#AlmanaccoHSE Val di Stava
Guai a chiamarle catastrofi naturali. Quella di cui parliamo oggi è una catastrofe causata dall'uomo; un vero e proprio disastro industriuale. Parliamo del cedimento del bacino della Val di Stava, in Trentino. Una specie di Vajont che, il 19 luglio del 1985, provocò 268 vittime. Anche se l'approccio e le dinamiche hanno delle analogie con il disastro del Vajont, in questo caso gli eventi hanno avuto una natura diversa. Nella val di Stava erano stati realizzati due baicni artificiali per la chiarificazione delle acque utilizzate in un impianto minerario. La miniera era quella di Prestavel e in quel caso veniva estratta fluorite il cui processo di coltivazione prevedeva l'uso di grandi quantitativi di acqua. Vennero quindi realizzati i bacini di decantazione che, per un regolamento i cui cavilli sono completamente indifferenti alle leggi della natura, non erano classificati come dighe. Questo avveniva alla fine degli anni '60. Una serie di valutazioni errate e le solite assunzioni a discapito della sicurezza, fecero sì che il bacino iniziò presto a manifestare segnali di instabilità. Lo stesso sindaco di Tesero, comune di afferenza della zona, segnalò preoccupazioni che non ebbero l'effetto di evitare la tragedia, Una serie di crolli minori e avvisaglie iniziarono fin dal gennaio del 1985 ma il 19 luglio, in pieno giorno, che il bacino superiore cedette all'interno di quello inferiore determinandone, a sua volta, il crollo. Una massa di 180.000 metri cubi di fango e sabbia spazzarono a oltre 90 km/h tutto ciò che incontrarono nel loro percorso, abitazioni e insediamenti compresi. L'ennesimo disastro le cui cause furono accertate nel processo nella cronica mancanza di elementi di valutazione del rischio. Ancora una volta.
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In National Park Milky Mountains
4 settimaneIl cloud seeding, metterei in correlazione anche questa pratica malsana.