Quante auto ha venduto la #Ferrari nel 2023? 🐎🏎️ La casa del cavallino rampante continua a distaccare i competitor nel settore delle #auto di lusso: l’anno scorso ha venduto 13.663 auto, 442 più del 2022. È vero: alla crescita ha contribuito anche il lancio del suo primo #SUV, il Purosangue. Ma ci sono anche altri modelli che hanno visto impennare le vendite, come le famiglie 296 e le SF90. Per sapere qual è stato il margine operativo del 2023, leggete l’articolo di blog.
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Il ministro Urso ha deciso che l'#AlfaRomeo non potrà chiamarsi "Milano" perché viola la legge sull'Italian Sounding (una legge del 2003 riferita al mercato delle contraffazioni, in primis quelle alimentari) Direi veramente tirata per i capelli, anche se situazioni simili nella storia dell'auto ce ne sono state. Un caso fra tutti quello della famosa Porsche 911 che, in origine doveva chiamarsi 901. Agli inzi dell'anno 1964, la commercializzazione della nuova berlinetta di Porsche parte, dunque, con il numero 901 da sfoggiare. La fortuna, però, non è dalla parte di questo acronimo e lo si capisce ben presto. Nella cassetta della posta dell’edificio sito al civico 1 nell’odierna Porscheplatz di Zuffenhausen, arriva una lettera direttamente dalla Francia. Il mittente è Peugeot, l’oggetto una diffida all’uso di quella sigla, poiché è la casa del Leone a essere depositaria di tutti i numeri a tre cifre con lo zero al centro. Solo lei può utilizzarla per i suoi modelli all’interno del mercato francese. I tedeschi si trovano così di fronte a un bivio: continuare con la sequenza 901 e cambiarla soltanto per i transalpini, oppure congegnare un nuovo nome. L’operazione si conclude in modo semplice, la novella Porsche abbandona la cifra originaria non entrando così in conflitto con Peugeot, e toglie lo zero inserendoci l’uno. Questo sì, che si rivelerà un numero fortunato. Dopo 82 esemplari firmati 901, e mai destinati alla vendita ma usati solo per dei test interni, nasce la grande epopea della Porsche 911, una vera icona immarcescibile dell’automobilismo mondiale. Qualche anno dopo i francesi non si dimostrarono così intolleranti e aggressivi con la Ferrari, dato che negli anni ‘70 e ‘80 permisero ai modelli della casa di Maranello di utilizzare le sigle 208 e 308, anche per il mercato al di là delle Alpi. Una concessione dovuta a un atto di stima e affetto da parte di Peugeot nei riguardi di Enzo Ferrari, un grande estimatore delle auto con il ruggente Leone sul cofano. https://lnkd.in/dr2cftBS.
Alfa Romeo cambia nome alla Milano, si chiamerà Junior - Industria e Analisi - Ansa.it
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#accaddeoggi Il 24 giugno 1910 viene fondata a Milano una nuova società: A.L.F.A (Anonima Lombarda Fabbrica Automobili). Sarà l'imprenditore napoletano Nicola Romeo a rilevare l'azienda e a cambiare il suo nome in Alfa Romeo. Nel 1911 l'ALFA debuttò, con la 24 HP, nelle competizioni automobilistiche. Nel 1923, il brand raggiunge il suo primo risultato storico: Ugo Sivocci vince la Targa Florio a bordo dell'Alfa Romeo RL. Il legame indissolubile con Milano è alla base dell'immagine di Alfa Romeo nel mondo. Si narra che in attesa del tram numero 14 in Piazza Castello, Cattaneo notò il Biscione Visconteo sulla torre principale del Castello Sforzesco, e se ne innamorò a prima vista. Tuttavia, mancava ancora qualcosa. Cattaneo e Merosi lavorarono a diverse versioni del logo, individuando infine quella più convincente, che mostrava da un lato il noto Biscione e, dall'altro, lo stemma del Comune di Milano: una croce rossa su fondo bianco. Nel 1933 la proprietà dell'Alfa Romeo passò, attraverso l'IRI, allo Stato italiano a causa del forte indebitamento che la società aveva contratto con le banche a partire dal decennio precedente. L'Alfa Romeo continuò a produrre vetture in modo semi artigianale fino all'inizio degli anni cinquanta, quando si trasformò in un'industria automobilistica. Agli inizi degli anni Cinquanta Giuseppe Luraghi giunge ai vertici dell’azienda e vi rimarrà fino al 1974. Sarà un periodo di enorme sviluppo: Giulietta e Giulia faranno raggiungere ad Alfa Romeo proporzioni inaspettate, con un ritorno di immagine oltre ogni previsione. All’alba degli anni Sessanta prenderà il via la costruzione del nuovo stabilimento di Arese e della pista di Balocco. Infine sarà varato il progetto Alfasud, mentre “Alfa Nord” metterà in produzione l’avveniristica Alfetta e le sue derivate: vetture moderne, veloci, tecnologicamente avanzate e apprezzate dal mercato. La crisi energetica e una difficile situazione sociale, sindacale, politica e gestionale, però, decreteranno presto l’insorgere di nuove difficoltà. La crisi finanziaria costrinse lo Stato italiano, nel 1986, a vendere la casa automobilistica al gruppo Fiat. Il rilancio dell'Alfa Romeo avvenne nella seconda parte degli anni novanta. Seguono anni controversi, in cui a successi sportivi e commerciali si alternano periodi molto meno floridi. È il periodo della 164 e della 155, fino al grande passo in avanti segnato dalle 156, 147, 8C Competizione, Mito e Giulietta. E finalmente la 4C, che apre una nuova epoca. L'8 febbraio 2022 è presentato in anteprima mondiale il secondo SUV prodotto dalla casa, si tratta di un SUV di segmento C, denominato Tonale. Nel 2023 è stata presentato il primo SUV di segmento B della casa, inizialmente chiamato Milano, e successivamente Junior. Nel frattempo nasce Fiat Chrysler Automobiles e poi Stellantis: si spera si pongano così le basi per un possibile rilancio che non potrà che ripartirire proprio da Alfa Romeo, da Milano, dall’Italia, dalla sua tradizione.
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Mentre il settore auto attraversa una delle sue fasi più complesse, con vendite in calo e fabbriche che faticano, Lamborghini sembra vivere in una bolla dorata tutta sua. Uno spazio di prestigio che non conosce competizione né crisi. Automobili Lamborghini S.p.A., boom inarrestabile . I dati dei primi nove mesi del 2024 raccontano una storia con più di 8.400 auto consegnate, un fatturato che supera i 2,4 miliardi di euro. Numeri da capogiro, con una crescita che lascia senza fiato: le consegne sono aumentate dell’8,6%, mentre il fatturato è salito su del 20% rispetto all’anno scorso. https://lnkd.in/dxifsnZU @automotive @auto @lusso
L'auto made in Italy che non conosce crisi, boom impressionante di ordini: prezzo inaudito per averla prima di tutti | Allaguida
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Cominciano ad emergere alcuni dettagli sul tanto atteso esordio di #Ferrari nel mercato delle supercar elettriche. Come svelato da Reuters la scorsa settimana, il primo modello verrà lanciato ad un prezzo di €500,000 ($535,000) — molto al di sopra del prezzo medio di vendita delle rosse di Maranello (~€350,000). Il primo Cavallino Rampante EV è atteso per fine 2025, un secondo modello è già in fase di sviluppo. Per Ferrari, il cui marchio è indissolubilmente legato al "rombo" dei suoi motori, il passaggio al silenzioso elettrico potrebbe risultare più rischioso rispetto ad i suoi rivali.... In ogni caso i numeri sono dalla parte dell'azienda, forte di un margine operativo del 27% ottenuto nel 2023 (paragonabile ai titani del lusso piuttosto che ai costruttori di auto). Stando ai prezzi vociferati, con molta probabilità il margine rimarrebbe intatto, mentre la vera sfida sarebbe nell'aumento della produzione. Ferrari ha consegnato ~14,000 auto nel 2023, ma ha previsto di spingere la produzione fino a 20,000 all'anno per integrare in gamma i nuovi modelli elettrici.
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Alfa Romeo al terzo posto nella classifica dei brand auto più citati dai media. Alfa Romeo tra i brand auto più citati dalla stampa e sul web nella classifica stilata da Volocom.
Alfa Romeo al terzo posto nella classifica dei brand auto più citati dai media
https://www.clubalfa.it
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È da tempo che lo penso: il #marketing è diventato di massa, tutti inseguono il mainstream e nessuno rischia più di distinguersi. “Basiamoci sui dati” si dice, ma poi li si usa per giustificare scelte comode, strategie copiate e scarsamente lungimiranti. I medesimi dati dei competitor, portano a scelte analoghe nel mercato. Le auto? Via quelle bianche, oggi piacciono blu, cross, con il lunotto “coupè”, lo schermo enorme e un piglio green. Se poi sono elettriche, il fanale lungo dietro è d’obbligo, chissenefrega della marca, “questo vuole il cliente” (dicono i dati, presi come bibbia, ma con poco senso critico). Auto tutte uguali e non solo per economie di scala: lo sono nella personalità, nei valori e spesso pure nell’aspetto (al di là del cd Family Feeling)! E via, si relega tutto al #brand, mai così falso e sopravvalutato come oggi, nonché carico di compiti ingrati, come il sacrificio del proprio coraggio di guidare e comunicare i propri valori. Per cosa? La valutazione di massa, economica e non. La personalità? Sempre quella del compromesso: volendo “mettere d’accordo tutti” e stare sempre con i “bravi”, si diluisce. Prendo spunto da Alfa Romeo perché avrebbe ancora il potere di comunicare un certo tipo di emozioni “controcorrente” (come ha fatto in parte con Giulia), fatte di lancette analogiche, scarichi a vista e pubblicità a la “fast and furious”, ma non ha il coraggio di farlo per davvero… …ma occhio, ciò vale per quasi tutti: dagli smartphone alle lavatrici, migliaia di euro spesi nei propri reparti di marketing, senza investirli e senza avere il coraggio di alzare la testa e fare un passo, con la paura di perdere parte di quella “majority” (concetto ben chiaro per chi ha studiato marketing) che probabilmente cerca soltanto ciò che ha già visto altrove, omologandosi senza né interesse né trasporto. Ah, chiaro, gli azionisti… È a questo che servono i reparti marketing? È a questo che servono i grandi brand, oggi? (Lo so, la lungimiranza non è sicuro la prerogativa dei manager, che spesso devono seguire obiettivi di breve e medio periodo, ma… i miei 2 cent settimanali di strategia sono qui) #TheGoodManagement
SERVONO GLI "ALFISTI" PER RILANCIARE ALFA ROMEO. Quante polemiche! Un oggetto di critiche è il body: è uguale a quella e a quell’altra macchina. Certo, oggi si somigliano un po’ tutte. Invece di criticare che un SUV compatto somigli agli altri SUV compatti, perché nessuno si chiede come mai una tale uniformità? Dove sono finite le priorità dell’estetica? Cosa le ha rimpiazzate? I consumi? La sicurezza? La voglia di aggredire sempre e solo il segmento maggioritario della domanda, trascurando le nicchie? Poi il nome: Milano e non fabbricata in Piazza Duomo. Nata come polemica speciosa e finita alla Ennio Flaiano: grave, ma non seria. È evidente che c’è un malessere di fondo. Diamine, non capita spesso di salutare una nuova auto del Biscione. Uno si aspetta qualcosa di diverso, di unico. Un’Alfa Romeo, se è lecito dirlo, non un SUV qualsiasi con lo stemma appiccicato sopra. Alfa Romeo è uno dei pochissimi brand al mondo a incarnare un tipo di automobilista: l’alfista. Una persona che desidera sentire la strada, ha una guida sportiva e vuole apparire tale. A Torino sanno di che si tratta: per la pubblicità dello Stelvio hanno usato “alfista allo stato puro”. Poi però tutte le pubblicità, da Giulia a Tonale passando per Stelvio, lo evitano. Il protagonista è affascinante ma nel senso mainstream, molto curato al limite del deboluccio. Il payoff insiste sulla “meccanica delle emozioni” e sul “patrimonio italiano”, come se Alfa Romeo ne avesse bisogno, visto che essa stessa è simbolo di italianità. Ma soprattutto, le auto non corrono, manca l’adrenalina alla “fast&furious”. Queste sono eresie nel panorama sociale odierno, ma magari automobilisti su cui farebbero presa ce ne sono. Forse non tantissimi, ma quanti ne servono ad Alfa Romeo? Parliamo di un brand di nicchia. Giorni fa il patron del brand ha ribadito l’ambizione di lavorare alla grande incompiuta, il Duetto. Ha ragione da vendere. Ma quale idea di auto incarnerebbe? E chi la guiderebbe? Un giovane brillante, un po’ scavezzacollo e un po’ playboy, poco fluido, nipote di quel rivoluzionario di Dustin Hoffman nel Laureato? Esistono questi automobilisti? Sì, ma sono stati oscurati dalla scena: loro, la loro guida e le loro auto. Non sono solo minoranza, che per una nicchia va bene, sono “sbagliati” secondo una certa idea mainstream. Però magari i marketer del Biscione li scovano, fuori dalle ZTL, e sarà bene, perché non sembra che abbiano tante alternative, a giudicare dall’accoglienza dell’ultimo SUV replica di… Dopotutto che significa rilanciare il brand, se non riproporne le caratteristiche identitarie? Questa è ancora la parte facile. Quella difficile è: una volta che li avranno trovati, vorranno sedurli parlando la loro lingua, proponendo i loro codici, rappresentando le loro emozioni, incarnando i loro valori? In due parole? Rilanciare Alfa Romeo. Mio articolo sul Sole24Ore. https://lnkd.in/eyPM8Mfh
Alfa Romeo Milano, Junior e dintorni: la guida degli “alfisti” è scomparsa
ilsole24ore.com
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SERVONO GLI "ALFISTI" PER RILANCIARE ALFA ROMEO. Quante polemiche! Un oggetto di critiche è il body: è uguale a quella e a quell’altra macchina. Certo, oggi si somigliano un po’ tutte. Invece di criticare che un #SUV compatto somigli agli altri SUV compatti, perché nessuno si chiede come mai una tale uniformità? Dove sono finite le priorità dell’estetica? Cosa le ha rimpiazzate? I consumi? La sicurezza? La voglia di aggredire sempre e solo il segmento maggioritario della domanda, trascurando le nicchie? Poi il nome: #Milano e non fabbricata in Piazza Duomo. Nata come polemica speciosa e finita alla Ennio Flaiano: grave, ma non seria. È evidente che c’è un malessere di fondo. Diamine, non capita spesso di salutare una nuova auto del #Biscione. Uno si aspetta qualcosa di diverso, di unico. Un’#AlfaRomeo, se è lecito dirlo, non un SUV qualsiasi con lo stemma appiccicato sopra. Alfa Romeo è uno dei pochissimi #brand al mondo a incarnare un tipo di #automobilista: l’#alfista. Una persona che desidera sentire la strada, ha una guida sportiva e vuole apparire tale. A Torino sanno di che si tratta: per la pubblicità dello Stelvio hanno usato “alfista allo stato puro”. Poi però tutte le pubblicità, da Giulia a Tonale passando per Stelvio, lo evitano. Il protagonista è affascinante ma nel senso mainstream, molto curato al limite del deboluccio. Il payoff insiste sulla “#meccanica delle #emozioni” e sul “patrimonio italiano”, come se Alfa Romeo ne avesse bisogno, visto che essa stessa è simbolo di #italianità. Ma soprattutto, le auto non corrono, manca l’adrenalina alla “fast&furious”. Queste sono eresie nel panorama sociale odierno, ma magari automobilisti su cui farebbero presa ce ne sono. Forse non tantissimi, ma quanti ne servono ad Alfa Romeo? Parliamo di un brand di nicchia. Giorni fa il patron del brand ha ribadito l’ambizione di lavorare alla grande incompiuta, il Duetto. Ha ragione da vendere. Ma quale idea di #auto incarnerebbe? E chi la guiderebbe? Un giovane brillante, un po’ scavezzacollo e un po’ playboy, poco fluido, nipote di quel rivoluzionario di Dustin Hoffman nel Laureato? Esistono questi automobilisti? Sì, ma sono stati oscurati dalla scena: loro, la loro guida e le loro auto. Non sono solo minoranza, che per una nicchia va bene, sono “sbagliati” secondo una certa idea mainstream. Però magari i marketer del Biscione li scovano, fuori dalle ZTL, e sarà bene, perché non sembra che abbiano tante alternative, a giudicare dall’accoglienza dell’ultimo SUV replica di… Dopotutto che significa rilanciare il brand, se non riproporne le caratteristiche identitarie? Questa è ancora la parte facile. Quella difficile è: una volta che li avranno trovati, vorranno sedurli parlando la loro lingua, proponendo i loro codici, rappresentando le loro emozioni, incarnando i loro valori? In due parole? Rilanciare Alfa Romeo. https://lnkd.in/d48P2Ps3
ALFA ROMEO MILANO, JUNIOR E DINTORNI: LA GUIDA DEGLI “ALFISTI” È SCOMPARSA - Fleet&Mobility
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Il Gp di Imola, le Topolino e il made in Italy Nel week end del Gp di Imola, in piena ubriacatura dell’orgoglio italiano, arriva la notizia delle 134 Fiat Topolino sequestrate nel porto di Livorno perché avevano sulla fiancata un adesivo con il tricolore italiano ma non erano Made in Italy. E mentre sul circuito imolese si sventolano ovunque le bandiere italiane, i bambini ex alluvionati cantano l’inno di Mameli, Domenicali viene insignito con le chiavi della città e perfino i cordoli della pista sono tutti tricolore (bellissimi, va detto), a pochi chilometri di distanza Guardia di finanza e Agenzia delle dogane e dei monopoli contestano a Stellantis la vendita di prodotti industriali “con segni mendaci”, in quanto le vetture erano state prodotte in Marocco prima di essere inviate a Livorno. Ora delle due l’una. O si applica la “clausola Zalone” (Non si scrive l’Italia invano) e si chiede “un cacciavite e una scala” per rimuovere le insegne italiane da ogni cosa o serve una profonda riflessione. Sembra una battuta ma non lo è perché per far uscire le Topolino dal deposito giudiziario ai terminal Leonardo Da Vinci e dalla Cilp, la Compagnia impresa lavoratori portuali, e quindi dissequestrarle, si è deciso di “intervenire sui veicoli in sequestro con la rimozione dei piccoli adesivi previa autorizzazione delle Autorità”, come ha spiegato una portavoce di Stellantis. Proprio come nel film di Zalone. Il problema è che l’applicazione del concetto di origine legato solo al luogo di produzione obbligherebbe a rivedere in profondità il concetto di proprietà intellettuale. Gli iPhone e gli iPad dovrebbero essere considerati cinesi e non americani, nulla a che vedere con la Silicon Valley. Stesso discorso per molte Tesla Model 3 e Y e per gran parte dell’industria dell’auto. Tornando all’Italia (escludendo Ferrari, Maserati, Lamborghini e Pagani), rimarrebbe una scelta miserrima di made in Italy: Panda (Pomigliano d’Arco), Alfa Romeo Giulia e Stelvio (Cassino), Tonale (Pomigliano d’Arco) e la Fiat 500X (Melfi). E poi c’è il problema dei pezzi, dei motori: fino a che percentuale di parti prodotte all’estero è sopportabile per considerare “Made in Italy” un’auto assemblata in Italia? Il discorso vale anche per la F1 perché le componenti dei bolidi arrivano da ogni angolo del mondo. Ma qui non esistono possibili regole. Ricordo ancora quando nel 1986 andammo a visitare la fabbrica Nissan in Inghilterra. Lì nasceva la Bluebird e per dimostrare che la macchina era davvero tutta “made in England” a noi giornalisti ci fecero trovare una Blueberd per terra tutta smontata con ogni singolo pezzo numerato. Da una parte quelli inglesi (ovviamente la maggioranza), dall’altra quelli giapponesi. Peccato che il pezzo nipponico “numero 1” era l’intero motore, considerato al pari di una vite… Noi giornalisti ridemmo, ma il Governo inglese prese per buono quel folle conteggio. Questione – diciamo così… – di sensibilità.
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SPECIALE CASE 2024 - Dacia 💬 “Il 2023 è stato per Dacia un anno strepitoso. Il marchio ha conquistato la leadership delle vendite a privati grazie alla gamma. La nuova identità del marchio sta contribuendo al rafforzamento della notorietà del brand. A questo si aggiunge il lavoro eccezionale che sta portando avanti la rete di concessionarie. Il 2024 sarà un anno di conferme per il marchio con l’obiettivo di consolidare le performance 2023; anno in cui arriverà il nuovo Suv Bigster”. Dario Zenone, direttore vendite Dacia Italia ---------- ▶️ NOVITÀ 2024 Il 2024 sarà un anno di grandi novità, con i lanci del nuovo Duster e della Nuova Spring, in aggiunta al reveal di Nuovo Bigster, , un prodotto di segmento C, ideale per il mondo flotte. ▶️ BEST SELLER 2023 NELLE FLOTTE Nel 2023 il modello più venduto nei canali aziende e Noleggio è stato il Duster, il modello iconico Dacia. In questi canali i clienti hanno privilegiato le versioni con allestimento Expression e Journey e la motorizzazione più venduta è il diesel. #Dacia #automotive #mercatoauto #mobilità
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La splendida Alfa Romeo S.Z. (Sprint Zagato) si distingue, ancora oggi, per le sue insolite forme e per le sue prestazioni incredibili. Per comprenderne essenza e innovazioni, tuttavia, occorre tornare indietro nel tempo. Siamo alla fine degli anni Ottanta, quando Alfa Romeo decide di dare vita ad un veicolo capace di riassumere tutti i progressi e le avanguardie tecnologiche raggiunte da lei stessa, e che riuscisse naturalmente a prendere in mano le redini di un’eredità tecnica lasciata da due auto estremamente importanti per lo stesso brand italiano, la 33 e la Montreal. Decide di farlo in collaborazione con Zagato, che si occuperà esclusivamente di assemblaggio, e di altre figure di assoluto rilievo, quali Robert Opron e Antonio Castellana. Quel che ne deriva è uno stile decisamente brutale e tagliente, unito all’utilizzo di una carrozzeria in materiale termoplastico (denominato Modar). Curiosità di questa sportiva riguarda parte della sua progettazione: è infatti una delle poche auto di quegli anni ad essere stata ideata interamente con elaborati CAD, fattore che ha inciso non poco sul risultato finale citato in precedenza, con linee particolarmente spigolose ed inusuali. Sul versante motoristico invece è possibile notare come sia stato adottato un poderoso 3.0 litri V6 dodici valvole progettato dall’ingegner Busso, adoperato in principio per un altro capolavoro del Biscione, la 75 Quadrifoglio Verde. Questo viene tuttavia elaborato ulteriormente per toccare quota 210 cavalli a 6.200 giri, potenza che permette (anche grazie al peso piuma della vettura di 1.256 kg) di raggiungere una velocità massima di 245 km/h e di scattare da 0 a 100 km/h in soli 7 secondi. La parte restante della meccanica viene invece presa in prestito dalla 75 IMSA, con particolare attenzione alle sospensioni - che mantengono il classico schema con indipendenti all’anteriore e Ponte De Dion al posteriore - opportunamente curate dall’ingegner Pianta, che sostituisce i già presenti silentblock in gomma vulcanizzata con degli omologhi in politetrafluoroetilene (PTFE), più efficienti rispetto ai precedenti. Questo accorgimento migliorò notevolmente il comportamento su strada della S.Z., con un handling più efficace ed un rollio ridotto. Che #Mostro. Ph. Courtesy of RM Sotheby’s © Italian Wheel
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