Post di Emanuele Meloni

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Architetto | Autore presso INFOBUILD | INFOBUILDENERGIA

La #plastica potrebbe non scomparire mai del tutto. Sebbene si stimi infatti che per degradarsi completamente occorrano centinaia di anni, sappiamo che la plastica nell’ambiente naturale – sottoposta all’azione del sole, vento e acqua – tende a degradarsi, frammentandosi in parti più piccole (#microplastiche). Vengono dette #primarie, le microplastiche fabbricate intenzionalmente dall’industria (dispositivi medici, farmaci, dispositivi elettronici, fertilizzanti, cosmetici, detergenti, dentifrici, vernici), per le loro proprietà abrasive, esfolianti, leviganti, ecc. Quelle invece derivanti dalla #degradazione di articoli di plastica più grandi (ad esempio #bottiglie, buste, piatti e posate, cannucce, ecc) che, a contatto con acqua sole e vento tendono naturalmente a frammentarsi e sbriciolarsi in parti più piccole, vengono definite microplastiche #secondarie. Ma esistono particelle #invisibili, più piccole di un milionesimo di mm, come un virus o il filamento di DNA, talmente piccole che possono essere respirate disperse nell’aria e assorbite dalla pelle: le cosiddette #nanoplastiche. Oltre a rappresentare un danno per l’ambiente, la plastica viene ingerita – attraverso il cibo, l’aria, l’acqua – e assorbita dall’organismo. Già dal 2016, un rapporto dell'European Food Safety Authority (EFSA), l’Autorità europea per la sicurezza alimentare, rilevava la presenza di microplastiche e nanoplastiche negli alimenti e sui prodotti ittici. La principale fonte di ingestione di microplastica è l’acqua potabile, sia in bottiglia che in rubinetto. Tra gli alimenti più contaminati da microplastiche rientrano invece birra, molluschi, miele e pesce. Secondo uno studio americano, l’acqua potabile contiene fino a 1.769 microplastiche, i crostacei 182, la birra 10. Le microplastiche non risparmiano neanche il sale da cucina. Lo ha rivelato un nuovo studio condotto da Greenpeace e l’Università di Incheon in Corea del Sud. Da un rapporto dell’European Environment Agency, l’uso e il lavaggio dei tessuti sintetici è responsabile del rilascio negli oceani tra 0,2 e 0,5 milioni di tonnellate di microplastiche ogni anno. ISPRA, ha condotto un’attività di monitoraggio nei maggiori fiumi italiani alla ricerca dei rifiuti: l’85% di tutti i rifiuti sono plastiche, di cui 35% di plastica monouso. C’è ancora molto da capire riguardo agli effetti delle microplastiche sulla #salute umana. Sebbene siano necessarie ulteriori ricerche per ottenere una valutazione più accurata dell’esposizione alle microplastiche e del loro potenziale impatto sulla salute umana, le prove accumulate sinora suggeriscono che le microplastiche abbiano significativi impatti negativi per la salute. Secondo l’United Nations Environment Programme Finance Initiative (UNEP FI), il Programma delle Nazioni unite per l’ambiente, circa il 16% delle microplastiche rilasciate negli oceani a livello globale proviene dal lavaggio di tessuti sintetici. Oggi su INFOBUILD | INFOBUILDENERGIA, a questo link:

Microplastiche e nanoplastiche, che minacciano la salute

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