Torcha

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Chi siamo

Torcha è un progetto editoriale di informazione sui social media. Il nostro obiettivo è informare i giovani sull’attualità, la politica e l’economia, con contenuti pensati e creati per essere consumati dove passano il loro tempo. Se sei un brand, scrivici a partners@torcha.it Se ti piace l’idea di lavorare con noi, verifica se ci sono posizioni aperte sul nostro sito

Sito Web
http://torcha.it
Settore
Contenuti audio e video online
Dimensioni dell’azienda
11-50 dipendenti
Sede principale
Milano
Tipo
Società privata non quotata
Data di fondazione
2020
Settori di competenza
editoria, social media, informazione, news media e news

Località

Dipendenti presso Torcha

Aggiornamenti

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    Quanto costa la tassa sui rifiuti nei capoluoghi di provincia italiani? Il canone medio italiano della tassa sui rifiuti è aumentato del 2,6% rispetto all’anno scorso, raggiungendo una media di 329€. Catania è il capoluogo di provincia in cui si paga di più, con 594€ annui, mentre Trento è quello in cui si paga meno, con 183€ annui. A livello regionale il Trentino Alto Adige è la regione più economica (203€), mentre la Puglia è la più costosa: la tariffa media è di 426,50€ con un aumento di oltre il 4% rispetto all’anno precedente. Lo rileva il Rapporto 2024 dell’Osservatorio Prezzi e Tariffe di Cittadinanzattiva, che ha analizzato la TARI nei capoluoghi italiani per una famiglia tipo (3 persone in una casa di 100 m²). La TARI, acronimo di Tassa sui Rifiuti, è l’imposta che finanzia il servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti. Le tariffe della TARI sono stabilite autonomamente dai comuni, tenendo conto della superficie dell’immobile, della quantità di rifiuti prodotti o di un mix tra quantità e qualità in base all’uso e alla tipologia dell’attività, oltre ai costi effettivi del servizio. Perché non esiste un canone unico nazionale? La gestione della TARI è autonoma per ciascun comune, adattandosi alle specificità territoriali. L’autonomia fiscale prevista dalla Costituzione consente agli enti locali di modellare la tassa sulle proprie esigenze. Il costo della TARI è più elevato nelle città con criticità nella gestione dei rifiuti. Fattori come l’estensione territoriale, la logistica, le infrastrutture e l’efficienza gestionale incidono significativamente sulle tariffe. Inoltre, problemi specifici come il ricorso alle discariche, la scarsa raccolta differenziata, la mancanza di impianti adeguati e l’evasione della tassa aggravano ulteriormente i costi. In questi casi, i comuni sono costretti a redistribuire le spese del servizio aumentando le tariffe per i cittadini. #attualità #tari #rifiuti #costo #linkedin #torcha

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    Tornare a casa per Natale: quanto costa davvero? Ogni anno, con l’arrivo delle festività natalizie, per molti fuori sede il ritorno a casa diventa un dilemma economico. I costi dei trasporti, in particolare dei voli, aumentano vertiginosamente a causa della domanda stagionale e di fattori economici globali. Ma quanto pesa davvero sulle tasche degli italiani il viaggio verso il Sud o le isole? E quali strategie possono aiutare a ridurre le spese? Secondo Assoutenti, viaggiare in aereo durante il periodo natalizio è diventato sempre più costoso. Ad esempio, un volo andata e ritorno da Genova a Catania costa già 623 euro in classe economy. E spesso non si tratta nemmeno di orari comodi: chi sceglie voli all’alba o in tarda serata non riesce comunque a risparmiare molto. I voli verso la Sicilia sono tra i più cari: un biglietto da Trieste a Catania costa 445 euro, mentre da Bologna a Palermo il prezzo minimo è 402 euro. Partendo da Milano, i prezzi oscillano tra 395 euro per Catania e 421 euro per Crotone, ma in alcuni casi possono superare gli 889 euro. Questi dati non includono i costi aggiuntivi per bagagli o scelta del posto, che possono far lievitare ulteriormente il totale. Rispetto ai periodi non festivi, i prezzi aumentano del 50-100%, con le tariffe più economiche che scompaiono rapidamente man mano che ci si avvicina al Natale. Il fenomeno del caro-voli natalizio è il risultato di diversi fattori: Alta domanda stagionale: Durante le festività, le prenotazioni raggiungono un picco e le compagnie aeree sfruttano l’occasione per massimizzare i profitti. Aumento dei costi operativi: L’inflazione e il rincaro del carburante pesano significativamente sui costi delle compagnie. Recupero post-pandemia: Dopo anni di restrizioni, la domanda di viaggi è tornata ai livelli pre-pandemia, ma l’offerta fatica a soddisfare le richieste. Per chi viaggia verso la Sicilia, un’opzione interessante è il Sicilia Express, un treno low-cost che collega Torino a Palermo e Siracusa. Il viaggio, lungo oltre 18 ore, ha prezzi a partire da 29,90 euro a tratta. Promosso dalla Regione Sicilia e Ferrovie dello Stato, rappresenta una soluzione accessibile per chi ha tempo e vuole risparmiare. Quanto costa tornare a casa? Milano-Catania: tra 220 e 320 euro andata e ritorno (rispetto ai 100-150 euro di novembre). Milano-Palermo: minimo 300 euro (+70% rispetto alla bassa stagione). Milano-Napoli: circa 200 euro, mentre da Roma servono 250 euro. Milano-Reggio Calabria: fino a 400 euro, il doppio rispetto ai mesi meno richiesti. Come risparmiare sui viaggi natalizi? Prenotare con largo anticipo: Idealmente almeno 6-8 settimane prima della partenza. Optare per voli infrasettimanali: I prezzi sono generalmente più bassi rispetto ai weekend. Valutare alternative come treni o autobus: Per chi non ha fretta, queste opzioni possono risultare molto più economiche. #economia #natale #viaggi #prezzi #linkedin #torcha

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    Perché facciamo così tanti meme sul lavoro? I meme sono diventati un vero e proprio linguaggio che pervade ogni parte delle nostre vite. Nati come immagini divertenti e scherzose condivise sui social media, oggi i meme sono un modo per comunicare emozioni, opinioni e esperienze in modo veloce e conciso. Non sono più solo battute, ma vere e proprie riflessioni sul mondo moderno, sulla cultura popolare, e persino sulle difficoltà quotidiane, come quelle del lavoro. Anche se possiamo amare i nostri lavori, arrivano sempre dei momenti di riflessione, in cui ci si chiede se il compenso valga davvero il tempo speso a lavorare, o se le giornate di stress siano davvero compatibili con il benessere fisico e mentale. Come affrontare questi momenti? Esistono vari consigli che possono aiutare a gestire lo stress: prendersi una pausa, fare respirazione profonda, allenarsi, ridurre il consumo di caffè e aumentare quello di frutta. Tuttavia, a volte il modo migliore per affrontare lo stress è semplicemente attraverso lo scambio di meme con i colleghi. Nonostante le reazioni non siano sempre le stesse, questo approccio può contribuire a far sentire le persone unite, accomunate dalle difficoltà quotidiane. Quando condividiamo meme sul lavoro, stiamo comunicando qualcosa di profondo: la consapevolezza di non essere soli nelle nostre sfide. Un meme ben riuscito può dire molto più di mille parole, creando un terreno comune con colleghi e conoscenti. È come dire: "Anche tu, eh? Siamo sulla stessa barca." Perché ci comportiamo così? Ridere della propria situazione è, in effetti, un modo per affrontare i problemi. Diversi studi hanno dimostrato che ridere aiuta a ridurre lo stress e a migliorare la salute fisica e mentale, stimola il cuore, i polmoni e diversi muscoli, favorendo una sensazione di rilassamento. Tuttavia, non tutti hanno un buon senso dell'umorismo, ma questo non dovrebbe essere un problema. Anche chi non ha una predisposizione particolare per l'umorismo può comunque utilizzare meme e storie online per allentare la tensione. La chiave è riconoscere che l'umorismo permette di prendere le distanze dai problemi e di gestire meglio emozioni negative come ansia e frustrazione. Non è solo questione di meme. Lo stress cronico, in particolare quello legato al lavoro, può portare a una serie di problemi di salute. È per questo che è importante prendersi dei momenti per rilassarsi, in modo da poter affrontare le sfide quotidiane con maggiore serenità. Incorporare un pizzico di umorismo nel lavoro quotidiano non significa ignorare i problemi, ma affrontarli con una prospettiva diversa. Che si tratti di meme, storie divertenti o semplici battute tra colleghi, l'importante è riconoscere che ridere insieme può rafforzare le relazioni, alleggerire le tensioni e, in qualche modo, rendere il lavoro un po' più umano. E tu? Qual è il meme che ti rappresenta meglio in una giornata di lavoro? #meme #lavoro #colleghi #linkedin #torcha

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    Salari bassi, ma non per tutti I salari in Italia mostrano forti disparità legate a fattori come il settore economico, la produttività e la dimensione delle imprese. Sebbene alcuni comparti abbiano registrato aumenti significativi, altri sono rimasti stagnanti, contribuendo a mantenere la media salariale italiana tra le più basse in Europa. Quali sono le principali differenze? L’Italia si colloca tra i Paesi dell’area OCSE dove i salari hanno subito una maggiore erosione del potere d’acquisto rispetto all’inflazione. Tuttavia, non tutti i settori hanno vissuto lo stesso destino. Dal 2001, i salari nell’industria sono aumentati del 75%, mentre nella Pubblica Amministrazione e nei servizi solo del 45%. Questa differenza riflette la capacità dell’industria di adattarsi meglio all’inflazione grazie a margini di profitto più ampi e maggiori investimenti in tecnologia. La retribuzione annua lorda media in Italia è di 30.838 euro, ma varia notevolmente tra i settori: Servizi finanziari: 45.906 euro Utility: 33.459 euro Industria di processo: 32.259 euro Settori con salari sotto la media: Servizi: 29.564 euro Commercio: 29.926 euro Agricoltura: 25.198 euro Questa polarizzazione mostra come i settori ad alta intensità di capitale possano offrire retribuzioni più alte, mentre comparti come i servizi, spesso frammentati e poco produttivi, restano indietro. Nel settore pubblico, gli stipendi sono tra i più bassi in Europa. Un insegnante italiano guadagna in media 24.000 euro lordi all’anno, contro i 28.000 euro in Francia e i 54.000 euro in Germania. La scarsa produttività e una contrattazione collettiva poco incisiva contribuiscono a questa stagnazione. Dal 2010 al 2022, la produttività nel settore terziario è cresciuta del 16,3%, ma i salari sono diminuiti dell’8%, con punte del -15% nel commercio. Parallelamente, i margini operativi delle imprese sono cresciuti del 44,9%, evidenziando come l’aumento degli utili non si traduca in miglioramenti salariali. Con una retribuzione media di 31.530 euro, l’Italia è penultima tra i principali Paesi europei, davanti solo alla Spagna. Tuttavia, la Spagna ha aumentato il salario minimo legale del 58% nello stesso periodo, dimostrando un approccio più protettivo per i lavoratori. #economia #salaribassi #servizifinanziari #commercio #linkedin #torcha

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    Nel 2023, in Italia, oltre 2,2 milioni di famiglie (8,4% del totale) vivevano in condizioni di povertà assoluta, coinvolgendo quasi 5,7 milioni di persone (9,7% della popolazione residente). Questi numeri, stabili rispetto al 2022, evidenziano come la povertà colpisca in modo particolarmente grave le famiglie con figli minori. Nonostante una crescita del mercato del lavoro del 2,1% nell’ultimo anno, l’aumento del costo della vita, l’inflazione e i salari insufficienti hanno reso più difficile per molte persone far fronte alle spese quotidiane. Dal nostro sondaggio è emerso che quasi la metà di voi ha dovuto fare rinunce nell’ultimo anno e che il 52% di voi sarà costretto nei prossimi mesi a tagliare delle spese importanti. La maggior parte, il 61%, ha sacrificato beni non essenziali, mentre quasi una persona su tre ha dovuto rinunciare a beni di prima necessità. Chi ha dovuto tagliare le spese ha rinunciato principalmente a vestiti, scarpe e tecnologia, mentre il 30% ha ridotto viaggi e tempo libero. Inoltre, il 37% di voi ha rinunciato ad alcuni prodotti della spesa nell’ultimo anno, e il 22% ha fatto tagli simili negli ultimi cinque anni. Purtroppo, alcuni di voi hanno ammesso di aver dovuto rinunciare a visite mediche o accertamenti sanitari per motivi economici. Questo dato trova conferma nel rapporto BES dell’ISTAT, secondo cui circa 4,5 milioni di italiani non riescono ad accedere a cure mediche private a causa di difficoltà economiche, lunghe liste d’attesa o problemi di accesso ai servizi. #attualità #povertà #famiglia #spesa #linkedin #torcha

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    Che bello essere (dis)ordinati! Il disordine è spesso visto come un nemico della produttività e dell’efficienza, ma il suo ruolo nei contesti lavorativi non è così semplice da decifrare. Sebbene un ambiente ordinato sembri sinonimo di organizzazione, un pizzico di disordine potrebbe avere benefici inaspettati. Contrariamente a quanto si pensa, il disordine non è sempre un problema. Studi come quello condotto dalla psicologa Kathleen Vohs nel 2013 mostrano che lavorare in spazi disordinati può stimolare il pensiero creativo. Le persone in ambienti caotici, infatti, risultano più inclini a proporre idee innovative e a cercare soluzioni non convenzionali. Questo aspetto potrebbe essere prezioso in settori come il marketing, il design e lo sviluppo creativo, dove rompere gli schemi è fondamentale. D'altro lato, un eccesso di disordine può diventare un ostacolo. ambienti lavorativi estremamente disordinati possono aumentare lo stress e ridurre la concentrazione. Secondo un sondaggio del Journal of Consumer Research, la presenza di troppi stimoli visivi distrae e diminuisce la capacità di completare i compiti in modo efficace. Inoltre, un ufficio caotico potrebbe trasmettere un’immagine di trascuratezza ai colleghi o ai clienti, influenzando negativamente le relazioni professionali. Perché alcune persone sono naturalmente ordinate mentre altre preferiscono un approccio più caotico? La risposta non si trova nei geni, ma in una combinazione di fattori educativi, ambientali e psicologici. Ad esempio, individui con tendenze perfezionistiche o livelli elevati di autocontrollo tendono a essere più ordinati, mentre chi ha una mente più aperta e orientata alla creatività può tollerare (o persino preferire) un po' di disordine. Il tuo modo di organizzare lo spazio di lavoro non riguarda solo te: può influenzare anche i tuoi colleghi. In ambienti condivisi, un comportamento eccessivamente disordinato può causare tensioni o difficoltà di collaborazione, specialmente quando lo spazio personale invade quello altrui. Tuttavia, in contesti meno formali o creativi, un certo grado di tolleranza reciproca può favorire un clima più rilassato e produttivo. Il segreto sta nell'adattare l'organizzazione alle esigenze del lavoro e delle persone coinvolte. Un team che lavora su progetti creativi può beneficiare di un approccio meno rigido, mentre chi si occupa di analisi dati o consulenza potrebbe trarre vantaggio da ambienti più ordinati e lineari. Il disordine è davvero un problema o semplicemente una forma di creatività che ancora non comprendiamo? La risposta, come spesso accade, dipende dal contesto e dalle persone. E tu, come gestisci il tuo spazio lavorativo? #riflessioni #disordine #spaziolavorativo #creatività #linkedin #torcha

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    Recentemente, su Instagram, abbiamo trattato un fenomeno che sta sempre più influenzando le nuove generazioni: l’emigrazione dei giovani italiani in cerca di opportunità lavorative e di vita all’estero. I dati parlano chiaro: dal 2011 al 2023, circa 550.000 italiani under 35 hanno deciso di trasferirsi all’estero, con un saldo negativo di 377.000 giovani. Le motivazioni principali? Migliori opportunità lavorative (25%), formazione (19,2%) e una qualità della vita più alta (17,1%). Eppure, i numeri ci raccontano anche che chi parte spesso è soddisfatto della propria scelta. Il 56% degli espatriati si dichiara soddisfatto della propria vita all’estero, contro solo il 22% di chi è rimasto in Italia. Inoltre, l'86% degli espatriati crede che il proprio futuro dipenda dal proprio impegno, mentre solo il 50% di chi è rimasto in Italia condivide lo stesso pensiero. Certo, qualche giovane arriva dall’estero, ma il rapporto è decisamente sfavorevole: per uno che arriva dai Paesi avanzati, otto ragazzi e ragazze italiani espatriano. Tanto che l’Italia risulta essere il Paese europeo meno attraente per i giovani: solo il 6% di dei giovani dell’Unione lo sceglie, contro il 34% della Svizzera e il 32% della Spagna. Ma cosa ne pensi? Hai mai preso in considerazione l’idea di trasferirti all’estero? O forse hai già fatto questa scelta? Prima di raccontarci la tua esperienza nei commenti, rispondi al nostro sondaggio! Siamo curiosi di conoscere le tue esperienze! #sondaggio #cervelliinfuga #estero #linkedin #torcha

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    Jaguar ha annunciato la sua nuova identità di marca, dando inizio a un processo di rebranding che ha suscitato reazioni contrastanti. Il nuovo design ha suscitato critiche, soprattutto rispetto al logo precedente. Questo cambiamento fa parte della strategia “Reimagine”, che prevede una trasformazione radicale dell’azienda, inclusa la produzione esclusiva di auto elettriche a partire dal 2026. Questo ha infranto il M.A.Y.A. Principle di Raymond Loewy, uno dei padri del design moderno, che suggerisce che l’innovazione debba essere graduale per restare accettabile e comprensibile dal pubblico. Secondo Loewy, un design innovativo deve essere familiare, evitando di spiazzare l’utente. Molti rebranding seguono questo principio, come nel caso recente di Decathlon, che ha aggiornato il proprio marchio senza stravolgere l’immaginario di riferimento. Tuttavia, Jaguar sembra discostarsi da questa filosofia, cercando di rivolgersi a un pubblico diverso, focalizzato su sostenibilità, inclusività e innovazione tecnologica. Il nuovo logotipo, privo del giaguaro (che pare resterà solo come elemento secondario), rappresenta un distacco dalla sua identità storica. Il brand non sta solo aggiornando la sua immagine, ma sta cercando di costruirne una completamente nuova, più orientata verso una clientela giovane e tecnologicamente avanzata. Il passaggio all’elettrico pare comporterà un aumento dei prezzi: questo cambiamento implica un’ulteriore evoluzione del target, con un focus su chi è disposto a investire in veicoli di lusso sostenibili. Un caso simile è quello di Impossible Foods, che a marzo 2024 ha effettuato un rebranding radicale per attrarre consumatori più ampi, incluso il pubblico “carnivoro”. Entrambi mostrano come il rebranding non riguardi solo l’aspetto del marchio, ma anche un cambio di target, rivolgendosi a chi condivide valori “nuovi” per l’azienda. #attualità #jaguar #logo #graphicdesign #linkedin #torcha

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    Combattere la violenza non vuol dire solo proteggere attivamente le vittime, ma anche lavorare su chi compie un abuso o atti persecutori. Questo è l’obiettivo della riabilitazione per uomini violenti che viene portata avanti in diversi centri e con progetti diversi. Gli obiettivi principali del lavoro trattamentale sono interrompere la escalation di violenza, sanzionare e ridurre l’alto tasso di recidiva tra gli autori di comportamenti violenti. Il trattamento degli autori di violenza è esplicitamente previsto dall'articolo 16 della Convenzione di Istanbul, redatta nel 2011 dal Consiglio d’Europa per la prevenzione e la lotta contro la violenza di genere. Non tutti gli uomini autori di violenza cambiano, ma ogni progresso che si evidenzia in quegli uomini rappresenta comunque un passo avanti nel contrasto alla violenza sulle donne. Il cambiamento di ogni singolo soggetto è un nuovo tassello nel cambiamento culturale del Paese. Noi di Torcha a Milano abbiamo incontrato una persona che ha preso parte a un percorso trattamentale per uomini violenti e per autori di reati contro le donne presso il CiPM. Ascoltiamo la storia di Giuseppe. Trovate il video completo sul nostro canale @torchatube su YT #attualità #25novembre #uomini #violenzadigenere #linkedin #torcha

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    Spendere meno è davvero possibile? Con il Black Friday, la frenesia degli acquisti raggiunge il suo culmine. Ma il problema non si limita a questa giornata di sconti: spendiamo troppo durante tutto l’anno, spesso senza riflettere sulle reali necessità. Così, ci ritroviamo a riempire i carrelli, spinti da impulsi e strategie di marketing. Perché accade? Una delle principali spiegazioni si trova nel nostro cervello. Quando compriamo, sperimentiamo una gratificazione immediata: il piacere di ottenere subito qualcosa che desideriamo prevale su decisioni più razionali e a lungo termine. Offerte a tempo, sconti imperdibili, l’idea di perdere un’occasione unica: sono strumenti che il marketing utilizza per scatenare il nostro impulso a spendere. Non è solo una questione individuale: viviamo in una società in cui il valore di una persona sembra legato a ciò che possiede. Acquistare diventa un modo per definirci, per sentirci parte di un gruppo o per mostrare il nostro status sociale. La pressione arriva da ogni angolo: social media, pubblicità e persino il confronto con amici e colleghi ci spingono a comprare di più. In Italia, il consumismo coesiste con un contesto di incertezza economica. Nonostante le difficoltà legate all’inflazione e al caro vita, gli acquisti continuano a crescere durante eventi come il Black Friday. Secondo uno studio di Scalapay, gli italiani spenderanno mediamente 283 euro durante il Black Friday del 2024, un dato in crescita rispetto agli anni precedenti. Gli articoli più acquistati saranno principalmente elettronica (29%), abbigliamento (23%) e cosmetici (12%). Il 72% dei consumatori italiani ha dichiarato che approfitterà degli sconti per acquistare prodotti che normalmente non comprerebbe, mentre il 45% ha ammesso di essere influenzato dal desiderio di "acquisto impulsivo" durante eventi di shopping come questo. Tuttavia, questa dinamica non è sostenibile: se da un lato il consumismo stimola l’economia, dall’altro alimenta un circolo vizioso di spese superflue e insoddisfazione personale. Di fronte a questa realtà, alcune persone stanno scegliendo un approccio diverso. Il minimalismo e il consumo consapevole rappresentano una risposta al consumismo sfrenato: acquistare meno, concentrandosi sulla qualità e sul reale valore degli oggetti. Tuttavia, queste tendenze rimangono di nicchia, mentre la maggior parte dei consumatori continua a seguire il flusso delle promozioni e delle spese impulsive. #economia #blackfriday #consumo #spese #linkedin #torcha

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