🐿Carini e coccolosi, ma un tempo forse anche letali! Gli scoiattoli rossi (𝑆𝑐𝑖𝑢𝑟𝑢𝑠 𝑣𝑢𝑙𝑔𝑎𝑟𝑖𝑠) sono animali molto amati, diffusi in tutta l'Europa, isole comprese, e nel continente asiatico. Spesso vengono menzionati in quanto minacciati dall'introduzione dello scoiattolo grigio americano, specie alloctona che ne sta causando il declino, ma questa volta la ragione per cui sono al centro dell'attenzione è un'altra. 🦠Pare infatti che nel Medioevo lo scoiattolo rosso fosse portatore del batterio responsabile della lebbra (𝑀𝑦𝑐𝑜𝑏𝑎𝑐𝑡𝑒𝑟𝑖𝑢𝑚 𝑙𝑒𝑝𝑟𝑎𝑒). Recenti studi hanno fornito conferme a questa ipotesi grazie all'analisi di reperti animali provenienti dall'Inghilterra di quel tempo. A questo punto la tentazione di allargare lo studio a campioni umani è stata troppo forte. 🤕In questo modo i ricercatori hanno infatti potuto scoprire che vi sono prove scientifiche del passaggio del batterio della lebbra tra lo scoiattolo rosso e l'uomo, che lo allevava per la sua pelle. Difficile dire se siano stati gli animali a infettare gli umani o viceversa, ma l'ipotesi che gli scoiattoli siano i primi ospiti sembra la più plausibile. #scoiattolo #lebbra #contagio ✍️Valentina Guidi 📸Maruisz da Pixabay 📚C. Urban, A. A. Blom, C. Avanzi, S. Roffey, S. A. Inskip, V. J. Schuenemann, Ancient Mycobacterium leprae genome reveals medieval English red squirrels as animal leprosy host. Current Biology. 2024
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Nelle ultime settimane stanno spopolando le foto di piccoli organismi blu che spiaggiati in massa colorano la costa. Non si tratta di un fenomeno insolito o alieno, tutt'altro. Il protagonista è l'idrozoo 𝙑𝙚𝙡𝙚𝙡𝙡𝙖 𝙫𝙚𝙡𝙚𝙡𝙡𝙖, noto come Barchetta di San Pietro, i cui fenomeni di spiaggiamento sono assolutamente comuni nel Mediterraneo. La sua biologia è piuttosto caratteristica, infatti si tratta di una colonia di zoidi che si aggregano per formare un unico corpo: I dattilozoidi nonché i tentacoli ricchi di nematocisti, i gastrozoidi con funzione digestiva e i gonozoidi con funzione riproduttiva. Il colore blu deriva da un carotenoide, l'Astaxantina, che grazie alla sua funzione antiossidante protegge la V. velella dall'eccessiva radiazione luminosa (considerando che vive nella superficie del mare). Contrariamente a quanto viene spesso detto, non si tratta di una specie pericolosa per l'uomo. #MarineEcology #MarineBiology #Biology #BiologiaMarina
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🌍❄️ Rivivere l'Era Glaciale: la Mummia di un Gatto dai Denti a Sciabola Nel permafrost siberiano è stato ritrovato un giovane Homotherium latidens, un felino preistorico vissuto oltre 35.000 anni fa. Grazie alla straordinaria conservazione dei tessuti molli, gli scienziati stanno scoprendo dettagli unici sull'anatomia, l'ecologia e l'evoluzione di questa specie. Questa mummia non è solo una finestra sul passato, ma un'opportunità per comprendere meglio i cambiamenti climatici e la biodiversità dell'era glaciale. 👉 https://bit.ly/4266hkg #Promega #LabBlog #PromegaLabBlog #Paleontologia #EraGlaciale #Biotecnologie #RicercaScientifica
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🦖Riportare in vita specie estinte può sembrare un sogno, o magari un incubo. Quel che è certo è che probabilmente ci fa venire in mente più i dinosauri di Jurassic Park che una possibilità reale. 🧬Invece la de estinzione esiste e si basa su due modalità: la clonazione e gli accoppiamenti selettivi. Per utilizzare la tecnica di clonazione serve il nucleo di una cellula somatica dell'animale estinto, opportunamente conservato. Il nucleo viene inserito nella cellula uovo di una femmina appartenente a una specie vivente strettamente imparentata con quella estinta, che porterà avanti la gravidanza. 🔬Questa tecnica è stata utilizzata con lo stambecco dei Pirenei (Capra pyrenaica pyrenaica), estinto nel 2000, ma con scarsi risultati. Nonostante vari esperimenti, infatti, solo un embrione è arrivata al parto, ma non è sopravvissuto a lungo a causa di difetti congeniti. 🧪La de estinzione basata sugli accoppiamenti selettivi vuole invece sfruttare specie affini a quella estinta per ottenere un esemplare con le stesse caratteristiche della specie estinta. Talvolta le specie affini contengono effettivamente parti del suo genoma, ma in ogni caso l'animale ottenuto sarebbe solo simile a quello estinto. Inoltre la durata, il costo e l'effettiva esistenza di specie adatte rappresentano grandi ostacoli all'utilizzo di questa tecnica. 👩Oltre alle difficoltà pratiche vi sono poi da fare considerazioni etiche. La de estinzione potrebbe distrarci dall'effettiva conservazione della biodiversità, offrendoci una scorciatoia per rimediare ai nostri errori? Concentrarci sul ripristino di una specie estinta ci farà sfruttare ancora una volta delle specie animali per i nostri scopi, seppur nobili? Oppure riportare in vita specie estinte a causa nostra è un atto dovuto verso il nostro pianeta? La de estinzione solleva opinioni discordanti ma resta un'applicazione delle biotecnologie promettente e affascinante. 📚Fonti: Cocero JF et Al. – First birth of an animal from an extinct subspecies (Capra pyrenaica pyrenaica) by cloning – Theriogenology 71 (6): 1026–1034(2009) 📸Immagine: Mickey Mikolauskas, Pixabay ✍Valentina Guidi
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Nelle foreste dell'America del Sud è possibile imbattersi nelle cosiddette "Silkhenges". Sono particolari strutture costituite da ragnatela dalle ridotte dimensioni, il loro diametro è inferiore alle dimensioni di un dito come si può vedere dal video. Queste particolari ragnatele hanno la funzione di proteggere le uova di un ragno, la cui specie non è stata ancora identificata. Infatti, alla base della struttura, che si erge in verticale, si trova una "cinta muraria", anch'essa fatta di ragnatela, dove sono contenute le uova. Il nome "silkhenge" deriva dall'inglese "Silk" che significa "ragnatela" e dal sito di Stonehenge per via della comune origine misteriosa. Il primo a osservare queste strutture fu il biologo tropicale Phil Torres presso il centro di ricerca di Tambopata nell'Amazzonia peruviana. Per poter classificare la specie responsabile della creazione di queste meraviglie della natura sono state condotte indagini genetiche sui giovani ragni sgusciati fuori da esse. Purtroppo i risultati non sono stati soddisfacenti, la sequenza di DNA dei ragnetti Silkhenge corrisponde all'86% ad alcune famiglie di ragni conosciute, tra cui Theridiidae, Clubionidae e Linyphiidae. Questa percentuale non è sufficiente per una corretta classificazione, quindi per poter procedere sarà necessario trovare un adulto di questa stessa specie. Fonte: "Watch Baby Spiders Emerge From Mysterious 'Silkhenge' Structures", N. Drake, National Geografic, 2020. Credit video: The Jungle Diaries, YouTube. Credit audio: Music_For_Videos, Pixabay. #animali #divulgazione #curiosità #different
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Scoperti i più antichi antenati del bue domestico https://ift.tt/Ya2PtK0 (Adnkronos) – I più antichi antenati del bue domestico sono stati scoperti nella valle dell’Indo e nella mezzaluna fertile in Mesopotamia: si tratta di resti di uro (Bos primigenius) risalenti a circa 10mila anni fa. La ricerca pubblicata sulla rivista “Nature” e condotta dal Trinity College di Dublino e dall’Università di Copenaghen, ha coinvolto Luca Pandolfi, paleontologo del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Pisa, che da tempo si occupa dell’evoluzione e dell’estinzione dei grandi mammiferi continentali anche in relazione ai cambiamenti climatici. Gli uri addomesticati erano animali abbastanza simili a quelli selvatici, ma un po’ più piccoli, soprattutto con corna meno sviluppate ad indicare una maggiore mansuetudine. Giulio Cesare nel “De Bello Gallico” (6-28) descrive infatti l’uro selvatico come un animale di dimensioni di poco inferiori all’elefante, veloce e di natura particolarmente aggressiva. Dai resti fossili emerge che gli uri selvatici potevano raggiungere un’altezza di poco meno di due metri, i 1000 kg di peso ed avere corna lunghe più di un metro. La loro presenza ha dominato le faune dell’Eurasia e del Nord Africa a partire da circa 650 mila anni fa, per poi subire un forte declino dalla fine del Pleistocene, circa 11mila anni fa, fino alla sua estinzione in età moderna. L’ultimo esemplare di cui si ha notizia fu abbattuto il Polonia nel 1627. Lo studio su “Nature” ha analizzato “per la prima volta questa specie per comprenderne la storia evolutiva e genetica attraverso resti fossili rinvenuti in diversi di siti in Eurasia, Italia inclusa, e Nord Africa”, spiega Luca Pandolfi. Dai reperti, che includono scheletri completi e crani ben conservati, sono stati estratti campioni di Dna antico. La loro analisi ha quindi permesso di individuare quattro popolazioni ancestrali distinte che hanno risposto in modo diverso ai cambiamenti climatici e all’interazione con l’uomo. Gli uri europei, in particolare, subirono una diminuzione drastica sia in termini di popolazione che di diversità genetica durante l’ultima era glaciale, circa 20 mila anni fa. La diminuzione delle temperature ridusse infatti il loro habitat spingendoli verso la Penisola Italiana e quella Iberica da cui successivamente ricolonizzarono l’intera Europa. “Nel corso del Quaternario, epoca che va da 2 milioni e mezzo di anni fa sino ad oggi, l’uro è stato protagonista degli ecosistemi del passato, contraendo ed espandendo il proprio habitat in relazione alle vicissitudine climatiche che hanno caratterizzato questo periodo di tempo – conclude Pandolfi – le ossa di questi maestosi animali raccontano ai paleontologi la storia del successo, adattamento e declino, di una specie di cui noi stessi abbiamo concorso all’estinzione e rivelano la complessità e fragilità delle relazioni che legano gli organismi viventi al clima del nostro Pianeta”. (di Paolo...
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Le dinamiche dei cuculi bronzei Una ricerca comportamentale, abbinata all’analisi storica del DNA, ha rilevato che la coevoluzione con gli ospiti è alla base della speciazione nei cuculi bronzei parassiti della covata La teoria della coevoluzione afferma che quando specie strettamente interagenti determinano cambiamenti evolutivi reciproci, ciò può portare alla speciazione, ovvero all'evoluzione di nuove specie. Ma fino ad ora, le prove concrete di ciò sono state scarse. Secondo un articolo, pubblicato sulla rivista Science, un team di ricercatori ha trovato prove che la coevoluzione è legata alla speciazione studiando le dinamiche evolutive tra i cuculi e gli uccelli ospiti che sfruttano. I cuculi di bronzo (bronze-cuckoos) depongono le uova nei nidi di piccoli uccelli canori. Subito dopo la schiusa, il pulcino del cuculo spinge le uova dell'ospite fuori dal nido. L'ospite non solo perde tutte le proprie uova, ma trascorre diverse settimane ad allevare il cuculo, il che gli sottrae tempo prezioso quando potrebbe riprodursi da solo. https://lnkd.in/dTHvsn9k
Le dinamiche dei cuculi bronzei
ecplanet.org
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Ieri, 16 luglio, era anche la Giornata Internazionale dei Porcellini d'India 🐹 Una notizia curiosa sui porcellini d'India è che questi piccoli roditori non provengono affatto dall'India. 😲 In realtà, i porcellini d'India (Cavia porcellus) sono originari delle Ande in Sud America. 🌎 Il loro nome può risultare fuorviante: in inglese sono chiamati "guinea pigs" perché, storicamente, il termine "Guinea" era usato per descrivere luoghi esotici o lontani, e "pig" si riferisce ai loro versi simili a quelli dei maiali. 🐽 I porcellini d'India hanno una lunga storia di domesticazione, che risale a circa 5000 anni fa. Questi animali sono infatti stati portati in Europa dai mercanti spagnoli e olandesi nel XVI secolo. 📜 La loro struttura sociale è complessa e comunicano tra loro tramite una serie di vocalizzazioni uniche, che includono fischi, grugniti e squittii, che utilizzano per esprimere una varietà di emozioni e bisogni. 🤩 Fonti: Gade, D. W. (1967). "Animal husbandry in the high Andes." Geographical Review, 57(3), 392-416; Woods, C. A., & Kilpatrick, C. W. (2005). "Infraorder Hystricognathi." In Mammal Species of the World: A Taxonomic and Geographic Reference (pp. 1538-1600). Johns Hopkins University Press. #PorcelliniDIndia #CaviaPorcellus #AnimaliDomestici #Roditori #CutePets #PetLovers #GuineaPigs #PiccoliAnimali
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🐱🐉 Un gigante in miniatura abitava la #Sardegna 50mila anni fa: il Mammuthus Lamarmorae, un #mammut nano endemico dell'isola, alto poco più di un uomo e dal peso di circa 7 quintali. Come si è adattato questo antico abitante al clima caldo e alle praterie della Sardegna? E perché si è rimpicciolito così tanto? Un mistero che i paleontologi stanno cercando di risolvere, con l'aiuto di nuovi fossili e tecnologie avanzate. Scopri di più su questo affascinante animale e sulla sua storia nel nostro articolo completo sul sito web 👇🏻
Sardegna Preistorica: la Lilliput dei Mammut - S&H Magazine
https://www.shmag.it
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🐱🐉 Un gigante in miniatura abitava la #Sardegna 50mila anni fa: il Mammuthus Lamarmorae, un #mammut nano endemico dell'isola, alto poco più di un uomo e dal peso di circa 7 quintali. Come si è adattato questo antico abitante al clima caldo e alle praterie della Sardegna? E perché si è rimpicciolito così tanto? Un mistero che i paleontologi stanno cercando di risolvere, con l'aiuto di nuovi fossili e tecnologie avanzate. Scopri di più su questo affascinante animale e sulla sua storia nel nostro articolo completo sul sito web 👇🏻
Sardegna Preistorica: la Lilliput dei Mammut - S&H Magazine
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La Mantide Orchidea (Hymenopus coronatus Olivier, 1792) è un affascinante insetto originario delle foreste tropicali del sud-est asiatico. Conosciuta anche come mantide floreale per il suo straordinario aspetto e comportamento, questa specie presenta una sorprendente mimetizzazione, assumendo le sembianze di certe parti del fiore dell'orchidea. Le sue quattro zampe mobili somigliano a petali floreali, mentre la coppia anteriore, dotata di denti, viene impiegata per catturare le prede. Una delle caratteristiche più distintive di H. coronatus è il significativo dimorfismo sessuale: i maschi sono spesso molto più piccoli delle femmine, talvolta meno della metà delle loro dimensioni. Prima di sviluppare il mimetismo floreale, le femmine acquisiscono abilità di caccia che consentono loro di predare insetti impollinatori di dimensioni maggiori. La mantide può cambiare colore tra rosa e marrone, in base al colore dell'ambiente circostante. La sua abilità di mimetizzarsi tra le orchidee non solo la protegge dai predatori, ma le consente anche di cacciare le sue prede con maggiore efficacia. Fonte: “The Praying Mantids”, Prete, Frederick R, JHU Press, 1999 Credit video: 2172293281, Douyin #scienza #divulgazione #curiosità #different
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