⚖️ Inammissibilità dell’atto introduttivo e irrilevanza delle considerazioni di merito ai fini dell’impugnazione ✅ 𝐶𝑜𝑟𝑡𝑒 𝑑𝑖 𝐶𝑎𝑠𝑠𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 - Sentenza n. 32092 del 12 dicembre 2024 🖋 Con la sentenza n. 32092, la Corte di Cassazione ha enunciato il principio di diritto per cui ogni qual volta che il giudice si sia spogliato della potestas iudicandi statuendo l’inammissibilità dell’atto introduttivo del giudizio, le eventuali ulteriori considerazioni sul merito della controversia costituiscono mere argomentazioni ipotetiche e virtuali, le quali non possono formare oggetto di impugnazione proprio per l’assenza di valenza decisoria, potendosi l’impugnazione stessa appuntare esclusivamente sulla statuizione in rito relativa all’ammissibilità della domanda. 💡 https://lnkd.in/eH-HsPBx
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⚖️ Giudizio di cassazione: natura a critica vincolata e requisiti di tassatività e specificità dei motivi di ricorso ✅ 𝐶𝑜𝑟𝑡𝑒 𝑑𝑖 𝐶𝑎𝑠𝑠𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 - Sentenza n. 30709 del 29 novembre 2024 🖋 Con la sentenza n. 30709, la Corte di Cassazione ha ribadito che il giudizio dinanzi ad essa è un giudizio a critica vincolata, delimitato e vincolato dai motivi di ricorso, nel quale il singolo motivo assume una funzione identificativa condizionata dalla sua formulazione tecnica con riferimento alle ipotesi tassative di censura formalizzate con una limitata elasticità dal legislatore. La tassatività e la specificità del motivo di censura esigono, quindi, una precisa formulazione, di modo che il vizio denunciato rientri nelle categorie logiche di censura enucleate dal codice di rito. 💡 https://lnkd.in/ew-8h2s6
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⚖️ Il principio dell'immutabilità del giudice ✅ 𝐶𝑜𝑟𝑡𝑒 𝑑𝑖 𝐶𝑎𝑠𝑠𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 - Sentenza n. 41236 dell'11 novembre 2024 🖋 Con la sentenza n. 41236, la Corte di Cassazione ha ribadito che Il principio dell'immutabilità del giudice garantisce che la persona o la composizione del Collegio che pronuncia la sentenza finale sia la stessa che ha presieduto il dibattimento, occupandosi delle decisioni rilevanti, come l'ammissione delle prove e la risoluzione delle questioni incidentali. Non rientrano in questo principio i provvedimenti di natura ordinatoria, che non influiscono sul merito del processo. Il principio è rispettato quando la sentenza è deliberata dal giudice che ha partecipato all'intero dibattimento, inclusa l'istruttoria. La giurisprudenza ha chiarito che il divieto di mutamento del giudice richiede che il giudice che delibera la sentenza sia lo stesso che ha ammesso e acquisito le prove. Eventuali provvedimenti relativi all'ammissione delle prove emessi da un altro giudice restano efficaci, salvo modifiche o revoche esplicite. 💡 https://lnkd.in/ershbU5X
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Il rigetto da parte del giudice monocratico dell’eccezione di competenza, con ordinanza, a seguito di riserva, senza previo invito alle parti di precisare le conclusioni, va qualificata quale provvedimento di “accantonamento” (anche implicito) della decisione della questione preliminare unitamente al merito, e non avendo i caratteri formali di provvedimento che statuisce sulla competenza in via definitiva, non può essere impugnato con il regolamento di competenza. – Commento a Cass. Civ. sez. III, n. 20.808 del 25.07.2024 – Apparentemente la decisione potrebbe sembrare illogica e in violazione del principio di speditezza ed economicità processuale, perché il rigetto dell’eccezione presuppone una sua conferma da parte del giudice in fase di decisione finale, e potrebbe ledere le aspettative della parte che l’ha sollevata di risolvere con l’impugnazione in via immediata la questione, evitando le lungaggini dello svolgimento nel merito della causa. Tuttavia, come la Corte specifica in motivazione, l’ordinanza cosiddetta di “accantonamento” deve ritenersi nulla per l’omesso invito di precisazione delle conclusioni, in quanto solo il compimento di questa formalità renderebbe esplicita la volontà del giudice di affrontare la questione in maniera tale da definire il giudizio, e qualificherebbe l’ordinanza con la forma necessaria a renderla impugnabile. Non basta, quindi, la volontà implicita o esplicita di rigetto “con accantonamento” che viene manifestata da parte del giudice con tale decisione a renderla inequivocabile, ben potendosi in fase di decisione verificarsi un ripensamento, e di qui la non definitività della decisione. Inoltre, si creerebbe l’ulteriore ambiguità costituente nell’impossibilità di distinguere tra le ordinanze con contenuto decisorio definitive con quelle a carattere meramente istruttorio o ordinatorio. Specifica ancora meglio la S.C., confermando l’orientamento consolidato, che l’onere di tale formalità, previsto dall'art. 187, comma 3 c.p.c., in effetti tutela l’affidamento delle parti che, altrimenti, non saprebbero con certezza se un provvedimento, che non chiuda il processo, debba o meno essere impugnato con regolamento di competenza. #AvvLuigiDiPrisco
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⚖️ Il vizio di omessa pronuncia rispetto a una deduzione di parte incompatibile con la decisione assunta dal giudice del merito ✅ 𝐶𝑜𝑟𝑡𝑒 𝑑𝑖 𝐶𝑎𝑠𝑠𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 - Ordinanza n. 23020 del 22 agosto 2024 🖋 Con l'ordinanza n. 23020, La Corte di cassazione ha ribadito il principio secondo cui non può configurarsi il vizio di omessa pronuncia quando la questione sollevata da una parte risulti incompatibile con la decisione di merito del giudice e quindi implicitamente rigettata. Inoltre, è necessario che il ricorrente dimostri il concreto pregiudizio subito per effetto della presunta omessa pronuncia. 🎓 Infatti, i vizi che possono comportare la nullità della sentenza o del procedimento, secondo l’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., non mirano a garantire un’astratta regolarità processuale, ma piuttosto a tutelare il diritto di difesa da un pregiudizio effettivo derivante da errori procedurali. 💡 nei commenti il link all'ordinanza
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La violazione dell'obbligo motivazionale della sentenza, in ossequio al principio del minimo costituzionale ex art. 111, comma 6 Cost., quale error in procedendo determinante nullità della sentenza per violazione dell’art. 132, comma 1 n. 4 c.p.c., deve risultare dalla sola lettura del provvedimento, senza che si renda necessario l’esame di tute le altre risultanze processuali o particolare indagine ermeneutica. La S.C. (Cass. Civ. sez. V- ordinanza n. 19013 del 12.07.2024) torna a ribadire come va esercitato il potere di controllo sui vizi motivazionali. Il provvedimento in commento puntualizza che nell’attuale configurazione normativa non è più ipotizzabile la denunzia sotto il profilo della motivazione insufficiente o contraddittoria, ma soltanto per le ipotesi tipiche elaborate dalla dottrina e dalla giurisprudenza di “mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale", di "motivazione apparente", di "manifesta ed irriducibile contraddittorietà" e di "motivazione perplessa od incomprensibile", per il cui approfondimento rimando alle più complete trattazioni. Va messo in rilievo che l’individuazione dei vizi sopra indicati deve emergere chiaramente dalla sola lettura del testo della sentenza, di per sé, senza che sia necessario un ulteriore esame delle risultanze processuali, e che tali vizi comunque si palesano quando risulta impossibile seguire il ragionamento seguito dal giudice per arrivare alla decisione, non potendosi gravare la Corte del compito “di integrare la motivazione con le più varie, ipotetiche congetture» (Cass., sez. un., n. 22232 del 2016)
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Cassazione civile - riforma cartabia " Il giudice sostituisce l'udienza fissata per la decisione della causa con il deposito di note scritte contenenti sole istanze e conclusioni, ma nessuna delle parti provvede entro il termine. Il magistrato trattiene la causa in decisione, invece di assegnare un nuovo termine perentorio o di fissare un'udienza in presenza. Infrange così l'art. 127 ter quarto comma cpc: il potere del giudice di pronunciare nel merito presuppone che sia la parte a sollecitarne l'esercizio secondo il principio generale di cui all'art. 99 cpc". È quanto emerge da un'ordinanza pubblicata il 27 giugno dalla sezione lavoro della Corte di Cassazione. Scopri il servizio giuridico Cassazione 4.0 pensato per l'avvocato civilista. Adesso arricchito con la sintesi delle sentenze di merito, per avere l'analisi della pronuncia, e con il collegamento alle sentenze di Cassazione richiamate dal giudice. Attiva una demo e provalo senza impegno per 30 gg: https://lnkd.in/dS_ejs4d
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Meritano segnalazione alcune recenti pronunce di legittimità che chiariscono un aspetto sul quale è bene sgombrare il campo da equivoci: la riforma della sentenza di non doversi procedere che, accertati i fatti in contestazione, abbia erroneamente dichiarato il reato improcedibile o estinto per prescrizione non deve essere preceduta dalla rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale ex art. 603, comma 3-bis, cod. proc. pen. (disposizione che, come noto, cristallizza in una formula di legge i ben noti principi affermati dalla sentenza CEDU Dan c. Moldavia e dalla sentenza Dasgupta delle Sezioni Unite). Com'è noto, il disposto di cui all'art. 604, comma 6, cod. proc. pen. non prevede l'obbligo di rinnovazione dell'istruzione dibattimentale, ma attribuisce al giudice la facoltà discrezionale di disporla: tale facoltà opera, in particolare, nel caso in cui il ribaltamento della decisione di primo grado non derivi da una diversa valutazione delle prove dichiarative; occorre inoltre distinguere il caso in cui la sentenza di primo grado, erroneamente dichiarativa dell'estinzione del reato o dell'improcedibilità, sia intervenuta prima dello svolgimento dell'istruttoria dibattimentale da quello in cui tale sentenza sia stata pronunciata all'esito di essa. (si rimanda a tal fine a Cass. Sez. 2, n. 49984 del 16/11/2023, Bonzo, Rv. 285618; Sez. 3, n. 8139 del 29/11/2023, dep. 26/02/2024. Venere, Rv. 285958; Sez. 2, Sentenza n. 4780 del 15/01/2024, Wald Stanzel, Rv. 285925)
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Corte di Cassazione, Sez. III civ, ordinanza n. 6892 del 14 marzo 2024 Opposizione esecuzione - Esecuzione per rilascio - Opposizione atti esecutivi - Fase preliminare sommaria - Necessità e inderogabilità - Fondamento - Mancanza - Conseguenze La Suprema Corte ritiene che, una volta iniziata l’esecuzione (momento che, nel caso della procedura per rilascio, va identificato in quello della notifica dell’avviso di cui all’art. 608 cod. proc. civ.), tutte le opposizioni esecutive debbano rispettare due princìpi inderogabili. Il primo principio è che l’opposizione sia “introdotta con ricorso rivolto al giudice dell’esecuzione (da depositarsi quindi agli atti del fascicolo dell’esecuzione)”, al quale “è riservato dalla legge il preliminare esame della stessa, anche per consentirgli l’eventuale esercizio dei suoi poteri officiosi di verifica e controllo della regolarità di svolgimento dell’azione esecutiva, nonché dei suoi poteri di direzione del procedimento, che potrebbero determinare l’emissione (anche di ufficio) di provvedimenti tali da rendere superfluo lo svolgimento del merito dell'opposizione” (così, in motivazione, Cass. Sez. 3, sent. 11 ottobre 2018, n. 25170, Rv. 651161-01). Il secondo principio è che l’opposizione debba svolgersi necessariamente in due fasi: l’una, sommaria, dinanzi al giudice dell’esecuzione; l’altra, a cognizione piena, dinanzi al giudice del merito. Potrebbe mancare la seconda, se nessuna Corte di Cassazione - copia non ufficiale 10 delle parti decidesse di introdurla; non potrebbe invece mancare la prima, propedeutica e inderogabile anche per l’ipotesi in cui l’opponente non intenda domandare l’adozione di provvedimenti urgenti.
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♎ Il principio della ragione più liquida. ⬆ Il principio processuale della "ragione più liquida", di elaborazione dottrinale e giurisprudenziale, consentirebbe al giudice di pronunziarsi con immediatezza e in via preliminare su una questione, senza seguire l'ordine che è stabilito dalla legge, in particolare dall’art. 276, comma 2 c.p.c. ↪ Lo scopo pratico e quello di arrivare quanto prima ad una decisione che definisca il giudizio, in ossequio al principio della ragionevole durata del processo ex art. 111, comma 2, Cost. ↪ Si pensi al caso in cui, pur in presenza di un"eccezione di giurisdizione, nella lite il giudice rilevi una questione di merito, quale la prescrizione del diritto azionato che potrebbe definire la lite: in tale evenienza una pronunzia di difetto di giurisdizione determinerebbe la trasmigrazione della causa ad altro giudice, con allungamento di tempi e costi, per poi arrivare ad un pronunciamento di rigetto già individuato in limine litis. ↪ I sostenitori di questo orientamento ritengono che l’art. 276, comma c.p.c. ha carattere meramente precettivo, mancando un’espressa sanzione per la violazione. ↪ Tuttavia, Cass. Civ., Sez. Un., n. 11799 del 12 maggio 2017 e giurisprudenza successiva, hanno ribadito che l'ordine di trattazione delle questioni stabilite dall’art. 276, comma 2, c.p.c. è inderogabile. ↪ Il principio, dunque, troverebbe applicazione soltanto in relazione alle questioni di merito. ↪ Inoltre, l’applicazione potrebbe ledere alcuni valori costituzionali, come il diritto a un giudice precostituito per legge e il principio del contraddittorio. ↪ Nello scritto in rassegna vengono esaminate, con indicazione di casistica, riferimenti dottrinali e giurisprudenziali, tutte le questioni sopra riassunte. #AvvLuigiDiPrisco
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La nefasta conseguenza dell’improcedibilità del ricorso per cassazione per omesso deposito tempestivo della relata di avvenuta notifica della sentenza impugnata, anche in caso di non contestazione di controparte - commento a Cass. Civ. sez. III, n. 20.022del 19.07.2024 – La sentenza merita interesse perché illustra, con l’indicazione dei principali arresti massimati, le ragioni di un consolidato orientamento, informato ad un rigido formalismo. Tuttavia, la sanzione dell’improcedibilità è stata ritenuta dalla Corte EDU non lesiva dell'articolo 6 § 1 della CEDU (sentenza 23/05/2024, ric. n. 37943/17) perché non limitatrice del diritto di accesso ad un organo giurisdizionale. La S.C. specifica che le ragioni di questo rigidismo sono dettate dall’interesse pubblico - non disponibile dalle parti del rispetto del vincolo della cosa giudicata formale -, in relazione alla tempestività dell'esercizio del diritto di impugnazione, esercitabile solo nel termine breve, in caso di notifica della sentenza. Per cui, una volta dichiarata in ricorso l’avvenuta notifica, il ricorrente ne deve dare prova con deposito della relata di avvenuta notifica nel termine cui all’art. 369 c.p.c., e la Corte in merito non ha alcun potere di sostituirsi alle parti. In tale ottica non rileva nemmeno la mancata contestazione di controparte, con la sola esclusione del caso in cui il deposito sia avvenuto, da parte del controricorrente, nel rispetto del termine dell’art. 370 c.p.c. Sempre per ragioni pubblicistiche l’accertamento deve avvenire nei termini assegnati alle parti per il deposito del ricorso o controricorso, per garantire la certezza in merito alla formazione del giudicato e al tempestivo esercizio del potere di impugnazione, senza procrastinazione. Fa eccezione a questa regola l’ipotesi in cui la prova della notifica è accessibile alla Corte perché la relata di notifica è presente nel fascicolo di ufficio di merito, acquisito a seguito di istanza di parte, nelle sole ipotesi di notifica effettuata da parte della cancelleria della sentenza. L’ultima possibilità di evitare l’improcedibilità è il superamento della cosiddetta “prova di forza”, che si ha quando la notifica sia avvenuta nel termine di 60 gg. dalla pubblicazione della sentenza. #AvvLuigiDiPrisco
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