Sabato il nostro team era al porto di Reggio Calabria, pronto a fornire supporto psicologico alle 83 persone soccorse in acque internazionali dalla nave Geo Barents di Medici senza Frontiere, mentre il gommone su cui erano stipate stava affondando.
Le persone sbarcate sono sopravvissute a un soccorso drammatico: hanno raccontato di essere state intercettate da un’imbarcazione veloce il cui equipaggio si è identificato come “guardia costiera libica” che, sparando colpi in aria, ha minacciato e aggredito i naufraghi causando la caduta in acqua di oltre 70 di loro. Il team di Medici senza Frontiere ha messo in salvo tutte le persone che erano in acqua e quelle rimaste sul gommone ma altre 29, tra cui donne e bambini, sono state riportate in Libia: prima dell’arrivo della Geo Barents erano state separate dalle loro famiglie e costrette a salire, con la forza, sull’imbarcazione della cosiddetta guardia costiera libica.
La consolidata e disumana prassi di intercettazione, cattura e respingimento in mare è una gravissima violazione dei diritti umani e del diritto internazionale. È promossa e sostenuta dalle politiche italiane ed europee che finanziano e addestrano la “guardia costiera libica”, milizie armate di fatto coinvolte nel traffico delle persone e nella gestione dei centri libici, luoghi in cui accadono sistematicamente, come denuncia l’ONU, “orrori indicibili”.
Molte delle persone arrivate a Reggio Calabria erano disperate e sotto shock, chiedono di essere ricongiunte alle loro famiglie.
🔴 Ci appelliamo alle istituzioni: chiediamo di organizzare, con la massima urgenza, il ricongiungimento delle famiglie separate.
Questa barbara politica dei respingimenti non è più tollerabile.
📸 Stefan Pejovic/MSF e MdM Italia
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