati, gli abusi nel commercio di prodotti agricoli di base, senza intralciare il buon funzionamento dei mercati. Tutto questo serve ad evitare una volatilità dei mercati dovuta a crisi agrarie o sanitarie;

43.

fa osservare che la partecipazione degli agricoltori al valore aggiunto che si crea all'interno della catena di produzione degli alimenti si sta continuamente riducendo, e che occorre sviluppare strumenti di mercato atti a contenere questa tendenza. Invita pertanto la Commissione ad adottare in tutti i settori produttivi disposizioni quadro in materia di alleanze fra produttori e organizzazioni interprofessionali, rafforzando così anche la posizione degli agricoltori nella catena di produzione degli alimenti. Per quanto riguarda inoltre la produzione di latte nelle zone che presentano svantaggi naturali o in altre zone le cui strutture o sistemi di produzione risultano vulnerabili occorre sostenere le alleanze fra produttori e la commercializzazione in comune del prodotto, per stemperare gli effetti della scadenza delle quote latte ed evitare che la produzione si sposti altrove;

44.

sarebbe favorevole a un'indagine della Commissione europea sull'impatto degli intermediari della vendita al dettaglio su produttori, distributori, fornitori e consumatori, nonché sull'ambiente in generale;

45.

ritiene che si debbano rivedere le norme europee in materia di concorrenza, per rendere veramente possibile l'equilibrio della catena di produzione degli alimenti;

46.

ritiene che occorra consolidare, oltre agli strumenti di gestione pubblica dei mercati, i sistemi previdenziali mutualistici come le assicurazioni multirischio e che in tale contesto vadano create le condizioni affinché gli Stati membri possano sostenere le alleanze e la cooperazione fra agricoltori, affinché possano tutelarsi a vicenda o collegarsi con altri anelli della catena di approvvigionamento alimentare, col conseguente calo degli oneri burocratici;

47.

sottolinea che negli scorsi anni l'UE ha compiuto notevoli sforzi per metter fine alle sovvenzioni all'esportazione ma rileva anche che l'abolizione definitiva di questo strumento deve essere vincolata alla disponibilità dei paesi terzi a sancire in sede di OMC il suo completo abbandono nel commercio internazionale; in questo caso sono necessari strumenti di sostegno all'esportazione, compatibili con le regole dell'OMC;

48.

invita la Commissione ad analizzare attentamente gli effetti dello smantellamento del sistema di quote attuale e ad elaborare misure per proteggere le strutture di produzione e lavorazione;

49.

chiede alla Commissione che, nelle opzioni che si presenteranno in futuro per la regolamentazione del settore dello zucchero e dell'isoglucosio, si tenga in considerazione un orientamento atto a garantire la produzione europea mediante redditi per i produttori di barbabietole, così da mantenere le coltivazioni e gli impianti di trasformazione esistenti;

50.

invita pertanto la Commissione a intensificare gli sforzi di ricerca e sviluppo in materia di innovazione e in rapporto alle attività di promozione commerciale; chiede pertanto che venga prestata un'attenzione costante alla ricerca sui generi alimentari nel quadro dei futuri programmi europei di ricerca e sviluppo;

51.

invita anche la Commissione, nell'ambito della politica commerciale e in particolare negli accordi bilaterali, a difendere con vigore gli interessi dell'agricoltura europea e a tener conto degli effetti di tale politica sulla PAC, in particolare per quanto riguarda gli effetti degli accordi bilaterali o degli accordi nel quadro dell'OMC sull'agricoltura europea, visto che i negoziati in sede OMC rappresentano un fattore cruciale per assicurare gli standard di sostenibilità europei a livello mondiale;

52.

nota al riguardo che i consumatori hanno il diritto di pretendere che gli elevati standard agricoli dell'UE in materia di diritti sociali, sicurezza degli alimenti, tutela dell'ambiente, qualità e difesa degli animali si applichino anche agli alimenti importati, e che tale diritto va strenuamente tutelato nelle trattative commerciali internazionali e bilaterali.

Sviluppo rurale

53.

rileva che, malgrado gli sforzi dell'Unione nel settore della PAC e della politica di coesione, molte zone rurali d'Europa continuano a soffrire di spopolamento e decrescita, e che il livello di sviluppo di queste zone si colloca sotto la media dell'UE e molto al di sotto del livello cui si attesta la maggior parte delle aree urbane;

54.

richiama l'attenzione sul ruolo particolare svolto dagli agricoltori nelle zone periurbane, in cui le risorse rurali e agricole possono essere sottoposte a intense pressioni, e sottolinea che andrebbe preservata questa produzione di generi alimentari e di beni pubblici in prossimità degli abitati urbani;

55.

sottolinea quindi l'importanza del secondo pilastro della politica agricola comune per lo sviluppo complessivo delle zone rurali, comprese quelle periurbane;

56.

sottolinea anche l'importanza del secondo pilastro della PAC per la modernizzazione dell'agricoltura, la conservazione e il miglioramento della struttura agricola, e in particolare per la preservazione e il miglioramento socioeconomico delle zone rurali e delle loro comunità nel loro complesso; per questo è necessario dotarsi di una politica di sviluppo rurale all'altezza della competitività nel settore dell'agricoltura, riservando una parte di questa politica alle azioni in materia di strutture e infrastrutture agricole e di industria agroalimentare;

57.

evidenzia che lo sviluppo rurale può apportare un importante contributo alla realizzazione degli obiettivi che l'UE si è data con la strategia Europa 2020; tuttavia, è necessario intendersi chiaramente su dove tracciare la linea di demarcazione tra i compiti delle politiche tematiche dell'UE (clima, energia) e dei relativi flussi di finanziamento, da una parte, e le azioni da sostenere coi fondi della PAC (o regionali), dall'altra;

58.

osserva che le misure di sviluppo rurale, pur rientrando nel secondo pilastro della PAC e rappresentando quindi uno strumento di politica agricola, presentano anche molti punti di contatto con la politica di coesione. Per questo nella programmazione è necessario coordinare gli obiettivi del secondo pilastro della politica agricola e quelli della politica di coesione, evitando ogni rischio di doppioni e «zone grigie» e sfruttando le sinergie, nonché rimettere il settore agricolo al centro della politica rurale. A questo proposito si chiede che vengano equiparate le regole amministrative che disciplinano i vari fondi europei;

59.

ribadisce il suo sostegno alla proposta di definire un quadro strategico comune in cui rientrerebbero i fondi strutturali e gli altri fondi di sviluppo territoriale come il FEASR e il FEP;

60.

chiede che la competenza sussidiaria delle regioni nella definizione del secondo pilastro della politica agricola sia rispettata con particolare attenzione, perseguendo un approccio improntato a una vera governance multilivello che tenga conto della particolare importanza e della competenza delle regioni nell'adeguamento delle misure alle specifiche esigenze locali. Al riguardo il Comitato mette in evidenza l'approccio di sussidiarietà cui si ispira il secondo pilastro, secondo cui gli Stati membri e le regioni scelgono autonomamente, e sulla base delle circostanze locali, quali misure dovranno realizzare;

61.

è pertanto convinto che una gestione «dal basso» della politica di sviluppo rurale e dei relativi fondi dovrebbe essere realizzata innanzitutto attraverso forti partenariati per lo sviluppo locale;

62.

considera, visto il rapido invecchiamento degli agricoltori attivi in Europa, che sia urgentemente necessario introdurre misure interessanti a favore degli agricoltori giovani, puntando ad attrarre nuove forze per il settore e integrare i finanziamenti per i giovani agricoltori finora erogati nel quadro del secondo pilastro;

63.

chiede inoltre che siano previste misure speciali per l'attuazione delle proposte contenute nel Pacchetto qualità, come l'incentivazione della modernizzazione delle aziende agricole che producono prodotti di qualità e il sostegno alle campagne di comunicazione destinate ai consumatori;

64.

ritiene necessario estendere la consulenza aziendale dalla condizionalità a tutti i settori principali (tecniche produttive, economia aziendale, nuove sfide, introduzione dell'innovazione e aspetti relativi alla gestione dell'ambiente, azioni a favore dell'attenuazione dei cambiamenti climatici, ecc.) e introdurre misure utili alla sua promozione nel quadro del secondo pilastro. Il fulcro di quest'attività dovrebbe essere la promozione di servizi di consulenza accreditati, con l'obiettivo di aprire a tutti gli agricoltori dell'UE l'accesso a servizi di consulenza competenti, indipendentemente dal fatto che questi servizi siano offerti dallo Stato, da enti pubblici o da imprese private;

65.

mette in rilievo la particolare importanza della diversificazione per le aziende agricole di piccole dimensioni oppure situate in zone svantaggiate come le regioni più settentrionali con bassissima densità demografica e le regioni insulari, transfrontaliere e di montagna, ed esorta a prevedere misure incentivanti in tal senso;

66.

sottolinea l'importanza di offrire misure di qualificazione di elevata qualità nel settore agricolo, in particolare per il periodo successivo alla formazione professionale. I rapidi mutamenti dei settori dell'agricoltura e dell'alimentazione, nonché dell'intero contesto, rendono necessaria una formazione continua;

67.

sostiene gli sforzi della Commissione volti a promuovere, nel quadro del secondo pilastro della politica agricola, la collaborazione fra gli agricoltori, in particolare per quanto riguarda l'utilizzo in comune dei mezzi di produzione nella commercializzazione dei prodotti, l'organizzazione comune del lavoro o le attività in comune nel settore dell'allevamento, in modo da ridurre lo svantaggio competitivo delle piccole aziende;

68.

sottolinea l'importanza del secondo pilastro della PAC, in particolare per le aziende delle zone svantaggiate, e sostiene quindi la proposta della Commissione di continuare ad offrire l'indennità compensativa come parte del piano di sviluppo rurale. Il Comitato propone al riguardo di lasciare i margini di manovra attuali e di elevare il limite massimo, per venire incontro alle necessità delle zone montane affette da particolari difficoltà strutturali, nonché delle zone periurbane con una campagna fortemente urbanizzata. Propone inoltre di sostenere le regioni più settentrionali con bassissima densità demografica e le regioni insulari, transfrontaliere e di montagna con un pacchetto specifico di misure, tra le quali potrebbero rientrare contributi per i costi di raccolta, interventi specifici per i pascoli alpini, un premio per la biodiversità e il riconoscimento dei prodotti di montagna nel quadro della revisione della politica dell'Unione europea in materia di qualità;

69.

sottolinea che, per molte regioni europee, il miglioramento della competitività deve essere necessariamente accompagnato da un miglioramento delle infrastrutture agricole; fa inoltre notare che le innovazioni sono un presupposto indispensabile per adattarsi ai cambiamenti climatici, migliorare l'efficienza delle risorse e ottimizzare la gestione operativa, e devono pertanto essere sostenute con maggior vigore;

70.

rileva che la Commissione punta a una nuova delimitazione valida per tutta l'UE delle zone svantaggiate intermedie ed esprime preoccupazione per l'attuazione di tale revisione. Ritiene che i nuovi criteri indicati al riguardo debbano essere ben mirati e che occorra lasciare agli Stati membri e alle regioni una sussidiarietà e una flessibilità sufficienti. Osserva che gli effetti della nuova delimitazione dovranno comunque essere ammortizzati grazie a un periodo di transizione adeguato;

71.

mette in rilievo la necessità, di fronte alla minaccia dei cambiamenti climatici e all'esigenza di uno sviluppo rurale sostenibile, di rafforzare e snellire il sostegno sia alle azioni che hanno per oggetto un uso sostenibile delle acque utilizzate in agricoltura riducendone il consumo e l'inquinamento, sia alle misure che favoriscono l'alimentazione della falda freatica (ad esempio il mantenimento delle terrazze nelle isole e nelle zone montane, l'aumento della fertilità del suolo) e alle misure di prevenzione dei danni e di ripristino delle infrastrutture agricole danneggiate dai disastri climatici;

72.

sottolinea l'importanza dei programmi agroambientali e chiede che in futuro tutti gli Stati membri debbano adoperare almeno il 10 % del bilancio agricolo complessivo a loro disposizione per tali programmi, in modo da contribuire realmente a rendere più sostenibile l'agricoltura, nonché a riconoscere i sistemi di conduzione agricola ad elevata valenza naturale, che permettono di conservare e ripristinare la biodiversità nelle zone agricole e concorrono a una maggiore tutela dell'acqua e del suolo;

73.

richiama l'attenzione sul fatto che occorre inserire nuovamente una componente di incentivo nei programmi agroambientali, così da migliorare il relativo consenso nel mondo dell'agricoltura, e che è necessario valutare gli effetti esterni generati da determinate pratiche agricole;

74.

è dell'opinione che l'attuazione delle misure contenute nel piano di sviluppo del territorio possa risultare notevolmente facilitata dalla possibilità di un cofinanziamento ad opera di terzi (ad es. comuni, soggetti economici);

75.

sottolinea che una gestione attiva del patrimonio forestale riveste una particolare importanza per la sicurezza di molte zone rurali, in particolare quelle montane, e per l'attrattiva turistica di tali zone, per cui le regioni dovrebbero avere la possibilità di sostenere la gestione delle foreste nel quadro del piano di sviluppo del territorio;

76.

evidenzia l'importanza di Leader per lo sviluppo integrato delle zone rurali, in particolare alla luce del principio dell'azione dal basso (bottom-up) che si è rivelato molto efficace, e invita la Commissione a prevedere e rafforzare tale approccio anche in futuro. Peraltro è indispensabile che sia dato un carattere più flessibile a Leader, e che gli approcci innovativi abbiano la precedenza. Nel contesto di Leader occorre inoltre offrire migliori possibilità di coordinamento di diversi progetti nel quadro dei piani di sviluppo locale. Il sistema attuale, che prevede diversi assi nella definizione del piano di sviluppo del territorio, si è dimostrato rigido, per cui è necessario conferire maggiore flessibilità agli enti locali e alle regioni, per corrispondere meglio alle esigenze locali. Occorre semplificare lo svolgimento del piano di sviluppo rurale, in particolare nelle procedure di rendicontazione;

77.

inoltre ritiene che l'approccio dell'iniziativa Leader andrebbe impiegato congiuntamente con un modello di partenariati per lo sviluppo locale basato su strategie di sviluppo locale dal basso con azioni multisettoriali, cooperazione per l'innovazione e sviluppo di reti;

78.

è dell'opinione che i limiti previsti per la promozione degli investimenti nelle imprese del settore agroalimentare debbano essere adeguati alle evoluzioni strutturali (innalzamento o abolizione dei limiti fissati per le PMI);

79.

sottolinea che gli sforzi necessari per la programmazione, lo svolgimento del programma, la valutazione, il monitoraggio e l'accompagnamento sono eccessivi e devono essere significativamente ridotti.

Bruxelles, 11 maggio 2011

La presidente del Comitato delle regioni

Mercedes BRESSO


III Atti preparatori

Comitato delle regioni

90a sessione plenaria dell'11 e 12 maggio 2011

1.7.2011   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 192/28


Parere del Comitato delle regioni «Per una politica europea ambiziosa a favore dei regimi di qualità dei prodotti agricoli»

2011/C 192/06

IL COMITATO DELLE REGIONI

reputa che la qualità dei prodotti agricoli dell'UE sia uno dei principali valori aggiunti della PAC ed uno dei suoi maggiori punti di forza sui mercati mondiali; reputa quindi che la politica di qualità debba costituire uno degli assi principali della PAC per il periodo successivo al 2013, e chiede che, nell'ambito della PAC futura, si adottino strumenti adatti per rafforzare, promuovere e accompagnare lo sviluppo dei regimi di qualità;

reputa che sia di fondamentale importanza preservare una ripartizione equilibrata dell'attività economica sul territorio dell'Unione europea, basandosi su modelli di sviluppo differenziati; che le zone rurali meno favorite possano mantenere una produzione agricola solo grazie a una differenziazione sui mercati basata sui regimi di qualità esistenti, regimi da rafforzare e sviluppare; e che tale approccio differenziato nei confronti dei mercati agricoli sia particolarmente adatto per i prodotti di montagna e per le produzioni locali che potrebbero essere valorizzate nel quadro dei circuiti brevi;

reputa che una tutela sotto forma di denominazione «prodotto dell'agricoltura di montagna» contribuirebbe in maniera duratura allo sviluppo economico, all'assetto del territorio e alla protezione dell'ambiente;

reputa che lo sviluppo dei sistemi agroalimentari locali debba passare attraverso la creazione di un segno distintivo a livello europeo e lo sviluppo di strumenti nel quadro del secondo pilastro della PAC, al fine di incoraggiare i produttori in questo senso; chiede quindi alla Commissione di formulare proposte per completare in tal senso il regolamento sui regimi di qualità dei prodotti agricoli dell'Unione;

reputa che il successo economico e la continuità delle produzioni agricole valorizzate nell'ambito di regimi di qualità specifici sia indissociabile da una gestione dell'offerta;

raccomanda, sulla scia dei pareri già adottati in materia, di escludere gli OGM dai disciplinari dei marchi ufficiali di qualità;

chiede che la tutela internazionale delle indicazioni geografiche venga rafforzata.

Relatore

René SOUCHON (FR/PSE), presidente della regione Alvernia

Testo di riferimento

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sui regimi di qualità dei prodotti agricoli

COM(2010) 733 definitivo

I.   SFIDE E OBIETTIVI

IL COMITATO DELLE REGIONI

A.   La politica di qualità, componente essenziale della politica agricola comune (PAC) e principale punto di forza dei prodotti agricoli europei sui mercati internazionali

1.

dà atto che le norme dell'Unione europea in materia di sicurezza e qualità alimentari sono tra le più rigorose al mondo;

2.

reputa che la qualità dei prodotti agricoli dell'UE sia uno dei principali valori aggiunti della PAC ed uno dei suoi maggiori punti di forza sui mercati mondiali;

3.

rammenta che i regimi di qualità portati avanti collettivamente formano parte integrante del patrimonio culturale, agricolo e culinario dell'Unione europea. Tali regimi di qualità corrispondono a un patrimonio collettivo che è essenziale proteggere e sviluppare;

4.

osserva che la differenziazione attraverso la qualità permette di massimizzare il valore aggiunto nelle filiere rispondendo così a un'esigenza forte dei consumatori e delle imprese produttrici dell'UE;

5.

sottolinea che, in un contesto di crisi dei prezzi delle materie prime agricole, le filiere di qualità differenziata hanno un effetto stabilizzatore sui territori. La creazione di filiere di qualità differenziata permette di sviluppare gli investimenti, la ricerca e l'innovazione e di assicurare, in seno alle filiere stesse, una distribuzione più equa del valore aggiunto a favore dei produttori;

6.

reputa quindi che la politica di qualità debba costituire uno degli assi principali della PAC per il periodo successivo al 2013;

7.

considera di fondamentale importanza - e dunque chiede espressamente - che la PAC dopo il 2013 continui a svolgere un ruolo di sostegno attivo a favore di standard elevati per i prodotti agricoli europei;

8.

reputa che il successo economico e la continuità delle produzioni agricole valorizzate nell'ambito di regimi di qualità specifici sia indissociabile da una gestione dell'offerta. La crescita sproporzionata dei volumi prodotti, al di là dei segmenti di mercato abituali nei quali tali produzioni sono valorizzate, comporta infatti una banalizzazione del prodotto. Una banalizzazione, e dunque una diminuzione dei prezzi, che può condurre a sua volta alla vera e propria scomparsa del prodotto in questione. I modelli economici propri dei regimi di qualità rivestono un interesse economico solo se e in quanto si differenziano dal modello standard; la loro generalizzazione, e dunque la loro banalizzazione, col tempo non può che sfociare nella desertificazione dei territori più fragili;

9.

constata che gli strumenti attuali non consentono di combinare in modo soddisfacente i fondi europei, nazionali e regionali in operazioni collettive condotte dai gruppi di produttori o trasformatori e dalle regioni. Accade infatti che solo le principali «indicazioni geografiche» siano in grado di mobilitare l'autofinanziamento necessario per richiamare i fondi europei.

B.   I regimi di qualità, uno strumento importante per l'assetto territoriale e lo sviluppo dei territori rurali

Fa notare che:

10.

i regimi di qualità rappresentano per numerosi territori agricoli uno strumento per inserirsi nella globalizzazione, grazie al riconoscimento di un know-how specifico e ad un'offerta di qualità superiore per il consumatore;

11.

la dimensione dell'assetto del territorio rurale è una componente essenziale e imprescindibile della riflessione sui regimi di qualità, i quali contribuiscono direttamente al dinamismo economico dei territori rurali in cui sono presenti;

12.

i territori rurali dell'Unione europea sono eterogenei e costituiti da una moltitudine di zone molto diverse, cosicché le loro potenzialità agronomiche, pedologiche e climatiche, nonché le condizioni logistiche e di mercato, variano molto dall'uno all'altro;

13.

nel contesto della globalizzazione e dell'attuale concorrenza internazionale, i territori meno favoriti devono poter disporre di strumenti che consentano loro di sviluppare modelli particolari e di beneficiare, agli occhi dei consumatori, di una differenziazione dei loro prodotti agricoli sui mercati. È pertanto essenziale che siano mantenute le misure in vigore per compensare lo svantaggio competitivo delle zone meno favorite, e che tutte le zone rurali dell'UE abbiano accesso a strumenti di valorizzazione e di differenziazione dei loro prodotti sui mercati locali, europei o internazionali.

Sottolinea che:

14.

vincoli di produzione specifici e più rigorosi, propri dei regimi di qualità, comportano costi di produzione più elevati e uno sforzo supplementare da parte del produttore. I consumatori accettano di pagare questo sforzo ad un giusto prezzo in cambio di un prodotto che considerano migliore e/o tipico;

15.

le attuali regole di concorrenza avvantaggiano i territori più favoriti dal punto di vista dei costi di produzione. Al contrario, i territori che da questo punto di vista sono meno favoriti risultano svantaggiati in base al principio della competitività sul piano dei costi.

Reputa dunque che:

16.

sia di fondamentale importanza preservare una ripartizione equilibrata dell'attività economica sul territorio dell'Unione europea, basandosi su modelli di sviluppo differenziati;

17.

le zone rurali meno favorite possano mantenere una produzione agricola solo grazie a una differenziazione sui mercati basata sui regimi di qualità che già esistono e che è essenziale rafforzare e sviluppare;

18.

tale approccio differenziato nei confronti dei mercati agricoli sia particolarmente adatto per i prodotti di montagna e per le produzioni locali che potrebbero essere valorizzate nel quadro dei circuiti brevi.

II.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

C.   Tutelare e promuovere la qualità negli scambi internazionali

19.

sottolinea che il riconoscimento dei regimi di qualità è di fondamentale importanza nel quadro degli scambi commerciali internazionali. Tale riconoscimento dev'essere considerato in un'ottica diversa rispetto alla logica del marchio proprio: il principio delle denominazioni d'origine è infatti un principio attinente alla proprietà e al patrimonio collettivi, diverso da quello della proprietà di tipo privatistico. È dunque opportuno che la tutela internazionale delle indicazioni geografiche venga rafforzata;

20.

ribadisce quindi, sulla scia dei pareri già adottati in materia, le proprie richieste volte a rafforzare il riconoscimento delle indicazioni geografiche e il quadro giuridico internazionale in materia. Tale rafforzamento deve permettere di giungere a una tutela realmente efficace e duratura dei regimi di qualità a livello internazionale;

21.

in particolare, reputa che l'Unione europea debba moltiplicare gli sforzi per ottenere un miglioramento della tutela delle indicazioni geografiche (IGP e DOP) nel quadro dei negoziati in sede OMC ed OMPI;

22.

raccomanda in particolare di:

a.

estendere la tutela di cui all'articolo 23 dell'accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio (ADPIC) a tutti i prodotti agricoli;

b.

istituire un registro multilaterale delle indicazioni geografiche (IG) a livello internazionale;

c.

concludere accordi bilaterali tra l'UE e i paesi terzi per il riconoscimento reciproco di tutte le IGP e DOP registrate;

23.

esprime tuttavia preoccupazione per i rischi che potrebbero derivare da determinati accordi bilaterali, attualmente in corso di negoziazione, in materia di riconoscimento dei prodotti con indicazione geografica. Occorre assicurarsi che la conclusione di questi accordi non si traduca nell'introduzione sul mercato europeo di prodotti provenienti da paesi terzi che rechino sì un'indicazione geografica, ma riguardo ai quali il livello dei requisiti o dei controlli non sia armonizzato agli standard europei;

24.

raccomanda di definire misure specifiche per impedire la commercializzazione nell'UE o l'esportazione di prodotti la cui etichettatura non sia conforme alla normativa in materia di qualità dei prodotti agricoli dell'UE.

D.   Rendere più chiara e rigorosa la definizione delle indicazioni geografiche

25.

manifesta perplessità quanto alla fondatezza della modifica della definizione di DOP e IGP contenuta nella proposta di regolamento della Commissione;

26.

chiede espressamente alla Commissione, per quanto concerne l'eventuale impatto dell'eliminazione dei riferimenti alle fasi di elaborazione e preparazione dei prodotti, di assicurarsi che tale cambiamento non conduca a una diminuzione delle tutele o ad utilizzi abusivi;

27.

esprime inoltre perplessità sull'utilità di elaborare definizioni specifiche per tipi di prodotti, e sottolinea che la considerazione di eventuali specificità relative alle fasi di produzione di determinati tipi di prodotti non deve compromettere l'unità e la coerenza del sistema delle indicazioni geografiche a livello europeo;

28.

chiede alla Commissione di enunciare chiaramente la procedura che intende seguire per gli atti delegati, e raccomanda una consultazione preliminare di tutte le parti interessate.

E.   Promuovere e differenziare le produzioni di montagna

29.

fa notare che i prodotti dell'agricoltura di montagna presentano, agli occhi dei consumatori, un'identità forte, rappresentativa di sistemi di produzione perlopiù estensivi e/o tradizionali. Si tratta di prodotti di elevato interesse pubblico e di grande valore per l'economia locale;

30.

rammenta che le zone di montagna rappresentano il 40 % circa del territorio dell'UE in genere (1), e che in esse risiede il 18 % delle famiglie agricole e si estende il 15 % della superficie agricola utile dell'UE (2). Inoltre, la quota di territorio dell'UE costituita da zone di montagna è destinata ad aumentare con l'allargamento dell'Unione (3);

31.

reputa che il riconoscimento dei prodotti di montagna e la loro etichettatura specifica rientrino in una politica che occorre integrare senza indugio nella politica complessiva di qualità delle produzioni agricole dell'Unione europea. Un'integrazione, questa, che deve essere effettuata in linea con il riconoscimento accordato alle zone di montagna nella PAC;

32.

considera la capacità dei produttori di montagna di valorizzare al meglio i loro prodotti all'interno dei regimi di qualità come la condicio sine qua non per poter restare in attività, tenuto conto che i loro livelli di produttività sono generalmente più bassi di quelli degli altri produttori (4);

33.

sottolinea che i prodotti di montagna presentano caratteristiche peculiari quanto al luogo e ai metodi di produzione e trasformazione (5) che implicano per ciò stesso dei vantaggi qualitativi diretti (6) per il consumatore;

34.

reputa dunque che la tutela della dicitura «prodotto dell'agricoltura di montagna» consentirebbe, a un costo relativamente ridotto, di meglio valorizzare e proteggere i prodotti di montagna (compresi i prodotti dell'agricoltura e dell'allevamento, nonché la loro trasformazione sul posto), favorendo in tutti gli Stati membri la creazione di un segmento di mercato dedicato alla valorizzazione di questi prodotti. Tale valorizzazione garantirebbe così la preservazione e lo sviluppo delle tradizioni, della cultura e del patrimonio delle regioni di montagna, rafforzando il radicamento delle strutture di produzione e trasformazione nei territori;

35.

reputa quindi che una tutela di questo tipo, sotto forma di una denominazione «prodotto dell'agricoltura di montagna», contribuirebbe in maniera duratura allo sviluppo economico, all'assetto del territorio e alla protezione dell'ambiente. Queste sfide sono molto importanti nelle regioni in cui il deprezzamento agricolo e l'abbandono dei terreni sono sinonimi di degrado ambientale, di sviluppo dei rischi di calamità naturali e di impoverimento del tessuto sociale, economico e culturale;

36.

fa notare che, benché sia difficile fornire dati numerici su scala europea riguardo al mercato dei «prodotti di montagna», in quanto tale denominazione non è definita a livello dell'UE, si può comunque osservare un reale impatto positivo su determinate filiere, allorché si offre agli operatori la possibilità di una valorizzazione specifica. In proposito si può addurre l'esempio della filiera lattiera nel Massiccio centrale francese (7);

37.

rammenta che si è già pronunciato a più riprese a favore dell'introduzione di «termini riservati facoltativi» per i prodotti dell'agricoltura di montagna, e ribadisce qui la sua richiesta di prendere in considerazione senza indugio tali prodotti nel quadro della prossima politica di qualità dell'Unione europea;

38.

sottolinea inoltre ancora una volta che le regioni dovrebbero concorrere in maniera significativa a definire queste denominazioni «di montagna» nonché a sostenere la creazione delle filiere nel quadro di una politica di sviluppo rurale «territorializzata».

F.   Promuovere i circuiti brevi e la vendita diretta

39.

reputa essenziale, sulla scia del parere adottato sul tema I sistemi agroalimentari locali  (8), promuovere i circuiti brevi e la vendita diretta. Ricorda che in questo stesso parere ha definito il «sistema agroalimentare locale» come una combinazione di quattro fattori: una filiera breve; una distanza fisica limitata tra il luogo di produzione e il luogo di consumo; un processo di lavorazione che tenga conto anche di elementi quali il trasporto, la distribuzione, il trattamento dei rifiuti, le energie rinnovabili, il marketing, la promozione e il controllo della qualità; un processo di lavorazione che venga gestito a livello locale e regionale. Sottolinea che i circuiti brevi consentono di rilocalizzare le produzioni agricole e di radicarle nel loro territorio d'origine favorendone il consumo sui mercati locali. I circuiti brevi contribuiscono a ripartire correttamente le attività agricole sull'insieme del territorio dell'UE e hanno ricadute positive sull'ambiente, purché tali produzioni siano adeguate alle capacità naturali dei territori interessati;

40.

sottolinea altresì l'interesse economico dei circuiti brevi per determinati produttori, i quali possono costruire il loro reddito riappropriandosi dei margini di profitto che una filiera troppo lunga comporterebbe. Di solito, infatti, tali produttori sono difficilmente in grado di resistere alle regole di negoziazione e alle condizioni di commercializzazione vigenti nelle filiere agroalimentari in cui il potere commerciale è fortemente concentrato;

41.

precisa, con riguardo alla promozione dei circuiti brevi:

a.

che si tratta in particolare di favorire il ravvicinamento tra i luoghi di produzione e quelli di consumo dei prodotti alimentari, trasformati o non, e quindi di incoraggiare i circuiti di produzione, trasformazione e commercializzazione più brevi in senso geografico, riducendo così le emissioni inutili di gas a effetto serra generate da circuiti troppo lunghi e complessi;

b.

che i sistemi di vendita diretti dei piccoli produttori sui mercati locali rientrano in questi circuiti brevi e devono essere integrati pienamente nella politica complessiva delle produzioni agricole dell'UE. Questi circuiti brevi consentono di ricreare un legame forte tra produttore e consumatore, ma anche di assicurare più facilmente la tracciabilità dei prodotti, rassicurando il consumatore quanto all'origine di ciò che consuma;

c.

che il principio dei circuiti brevi non consiste soltanto nel ridurre il numero di intermediari tra produttori e consumatori: esso deve permettere innanzitutto di rendere più dinamica la filiera locale e regionale. I circuiti brevi comprendono i produttori, i trasformatori e i distributori presenti a livello locale, che concorrono tutti, in maniera diretta e indiretta, al dinamismo dei territori rurali;

d.

che questa azione di promozione deve necessariamente andare di pari passo con una migliore ripartizione del valore aggiunto lungo tutto l'arco della filiera, sì da consentire in primo luogo ai produttori di riappropriarsi di tale valore aggiunto;

42.

reputa che lo sviluppo dei sistemi agroalimentari locali debba passare attraverso la creazione di un segno distintivo a livello europeo e lo sviluppo di strumenti nel quadro del secondo pilastro della PAC, al fine di incoraggiare i produttori in questo senso;

43.

chiede quindi alla Commissione di formulare proposte per la creazione di un nuovo logo e la definizione di un'identità specifica per i prodotti locali che vengono commercializzati nell'ambito di un sistema agroalimentare locale. Tali elementi di identificazione verranno a completare il regolamento sui regimi di qualità dei prodotti agricoli dell'Unione;

44.

appoggerà con decisione eventuali iniziative della Commissione volte ad estendere l'obbligo di indicare sul prodotto il suo «luogo di produzione», e sarebbe favorevole ad analoghe iniziative di etichettatura obbligatoria destinate al settore dei servizi di ristorazione;

45.

sottolinea che questo nuovo segno distintivo potrebbe anche offrire una soluzione alle migliaia di produzioni tradizionali dei territori europei che non sono necessariamente adatte ad ottenere un'indicazione geografica;

46.

desidera inoltre richiamare l'attenzione della Commissione, del Parlamento europeo e del Consiglio sulla necessità di prevedere un adattamento delle norme in materia di appalti pubblici per agevolare l'acquisto di produzioni agricole locali da parte degli enti territoriali. In proposito l'articolo 26 della direttiva 2004/18/CE prevede la possibilità per le amministrazioni aggiudicatrici di esigere condizioni di esecuzione degli appalti basate su considerazioni sociali e ambientali;

47.

chiede che venga modificato l'articolo 53 della suddetta direttiva, in modo da inserire espressamente, tra i possibili criteri di aggiudicazione di un appalto, la prossimità e/o la riduzione delle emissioni di CO2 dovute al trasporto di merci;

48.

sottolinea infine che la gestione del nuovo segno distintivo «circuiti brevi» di cui si è detto potrebbe essere demandata alle regioni, in considerazione della loro capacità di tener conto del carattere locale e culturale delle produzioni. Le regioni, inoltre, sono il partner di elezione per la promozione di tali produzioni, in complementarità con i fondi europei.

G.   Promuovere e sviluppare le «specialità tradizionali garantite»

49.

fa notare che il sistema delle «specialità tradizionali garantite» consente di preservare, o persino sviluppare, determinate produzioni agroalimentari tradizionali. L'essenziale del valore di tali specialità è apportato dal produttore, contrariamente a quanto avviene per la gran parte dei prodotti agroalimentari industriali di oggi; esse contribuiscono quindi a garantire la diversità dell'offerta agroalimentare e a promuovere la ricchezza del patrimonio gastronomico europeo;

50.

reputa che sarebbe utile stilare, a livello di Unione europea, un censimento di tutti i prodotti costitutivi dell'arte culinaria tradizionale europea. Ciò consentirebbe di gettare le basi per un eventuale riconoscimento di tali prodotti come specialità tradizionali garantite; inoltre, un censimento di questo tipo sarebbe coerente con l'analoga iniziativa condotta a livello internazionale dall'Unesco e consentirebbe di generalizzare le iniziative analoghe adottate da numerosi Stati membri.

H.   Escludere gli organismi geneticamente modificati (OGM) dai prodotti di qualità

51.

raccomanda, sulla scia dei pareri già adottati in materia, di escludere gli OGM dai disciplinari dei marchi ufficiali di qualità. Tale esclusione potrebbe essere attuata in maniera graduale dagli Stati membri, entro un periodo di tempo ragionevole, ma comunque non superiore a cinque anni, in modo da permettere ai produttori di adottare le misure tecniche necessarie. Questo periodo transitorio sarebbe utilizzato per realizzare filiere di approvvigionamento alternative che consentano di sostituire gli OGM utilizzati nelle materie prime, segnatamente per quanto concerne l'alimentazione degli animali;

52.

reputa infatti di fondamentale importanza che sia espressamente vietato l'impiego di OGM in qualsiasi fase della fabbricazione dei prodotti contraddistinti da marchi ufficiali di qualità. Tale divieto permetterebbe di garantire la continuità dei metodi di produzione tradizionale e delle caratteristiche distintive nell'ambito dei regimi di qualità;

53.

ritiene inoltre che l'introduzione del divieto di OGM nei suddetti disciplinari sia, già a breve termine, una condicio sine qua non per preservare la trasparenza e la credibilità dei regimi di qualità agli occhi dei consumatori;

54.

sottolinea che la modifica dei disciplinari dei marchi ufficiali di qualità risulta ancora più urgente nel momento in cui si moltiplicano le iniziative private, al di fuori dei regimi di qualità, tese a garantire l'assenza di OGM da determinati prodotti;

55.

sottolinea inoltre che lo svilupparsi di un mercato garantito «senza OGM» per i prodotti contraddistinti da marchi ufficiali di qualità rappresenta un'opportunità per i produttori, in quanto la domanda dei consumatori europei è estremamente significativa in questo campo;

56.

ritiene che produzioni contraddistinte da marchi ufficiali di qualità, esenti da OGM, potranno, al pari dei prodotti dell'agricoltura biologica, assumere il loro pieno valore agli occhi dei consumatori. Tale valorizzazione garantirà di fatto la continuità di uno sbocco commerciale migliore, compensando così gli eventuali maggiori costi che a breve termine potrebbero derivarne per i produttori;

57.

sottolinea che l'esclusione degli OGM dai prodotti contraddistinti da marchi ufficiali di qualità deve accompagnarsi ad una strategia offensiva in materia di produzione e di approvvigionamento di proteine vegetali non OGM a livello dell'Unione europea. Tale strategia è indissociabile da uno sviluppo coerente delle culture senza OGM nell'Unione europea, e costituisce in tal senso una preziosa opportunità per sviluppare nell'UE le colture di piante proteiche, i cui vantaggi in termini agronomici ed ecologici sono pressoché unanimemente riconosciuti. Questa politica di sviluppo di filiere proteiche non OGM va attuata nel quadro della PAC attraverso l'adozione di aiuti agroambientali specifici;

58.

raccomanda perciò che venga condotto uno studio sullo sviluppo delle colture non OGM ricche di proteine (piselli, favette), che sembrano costituire le fonti migliori (9) per l'introduzione di filiere proteiche non OGM;

59.

ritiene che i sovraccosti generati dall'esclusione degli OGM dai disciplinari di tutti i prodotti contraddistinti da marchi ufficiali di qualità potranno essere ridotti al minimo nel quadro di un'applicazione progressiva nell'arco di cinque anni; reputa che tali sovraccosti, se vengono trasferiti sull'insieme della catena di approvvigionamento, saranno minimi per il consumatore - di circa qualche centesimo per chilogrammo (10) - e che i vantaggi in termini ambientali generati dalle colture ricche di proteine vegetali non OGM compenseranno nel medio e lungo termine il totale di questi sovraccosti (11);

60.

sottolinea la necessità dell'etichettatura per i prodotti di qualità realizzati utilizzando materie prime (carne, uova, latte, ecc.) ottenute dalla trasformazione di mangimi OGM, al fine di impedire una concorrenza sleale tra la produzione interna ottenuta senza OGM e quella proveniente dal mercato internazionale che invece li utilizza.

I.   Controllare la produzione

61.

ritiene che la regolazione e il controllo dell'offerta di prodotti agricoli di qualità rappresentino una sfida importante per la politica agricola (12) e che i regimi di qualità, se sfuggono alle leggi che presiedono al funzionamento dei mercati standardizzati, non sono perciò meno esposti agli incerti dei mercati;

62.

reputa che lo sviluppo e il mantenimento dei regimi di qualità siano inscindibili da una politica concertata di controllo dell'offerta. L'aumento della produttività e/o delle quantità prodotte su un territorio sono perlopiù incompatibili con il rispetto dell'ambiente e il mantenimento della qualità e delle caratteristiche del prodotto;

63.

reputa anche che, senza controllo della produzione, lo sviluppo incontrollato delle quantità vendute possa tradursi in alcuni casi in una significativa diminuzione dei prezzi pagati ai produttori, facendo presto scemare l'interesse di questi ultimi per le produzioni in questione. Inoltre, nelle zone con svantaggi naturali non è possibile per i produttori compensare la diminuzione di prezzo dei prodotti di qualità con aumenti dei volumi: non potendo adattarsi, essi sarebbero destinati a cessare l'attività;

64.

ritiene di conseguenza che i regimi di qualità nel settore agricolo debbano essere svincolati dal principio della concorrenza solo a livello di prezzi, e che la durata nel tempo di un regime di qualità non possa poggiare sulla crescita dei volumi, ma debba al contrario basarsi sulla qualità intrinseca del prodotto, che giustifica un prezzo più elevato che il consumatore accetta di pagare;

65.

chiede quindi, sulla scia dei pareri già adottati in materia, l'adozione di strumenti di controllo della produzione per le filiere di qualità differenziata e invita la Commissione europea a proporre strumenti specifici di gestione dei relativi mercati.

J.   Migliorare la comunicazione e accompagnare lo sviluppo dei regimi di qualità

66.

considera il consumatore un coprotagonista della rilocalizzazione e della fissazione delle produzioni agricole, essendo il soggetto che ne assicura la remunerazione;

67.

ritiene che, per permettere al consumatore di partecipare attivamente ai vantaggi recati dai regimi di qualità, sia essenziale migliorare la comunicazione in merito alle condizioni di produzione. Bisogna offrire al consumatore gli strumenti necessari per riconoscere i quattro loghi ufficiali europei e distinguerli dai marchi di imprese private associati a denominazioni geografiche;

68.

ritiene che occorra generalizzare e rendere sistematico l'uso, da parte degli operatori, dei simboli grafici introdotti dal Consiglio o dalla Commissione per l'etichettatura dei prodotti agricoli di qualità, e che sia necessario informare meglio i consumatori circa il significato e l'importanza di detti simboli;

69.

chiede l'adozione, nell'ambito della PAC futura, di strumenti adatti per rafforzare, promuovere e accompagnare lo sviluppo dei regimi di qualità;

70.

invoca in particolare l'adozione, nel quadro del secondo pilastro della PAC, di misure intese a migliorare o sostituire le misure esistenti del FEASR in materia di sostegno e promozione dei regimi di qualità, ovverosia:

a.

una migliore considerazione dei vincoli dei produttori riguardo ai prodotti di qualità;

b.

aiuti più completi ai gruppi di produttori per le fasi connesse con la certificazione, il controllo, la promozione o gli studi preliminari;

c.

la possibilità di finanziare le DOP o IGP in regime di protezione transitoria;

d.

la possibilità di finanziare azioni collettive riguardanti più DOP e IGP e di ricorrere ai cofinanziamenti nazionali e regionali.

K.   Semplificare e migliorare l'attuazione della politica di qualità

71.

rammenta che l'azione dell'UE nel campo della qualità dei prodotti agricoli è indispensabile per garantire una tutela efficace di tali prodotti e un'informazione affidabile ai consumatori;

72.

si rallegra delle proposte della Commissione europea volte a rendere più moderne le regole e a ridurre gli oneri amministrativi per i produttori, segnatamente in materia di registrazione dei prodotti;

73.

si rallegra altresì per il riconoscimento del ruolo e delle responsabilità dei gruppi di produttori nella gestione delle indicazioni geografiche;

74.

appoggia la proposta della Commissione intesa a rendere più semplice e più mirato il regime applicabile alle specialità tradizionali garantite.

Bruxelles, 12 maggio 2011

La presidente del Comitato delle regioni

Mercedes BRESSO


(1)  Mountain areas in Europe (Zone di montagna in Europa), studio condotto da NORDRegio per conto della Commissione europea (DG REGIO, 2004).

(2)  Peak performance: New insights into Mountain Farming in the European Union (Vette di eccellenza: un nuovo sguardo analitico sull'agricoltura di montagna nell'Unione europea), documento di lavoro dei servizi della Commissione, dicembre 2009.

(3)  Europe’s ecological backbone: recognising the true value of our mountains (La spina dorsale ecologica d'Europa: riconoscere il vero valore delle nostre montagne), rapporto n. 6/2010 dell'Agenzia europea dell'ambiente (AEA), settembre 2010.

(4)  Peak performance: New insights into Mountain Farming in the European Union (Vette di eccellenza: un nuovo sguardo analitico sull'agricoltura di montagna nell'Unione europea), documento di lavoro dei servizi della Commissione, dicembre 2009: la produttività delle aziende agricole situate nelle zone svantaggiate di montagna è inferiore del 28 % rispetto alle altre zone svantaggiate e del 40 % rispetto alle zone non svantaggiate.

(5)  Produits agroalimentaires de montagne en Europe: résultats, conclusions et réalisations concrète du projet (I prodotti agroalimentari di montagna in Europa: risultati, conclusioni e realizzazioni concrete del progetto), novembre 2004, pagg. 7 e 17.

(6)  Dorioz, Fleury, Coulon e Martin, La composante milieu physique dans l'effet terroir pour la production fromagère: quelques réflexions à partir du cas des fromages des Alpes du Nord («La componente ambiente fisico nell'effetto “specialità locale” per la produzione casearia: qualche riflessione a partire dal caso dei formaggi delle Alpi settentrionali»), Courrier de l’environnement de l’INRA, n. 40, giugno 2000 (http://www.inra.fr/dpenv/pdf/DoriozD27.pdf).

(7)  Un nuovo marchio «latte di montagna», appena istituito, dovrebbe permettere di valorizzare da 3 a 4 milioni di litri di latte destinato al consumo, pari a un terzo della produzione del Massiccio centrale: http://www.leprogres.fr/fr/region/la-haute-loire/haute-loire/article/3939334,183/Une-marque-Montagne-pour-le-lait-du-Massif-central.html. Gli esempi svizzeri mostrano che il valore aggiunto di siffatte denominazioni può raggiungere il 30 % rispetto al latte da consumo generico (rivista Montagna, luglio 2010). Il latte di montagna rappresenta l'11,5 % del latte prodotto nell'Unione e interessa da 1/5 a 1/6 delle aziende lattiere dell'UE. I costi di produzione sono superiori del 12 % rispetto alla produzione in pianura e la remunerazione del lavoro inferiore di 10 000 EUR/ULA (unità di lavoro annuali), mentre gli aiuti compensano tali svantaggi solo nella misura del 34 % (Le lait de montagne européen: un symbole menacé (Il latte di montagna europeo: un simbolo minacciato), Institut de l’élevage - CNIEL, maggio 2009, pag. 7).

(8)  Parere di prospettiva del Comitato delle regioni sul tema I sistemi agroalimentari locali, adottato in sessione plenaria il 27 gennaio 2011, relatrice: Lenie DWARSHUIS-VAN DE BEEK (NL/ALDE, membro della giunta provinciale dell'Olanda meridionale).

(9)  Attualmente, queste due produzioni sono essenzialmente assicurate dalla Francia (piselli) e dal Regno Unito (favette).

(10)  Milanesi, Quel avenir pour les filières animales «sans OGM» en France? Illustration par le poulet Label Rouge («Quale futuro per le filiere zootecniche non OGM in Francia? L'esempio del pollame con marchio Label Rouge»), terza edizione delle Giornate per la ricerca nelle scienze sociali, INRA SFER CIRAD, 9-11 dicembre 2009, Montpellier (http://www.sfer.asso.fr/content/download/2981/27271/version/1/file/B3+-+Milanesi.pdf).

(11)  La relance des légumineuses dans le cadre d’un plan protéines: quels bénéfices environnementaux? («Il rilancio delle leguminose nel quadro di un piano proteico: quali benefici in termini ambientali?»), Commissariat général au développement durable, Francia, 2009 (http://www.developpement-durable.gouv.fr/IMG/pdf/E_D15.pdf).

(12)  Giraud-Héraud e Soler, Quelle légitimité à des mécanismes de régulation de l'offre dans les appellations d'origine protégée? («Quale legittimità per i meccanismi di regolazione dell'offerta nelle denominazioni di origine protetta?»), in Économie rurale, n. 277-278, 2003, pagg. 123-134 (http://www.persee.fr/web/revues/home/prescript/article/ecoru_0013-0559_2003_num_277_1_5441).


1.7.2011   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 192/36


Parere del Comitato delle regioni «Pacchetto latte»

2011/C 192/07

IL COMITATO DELLE REGIONI

fa osservare che il settore lattiero-caseario riveste una grande importanza nell'Unione europea. In molti Stati membri e regioni, esso costituisce un importante pilastro dell'economia regionale e del valore aggiunto dell'agricoltura. In tale contesto la produzione lattiera svolge importanti funzioni ecologiche, influisce in modo sostenibile sul paesaggio culturale ed è un importante datore di lavoro nelle regioni rurali;

ritiene che il processo di riforma debba tenere conto delle differenze regionali e strutturali nell'allevamento di animali da latte e nel settore dei prodotti lattieri. In molte regioni, infatti, il latte viene prodotto prevalentemente in piccole e medie imprese a conduzione familiare. In altre regioni invece, per motivi storici, la struttura della produzione lattiera è fortemente condizionata da grandi aziende agricole. Le riforme del settore non devono quindi mettere a rischio nessuna di queste strutture aziendali, e specialmente quelle che contribuiscono a una crescita sostenibile;

sostiene l'iniziativa della Commissione volta ad introdurre disposizioni uniformi per le organizzazioni di produttori lattieri dell'UE, affinché tali produttori abbiano la possibilità di costituire associazioni, anche transfrontaliere, in tutte le regioni;

ritiene quindi opportuno consentire ulteriormente agli Stati membri di riconoscere le organizzazioni di produttori e le loro associazioni del settore lattiero nel quadro del diritto nazionale e in linea con determinate disposizioni dell'UE;

accoglie con favore la proposta della Commissione volta ad autorizzare la creazione di organizzazioni interprofessionali nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari, in modo da imprimere uno slancio importante alle attività di ricerca e sviluppo, alla promozione di una produzione ecologica e all'incremento delle vendite;

constata la necessità di una rete di sicurezza affidabile e reattiva, in grado di rispondere prontamente ed efficacemente alle trasformazioni del mercato e alle fluttuazioni dei prezzi, per realizzare nell'UE una produzione lattiera orientata al futuro.

Relatrice

Emilia MÜLLER (DE/PPE), ministro degli Affari federali ed europei del Land Baviera

Testi di riferimento

Relazione della Commissione europea al Parlamento europeo e al Consiglio - Andamento della situazione dei mercati e conseguenti condizioni per estinguere gradualmente il regime delle quote latte

COM(2010) 727 definitivo

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica al regolamento (CE) n. 1234/2007 (regolamento unico OCM) per quanto riguarda i rapporti contrattuali nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari

COM(2010) 728 definitivo

I.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO DELLE REGIONI

Sviluppo politico e importanza regionale del settore lattiero

1.

fa rilevare che il settore lattiero è oggetto di uno dei processi di liberalizzazione più marcati che abbiano avuto luogo nell'UE. Il calo del livello di sostegno interno, il disaccoppiamento dei pagamenti diretti e dei premi per i prodotti lattiero-caseari, la riduzione progressiva della protezione esterna così come la prevista estinzione del regime delle quote latte nel 2015 rappresentano sfide importanti per i produttori lattieri e le latterie;

2.

prevede che la liberalizzazione del mercato lattiero provocherà una maggiore volatilità dei prezzi, determinando quindi maggiori incertezze per la pianificazione aziendale dei produttori lattieri;

3.

insiste sulla necessità di frenare la speculazione sui mercati agricoli mondiali e sottolinea il ruolo che spetta in tale contesto alla politica del commercio estero dell'Unione; rammenta che la nuova PAC dovrebbe essere basata sul principio dell'autosufficienza alimentare e che la questione dell'apertura del mercato europeo all'importazione di prodotti più economici dovrebbe essere legata ai dibattiti sulle proposte relative alla regolamentazione del mercato europeo;

4.

suppone che, d'altro canto, l'apertura dei mercati e la liberalizzazione dei livelli di produzione consentiranno di cogliere meglio i segnali del mercato e di sfruttare il potenziale della domanda esistente;

5.

fa osservare che la produzione lattiero-casearia riveste una grande importanza nell'Unione europea. In molti Stati membri e regioni, essa costituisce un importante pilastro dell'economia regionale e del valore aggiunto dell'agricoltura. In tale contesto la produzione lattiera svolge importanti funzioni ecologiche, influisce in modo sostenibile sul paesaggio culturale ed è un importante datore di lavoro nelle regioni rurali;

6.

sottolinea che la liberalizzazione del mercato dei prodotti lattiero-caseari non deve comportare alcun pregiudizio alla sicurezza alimentare nel mercato interno né modificare in modo ingiustificato le attuali preferenze dei consumatori. La liberalizzazione, inoltre, non deve condurre a nuove distorsioni di mercato nella produzione e nel consumo negli e tra gli Stati membri, tra il nord e il sud, tra l'est e l'ovest o nei confronti dei paesi terzi;

7.

ritiene che il processo di riforma debba tenere conto delle differenze regionali e strutturali nell'allevamento di animali da latte e nel settore dei prodotti lattieri. In molte regioni, infatti, il latte viene prodotto prevalentemente in piccole e medie imprese a conduzione familiare, mentre in altre regioni, la struttura della produzione lattiera è fortemente condizionata da grandi aziende agricole. Le riforme del settore non devono quindi mettere a rischio queste strutture, in particolare quelle che contribuiscono ad una crescita sostenibile;

8.

è dell'avviso che si debba tenere conto anche delle strutture eterogenee del settore dei prodotti lattieri. Infatti, in ragione della grande varietà di prodotti offerti, che vanno dalle specialità regionali ai prodotti innovativi e destinati alla vendita, tali strutture rivestono grande importanza per l'approvvigionamento di prodotti lattiero-caseari di qualità, sicuri e sani nell'Unione europea;

9.

prevede che l'estinzione del regime delle quote latte accrescerà la delocalizzazione della produzione lattiera verso luoghi con condizioni più favorevoli, il che porrà importanti sfide alle regioni interessate;

10.

fa rilevare che la produzione e la lavorazione del latte, in particolare, richiedono investimenti consistenti e un'alta intensità di manodopera: esse comportano quindi cicli lunghi e richiedono sicurezza di pianificazione;

11.

richiama l'attenzione sul fatto che i produttori lattieri sono sempre più attenti ai segnali del mercato e orientano le loro aziende in tal senso; tuttavia sono ancora necessari sforzi notevoli perché tali produttori possano continuare ad esistere in un mercato lattiero liberalizzato;

12.

visti i benefici nutrizionali, invita l'UE e le autorità competenti degli Stati membri a promuovere attivamente il programma europeo di distribuzione di latte nelle scuole per incoraggiare sane abitudini alimentari nei bambini.

Le sfide in un mercato lattiero liberalizzato

13.

prevede che si attuerà una serie di riforme che razionalizzeranno il mercato dei prodotti lattiero-caseari e creeranno un clima di trasparenza, nell'ambito di norme comunemente accettate da attori del mercato posti tra loro in condizioni di parità;

14.

è dell'avviso che la crescente volatilità dei prezzi rappresenti una delle sfide più importanti per la produzione lattiera nelle regioni. In ragione della loro produzione costante, caratterizzata da cicli produttivi lunghi, per i produttori lattieri è sempre più importante garantire la liquidità e superare le crisi di mercato;

15.

ritiene quindi che le misure e le possibilità di limitare i rischi legati alle entrate siano una componente importante del processo di riforma del settore lattiero. Grazie a meccanismi di gestione del rischio a livello delle filiere, delle regioni e dell'Unione europea deve essere possibile garantire ai produttori lattieri una sufficiente sicurezza di pianificazione. A questo proposito i meccanismi di garanzia dei prezzi per il settore della lavorazione possono rivelarsi altrettanto importanti della possibilità di compensare il rischio di una singola filiera o di un'associazione di produttori;

16.

fa rilevare che le innovazioni e la ricerca saranno determinanti per garantire uno sviluppo riuscito e sostenibile del settore; in tale contesto sottolinea tuttavia anche la necessità di fornire informazioni affidabili ai consumatori;

17.

è convinto che l'apertura dei mercati e la liberalizzazione della produzione creeranno delle potenzialità di esportazione per i prodotti rivolti ai paesi terzi come pure per le specialità regionali e per i prodotti di qualità elevata;

18.

prevede che queste potenzialità potranno essere concretizzate soltanto con un grande impegno e, a tale riguardo, come anche nella creazione di catene di valore regionali, ritiene che si debba aumentare il sostegno al settore lattiero-caseario;

19.

sottolinea che la liberalizzazione del mercato dei prodotti lattiero-caseari e la promozione delle esportazioni possono comportare anche sviluppi e cambiamenti incontrollati degli equilibri di mercato esistenti; chiede pertanto alla Commissione europea di verificare quali effetti provoca l'apertura dei mercati in generale, e la liberalizzazione del mercato lattiero-caseario in particolare, per la produzione e la catena di approvvigionamento e quali effetti questo avrà su un'eventuale modifica del consumo interno.

Evoluzione dei mercati

20.

prende atto della relazione della Commissione sui mercati lattieri, che descrive chiaramente il forte influsso esercitato dagli sviluppi del mercato a livello mondiale sul settore lattiero europeo e dimostra l'importanza che hanno avuto le misure di mercato (interventi, stoccaggio privato e restituzioni all'esportazione) per la stabilizzazione dei prezzi del latte ad un livello basso nel 2009;

21.

riconosce che i prezzi del latte eccezionalmente elevati registrati nel 2007 erano dovuti, in particolare, ad un'offerta bassa e ad una forte domanda su scala mondiale;

22.

fa rilevare che la crisi che ha colpito il mercato lattiero nel 2009 facendo registrare il prezzo minimo storico in Europa è stata influenzata dalla debole domanda di latte per l'esportazione, dovuta tra l'altro alla crisi economica globale, e da un'offerta eccessivamente alta; al tempo stesso, accoglierebbe con favore un'indagine della Commissione europea sui fattori che influenzano il prezzo al dettaglio del latte;

23.

sottolinea che la crisi del mercato lattiero, pur interessando le varie regioni in misura molto diversa, ha messo a rischio in tutta Europa l'esistenza dei produttori lattieri, soprattutto di quelli che hanno compiuto investimenti;

24.

condivide l'opinione della Commissione secondo cui la raccolta di latte nell'UE crescerà ulteriormente e la lavorazione sarà caratterizzata soprattutto dall'aumento della trasformazione in formaggio e di prodotti lattiero-caseari freschi, per i quali vi saranno sbocchi di mercato sia nell'Unione europea che nelle esportazioni;

25.

riconosce che, in alcuni Stati membri, le quote latte nazionali già non hanno più alcun effetto vincolante laddove le entrate del settore lattiero siano relativamente elevate, e osserva che in queste regioni i segnali positivi del mercato vengono colti in misura maggiore;

26.

condivide la valutazione della Commissione secondo cui i mercati globali dei prodotti esercitano un considerevole influsso sui prezzi e sull'evoluzione dei mercati dell'UE e, proprio per i segmenti produttivi orientati all'esportazione, la capacità dell'UE di assorbire le scorte di intervento è importante ai fini della stabilità dei mercati; resta però in attesa anche delle nuove misure proposte dalla Commissione di cui beneficeranno tutte le regioni dell'Unione;

27.

rammenta che, nella crisi del mercato del latte, le misure di intervento hanno riguardato soltanto il 4,5 % della produzione di burro e il 27,4 % della produzione di latte scremato e che, tramite aiuti all'esportazione, sono stati smerciati circa 262 milioni di kg di formaggio, circa 559 milioni di kg di latte intero in polvere e quasi 133 milioni di kg di burro.

Rafforzamento della posizione di mercato dei produttori lattieri e problemi di concorrenza

28.

accoglie con favore le raccomandazioni formulate dal gruppo di esperti di alto livello (GAL) «Latte» per quanto concerne l'analisi delle sfide a medio e lungo termine per il settore lattiero e la descrizione esauriente dell'organizzazione e della struttura della catena di valore negli Stati UE;

29.

condivide quanto riscontrato dal GAL riguardo all'eterogeneità e alle specificità regionali dell'organizzazione dei produttori lattieri e delle strutture del settore lattiero-caseario;

30.

fa rilevare che oltre la metà della produzione lattiera europea viene offerta dai produttori alle cooperative di trasformazione per la commercializzazione;

31.

constata che, in molte regioni dell'UE, le imprese private e le cooperative lattiere sostengono la produzione lattiera regionale, aprono i mercati del futuro e mettono a punto prodotti di successo e orientati al mercato;

32.

condivide l'opinione del GAL Latte secondo cui, con la progressiva liberalizzazione, la posizione concorrenziale dei produttori lattieri deve essere verificata e rafforzata;

33.

richiama l'attenzione sulle grandi differenze riscontrabili a livello regionale nell'organizzazione dei produttori lattieri. Mentre in alcune regioni il mercato è dominato da grandi imprese, in altre regioni coesistono cooperative e imprese private di medie dimensioni. In alcune regioni, tuttavia, c'è ancora molto da fare per migliorare le strutture dal lato dell'offerta;

34.

approva la proposta della Commissione di promuovere l'impiego di contratti per la consegna di latte come una reale possibilità di offrire ai produttori maggiore sicurezza di pianificazione e chiarezza per la raccolta del latte;

35.

fa rilevare che l'obbligo di concludere contratti per la consegna non deve provocare distorsioni del mercato interno e/o perturbazioni del mercato nel commercio transfrontaliero;

36.

esorta quindi la Commissione ad assicurare che i contratti vengano negoziati in piena libertà nel rispetto delle regole di concorrenza vigenti nell'UE;

37.

sottolinea i vantaggi che le organizzazioni riconosciute di produttori lattieri offrono ai produttori e ai trasformatori in particolare nella messa in comune del latte e nelle trattative contrattuali per la consegna di latte;

38.

individua uno squilibrio nella catena di valore, in particolare laddove i produttori lattieri non hanno la possibilità di organizzarsi in associazioni per commercializzare i loro prodotti;

39.

sottolinea la necessità di rafforzare il lato dell'offerta nella catena di valore, soprattutto in un mercato lattiero i cui prezzi vengono stabiliti senza che gli Stati adottino misure regolamentari;

40.

sostiene l'iniziativa della Commissione volta ad introdurre disposizioni uniformi per le organizzazioni di produttori lattieri dell'UE, affinché tali produttori abbiano la possibilità di costituire associazioni, anche transfrontaliere, in tutte le regioni;

41.

fa rilevare che in alcuni Stati membri e regioni esiste un'esperienza pluriennale di associazioni di produttori lattieri che commercializzano collettivamente la loro raccolta;

42.

accoglie con favore l'organizzazione dei produttori del settore lattiero su scala europea, ma osserva che un'organizzazione di questo tipo deve tenere conto delle specificità regionali;

43.

ritiene quindi opportuno consentire ulteriormente agli Stati membri di riconoscere le organizzazioni di produttori e le loro associazioni del settore lattiero nel quadro del diritto nazionale e in linea con determinate disposizioni dell'UE;

44.

riconosce la eventuale necessità di una normativa unitaria a livello UE per le organizzazioni transfrontaliere di produttori e le loro associazioni;

45.

ritiene altresì che le nuove disposizioni in merito alle trattative contrattuali delle organizzazioni di produttori e delle loro associazioni debbano essere attuate in conformità con il sistema armonizzato;

46.

reputa essenziale che le disposizioni relative alle associazioni di organizzazioni di produttori non siano adottate nel quadro di atti delegati, poiché esse riguardano settori fondamentali dell'organizzazione comune del mercato;

47.

invita in ogni caso la Commissione a non mettere a rischio le organizzazioni di produttori già esistenti e a valutare accuratamente quali regole e condizioni siano utili per il riconoscimento delle organizzazioni dei produttori di latte, in modo che queste ultime possano commercializzare con successo il loro prodotto nel rispetto delle specificità del settore e delle differenze strutturali regionali;

48.

ritiene necessario adottare, laddove opportuno, delle disposizioni transitorie per le organizzazioni di produttori lattieri già riconosciute;

49.

ritiene opportuno non applicare i limiti per la messa in comune del latte da parte delle organizzazioni di produttori alle organizzazioni integrate verticalmente che effettuano la lavorazione del latte;

50.

chiede che via sia la possibilità di verificare la soglia massima per la messa in comune, al fine di garantire che la concorrenza sul mercato lattiero non venga limitata o eliminata;

51.

a questo proposito accoglie con grande favore la possibilità di ridurre la soglia massima nazionale ad un livello adeguato in modo da tutelare la concorrenza a livello regionale e nazionale nel settore lattiero. Proteggere le piccole e medie latterie esistenti dagli ostacoli alla concorrenza è fondamentale per la loro esistenza, e quindi anche per garantire il successo della produzione lattiera regionale;

52.

accoglie con favore la proposta della Commissione volta ad autorizzare la creazione di organizzazioni interprofessionali nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari, in modo da imprimere uno slancio importante alle attività di ricerca e sviluppo, alla promozione di una produzione ecologica e all'incremento delle vendite;

53.

auspica che vengano assicurate condizioni di concorrenza sane, che garantiscano a tutti i partecipanti al mercato una parte adeguata del valore aggiunto;

54.

esorta la Commissione UE a prevedere una revisione periodica delle disposizioni relative alle organizzazioni dei produttori e interprofessionali, in modo che i partecipanti alla catena di valore del latte possano contare su una base affidabile per la messa in comune e per un orientamento al mercato a lungo termine;

55.

riconosce la necessità di un'informazione di mercato valida e tempestiva per la Commissione, esprime tuttavia le sue perplessità circa l'utilizzo e l'opportunità di queste informazioni, poiché esse possono influire su un mercato volatile che è anche esposto alle speculazioni.

Misure di mercato

56.

constata la necessità di una rete di sicurezza affidabile e reattiva, in grado di rispondere prontamente ed efficacemente alle trasformazioni del mercato e alle fluttuazioni dei prezzi, per realizzare nell'UE una produzione lattiera orientata al futuro;

57.

chiede quindi che i periodi di intervento non siano più limitati nel tempo, in modo che si possa reagire alle crisi in modo rapido e incisivo;

58.

chiede che nelle situazioni di crisi venga reintrodotto lo stoccaggio privato del formaggio nell'UE, anche per creare una rete di sicurezza adeguata ad una produzione sempre più orientata a questo tipo di prodotto;

59.

sottolinea la grande importanza di misure per la stabilizzazione del mercato lattiero ed esorta la Commissione a mantenere gli aiuti all'esportazione, nel quadro di disposizioni rigorose, come un'opzione per i casi di crisi;

60.

esprime dubbi sull'efficacia di una limitazione dell'1-2 % della produzione lattiera nell'UE in cambio di una compensazione;

61.

nutre delle perplessità circa la forma e la fattibilità di una limitazione volontaria della produzione in cambio di una compensazione, poiché una misura di questo tipo dà adito a speculazioni e comporta un elevato rischio di abusi. Inoltre, essa ostacolerebbe le iniziative intraprese dagli stessi produttori per adeguare la loro produzione allo sviluppo del mercato.

II.   PROPOSTE DI EMENDAMENTO

Emendamento 1

Considerando 6

Testo proposto della Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

(6)

C'è un problema di trasmissione del prezzo lungo la filiera, in particolare per quanto riguarda i prezzi franco azienda. D'altro lato nel corso del 2009 l'approvvigionamento di latte non si è adeguato al calo della domanda. In alcuni Stati membri grandi produttori di latte, in reazione alla diminuzione dei prezzi, gli agricoltori hanno prodotto di più che nell'anno precedente. Il valore aggiunto nella filiera si è concentrato nei settori a valle, e in particolare nelle latterie.

(6)

C'è un problema di trasmissione del prezzo lungo la filiera, in particolare per quanto riguarda i prezzi franco azienda. D'altro lato nel corso del 2009 l'approvvigionamento di latte si è adeguato al calo della domanda. In alcuni Stati membri grandi produttori di latte, in reazione alla diminuzione dei prezzi, gli agricoltori hanno prodotto di più che nell'anno precedente. Il valore aggiunto nella filiera si è concentrato nei settori a valle.

Motivazione

Le reazioni dei produttori di latte alle crisi di mercato sono state diverse nei vari Stati membri. Nel complesso, stando alla relazione della Commissione, nel 2009 si è registrata una raccolta di latte inferiore dello 0,6 % rispetto al 2008.

Per quanto riguarda la partecipazione al valore aggiunto, il lato della domanda (commercio) è di solito favorito rispetto al lato dell'offerta (produttori e imprese di trasformazione).

Emendamento 2

Articolo 122

Testo proposto della Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

All'articolo 122, primo comma, lettera a), dopo il punto iii) è inserito il seguente punto:

«(iiia)

latte e prodotti lattiero-caseari;»

All'articolo 122 è inserito il seguente :

Motivazione

L'inserimento del settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari nell'articolo 122, primo comma, lettera a) del regolamento n. 1234/2007 determinerebbe, ai sensi dell'articolo 124, paragrafo 1, dello stesso regolamento, una regolamentazione completa e definitiva che comprometterebbe i sistemi di regolamentazione, già esistenti e funzionanti, a livello nazionale. Per continuare a consentire il riconoscimento delle organizzazioni di produttori in base al diritto nazionale e in linea con il diritto UE, occorre regolamentare il settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari non come previsto all'articolo 122, primo comma, lettera a) del regolamento, bensì, ad esempio, in un nuovo quinto comma da inserire nell'articolo 122 del regolamento. In questo modo si tiene conto delle differenze nazionali e si rispetta il principio di sussidiarietà.

Per le organizzazioni di produttori transnazionali bisogna adottare, se del caso, una normativa unitaria specifica a livello UE. In questo modo si autorizza la Commissione ad adottare modalità di attuazione comuni per questo settore.

La definizione di tutte le altre condizioni di riconoscimento spetta invece agli Stati membri. In questo modo si tiene conto, ancora una volta, delle differenze nazionali e si rispetta il principio di sussidiarietà. La regolamentazione di altre condizioni eventuali rientra così nella competenza esclusiva degli Stati membri.

Emendamento 3

Articolo 126 bis, paragrafo 3

Testo proposto della Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

Nella parte II, titolo II, capo II, è inserita la seguente sezione II bis: (…) Art. 126 a Trattative contrattuali nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari

(…)

3.   Ai fini del presente articolo i riferimenti alle organizzazioni di produttori sono riferiti anche ai gruppi di organizzazioni di produttori. Per assicurare un adeguato controllo di questi gruppi la Commissione può, mediante atti delegati, adottare norme sulle condizioni che tali gruppi devono soddisfare per ottenere il riconoscimento.

Nella parte II, titolo II, capo II, è inserita la seguente sezione II bis: (…) Art. 126 a Trattative contrattuali nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari

(…)

3.   Ai fini del presente articolo i riferimenti alle organizzazioni di produttori sono riferiti anche ai gruppi di organizzazioni di produttori. Per assicurare un adeguato controllo la Commissione può mediante atti delegati a.

Motivazione

L'articolo 126 bis della proposta di regolamento contiene le norme relative alle trattative contrattuali nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari. L'autorizzazione concessa alla Commissione di adottare mediante atti delegati anche le «norme sulle condizioni che tali gruppi devono soddisfare per ottenere il riconoscimento» non risponde alla logica dell'articolo 126 bis e va quindi soppressa.

È invece opportuno adottare delle norme relative ad un adeguato controllo sia delle organizzazioni di produttori che dei loro gruppi nel quadro delle trattative contrattuali previste ai paragrafi 1 e 2.

Pertanto, nell'articolo 126 bis, paragrafo 3, seconda frase, occorre autorizzare la Commissione ad adottare, in questo settore, degli atti rivolti alle organizzazioni dei produttori e ai gruppi di tali organizzazioni.

Emendamento 4

Nuovo articolo 126 ter

Testo proposto della Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

 

Dopo l'articolo 126 bis è inserito il seguente articolo 126 ter:

Motivazione

Le normative per il riconoscimento dei gruppi di organizzazioni di produttori, in quanto aspetti sostanziali, non devono essere adottate nel quadro di atti delegati - come previsto all'articolo 126 bis, paragrafo 3, seconda frase, della proposta di regolamento - bensì all'interno del regolamento stesso.

Per le associazioni transnazionali di organizzazioni di produttori bisogna adottare, se del caso, una normativa unitaria specifica a livello UE. La Commissione viene così autorizzata ad adottare modalità di attuazione comuni per questo settore.

La definizione di tutte le altre condizioni di riconoscimento spetta invece agli Stati membri. In questo modo si tiene conto delle differenze nazionali e si rispetta il principio di sussidiarietà. La regolamentazione di altre condizioni eventuali rientra così nella competenza esclusiva degli Stati membri.

Emendamento 5

Articolo 204

Testo proposto della Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

All'articolo 204 è aggiunto il seguente paragrafo:

«6.   Per quanto riguarda il settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari, l'articolo 122, primo comma, punto iii bis), l'articolo 123, paragrafo 4, e gli articoli 126 bis, 177 bis, 185 sexies e 185 septies si applicano fino al 30 giugno 2020.»

All'articolo 204 è aggiunto il seguente paragrafo:

«6.   Per quanto riguarda il settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari, l'articolo 122, comma, l'articolo 123, paragrafo 4, e gli articoli 126 bis, 126 ter, 177 bis, 185 sexies e 185 septies si applicano fino al 30 giugno 2020.»

Motivazione

Cfr. emendamenti 2 e 4.

Emendamento 6

Articolo 185 septies, paragrafo 2, lettera c)

Testo proposto della Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

iii)

la durata del contratto, che può essere indeterminata, con clausole di risoluzione.

iii)

la durata del contratto, che può essere indeterminata, con clausole di risoluzione .

Motivazione

Gli elementi costitutivi dei contratti devono garantire la massima flessibilità, a vantaggio sia dei produttori che del settore della trasformazione.

Bruxelles, 12 maggio 2011

La presidente del Comitato delle regioni

Mercedes BRESSO


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