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Settore
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Dimensioni dell’azienda
2-10 dipendenti
Sede principale
Milano, Milano
Tipo
Ditta individuale
Data di fondazione
2020
Settori di competenza
Media, Economia, Finanza, Crypto e Politica

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Aggiornamenti

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    Tutti i giorni ci scrivete nei DM opinioni di qualsiasi tipo. Ogni sabato ne riporteremo alcune in post come questo, dove la voce e le parole saranno le vostre. Il motivo? Capire come la pensa la nostra community su certi temi e creare un momento di discussione costruttiva nei commenti. Oggi parliamo del costo della vita in Italia. Se vuoi dirci la tua, scrivici (nei commenti o in DM)!

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    💬 4 fumetti imperdibili che parlano di economia: 📕 "The Cartoon Introduction to Economics" di Grady Klein e Yoram Bauman: diviso in due volumi, è un libro che spiega i principi fondamentali dell'economia in modo accessibile e divertente, utilizzando illustrazioni e fumetti. 📗 "Pyongyang: A Journey in North Korea" di Guy Delisle: un racconto grafico che, attraverso l’esperienza dell’autore in Corea del Nord, esplora il funzionamento di un’economia chiusa e centralizzata. 📘 "Hypercapitalism: The Modern Economy, Its Values, and How to Change Them" di Larry Gonick e Tim Kasser: è un libro che utilizza fumetti e illustrazioni per spiegare come il capitalismo moderno influenza le nostre vite e i nostri valori. Il tono è accessibile e coinvolgente, rendendo concetti economici complessi comprensibili a un pubblico ampio. 📙 "Economix: How Our Economy Works (and Doesn’t Work)" di Michael Goodwin e Dan E. Burr: Un fumetto che ripercorre la storia dell'economia, dai primi scambi commerciali fino alle crisi finanziarie contemporanee, mettendo in luce l'evoluzione delle teorie economiche e il loro effetto sul mondo reale. 🤔 Hai già letto qualcuno di questi titoli? Ne hai altri da consigliare? P.s. Se questo contenuto ti è stato utile e vuoi saperne di più su investimenti, economia e attualità... dovresti seguirci 😉 👉🏻Il Punto Economico

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    🪙 Ma tu lo sapevi che un centesimo… costa tre centesimi? Chi l'avrebbe mai detto che il Governo Americano perde denaro... producendo denaro? Eppure è esattamente ciò che accade con il penny, in quello che potrebbe essere uno dei più curiosi paradossi dell'economia moderna. 🏦 Secondo la U.S. Mint (la zecca americana), il costo di produzione di un penny negli USA ha ormai da tempo superato il suo valore nominale, a causa del costante aumento dei prezzi di zinco e rame. 💸 I numeri parlano chiaro: - Ogni singolo penny costa circa 3 centesimi per essere prodotto - Generando una perdita netta di 2,1 centesimi per moneta - Con la produzione di quest’anno di 4,136 miliardi di pezzi, parliamo di una perdita di oltre 86 milioni di dollari all'anno! Non è un caso che paesi come Canada, Australia e Nuova Zelanda hanno già eliminato le loro monete di minor valore, ma gli USA mantengono questa costosa tradizione. Perché? - Per il timore che l'eliminazione possa causare un arrotondamento dei prezzi verso l'alto - In parte per le pressioni politiche da parte delle lobby dello zinco che forniscono il metallo - Per l'attaccamento emotivo di molti americani a questa moneta che porta l’iconica immagine di Abraham Lincoln 🇪🇺 E in Europa? Incredibilmente.. la situazione è anche peggiore! Attualmente i costi di fabbricazione di ciascuna moneta da un centesimo ammontano circa a 4,5 centesimi. 🤔 E tu cosa ne pensi? Credi che il penny non dovrebbe essere più prodotto? P.s. Se questo contenuto ti è stato utile e vuoi saperne di più su investimenti, economia e attualità... dovresti seguirci 😉 👉🏻Il Punto Economico

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    In Italia lavorare non basta per non esser considerati poveri... Secondo un rapporto INAPP 2022 (dati riferiti al 2021), il 10,8% degli italiani sono nella condizione di “Working Poverty”, anche detti lavoratori poveri. Questo vuol dire che, su un totale di 22,7 milioni di occupati (dati Istat 2021), i lavoratori in questa condizione sono quindi circa 2,45 milioni. Ma cosa significa lavoratore povero?
 In breve, si fa riferimento a quella situazione in cui una persona lavora ma è comunque considerata povera, perché ha un reddito familiare equivalente inferiore al 60% di quello mediano, ovvero €870 netti al mese. E come ce la caviamo rispetto agli altri paesi UE?
 Secondo i dati, non troppo bene. La percentuale di lavoratori poveri, infatti, è superiore rispetto a paesi come la Germania e la Francia, ma sopratutto è maggiore della media UE (8,8%).

 Insomma, per una buona parte degli italiani, lavorare non è sufficiente ad uscire dalla soglia di povertà... e questo è un grosso problema. ...soprattutto se consideriamo quello che dice l'art. 36 della Costituzione: "Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa". #italia #economia #lavoro #stipendi

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    Gli stipendi in Italia non crescono… Dal 1990 ad oggi, i salari reali in Italia sono rimasti fermi. Anzi, secondo i dati OCSE, negli ultimi 30 anni sono addirittura diminuiti dell'1,8%. E il nostro è l’unico Paese in tutta Europa in cui la situazione è così grave, e gli effetti sulle nostre tasche si stanno facendo sentire sempre di più. Per darvi un’idea: nello stesso periodo in cui i nostri salari reali diminuivano, la media dei Paesi OCSE ha visto un aumento del +29,5%. Ma perché siamo in questa situazione? La risposta è legata ad una sola parola: produttività. Pensate che da più di 20 anni, la nostra produttività è ferma: mentre Francia, Germania e Spagna registravano crescite a doppia cifra, la produttività italiana è cresciuta solo del 2%. I nostri stipendi, quindi, non crescono perché la nostra produttività non cresce… …ma quali sono le ragioni? I motivi sono tanti, ma i principali sono 3: 1. Abbiamo tante (troppe) micro-imprese La nostra struttura produttiva è così frammentata (95% delle nostre imprese sono micro-imprese) che investire in nuove tecnologie e attività che potrebbero aumentare la produttività è molto difficile. 2. Non investiamo abbastanza in innovazione Alla base della crescita della produttività c’è l’applicazione di tecnologie innovative, che riescono a rendere il lavoro più produttivo e in generale più efficiente. Ma anche qui, l’Italia investe in R&D solo l'1,4% del PIL, contro una media UE del 2,2% 3. I nostri talenti scappano all’estero La bassa produttività, i bassi salari e la scarsa innovazione contribuiscono alla fuga di cervelli dall’Italia ad altri paesi, alimentando un circolo vizioso che “inceppa il nostro motore”. Tra il 2011 e il 2021, infatti, 1,3 milioni di giovani italiani tra i 18 e i 34 anni è emigrato in altri Paesi dell’Ue, in Gran Bretagna e in Svizzera, come emerge da uno studio pubblicato dalla Fondazione Nord Est. Ma quali sono le possibili soluzioni a questi problemi? Di questo e altro abbiamo parlato nel nostro nuovo video su YouTube (link in bio!!) Fonte dati: OCSE - Average annual wages at Constant prices by countries

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    💸 In Italia i salari calano ma… la produttività aumenta? L’analisi condotta da UILTuCS (l’Unione Italiana Lavoratori Turismo Commercio e Servizi) su 9 paesi europei nel periodo 2010-2022, rivela uno scenario preoccupante per il mercato del lavoro italiano. I dati parlano chiaro: - Nel 2022, l'Italia si posiziona penultima in Europa per salari lordi (31.530€), superando la Spagna (ultima) di appena mille euro 🔍 E rispetto all’Europa come ce la caviamo? Soltanto in Italia e Spagna i salari reali nello stesso periodo (al netto dell’inflazione) sono diminuiti, mentre sono aumentati sensibilmente in Paesi come la Svezia (+15%) e la Germania (+14%). La situazione non migliora sul fronte della crescita del salario nominale: l’Italia registra il secondo incremento più basso (+13%), superando anche in questo caso solo la Spagna (+10%). ⚠️ E poi c’è un paradosso: Mentre in molti settori la produttività del lavoro aumenta, i salari reali non solo non seguono questo trend, ma anzi decrescono! Tra il 2010 e il 2022, ad esempio, nel settore del commercio la produttività del lavoro ha registrato un aumento del 16,3%, mentre i salari reali si sono contratti del 15%: insomma, niente redistribuzione della ricchezza generata. I lavoratori producono più valore, ma non ne traggono benefici economici. Tutto ciò riduce il potere d’acquisto, rallenta i consumi e alimenta le disuguaglianze. E tu cosa ne pensi? Come si può colmare questo gap tra produttività e retribuzioni? P.s. Se questo contenuto ti è stato utile e vuoi saperne di più su investimenti, economia e attualità... dovresti seguirci 😉 👉🏻Il Punto Economico

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    L'Italia è spaccata in due e i dati sul reddito pro-capite lo confermano. Secondo una ricerca di INTWIG (dati MEF), nel 2022, il reddito pro-capite italiano si è assestato, in media, sulla cifra di €18.690 l'anno. Il problema? Che questo valore medio ha una distribuzione geografica estremamente diversa: - al Nord Italia, il reddito pro-capite è di €21.477 l'anno - al Centro Italia, il reddito pro-capite è di €17.898 l'anno - al Sud Italia e Isole, il reddito pro-capite è di €15.298 l'anno Questo vuol dire che tra Nord e Sud esiste, in media, una differenza di reddito pro-capite del 41%, segno che l'Italia è letteralmente spaccata in due... Se entriamo nel merito dei dati, scopriamo qualche informazione interessante: 1) nella top10 delle città metropolitane più grandi per n. di abitanti, le prime 6 sono del Nord o Centro Italia, mentre le ultime 4 sono del Sud Italia 2) i primi 3 capoluoghi di provincia per reddito pro-capite sono tutti capoluoghi lombardi: Milano (€35.282), Monza (€31.362) e Bergamo (€30.512) 3) il comune più ricco d'Italia è Portofino, con un reddito pro-capite medio quasi 5 volte superiore alla media italiana (€90.610 l'anno vs €18.690 l'anno). Insomma, l'Italia è davvero spaccata in due e forse sarebbe il caso di fare qualcosa a riguardo...

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