Il ruolo dei tubetti di colore nella nascita dell'Impressionismo è stato fondamentale e rivoluzionario. Prima della loro invenzione nel 1841 ad opera dell'artista americano John G. Rand, i pittori dovevano preparare i propri colori mescolando pigmenti in polvere con oli, un processo laborioso che limitava il lavoro allo studio. I colori preparati avevano una durata limitata, rendendo difficile il trasporto e l'uso all'aperto. Con l'introduzione dei tubetti di colore, realizzati in stagno pieghevole, gli artisti poterono finalmente conservare e trasportare facilmente i loro colori senza rischi di essiccazione. Questa innovazione permise agli impressionisti di dipingere **en plein air**, cioè all'aperto, direttamente davanti al soggetto. La possibilità di catturare le variazioni fugaci della luce naturale e dei colori dell'ambiente divenne una caratteristica distintiva dell'Impressionismo. Gli artisti come Monet, Renoir e Pissarro sfruttarono questa libertà per sperimentare con tecniche e composizioni innovative. L'enfasi sul momento presente, sulle atmosfere e sulle impressioni visive immediate sarebbe stata impensabile senza la praticità offerta dai tubetti di colore. Inoltre, la disponibilità di colori pre-miscelati e pronti all'uso incoraggiò l'uso di tonalità più vivaci e pure, contribuendo alla rottura con la tradizione accademica. I tubetti di colore non solo semplificarono il processo creativo, ma trasformarono radicalmente il modo in cui gli artisti interagivano con il mondo naturale, dando vita a uno dei movimenti artistici più influenti della storia. #GPU #intelligenzaartificiale
Post di Alberto Marocchino
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Il ruolo dei tubetti di colore nella nascita dell'Impressionismo è stato fondamentale e rivoluzionario. Prima della loro invenzione nel 1841 ad opera dell'artista americano John G. Rand, i pittori dovevano preparare i propri colori mescolando pigmenti in polvere con oli, un processo laborioso che limitava il lavoro allo studio. I colori preparati avevano una durata limitata, rendendo difficile il trasporto e l'uso all'aperto. Con l'introduzione dei tubetti di colore, realizzati in stagno pieghevole, gli artisti poterono finalmente conservare e trasportare facilmente i loro colori senza rischi di essiccazione. Questa innovazione permise agli impressionisti di dipingere **en plein air**, cioè all'aperto, direttamente davanti al soggetto. La possibilità di catturare le variazioni fugaci della luce naturale e dei colori dell'ambiente divenne una caratteristica distintiva dell'Impressionismo. Gli artisti come Monet, Renoir e Pissarro sfruttarono questa libertà per sperimentare con tecniche e composizioni innovative. L'enfasi sul momento presente, sulle atmosfere e sulle impressioni visive immediate sarebbe stata impensabile senza la praticità offerta dai tubetti di colore. Inoltre, la disponibilità di colori pre-miscelati e pronti all'uso incoraggiò l'uso di tonalità più vivaci e pure, contribuendo alla rottura con la tradizione accademica. I tubetti di colore non solo semplificarono il processo creativo, ma trasformarono radicalmente il modo in cui gli artisti interagivano con il mondo naturale, dando vita a uno dei movimenti artistici più influenti della storia. #GPU #intelligenzaartificiale
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Opera scultorea parte del progetto TransHuman; gesso e componenti metalliche; cm 18 x 26 h x 18 p, 2024 L’opera incarna la mia visione della tensione dialettica tra umanità e tecnologia, che si esprime in un dialogo visivo tra tradizione scultorea e avanzi digitali. La scultura, collocata all’interno di una struttura che è un computer portatile aperto, sembra suggerire una riflessione sul ruolo dell’individuo nell’era dell’informazione. Il viso, delineato da linee incisive e profonde, rappresenta forse la natura umana, le cui emozioni e pensieri sono sempre più intricati e influenzati dalla tecnologia. Le componenti elettroniche che lo circondano agiscono come una metafora dell’interconnessione globale, rimandando a un senso di apertura verso il mondo esterno, ma anche di esposizione e vulnerabilità. Il volto solcato da filamenti di metallo che ricordano i segni delle maschere africane, posto al centro di circuiti e componenti informatici, è una riflessione sulla condizione umana nel contesto del progresso tecnologico e sull’impatto della digitalizzazione sulla diversità culturale. I materiali usati (il gesso per la scultura e i circuiti elettronici per il contesto) parlano si una sintesi tra passato e il futuro; un dialogo tra antico e nuovo che riflette una poetica personale che si interroga e indaga sul posto dell’essere umano nel mondo contemporaneo, un mondo dove l’avanzamento tecnologico corre velocemente, talvolta senza lasciare il tempo di riflettere sulle conseguenze etiche e sociali che comporta. La scelta del colore scuro, uniforme per l’intera opera, riflette la introspettività e la gravità del tema. Le connessioni fisiche che legano le varie parti della scultura possono essere lette come le interrelazioni fra le persone in una società sempre più interconnessa; possono essere lette anche come catene che limitano e definiscono l’essenza umana entro i confini della tecnologia che lo circonda. #scultura #sculturacontemporanea #artecontemporanea #arte
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Il vero logo è lampo di luce che va oltre il frastuono. Leggi di logogenesi.
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Una #insegna a #LED "sbilanciata" La #luminanza è la grandezza che attiva il processo fisiologico della visione umana ed è definibile, in prima battuta, come la “densità di luce” che colpisce gli occhi dell’osservatore. Tale luminanza, detta diretta, è legata alle sorgenti primarie, ossia che emettono luce “propria”. Il “Contrasto di luminanza” indica il rapporto di luminanza tra l’oggetto da visualizzare e il suo sfondo. Se L2 è la luminanza dell’oggetto e L1 quella dello sfondo il contrasto di luminanza “C” è: C (contrasto in %)= 100 × (L2-L1) / L1 Nell’insegna “TABACCHI” si nota che il contrasto tra la sorgente di luce e lo sfondo è estremamente elevato, con il risultato che l’occhio non riesce a discernere i caratteri stampati. Per migliorare la leggibilità è necessario ridurre il contrasto, ossia “bilanciare” lo sfondo con le parti luminose.
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Diavoletto, LS 23 Grafica digitale In questa opera digitale avvincente, la tecnica di un tempo si fonde con l'innovazione del presente. Con tratti che sembrano scolpiti nel pixel, l'artista ha dato vita a un diavoletto che sfida le nostre aspettative. La figura, delineata da una serie di tratti che conferiscono profondità e texture, porta con sé un'espressività ricca di sfumature. Le corna in rilievo e l'espressione contemplativa ci allontanano dall'immagine classica del diavolo, conducendoci verso una narrazione più giocosa e simbolica. Il contrasto di colori, con il viola dello sfondo che si scontra e al tempo stesso si fonde con il rosso-arancio della figura, non è solo un richiamo visivo, ma anche un simbolo delle dicotomie dell'esistenza: virtù e vizio, umano e ultraterreno. Questa scelta cromatica, audace quanto suggestiva, crea un'atmosfera di enigma e incanta lo spettatore. Ma c'è di più: il diavoletto astratto rappresenta l'essenza dell'ibridazione digitale. Emerge da un reticolo di linee che sembra rappresentare la rete complessa del nostro tempo, simboleggiando un'eterna danza tra ordine e caos. Quest'opera non è solo un'immagine da contemplare; è una riflessione sul dualismo intrinseco alla natura umana e sul ruolo delle figure mitologiche nell'odierno contesto digitale. Così, l'artista ci invita a considerare come le parti di noi che potrebbero essere viste come primitive o selvagge hanno ancora un posto nel nostro mondo tecnologicamente avanzato. L'opera diviene un ponte tra il passato e il presente, un dialogo tra la complessità umana e l'espressione artistica digitale. Il testo critico è stato gentilmente concesso da ChatGpt #ArteDigitaleProfonda #MascheraDiavoletto #DualismoVisivo #InnovazioneTradizionale #RappresentazioneDigitale #MitologiaModerna #ComplessitàUmana #EsperienzaArtistica #RiflessioneIdentitaria #EsteticaDigitale #TessutoVisivo #NarrativaVisuale #ProfiloAstratto #CreativitàSenzaConfini #DesignEArte
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In passato ho già parlato di un’opera di El Lissitzkij. Oggi, peró, voglio approfondirne un’altra poichè la trovo modernissima. “Colpisci i bianchi con il cuneo rosso” di El Lissitzkij è un capolavoro che dimostra il potere della grafica come strumento di comunicazione politica. Realizzato nel 1920 durante la guerra civile russa, questo manifesto non è solo una rappresentazione estetica, ma un messaggio potente che usa il design per trasmettere ideali rivoluzionari. La composizione audace, con il contrasto netto tra il rosso e il bianco, esprime una lotta tra le forze della rivoluzione e quelle controrivoluzionarie, mettendo in evidenza la forza della causa bolshevica. Lissitzkij, con il suo approccio costruttivista, ci mostra come l’arte visiva possa andare oltre l’aspetto estetico per diventare un veicolo di cambiamento, capace di influenzare la società e stimolare l’azione. Questo lavoro non solo comunica, ma incita alla riflessione e all’azione, unendo la potenza visiva e l’intento politico in un’unica, straordinaria espressione. Oggi, questa opera è un esempio di come la grafica possa essere usata non solo per promuovere, ma anche per provocare e trasformare. E voi, cosa ne pensate? #GraphicDesign #ArtAndPolitics #VisualCommunication #ElLissitzkij #RevolutionaryArt #DesignForChange
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Susanna Cati Opos papier mâché e superfici a crochet realizzate dall’artista applicazione e ricamo carta, tessuti, nettatubi, stoppini, gesso, pigmenti naturali, caffè, acrilici cm. 120x60 circa anno 2024 L’occhio è stato da sempre elemento focale nelle culture umane. Trasformato in simboli, al centro di riti, protagonista di metafore: sacri, misteriosi, distruttivi, malinconici, assenti, gli occhi hanno da sempre affascinato gli artisti di tutte le epoche. Dal simbolismo divino dell’occhio di Horus degli antichi egizi, all’intensità degli occhi dalle sopracciglia arcuate dei romani, dalla purezza degli sguardi che ci osservano dagli affreschi di Pompei ai grandi occhi ieratici bizantini, l’Arte ci ha spesso parlato attraverso questa parte del viso. Oltre all’aspetto sacro, veniva conferito all’occhio anche un potere distruttivo e misterioso (così per la testa di Medusa di Caravaggio). Nel corso dei secoli, poi, la rappresentazione degli occhi ha subito varie trasformazioni fino ad arrivare a diventare anche pozzi bui, emblema di incomunicabilità. In tempi più recenti sono stati addirittura estrapolati dal contesto del volto con risultati surreali ed inquietanti in Magritte e più ancora in Dalì, per cui diventano una vera e propria ossessione. Nell’era digitale L’OCCHIO diventa la sineddoche perfetta del nostro corpo. Presi dai nostri dispositivi tecnologici quotidianamente ci concentriamo sostanzialmente sull’occhio e sul dito che digita sulla tastiera. Pensiamoci durante l’epidemia di Covid dietro le nostre mascherine protettive a comunicare solo con gli occhi e soprattutto attraverso i nostri dispositivi digitali. Ho immaginato di ritrovare tra ipotetiche rovine un occhio feticcio dall’aspetto arcaico trasformato in un cimitero di antenne. Un’immagine inquietante che induce una pluralità di riflessioni pur mantenendo la sua fascinazione. 🟥 In mostra fino al 27 ottobre a studiodieci citygallery vercelli per SYNEDOKHÉ | frammento, corpo, relazione 📍 orari: venerdì | sabato | domenica ore 17:00-19:00 📍 Catalogo scaricabile qui 👇 https://lnkd.in/d_NJeRMA
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FOUR EXIT SIGNALS Questo gruppo di lavori parte dagli anni '80. Con la scultura consentendo una materialità tangibile. Con la fotografia cercando di rivelare una realtà soggettiva. Con il processo digitale applicando tecniche come il collage digitale e la pittura elettronica ricercando nuove dimensioni temporali, spaziali. Infine, l'immagine generativa, attraverso algoritmi e codici un dialogo tra arte e tecnologia, ponendo interrogativi sul fare arte. Questi “quattro segnali per exit” sono in qualche modo la traccia del mio percorso che da diversi anni riflette sul rapporto tra la creazione e la fruizione dell’immagine contemporanea generata con nuovi dispositivi. #artecontemporanea #esposizione #archivio #artdesign #tecnologia #fotografia #scultura #progettografico
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Lo stile artistico della fine degli anni 70 è spesso associato a un periodo di transizione e sperimentazione nell'arte, con un uso importante di contrasti e colori vivaci. Questo decennio ha visto l'evoluzione e la fusione di diversi movimenti artistici, come il postmodernismo, l'arte concettuale e il neo-espressionismo.
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Leggendo Rick Rubin “L’atto creativo: un modo di essere” L'arte e la creatività sono un richiamo costante all'essenza più pura dell'umanità, quella ricerca di ciò che è sempre stato lì, nascosto tra le pieghe di nuove #forme. Non sono solo atti individuali, ma una comunione con quello che ci precede e quello che ci circonda, un impulso primordiale che si manifesta attraverso la continua metamorfosi delle idee. L’artista e il creativo non sono che medium, tramiti tra l’invisibile e il tangibile. Il loro lavoro è un'eco di ciò che è già presente, sebbene irriconoscibile, un “frammento” di una verità più grande. Ogni nuovo atto creativo si intreccia con quelli passati e getta le basi per quelli futuri, creando un dialogo senza fine. Probabilmente è per questo che restiamo colpiti dalle opere d'arte, dal design o da una campagna pubblicitaria geniale, dalla Musica: questi lavori evocano in noi l'intuizione di un'unità perduta, un senso di #appartenenza a qualcosa di eterno e mutevole al contempo. Proprio in quella risonanza, riconosciamo un frammento di noi stessi, un'eco del nostro percorso, una traccia di quella Fonte d’ispirazione da cui tutti proveniamo. Ognuno di noi è un creatore: ma il fine non è fare Arte. Il fine è ritrovarsi in quel meraviglioso stato che rende l’Arte inevitabile. #RickRubin #Creatività #Arte #Creatori
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