Per la serie BlastingTalks intervistiamo Marco Rosci, Chief Marketing & Sales Officer di Epicode. L’azienda nasce con l’obiettivo di rivoluzionare la formazione in ambito tech, formando e aggiornando specialisti del tech con la missione di trasformare le aziende dall’interno e di offrire nuove prospettive di carriera ai giovani.

Blasting Talks è una serie di interviste esclusive con business e opinion leader nazionali e internazionali per capire come la pandemia di coronavirus abbia accelerato il processo di digitalizzazione e come le aziende stiano rispondendo a questi cambiamenti epocali.

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Partiamo dalla scelta di fornire formazione in un settore di nicchia come quello degli sviluppatori di codice: da dove siete partiti e come si è sviluppata la vostra attività?

Siamo partiti in piena pandemia, nell’ottobre 2020. Io e i miei soci Claudio Vaccaro e Ivan Ranza venivamo da lunghe esperienze manageriali e imprenditoriali nei settori del digital, tech, media e formazione, e ci siamo resi conto che il gap tra domanda e offerta di specialisti IT non poteva più essere ignorato.

Come si spiega questo fenomeno?

A causa dell’accelerazione della trasformazione digitale avvenuta durante il Covid, il sistema non era più lontanamente in grado di generare il volume di esperti di cui il mercato aveva bisogno.

Servono almeno 100.000 nuove figure ogni anno, di cui 30.000 sono posizioni che rimangono scoperte: un freno enorme al progresso tecnologico del Paese. E come sempre accade, la soluzione più sostenibile ed efficace passa sempre dalla formazione. Così è nata EPICODE, che da un lato fornisce alle aziende gli specialisti che non riesce a trovare, e dall'altra offre un cambio di vita a migliaia di giovani in cerca di una carriera solida e a prova di futuro.

Quindi cosa avete fatto a livello pratico?

Abbiamo importato e adattato dall’America l’ormai consolidato modello del coding bootcamp, aggiungendo una componente di follia: il corso lo paghi solo se trovi lavoro. Il modello è molto semplice: studi 6 mesi online e full-time, ti formi sulle competenze tech più ricercate e vai a lavorare nelle oltre 600 aziende partner.

E se non trovi lavoro dopo il corso? Non paghi nulla.

Con quali risultati?

La promessa è stata da subito coraggiosa, ma è stato un grande successo: ad oggi oltre 2.000 giovani ci hanno scelto per imparare a programmare partendo da zero, e più del 90% di loro lavora nelle aziende più grandi al mondo. Non solo: a inizio 2022 abbiamo completato una grande operazione di internazionalizzazione, fondendoci con Strive School, nostra gemella tedesca ma dal cuore italiano; ora abbiamo due nuovi soci a bordo (Tobia De Angelis e Diego Banovaz) e una nuova offerta didattica che, oltre in Italia, serve più di 20 paesi europei, con corsi in lingua inglese.

Può raccontare ai lettori quali sono i ruoli tipici che vengono ricoperti dai vostri studenti una volta che hanno terminato il loro percorso di studi?

Abbiamo voluto specializzarci fin da subito nella verticale del tech, quindi chi ci sceglie sa che può contare su di noi per diventare programmatore, data analyst o cybersecurity specialist e lavorare nelle multinazionali più grandi al mondo. Poi come sapete, nel tech ogni professione offre tanti percorsi e possibilità di specializzazione: ad esempio se sei un programmatore puoi lavorare come front-end developer, back-end developer, o come esperto di tecnologie specifiche come Salesforce, Adobe AEM e così via. Ma è sempre lo studente a scegliere: in media chi completa il corso fa 8-10 colloqui, ed ha quindi la possibilità di scegliere l’azienda e il progetto tecnologico più affine alle proprie passioni.

Quali sono le caratteristiche chiave che deve possedere una persona per ottenere il successo professionale in questo ambito? E quali difficoltà si trova tipicamente ad affrontare?

Vorrei da subito sfatare un mito: programmare non è per pochi eletti. Sicuramente c’è bisogno di una buona inclinazione al pensiero tecnico-analitico, ma solo il 25% dei nostri studenti proviene da studi pregressi in materie STEM (in lingua italiana l’acronimo di scienza, tecnologia, ingegneria e matematica). Creare un prodotto digitale è un lavoro tecnico quanto creativo, e per questo vediamo ogni giorno eccellere laureati in Giurisprudenza, in Lettere, o diplomati al liceo Classico. La vera chiave del successo è solo una, ed è trasversale a qualsiasi ambito lavorativo: la motivazione.

Scegliere di cambiare vita è un grande atto di coraggio, e spesso il coraggio porta con sé una grande dose di motivazione. Affrontare un corso come il nostro non è affatto facile, ma non chiediamo altro se non impegno e determinazione massima: al resto ci pensiamo noi, siamo attrezzati per trasformare le aspettative in carriera, e ci sentiamo eticamente pronti a prenderci una responsabilità così grande verso noi stessi e verso chi ci sceglie.

Com’è cambiato il mercato dopo le recenti crisi internazionali, come la pandemia e la guerra in Ucraina?

Non mi soffermerò a parlare delle tragiche conseguenze che il Covid e la guerra in Ucraina hanno portato nella quotidianità di ognuno di noi. Vorrei infatti riflettere con voi sugli aspetti positivi: perché scossoni di questa portata, belli o brutti che siano, stimolano un forte senso di consapevolezza e voglia di cambiamento.

Tutti noi abbiamo preso coscienza del valore del tempo e messo in discussione il valore delle cose, e non a caso il mercato del lavoro ha vissuto cambiamenti molto violenti: i tanti licenziamenti, lo smart working e il fenomeno della Great Resignation sono infatti figli della brusca interruzione del pilota automatico che conduceva prima le nostre giornate. Ed è per questo che tanti di noi hanno sentito il forte bisogno di reinventarsi. Il mercato del tech è quello che ha più spazio per ospitare i cosiddetti “career changer”. Perché lavorare nel digitale permette di avere più flessibilità, indipendenza e libertà di scelta sul dove e come lavorare.

Nei vostri corsi affiancate alla parte teorica e pratica il coaching: con quali modalità operative e obiettivi?

In EPICODE la formazione della persona vale tanto quanto la formazione del professionista. Il mondo non è mai stato così competitivo nella storia, e chi non investe su uno skillset completo rischia di rimanere indietro. Ed è quindi nostra responsabilità fornire, al di là della formazione tecnica, un bagaglio di momenti, strumenti e tecniche che rendano i nostri studenti in grado di assorbire al meglio il passo più delicato: l’ingresso nel mondo del lavoro. Ogni studente partecipa quindi ad un intenso programma di career coaching individuale della durata di 6 mesi, composto da incontri settimanali volti allo sviluppo e al consolidamento di competenze necessarie ad eccellere nel mercato del lavoro.

Quello che cerchiamo di insegnare ogni giorno è che non bisogna vedere la carriera come uno sprint, ma è necessario giocare “the long game”, con la costante tensione alla crescita personale e il desiderio di diventare ogni giorno persone migliori. Serve uno sforzo consapevole, il mondo ne ha disperato bisogno.

Guardando al futuro, quali sono le nuove tendenze emergenti nel settore della programmazione e dello sviluppo digitale? Come vedete il mercato nel prossimo decennio?

Mai come oggi il mondo del lavoro offre una quantità vastissima di scelte professionali. Prendiamo solamente il tech: oltre alle molteplici tecnologie esistenti che richiedono figure esperte e specializzate, ogni giorno nascono prodotti digitali che cambieranno le nostre vite negli anni a venire.

Quindi cosa ci riserva il futuro? Difficile a dirsi, ma una cosa è certa: l’Italia nei prossimi 10 anni avrà bisogno di un percorso solido che ci guidi verso gli standard di digitalizzazione europei, e per farlo è necessario che il pubblico e il privato lavorino a stretto contatto. Ma soprattutto, c’è bisogno di specialisti di ambito sviluppo web, big data e cybersecurity che permettano di rendere la transizione tecnologica un processo sostenibile ed etico. E per questo sono contento di vedere che il mercato della formazione tech si sia popolato nell’ultimo anno di tanti player che come noi contribuiscono a ridurre questo gap, impattando positivamente sulla crescita delle aziende, del Paese ma soprattutto di tanti giovani in cerca di un’opportunità.

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