Siamo sicuri che non sia più giusto seguire il vivere bene piuttosto che il vivere meglio? Il costo psico-sociale del progresso tecnologico Questa riflessione nasce dopo la visione delle prime puntate di Black Mirror, una serie televisiva britannica, ideata e prodotta da Charlie Brooker per Endemol che vi consiglio di guardare se siete pronti a mettere in discussione tutto il mondo che vi circonda. Il filo conduttore di ogni episodio sembra riguardare il progresso tecnologico, la dipendenza da esso e i danni collaterali provocati alla razza umana. Vengono immaginate e ricreate diverse situazioni del mondo moderno o futuro in cui una nuova invenzione tecnologica o un’idea paradossale ha in qualche modo destabilizzato la società e i sentimenti umani. In altre parole, parliamo di una serie-tv che mostra una visione futura della società umana basata sugli attuali trend tecnologici di socializzazione virtuale, interazione, connessione costante e gamification. Ciò che emerge è uno scenario a dir poco devastante e stupefacente che tratteggia l’assuefazione che il progresso tecnologico sta prospettando per il futuro. Provate a pensare ad una realtà in cui verranno impiantati micro-schermi nella retina (Z-Eyes) con cui bloccare (oscurandone la visione come nei social) persone reali che vi stanno antipatiche, controllare e ricontrollare fino allo sfinimento il vostro passato alla ricerca di errori, dettagli insignificanti, ricordi struggenti e momenti intimi che dovrebbero restare irripetibili. Pensate ad un futuro che vedrà un’integrazione completa tra la vita reale e la vita virtuale e i social, talmente tanto riuscita da dare vita a figure professionali che cureranno il vostro punteggio, i vostri follower, le vostre relazioni interpersonali in streaming grazie a chip inseriti sottopelle che registreranno tutto come una regia occulta. https://lnkd.in/d3u65Rzh
Post di Gino LUKA
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Stiamo andando incontro a un mondo in cui non ci sarà più nulla di reale. Stiamo correndo – la maggiore parte in gruppo, tanti ancora nelle retrovie, più di qualcuno sempre di più là davanti in fuga – verso una nuova definizione di realtà. La rappresentazione delle cose sarà più reale delle cose stesse, visto che queste ultime vengono smaltite ogni giorno dallo schermovalorizzatore messo in funzione dalla digitalizzazione. Ecco la sostanza che circola nella forma che oggi dà più dipendenza: l’intelligenza compostabile. Più che da un quoziente di intelligenza artificiale sembra uscire da un moltiplicatore seriale. Lo scopo non è diffondere sapere, ma circolare tanto per circolare. Non lascia un mittente per raggiungere un destinatario, ma circola per aggiungersi alla raccolta indifferenziata dell’industria di contenuti. La realtà allora diventerà – come Walt Disney una volta, prima del telegiornale – l’unica illusione che puoi portare con te. Tra non molto la realtà sarà vista come la cosa migliore che sia mai stata inventata. #statinteressanti Confinano a nord con il pensiero pensile e a sud con la forza di gravità.
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#ilvasodipandora Maurizio Peciccia Il futuro dell’uomo dipende dalla nostra capacità di discernere la realtà dalla sua rappresentazione virtuale e di utilizzare i media come strumenti di crescita e non di asservimento. L’urgenza di un’etica dei media e di una fruizione democratica dell’informazione sono le sfide cruciali dell’era digitale per garantire un’evoluzione umana libera e consapevole
La fabbrica dei sogni artificiali | Vaso di Pandora
vasodipandora.online
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Più che un episodio, quella di stamattina è una riflessione, ma il tema non cambia: la rivoluzione degli AI Agents. Poi giuro che domani smetto. Ma mi ha colpito il fatto che proprio nel giorno in cui ho preparato il carosello con la presentazione delle nuove cariche e new entries (lo vedrete alle 14.00 sul profilo Flowerista Società Benefit ) qui avevo in programma di parlarvi di #DigitalLabor. Apparentemente un paradosso. Vediamo però di approfondire un pochetto. Per Digital Labor intendo il potenziale contributo lavorativo che gli agenti di intelligenza artificiale possono generare. E con qualche banalissimo esempio nelle puntate precedenti vi ho dimostrato cosa sono in grado di fare. Ecco quali sono alcune implicazioni che vedo - e ogni tanto mi sento Cassandra, ma vabbè: 🔮 senza falsi giri di parole, molti dei task che un agente AI è in grado di fare, sono quelli che vengono solitamente svolti da una figura junior o in apprendistato. Per loro, il mio consiglio è di formarsi il più possibile in maniera autonoma e possibilmente anche su questi temi. Poi possiamo stare qui a dibattere all’infinito sulle scelte aziendali miopi ecc ma la verità è che la ricerca dell’efficienza e del cost cutting è ancora un obiettivo per molti. Mi piace questa direzione? Ovviamente no, ma nessuno ce lo ha chiesto purtroppo e non vedo grandi freni allo sviluppo… 🔮 gli esseri umani saranno supervisori, per forza di cose. Innanzitutto, agli agenti AI per ora non puoi imputare nessuna responsabilità (e nessun diritto, poi chissà). Quindi ci vorrà sempre qualcuno che se la prenda. In più, mi piacerebbe che passasse il concetto che gli esseri umani possano essere “aumentati” e non sostituiti da essi. 🔮la cosa forse più interessante è che, volendo adottare una visione ottimista, piccole realtà costituite da una decina di persone, potranno raggiungere volumi importanti. Le proiezioni che io stessa ho fatto per Flowerista sono queste e sono molto diverse dalla crescita human capital intensive che prospettavo nel 2022, quando è partito tutto. Poi che ci sia effettivamente la domanda all’esterno per tutta questa produzione, qualunque essa sia, questo è tutto da vedere. 🔮 la visione invece meno ottimista è che più di qualcuno non voglia accettare tutto questo e cominci a fare qualche tipo di protesta. Vedremo le prime folle scendere in piazza contro l’AI? Mah. Questi sono i miei 2 cents sul tema. Domani concludo con tutta una selezione di fonti sulle quali ho studiato. Buona giornata e a dopo sul profilo di Flowerista Società Benefit 🌸
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Avrei molto voluto non rantare, e soprattutto non farlo di lunedì, festivo. Ho anche accuratamente letto con le mani lontane dallo schermo i post di Alessandro (che ho apprezzato) ma... nuovo giro di palla, nuove ispirazioni. Rientrando da un breve periodo di detox, leggo che lo Stivale decide di fare un accordo da un miliardino e mezzo (tanto so' soldi nostri, no?) per "portare in Italia i satelliti di Musk". Probabilmente in nave, perché so' tanti e ingombranti, e poi c'è di mezzo un oceano. Forse due (per chi intende la provocazione). Fornitura di servizi di telecomunicazioni sicuri. Cioè ci rivolgiamo a fonti chiaramente orientate a profitto oltre qualsiasi altra cosa (soprattutto sicurezza e qualità) per una risorsa come questa? Alla facciazza della #NIS2. Qualsiasi mio pensiero di speranza che la Direttiva potesse portare un cambiamento conferma l'andazzo di 15 anni in ambito #cybserecurity: è tutta una farsa, e siamo destinati a fallire miseramente come abbiamo fatto fino ad ora. Ora, è chiaro che tutto sarà da vedere, ma in un panorama come quello attuale, l'idea che un viaggetto a Mar-a-Lago possa anche solo muovere la stampa nazionale su un argomento del genere e, paggio ancora, supporre che possa essere una "buona cosa" mi fa salire il sangue al cervello. E non è iniziata ancora la prima "vera" settimana lavorativa, qui nello Stivale. Non formalmente almeno, si vedrà qualcosa, forse, domani. A titolo puramente personale, questa cosa non è nemmeno più deludente. L'unica cosa che posso aggiungere (condividendo il pensiero di qualcuno che segue i miei sproloqui) è che: fanno bene quei talenti che se ne vanno all'estero per cercare fama e carriera, o per seguire il desiderio di fare qualcosa di concreto per la Nazione in cui vivranno. Perché, per l'ennesima volta, mostriamo che a noi, di dove viviamo, non ce ne può fregar di meno. Tanto ci penserà qualche ricco influencer (perché con tanti follower, o tutti i follower) con una casa enorme a risolvere tutti i problemi. E, sempre ipotetivamente, questo potrebbe anche essere il primo e ultimo rant/post dell'anno. Tornerò a fare post più sobri, per un pubblico, forse, diverso. Pace e buon 2025. L'anno della #cybersecurity.
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Il numero speciale di "Futuri" esplora come le narrazioni distopiche e utopiche influenzino la società, offrendo strumenti per ripensare il presente e le sue sfide, dalla crisi climatica allo sviluppo tecnologico. Ne parla Futura Network in questo articolo! Vi ricordiamo che il numero speciale è gratuitamente scaricabile qui: https://lnkd.in/d3CD6TMB
Speranza e distopia: immaginare il futuro tra narrativa, cinema e videogiochi
futuranetwork.eu
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L'umanità sta vivendo un momento straordinario della sua evoluzione, caratterizzato da #tecnologie #avanzate che hanno modificato profondamente il nostro modo di interagire con l'ambiente circostante. Siamo in un'epoca in cui le #guerre si combattono a distanza, utilizzando #droni che eliminano i nemici senza nemmeno vederne il volto. Questa separazione fisica ed emotiva ha banalizzato l'atto di #uccidere, rendendo la guerra un fenomeno remoto e quasi virtuale, tranne per chi la subisce ovviamente. All'estremo opposto, la nostra società è fortemente condizionata dagli #influencer #virtuali, figure che promuovono anche marchi e multinazionali, esercitando un enorme impatto sulle nostre #decisioni d'acquisto e sulla vita quotidiana. Questi personaggi #digitali hanno raggiunto una fama e un'influenza che spesso superano quelle delle celebrità tradizionali, modellando le nostre #opinioni e i nostri desideri in modi di cui spesso non siamo consapevoli. In questo contesto, ci stiamo avvicinando sempre di più al mondo distopico ispirata al romanzo del 1968 Il cacciatore di #androidi. La distopia futuristica di Blade Runner, con la sua combinazione di tecnologia avanzata e declino morale, sembra sempre più simile alla nostra realtà quotidiana. Alienazione, dipendenza dalla tecnologia e potere delle grandi corporazioni sono temi centrali sia nel film che nella nostra società contemporanea. Ci troviamo quindi di fronte a una sfida esistenziale: come possiamo conciliare il progresso tecnologico con i valori umani fondamentali? Come possiamo mantenere la nostra umanità in un mondo sempre più dominato dalla tecnologia e dalle influenze esterne? Queste domande richiedono una riflessione profonda e una consapevolezza critica della direzione che stiamo prendendo.
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Qualche settimana fa scrissi della necessità di "sopravvivere alle onde" generate dall'hype del momento, che in ambito tecnologico è ormai la regola. Arriva una novità promettente, liberiamo gli sciacalli per vendere la luna e poi quando sono state distrutte le aspettative ripartiamo dalla prossima. Altro giro, altra corsa. Ho ripensato a questa cosa quando l'altro giorno mi è capitato sotto mano un articolo di Wired Italia che titola, "Finora sono le società di consulenza le vere vincitrici della corsa all’intelligenza artificiale". Punto chiave dell'articolo (link nel primo commento) è come le grandi società di consulenza siano saltate, in questo caso, sul carro dei modelli generativi creando aspettative irrealistiche e bisogni non necessari o iper pompati, creando poi una certa disillusione tra i clienti (ma fatturando bene). Questa fatto si collega ad una tendenza che è cominciata da qualche mese da parte di chi investe nell'industria AI nell'avere una certa prudenza (Il Post, 10 aprile: "L’entusiasmo per le intelligenze artificiali si sta un po’ stemperando", link nel primo commento) Per me questa è una grave responsabilità da parte di chi sfrutta le tecnologie emergenti al solo scopo di cavalcare l'onda per piazzare progetti strapagati a clienti un po' troppo entusiasti dello storytelling proposto. Prima di ChatGPT molti parlavano di machine learning quando vedevano una regressione lineare (tranquilli, molti lo fanno ancora), poi son tutti diventati AI Tech Leader, Lead Prompt Engineer, AI Evangelist. E poi articoli e post su minacce per l'umanità, super intelligenze in arrivo, e scenari da Terminator. Ci è sfuggita un po' la cosa di mano, che dite? Questo vuol dire che tecnologie come gli LLM sono una bolla? No, ci sono un sacco di avanzamenti interessanti e di tecniche e tecnologie collegate che possono essere utilizzate in molti ambiti, ma devono essere introdotte con cura e con competenza: il settore tecnologico, per quanto sia in continuo movimento e crescita, resta pur sempre un settore molto delicato che quando entra in contatto con le aziende e le persone che nelle aziende ci lavorano spesso è visto con un certo scetticismo perché, ora come cento anni fa, le persone pensano: "questa roba è inutile" oppure "la tecnologia mi ruberà il lavoro" oppure "la tecnologia verrà usata per uccidere la nostra creatività" eccetera. E' un rapporto delicato dove la fiducia si crea piano piano, ma una volta che si individuano correttamente le esigenze e si introducono i giusti strumenti nel giusto contesto a supporto delle persone che lavorano, il ritorno è innegabile in termini di aumento di produttività, di risparmio di denaro per le aziende e miglioramento della qualità del lavoro per i dipendenti. Gli avanzamenti tecnologici, nell'AI e non solo, danno una prospettiva di miglioramento produttivo e di qualità del lavoro troppo importanti per essere sgretolati da mediocri strategie di comunicazione. Impariamo a prendercene cura.
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Il nostro CTO Gabriele Galatolo ci offre una lettura critica e lucida dell'analisi apparsa su Wired Italia dello stato del mercato dell'AI (link nei commenti), in cui emerge come l'impatto di questi investimenti in innovazione sul business delle aziende è molto meno di quanto ci si aspetta. Come dice lui "è una grave responsabilità da parte di chi sfrutta le tecnologie emergenti [...] cavalcare l'onda per piazzare progetti strapagati a clienti un po' troppo entusiasti dello storytelling proposto". In Kode ci prendiamo la responsabilità: quella di capire i nostri clienti e il loro contesto, per mettere le tecnologie più innovative a servizio delle esigenze concrete delle loro aziende. È così che riusciamo a portare benefici reali a livello di produttività, risparmio di costi e tempi, ottimizzazione dei processi. Sempre fieri dei nostri team! #AI #industry50 #digitization
Qualche settimana fa scrissi della necessità di "sopravvivere alle onde" generate dall'hype del momento, che in ambito tecnologico è ormai la regola. Arriva una novità promettente, liberiamo gli sciacalli per vendere la luna e poi quando sono state distrutte le aspettative ripartiamo dalla prossima. Altro giro, altra corsa. Ho ripensato a questa cosa quando l'altro giorno mi è capitato sotto mano un articolo di Wired Italia che titola, "Finora sono le società di consulenza le vere vincitrici della corsa all’intelligenza artificiale". Punto chiave dell'articolo (link nel primo commento) è come le grandi società di consulenza siano saltate, in questo caso, sul carro dei modelli generativi creando aspettative irrealistiche e bisogni non necessari o iper pompati, creando poi una certa disillusione tra i clienti (ma fatturando bene). Questa fatto si collega ad una tendenza che è cominciata da qualche mese da parte di chi investe nell'industria AI nell'avere una certa prudenza (Il Post, 10 aprile: "L’entusiasmo per le intelligenze artificiali si sta un po’ stemperando", link nel primo commento) Per me questa è una grave responsabilità da parte di chi sfrutta le tecnologie emergenti al solo scopo di cavalcare l'onda per piazzare progetti strapagati a clienti un po' troppo entusiasti dello storytelling proposto. Prima di ChatGPT molti parlavano di machine learning quando vedevano una regressione lineare (tranquilli, molti lo fanno ancora), poi son tutti diventati AI Tech Leader, Lead Prompt Engineer, AI Evangelist. E poi articoli e post su minacce per l'umanità, super intelligenze in arrivo, e scenari da Terminator. Ci è sfuggita un po' la cosa di mano, che dite? Questo vuol dire che tecnologie come gli LLM sono una bolla? No, ci sono un sacco di avanzamenti interessanti e di tecniche e tecnologie collegate che possono essere utilizzate in molti ambiti, ma devono essere introdotte con cura e con competenza: il settore tecnologico, per quanto sia in continuo movimento e crescita, resta pur sempre un settore molto delicato che quando entra in contatto con le aziende e le persone che nelle aziende ci lavorano spesso è visto con un certo scetticismo perché, ora come cento anni fa, le persone pensano: "questa roba è inutile" oppure "la tecnologia mi ruberà il lavoro" oppure "la tecnologia verrà usata per uccidere la nostra creatività" eccetera. E' un rapporto delicato dove la fiducia si crea piano piano, ma una volta che si individuano correttamente le esigenze e si introducono i giusti strumenti nel giusto contesto a supporto delle persone che lavorano, il ritorno è innegabile in termini di aumento di produttività, di risparmio di denaro per le aziende e miglioramento della qualità del lavoro per i dipendenti. Gli avanzamenti tecnologici, nell'AI e non solo, danno una prospettiva di miglioramento produttivo e di qualità del lavoro troppo importanti per essere sgretolati da mediocri strategie di comunicazione. Impariamo a prendercene cura.
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"L'uomo è un animale sociale capace di adattare l'ambiente": ciascun trattato umanistico che abbia studiato cominciava con queste parole. Oggi riproporrei: l'uomo è un animale social incapace di adattare l'ambiente. La realtà, infatti, è che la mediaticità ha preso il sopravvento: posta all'uomo in quanto strumento aggiuntivo e innovativo, oggi è meglio definibile come "arto fantasma" che illude di poter conquistare il mondo stando comodamente seduto. Ciò rende l'uomo contemporaneamente nomade digitale e sedentario culturale: si naviga di continuo, ma non si progredisce. Si sta continuamente connessi ad una rete astratta pur rimanendo sempre più isolati. L'ambivalenza odierna è più che mai evidente. Sto lavorando ad un saggio che tratta di queste tematiche: della realtà, delle mancanze e delle finte appartenenze che oggi più che mai stanno sradicando l'agire umano dalle caratteristiche che lo rendono, per l'appunto, umano. Spero di poter dare il mio contributo per risvegliare le menti.
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Viviamo in un'era sempre più #digitale, dove trascorriamo gran parte del nostro tempo davanti a uno schermo, dimenticando di guardare davvero il mondo che ci circonda e chiederci: stiamo vivendo o semplicemente esistendo? La #felicità, come suggeriva De Crescenzo, è una sensazione profonda che nasce dal modo in cui ci relazioniamo con gli altri e con il mondo esterno. Ma come possiamo bilanciare l'inevitabile #progresso tecnologico con la necessità di mantenere la nostra #umanità? Forse la chiave sta nel ritrovare quel contatto reale, che ci rende autenticamente umani. Dis-connetterci, almeno ogni tanto, potrebbe essere la vera rivoluzione, in un mondo che ci richiede invece di essere costantemente connessi, reperibili e pronti a sacrificare ciò che conta davvero: il nostro #tempo.
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