Post di Fabrizio Bosio

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Digital fundraiser ed ex praticante avvocato. Sono consulente per la Fondazione De Gasperi ed altre realtà culturali italiane. Presidente di APS Chirone.

Oggi ricorre il 70° anniversario della scomparsa di Alcide De Gasperi. I quotidiani e i settimanali celebreranno i suoi successi di governo, le grandi vittorie elettorali e i riconoscimenti internazionali ottenuti durante il suo impegno politico tra il 1944 e il 1953. Tuttavia, c'è un aspetto della sua figura che viene meno frequentemente ricordato: il fallimento. Nella società contemporanea orientata al successo e alla realizzazione personale, questa dimensione della vita è spesso ostracizzata. Eppure, la storia di De Gasperi deve molto ai fallimenti e alle difficoltà che affrontò con coraggio, senza mai rinunciare ai propri valori, anche a costo di grandi sacrifici personali. Durante gli anni bui del fascismo, segnati da emarginazione sociale e povertà, De Gasperi disegnò su un foglio di risulta la “parabola dei 30 anni”, una linea che rappresentava l’ascesa della sua carriera politica, bruscamente interrotta dall’avvento della dittatura. Nonostante il periodo di detenzione tra il 1927 e il 1928 e l'ostilità del regime, rimase fedele ai suoi ideali di democrazia, libertà e giustizia sociale, rifiutando qualsiasi compromesso col fascismo. Fu una scelta difficile, soprattutto negli anni di massimo consenso per Mussolini, durante i quali De Gasperi confidò in alcune lettere la sua amarezza per la complicità di ampi strati della società. Qualche anno più tardi, nella "Preghiera del ribelle", Teresio Olivelli definì questo modus vivendi come “la sordità inerte della massa”. Anche il periodo di governo, per cui oggi è ricordato come uno statista di rilievo, è segnato da fallimenti. Il più significativo è quello della CED, la Comunità Europea di Difesa, un progetto che, se realizzato, avrebbe anticipato l’unificazione politica europea già negli anni '50, cambiando radicalmente la storia del nostro continente e forse del mondo intero. Tuttavia, la morte di Stalin, l’ascesa del nazionalismo di De Gaulle in Francia e i cambiamenti negli equilibri politici portarono al naufragio del progetto, pochi giorni dopo la morte di De Gasperi. La più grande lezione di Alcide De Gasperi ad ognuno di noi credo sia proprio questa: la capacità di affrontare le difficoltà e il fallimento a testa alta, rimanendo fedeli ai propri valori. Perché le idee, infondo, valgono quello costano.

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Aldo Lubrani

Digital Fundraiser Specialist & Project Manager

3 mesi

Grazie per la condivisione, Fabrizio. Storicamente parlando, secondo me, un altro fallimento fu la gestione del confine orientale italiano. Il dramma delle foibe e dell'esodo giuliano-dalmata che avvenne nell'omertà più totale delle istituzioni politiche. Se ci fosse stato il plebiscito l'Istria occidentale, da Muggia a Pola, sarebbe italiana. Ma non ne faccio un discorso politico, bensì etnico-culturale. Come è possibile che abbiamo accettato che 300.000 giuliani sono stati considerati sempre cittadini di serie B? Come è possibile che in quella conferenza non si sia fatto il pugno duro per una pulizia etnica perpetrata in tempo di pace e con l'avvento delle principali istituzioni internazionali a tutela dei diritti umani?

Michele Ghiroldi

Istruttore amministrativo presso Comune di Manerbio. Responsabile della gestione dell’archivio comunale

3 mesi

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