Fa parte del mio lavoro redigere relazioni di rischio idraulico utilizzando mappe di rischio.
Le mappe del rischio costituiscono una parte fondamentale del Piano di Gestione del Rischio Alluvioni (PGRA), introdotto dalla Direttiva 2007/60/CE, nota come “Direttiva Alluvioni”, recepita in Italia con il D.Lgs. 49/2010. Questo strumento mira a ridurre i rischi legati alle alluvioni, salvaguardando la vita umana, l’ambiente, il patrimonio culturale, le attività economiche e le infrastrutture.
Le mappe indicano le aree allagabili e gli elementi a rischio, suddividendo il territorio in quattro classi di rischio: molto elevato (R4), elevato (R3), medio (R2) e moderato o nullo (R1). I valori di rischio sono ottenuti combinando pericolosità e potenziale danno attraverso specifiche matrici di calcolo.
Eventi meteorologici estremi, come le piogge intense che hanno colpito la Romagna nel 2023, con oltre 400 millimetri di precipitazioni in pochi giorni, sono sempre più frequenti e preoccupanti. I tempi di ritorno del singolo evento del 16 maggio 2023 risultano maggiori di circa 60 anni, per i bacini ove l’evento è stato meno gravoso, e superiori a 500 anni ove le esondazioni sono state più significative. Il significato che viene attribuito al " tempo di ritorno "è tuttavia spesso errato, in quanto lo si associa ad una regolarità di accadimento ('una volta ogni 100 anni') che porta ad interpretazioni fuorvianti e di falsa sicurezza ('dopo che è successo, sono tranquilla per i prossimi 100 anni')❗.
Il carattere statistico di questo concetto viene troppo spesso dimenticato, favorendo le interpretazioni di cui sopra. Formalmente, il tempo di ritorno viene definito come una grandezza statistica che esprime la probabilità di qualcosa che accade in un dato anno. Nel caso di un fenomeno alluvionale, il tempo di ritorno definisce la probabilità che un evento di una certa intensità ha di verificarsi all'interno di un qualsiasi anno. Mi viene quindi da pensare che sia necessaria una rivalutazione del Tr.
Il cambiamento climatico è un fattore determinante, rendendo le infrastrutture esistenti inadeguate per fronteggiare tali eventi.
Nonostante il sistema di allerta e monitoraggio, è chiaro che bisogna adottare misure più incisive per affrontare queste emergenze. È fondamentale ampliare le aree di deflusso e sviluppare interventi di adattamento specifici per i territori montani.
La manutenzione ordinaria dei fiumi, da sola, non è più sufficiente. Serve una strategia di gestione integrata e di lungo termine per affrontare il cambiamento climatico e i suoi effetti sul territorio.
Ogni nuovo disastro sottolinea quanto siamo ancora impreparati ad affrontare queste sfide.
#emiliaromagna
