Una delle critiche comuni rivolte a Bitcoin riguarda il suo impatto ambientale, con l’accusa che il suo processo di mining consumi troppa energia e contribuisca all’inquinamento.
Tuttavia, è importante sottolineare che questa narrazione spesso trascura il contesto più ampio e le dinamiche del settore energetico.
Al contrario di quanto si possa pensare, Bitcoin può rappresentare un’opportunità per migliorare l’efficienza delle fonti energetiche rinnovabili, specialmente in aree geografiche dove queste risorse sono abbondanti ma difficili da utilizzare in modo efficiente.
Un esempio è Alps Blockchain, che sfrutta l’energia rinnovabile proveniente da fonti come l’energia idroelettrica nelle Alpi.
Questi impianti possono produrre energia in eccesso che non può essere facilmente trasportata o immagazzinata.
Il mining di Bitcoin diventa uno strumento per “assorbire” quell’energia inutilizzata, contribuendo a stabilizzare la domanda energetica e rendendo più sostenibile l’infrastruttura energetica locale.
In questo senso, Bitcoin non solo non inquina di per sé, ma può incentivare l’utilizzo di energie rinnovabili in luoghi dove esistono surplus energetici non sfruttati o dove il costo dell’energia rinnovabile è basso.
Inoltre, molte aziende di mining stanno cercando attivamente di migrare verso energie pulite, contribuendo a ridurre ulteriormente l’impatto ambientale.
Questo approccio trasforma Bitcoin in una forza positiva per l’ecosistema energetico, incentivando investimenti in energie rinnovabili e migliorando l’efficienza delle infrastrutture esistenti.
Ce ne ha parlato l’anno scorso Francesco Buffa, CEO e co-founder di Alps Blockchain!
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