Studio Legale Mosetti Compagnone

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Studio legale

Udine, Italia/Udine 1.901 follower

Solo la completa conoscenza dei fatti,delle circostanze e dei luoghi dell’impresa genera soluzioni vincenti. #LaboretLex

Chi siamo

I fondatori Giulio Mosetti e Daniele Compagnone attraverso la massima “Labor et Lex” esprimono la loro passione e il loro impegno alla ricerca dell‘eccellenza della professione forense nel diritto del lavoro. Lo Studio è strutturato su tre sedi fisiche in Friuli Venezia Giulia, ma opera principalmente garantendo la propria e continuativa presenza in azienda. Questo metodo consulenziale, collaudato negli anni, assicura una migliore e più immediata comprensione delle criticità e, conseguentemente, una rapida risoluzione dei problemi. Lo Studio fornisce oggi questo tipo di consulenza in ambito giuslavoristico a oltre 500 aziende dislocate in tutto il nord Italia. Lo Studio si pone continuativamente l’obiettivo di formare e informare il proprio team di professionisti e le imprese con le quali instaura un rapporto di consulenza continuativa. Ogni anno, anche in collaborazione con altri partner, M/C Labor & Lex organizza più eventi formativi diretti a tutti gli operatori del mondo HR al fine di consentire a coloro che più da vicino vivono il mondo del lavoro di essere sempre aggiornati e pronti a soluzioni innovative che consentano il recupero della competitività e dell’efficienza produttiva.

Settore
Studio legale
Dimensioni dell’azienda
11-50 dipendenti
Sede principale
Udine, Italia/Udine
Tipo
Società di persone
Data di fondazione
2012
Settori di competenza
Studio legale, Diritto del lavoro, Risorse Umane, 231, Contenzioso del Lavoro, Consulenza Strategica, Consulenza Multidisciplinare, Organisimi di Vigilanza, Sicurezza sul lavoro e Penale d'impresa

Località

Dipendenti presso Studio Legale Mosetti Compagnone

Aggiornamenti

  • I modelli 231: grandi protagonisti tra i fattori critici di successo nella gestione delle risorse umane. Quando si parla di fattori critici di successo si fa riferimento agli elementi chiave che determinano la capacità dell'azienda di competere efficacemente sul mercato; tra questi, generalmente si richiamano l'innovazione continua, la capacità di attrarre e trattenere talenti o quella di adattamento ai cambiamenti del mercato. Difficilmente, però, si richiama il ruolo dei Modelli Organizzativi, che stanno diventando sempre più cruciali specie con riferimento all'ESG, acronimo di Environmental, Social, Governance, che rappresenta l’insieme di criteri utilizzati per valutare la sostenibilità e l'impatto sociale di un'azienda. Con riferimento alla Governance, da intendersi come insieme di strutture di controllo interno aziendali, fondamentale è il ruolo dei Modelli231. In particolare, i fattori critici di successo “poggiano su due pilastri”: da un lato, il benessere aziendale (“S”, di Social) e, dall’altro, la proceduralizzazione dei processi aziendali attraverso policies che diventano il vero e proprio “salvacondotto” dei dipendenti. Infatti, i Modelli sono un insieme strutturato di regole e, come tali, sono in grado di razionalizzare l’organizzazione aziendale attraverso policies e procedure. Evidente, quindi, il ruolo cruciale dei Modelli nella gestione delle risorse: delineando procedure chiare e dettagliate per lo svolgimento delle attività, consentono non solo di prevenire la commissione di reati, ma sono altresì in grado di indirizzare i comportamenti del personale verso obiettivi condivisi, promuovendo una cultura aziendale etica e responsabile. Non solo eccezionali strumenti di Governance delle risorse umane, i Modelli ricoprono altresì un ruolo fondamentale nell’ottimizzazione dei processi in quanto, attraverso la definizione di procedure chiare e dettagliate, contribuiscono ad aumentare l’efficienza operativa, eliminando duplicazioni e inefficienze nei processi. Ulteriori vantaggi: con l’adozione di un Modello Organizzativo è possibile allineare le attività di tutti i dipendenti con gli obiettivi strategici dell'azienda, ciò favorisce una maggiore coesione organizzativa e una migliore distribuzione delle risorse. Da ultimo, istituendo i canali whistleblowing è possibile offrire ai dipendenti la possibilità non soltanto di segnalare illeciti e irregolarità ma, ciò che più conta, di esprimere le proprie preoccupazioni in modo anonimo e sicuro, rafforzando, così, il senso di fiducia nell'organizzazione. In conclusione, quali possono essere i punti di incontro con le più classiche politiche di incentivazione del personale? Fermo restando il fatto che le politiche premiali sono rimesse alla “fantasia” degli imprenditori, si potrebbe integrare la valutazione delle performance dei dipendenti con gli obiettivi del Modello 231, premiando comportamenti etici e responsabili, incentivando, così, un approccio proattivo alla prevenzione dei rischi.

  • Ringraziamo The European House-Ambrosetti per aver scelto la sede di Udine dello Studio per ospitare l’evento del 21 novembre dal titolo “La gestione delle #risorse #umane: il sistema dei compensi e altri elementi critici di successo”. Il tema, di grandissima attualità, ha attratto numerosi ospiti, che ringraziamo caldamente per la partecipazione attiva all’incontro. All’evento si sono susseguiti, quali relatori, l’Avv. Giulio Mosetti con un intervento sui fattori critici di successo nella gestione delle risorse umane e il Dott. Marco Visani con un contributo sull’executive compensation. Un ringraziamento finale va al Dott. Domenico Mafrici per la competenza e professionalità con cui ha saputo moderare l’incontro. #evento #convegno #risorseumane #forum #ambrosetti #HR #lavoro #dirittodellavoro #giuslavoristi #studiolegale

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    𝐒𝐢𝐜𝐮𝐫𝐞𝐳𝐳𝐚 𝐬𝐮𝐥 𝐋𝐚𝐯𝐨𝐫𝐨, 𝐝𝐞𝐥𝐞𝐠𝐡𝐞 𝐞 𝐫𝐞𝐬𝐩𝐨𝐧𝐬𝐚𝐛𝐢𝐥𝐢𝐭𝐚̀ 𝐝𝐞𝐥 𝐂𝐨𝐧𝐬𝐢𝐠𝐥𝐢𝐨 𝐝𝐢 𝐀𝐦𝐦𝐢𝐧𝐢𝐬𝐭𝐫𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞: 𝐟𝐚𝐜𝐜𝐢𝐚𝐦𝐨 𝐢𝐥 𝐩𝐮𝐧𝐭𝐨!  La sentenza n. 40682/2024, recentemente pronunciata dalla Corte di Cassazione, ha acceso ulteriormente il dibattito sul tema della responsabilità dei membri del Consiglio di Amministrazione in caso di commissione di reati in violazione delle normative in materia di salute e sicurezza sul lavoro. In particolare, la Suprema Corte ha statuito che, nonostante la pluralità di deleghe sia in materia gestoria (ex art. 2381 c.c.) che di funzione (ex art. 16 D. lgs.81/2008) sussisteva la responsabilità degli amministratori della società non solo per la sola posizione ricoperta, ma a causa di "gravissime carenze organizzative imputabili ai vertici societari", con riferimento particolare alla "totale assenza di programmazione" nelle procedure di controllo. La Cassazione, nel confermare la penale responsabilità degli imputati, prende lo spunto precisando la differenza tra deleghe di funzione e quelle gestorie. Si ricorda, infatti, che le prime permettono il trasferimento di specifici doveri e poteri legati alla prevenzione; al contempo, impongono al datore di lavoro delegante un obbligo di vigilanza sull’operato del delegato (con la conseguenza che, in caso di mancanze da parte del delegato, il datore di lavoro può essere ritenuto responsabile); le seconde, invece, riguardano la distribuzione di compiti e responsabilità tra gli amministratori nelle strutture aziendali complesse, migliorando l’efficienza nella gestione delle funzioni e valorizzando le competenze specifiche interne al CdA. In tale caso, in assenza di deleghe specifiche, l’intera amministrazione e responsabilità potrebbe ricadere su tutti i componenti del CdA. Dunque, la presenza di deleghe ben strutturate è certamente un requisito importante per la tenuta dell’intero sistema aziendale, in quanto garantiscono una distribuzione chiara ed efficiente delle responsabilità in materia di sicurezza; strumento che però, da solo, non è in alcun modo sufficiente. Infatti, alla segregazione dei poteri e dei ruoli, occorre affiancare quello che, ad oggi, risulta l’unico vero strumento di controllo per prevenire le carenze organizzative aziendali ossia il Modello Organizzativo e di controllo ex d.lgs. n.231/2001. L’adozione di un MOG con contestuale nomina dell’Organismo di Vigilanza, infatti, offre alle imprese la possibilità di avere una struttura organizzata che prevenga attivamente la commissione di reati ma soprattutto consente, se correttamente adottato e monitorato, di intercettare le eventuali carenze organizzative e maggiore efficienza operativa grazie ai processi aziendali più strutturati e controllati. 

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    In tema 𝐜𝐨𝐦𝐩𝐥𝐢𝐚𝐧𝐜𝐞 𝐚𝐳𝐢𝐞𝐧𝐝𝐚𝐥𝐞 𝐢𝐥 𝐌𝐎𝐆 𝟐𝟑𝟏/𝟎𝟏 impone anche il rispetto del 𝐆𝐃𝐏𝐑 𝟔𝟕𝟗/𝟏𝟔 nell’ambito dei reati informatici; in tal senso risulta interessante un’Ordinanza dd 1.8.24, del Tribunale di Udine-sezione lavoro (R.L. n. 504/24) afferente all’impugnazione di un dipendente del provvedimento con il quale era stata disposta la sospensione dal servizio e retribuzione per ritenuta impossibilità della lavoratrice a rendere la prestazione lavorativa a causa della mancata sottoscrizione per accettazione dell'Atto di designazione a incaricato per le persone autorizzate al trattamento dati personali. La ricorrente aveva negato espressamente il suo consenso a trattare per ragioni di servizio dati sensibili altrui; la società riteneva legittimo il provvedimento di sospensione sul presupposto che il rifiuto di sottoscrivere tale atto renda “impossibile” lo svolgimento della prestazione lavorativa. Il Giudice conferma con l’Ordinanza la correttezza del comportamento datoriale atteso che, agendo diversamente, la società avrebbe violato le norme di garanzia e tutela, esponendosi inevitabilmente al rischio di incorrere in responsabilità sia di natura civilistica verso i soggetti interessati da eventuali trattamenti illegittimi (art. 82 GDPR) sia di natura amministrativa (artt. 83, 84 GDPR). Anche da tale pronuncia vi evince come in capo al titolare del trattamento vi è quindi il dovere (compliance) di dimostrare di aver adottato idonee misure tecniche e organizzative per la protezione dei dati personali trattati dalla propria organizzazione aziendale e di agire in conformità ai precetti del GDPR 679/16; allo scopo di conseguire l’esimente da responsabilità, è onere della Società provare di aver efficacemente adottato e attuato un Modello organizzativo idoneo a prevenire la commissione dei reati presupposto. L’attività di 𝐫𝐢𝐬𝐤 𝐚𝐬𝐬𝐞𝐬𝐬𝐦𝐞𝐧𝐭 è sempre propedeutica al modello organizzativo da adottare all’interno della propria struttura aziendale e consente, nel caso della compliance GDPR, di predisporre idonee procedure, azioni e presidi atti a tutelare i dati personali e, nel caso del D.lgs. 231/01, idonei a prevenire la commissione di uno dei reati presupposto inclusi, nel caso specifico, nell’ambito dei reati informatici (art. 24 – bis del D.lgs. 231/01), e più in generale in tema di 𝐜𝐲𝐛𝐞𝐫𝐬𝐞𝐜𝐮𝐫𝐢𝐭𝐲. Il richiamo esplicito delle policy GDPR consente al Modello Organizzativo ex D.lgs. 231/01 di fornire la c.d. prova di resistenza rispetto all’ascrivibilità per la c.d. colpa organizzativa dei reati presupposto.

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    Come anticipato nel precedente post, questa settimana proponiamo un approfondimento sulle novità legislative in materia informatica, nell’ottica di “lustrare” gli scudi 231 delle aziende ed assicurare la tenuta dei Modelli di Organizzazione e Gestione in giudizio. Uno spunto in proposito è offerto dall’entrata in vigore, lo scorso 18 ottobre, del D. Lgs. 138/2024 di recepimento della Direttiva NIS2. L’ambito di applicazione della Direttiva riguarda alcuni soggetti, individuati sulla base del settore in cui operano e delle loro dimensioni, che dovranno adeguarsi ad obblighi nell’ambito della 𝐠𝐞𝐬𝐭𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐝𝐞𝐥 𝐫𝐢𝐬𝐜𝐡𝐢𝐨, il cui contenuto minimo è elencato dall’art. 24 D. Lgs. 138/2024; della 𝐫𝐞𝐬𝐩𝐨𝐧𝐬𝐚𝐛𝐢𝐥𝐢𝐭𝐚̀ 𝐝𝐞𝐠𝐥𝐢 𝐨𝐫𝐠𝐚𝐧𝐢 𝐝𝐢 𝐚𝐦𝐦𝐢𝐧𝐢𝐬𝐭𝐫𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞, intesa sia come responsabilità legale che come accountability; ed infine dell’obbligo di notifica degli incidenti di sicurezza informatica alle Autorità preposte, entro termini stringenti.  Come adattare, allora, i nuovi obblighi ai Modelli 231 già adottati, per garantire la loro adeguatezza? In primo luogo, tramite un’accurata valutazione dei rischi in materia IT, che consenta di identificare per tempo le possibili minacce e, di conseguenza, le strategie di prevenzione e di gestione degli incidenti.  Secondariamente, con l’𝐢𝐧𝐭𝐞𝐠𝐫𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐞 𝐦𝐢𝐬𝐮𝐫𝐞 𝐝𝐢 𝐠𝐞𝐬𝐭𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐜𝐲𝐛𝐞𝐫𝐬𝐢𝐜𝐮𝐫𝐞𝐳𝐳𝐚 𝐧𝐞𝐢 𝐌𝐨𝐝𝐞𝐥𝐥𝐨 𝟐𝟑𝟏, prevedendo all’interno dei protocolli di prevenzione dei reati informatici, misure quali la previsione di policy di controllo degli accessi e di gestione dei beni e degli asset, l’identificazione di una procedura che disciplini la gestione degli incidenti informatici, il monitoraggio costante delle misure tecniche in relazione alla loro adeguatezza e aggiornamento. Ancora, è imprescindibile il ruolo dell’Organismo di Vigilanza, che dovrà curare l’adeguatezza del sistema, mediante audit periodici, verifica dei flussi informativi (sia nei confronti dell’OdV stesso che delle Autorità di Vigilanza) e collaborazione costante con il Responsabile della Cybersecurity. Infine, è fondamentale anche in questo ambito la formazione di tutto il personale, predisponendo programmi specifici al fine di diffondere la consapevolezza in materia di rischi cibernetici e le modalità per la loro gestione, verificando l’apprendimento e garantendo l’aggiornamento periodico di tutti gli interessati.  La previsione di tali misure è utile non soltanto per i soggetti che rientrano nell’ambito di applicazione della Direttiva, ma per tutte le aziende che hanno adottato un Modello 231, al fine di garantire uno scudo davvero in grado di proteggere la Società non solo dagli attacchi informatici – come spesso si legge sui giornali in questo periodo – ma anche dai rischi penali in materia di sicurezza informatica, grazie ad un’efficace valutazione e gestione delle minacce informatiche e ad un approccio orientato al miglioramento continuo.

  • Che i Modelli Organizzativi siano “scudi” contro il rischio di commissione di reati è, ormai, cosa nota. Uno “scudo arrugginito”, però, è inutile. Come fare, quindi, per assicurarsi che il Modello Organizzativo sia in grado di “proteggere” le società in cui viene applicato? Come fare per assicurarsi della sua “tenuta” in un eventuale giudizio? La giurisprudenza – anche molto recente, basti pensare ad esempio alla sentenza del Tribunale di Milano n. 1070/2024 – detta diversi parametri per valutare l’efficacia e l’adeguatezza dei Modelli, il primo dei quali è rappresentato, senza dubbio, dall’assolvimento dell’obbligo di aggiornamento. In estrema sintesi, è necessario che le imprese “stiano al passo” di un D.Lgs. 231/01 in continua evoluzione. Premesso tale obbligo di aggiornamento, si ripercorrono le principali novità che hanno interessato il D.Lgs. 231/01 negli ultimi mesi del 2024: L. 114/2024 che, oltre ad aver abrogato il delitto di abuso d’ufficio, riduce l’area di applicazione del traffico di influenze illecite, disponendo che, per poter integrare il delitto, le relazioni con il P.U. siano esistenti (non solo asserite) ed effettivamente utilizzate (non solo vantate); inoltre, si richiede che l’utilità promessa al mediatore per l’intercessione con il P.U. sia necessariamente economica. D.L. 92/2024, che introduce il nuovo reato di indebita destinazione di denaro o cose mobili, art. 314-bis cp, norma che punisce il P.U. che, avendo per ragione del suo ufficio il possesso o la disponibilità di denaro o di cose mobili altrui, li destina ad un uso diverso da quello previsto dalla legge procurando, così, a sé o altri un ingiusto vantaggio patrimoniale. L. 90/2024 che introduce, all’art. 629 cp, l’ipotesi di estorsione c.d. informatica, i.e. commessa per il tramite di un delitto informatico. D.Lgs. 141/2024 che introduce, nel D.Lgs. 231/01 i delitti previsti dal TU accise. D.Lgs. 138/2024, di recepimento della direttiva NIS2 imponendo alle società di adottare misure tecniche adeguate e proporzionate, secondo un principio di accountability, alla gestione dei rischi dei sistemi informativi, oltre che idonee a prevenire o quantomeno ridurre al minimo l’impatto degli incidenti informatici. L’aggiornamento continuo non è, però, necessario solo per mantenersi allineati a un quadro normativo in continua evoluzione ma, verrebbe da dire, soprattutto, per gestire l’emergere di nuovi rischi (come quelli cyber) che richiedono una costante valutazione e aggiornamento del modello. Queste le principali novità normative “condensate” in meno di 3000 battute, ma torneremo presto con un approfondimento sulla direttiva NIS2.

  • Con l’edizione del 17 ottobre è giunto al termine il ciclo di incontri sui requisiti di idoneità e adeguatezza dei modelli organizzativi. Ringraziamo il dott. Arrigo De Pauli, il dott. Marco Panzeri, l’avv. Luca Ponti e l'avv. Giulio Mosetti relatori che, guidati dall’avv. Daniele Compagnone in qualità di moderatore, hanno fornito, ciascuno per la propria area di expertise, strumenti pratici per la creazione di un modello organizzativo adeguato, vivo e continuamente aggiornato, in grado di adattarsi perfettamente alla realtà aziendale, senza appesantirla. La grande affluenza di partecipanti ha confermato l'interesse e la sensibilità, sempre crescenti, delle imprese per la tematica di Modelli 231. Siamo, quindi, lieti di constatare come la scelta di dotarsi di strumenti efficaci per prevenire e gestire i rischi sia vista – nel mondo imprenditoriale – come un’opportunità, non più come un costo.

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  • 𝟐𝟑𝟏 𝐞 𝐄𝐒𝐆: 𝐝𝐮𝐞 𝐛𝐢𝐧𝐚𝐫𝐢 𝐩𝐚𝐫𝐚𝐥𝐥𝐞𝐥𝐢 𝐜𝐡𝐞 𝐩𝐚𝐫𝐥𝐚𝐧𝐨 𝐥𝐚 𝐬𝐭𝐞𝐬𝐬𝐚 𝐥𝐢𝐧𝐠𝐮𝐚. 𝐄̀ 𝐢𝐥 𝐦𝐨𝐦𝐞𝐧𝐭𝐨 𝐝𝐢 𝐢𝐧𝐜𝐫𝐨𝐜𝐢𝐚𝐫𝐥𝐢 Gli addetti ai lavori sanno già molto bene come tra Modello 231 e ESG ci siano più elementi comuni di quanto si possa sospettare: ora è compito dei Professionisti informare le aziende sulla complementarità dei due sistemi, e di come un’azienda che funzioni debba fondarsi sull’interazione di due Modelli diversi che toccano gli stessi temi e gli stessi valori. A partire da questo primo post, lo Studio illustrerà le interconnessioni tra 231 e Sostenibilità, per spiegare come ben presto l’uno non potrà fare a meno dell’altra. 1.𝐋𝐚 𝟐𝟑𝟏 𝐞̀ “𝐩𝐞𝐫 𝐬𝐞́”, 𝐥’𝐄𝐒𝐆 𝐞̀ “𝐩𝐞𝐫 𝐠𝐥𝐢 𝐚𝐥𝐭𝐫𝐢.  A ben pensarci, c’è un elemento comune tra i due istituti, ed è la responsabilità: con la 231, adottando un Modello efficace, le società evitano l’erogazione di sanzioni, responsabilizzando alcune specifiche funzioni aziendali. Con l’ESG, l’azienda si dichiara per ciò che è: un ente che ha comunque impatti rilevanti sull’ambiente e sulle persone, e che dunque è tenuto ad agire per minimizzare tali effetti, nel rispetto del pianeta e delle generazioni. Nel primo caso, quindi, di fatto l’azienda si occupa di prevenire la possibile commissione di illeciti; nel secondo, comunica al mondo cosa sta facendo per rendersi più sostenibile, avvertendo che la propria responsabilità – che deriva etimologicamente da rispondere – va ben al di là della prospettiva criminalista: è una responsabilità anche sociale, un’applicazione concreta dell’art. 41 Cost. 2. 𝐈 𝐫𝐞𝐚𝐭𝐢 𝐩𝐫𝐞𝐬𝐮𝐩𝐩𝐨𝐬𝐭𝐨 𝐢𝐧𝐜𝐢𝐝𝐨𝐧𝐨 𝐬𝐮𝐠𝐥𝐢 𝐬𝐭𝐞𝐬𝐬𝐢 “𝐕𝐚𝐥𝐨𝐫𝐢 𝐄𝐒𝐆”: non è davvero un caso se l’ultima lettera che compone la parola ESG sia dedicata alla Governance, ed è evidente che in quest’ultima vadano ricomprese tutte le misure organizzative volte a far sì che l’Azienda sappia realmente “rispondere” ai crescenti bisogni dei propri stakeholders. Ma se vediamo la stessa ESG sotto la filigrana del Modello 231, ci renderemmo conto come in gioco ci siano gli stessi “beni della vita”: se si pensa all’Environment (la E di ESG), va detto che la 231 prevede, a seconda delle specificità dell’azienda, numerosi reati presupposto direttamente correlati alla gestione di rifiuti, all’inquinamento, alla tutela delle acque, alla tutela dell’ambiente in senso lato, incluso il rispetto delle norme urbanistiche e delle autorizzazioni. Con riferimento alla parte Social (S di ESG), è evidente come il primo valore sia primum non nocere, declinato in primo luogo nella prevenzione dei reati connessi alla salute e alla sicurezza dei lavoratori, ma anche degli illeciti connessi alla tutela della riservatezza, con particolare riguardo alla tematica del c.d. “caporalato”, e all’implementazione di misure tese ad evitare l’utilizzo di lavoratori irregolari e anche il c.d. lavoro povero. Questo in poche battute ...ma torneremo in argomento!

  • 𝐍𝐮𝐨𝐯𝐢 𝐥𝐢𝐦𝐢𝐭𝐢 𝐚𝐥𝐥𝐚 𝐭𝐮𝐭𝐞𝐥𝐚 𝐝𝐞𝐥 #𝐰𝐡𝐢𝐬𝐭𝐥𝐞𝐛𝐥𝐨𝐰𝐞𝐫: 𝐥𝐞𝐠𝐢𝐭𝐭𝐢𝐦𝐨 𝐢𝐥 #𝐥𝐢𝐜𝐞𝐧𝐳𝐢𝐚𝐦𝐞𝐧𝐭𝐨 𝐩𝐞𝐫 𝐠𝐢𝐮𝐬𝐭𝐚 𝐜𝐚𝐮𝐬𝐚 𝐩𝐞𝐫 #𝐮𝐬𝐨 𝐢𝐦𝐩𝐫𝐨𝐩𝐫𝐢𝐨 𝐝𝐞𝐥 #𝐰𝐡𝐢𝐬𝐭𝐥𝐞𝐛𝐥𝐨𝐰𝐢𝐧𝐠. La normativa sul #whistleblowing ha l'obiettivo di proteggere i segnalanti da ritorsioni o sanzioni derivanti dalla denuncia di #comportamenti illeciti all'interno dell' #ambiente di lavoro: tuttavia, questa salvaguardia non rappresenta un'autorizzazione a compiere atti illeciti, né una giustificazione per comportamenti fraudolenti o dannosi. La recente #sentenza n. 17715/2024 della #Corte di Cassazione ha ribadito il principio, escludendo l’applicabilità della disciplina di tutela del #whistleblowing ogni qualvolta il segnalante agisca per scopi essenzialmente di carattere personale o per contestazioni o rivendicazioni inerenti al rapporto di lavoro nei confronti di superiori. Fuori da tali scopi, la #segnalazione non è quindi utilizzabile per #rivendicazioni, #ritorsioni, #lamentele di carattere personale o #richieste attinenti al #rapporto di lavoro, dovendo avvenire, tra l’altro, nel #rispetto delle #modalità prescritte dalle norme di riferimento.    Per ogni ulteriore approfondimento, si rimanda all’allegato focus operativo. #MC #avvocati #231 #aziende #imprese #labour #compliance #whistleblowing  #segnalazione #legge #law #studiolegale #diritto #licenziamento #tutela

  • Come anticipato, considerato il gran numero di persone interessate alla tematica dei Modelli Organizzativi e della compliance, siamo lieti di invitarvi alla 𝗿𝗲𝗽𝗹𝗶𝗰𝗮 del convegno dal titolo “𝗥𝗲𝗾𝘂𝗶𝘀𝗶𝘁𝗶 𝗱𝗶 𝗶𝗱𝗼𝗻𝗲𝗶𝘁𝗮̀ 𝗲 𝗮𝗱𝗲𝗴𝘂𝗮𝘁𝗲𝘇𝘇𝗮 𝗱𝗲𝗶 𝗠𝗼𝗱𝗲𝗹𝗹𝗶 𝟮𝟯𝟭: 𝗶𝗻𝘀𝗶𝗱𝗶𝗲 𝗲 𝗼𝗽𝗽𝗼𝗿𝘁𝘂𝗻𝗶𝘁𝗮̀ 𝗮𝗹𝗹𝗮 𝗹𝘂𝗰𝗲 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗮 𝗿𝗲𝗰𝗲𝗻𝘁𝗲 𝗴𝗶𝘂𝗿𝗶𝘀𝗽𝗿𝘂𝗱𝗲𝗻𝘇𝗮 𝗱𝗲𝗹 𝗧𝗿𝗶𝗯𝘂𝗻𝗮𝗹𝗲 𝗱𝗶 𝗠𝗶𝗹𝗮𝗻𝗼”. L’evento si terrà il prossimo 𝟭𝟳 𝗼𝘁𝘁𝗼𝗯𝗿𝗲 presso la nuova sede dello Studio Legale Mosetti Compagnone a Udine, in via Vittorio Veneto, n. 31. La partecipazione è gratuita, previa iscrizione da inviarsi a mezzo e-mail entro il 14 ottobre 2024 all’indirizzo formazione@studiolegalemc.com.

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