PALLA IN TRIBUNA / FRANCIA Macron non vuole che la sinistra governi👇 📌 Il #presidente francese ha bocciato la candidata del #Frontepopolare, Lucie Castets, e vuole mantenere l'esecutivo dimissionario in carica per gli affari correnti (e per le #Olimpiadi). ✍ Nell'ennesimo intervento a gamba tesa sulla politica nazionale, l'inquilino dell'Eliseo ha dichiarato che non accetterà la candidatura di #LucieCastets, proposta dal fronte progressista per guidare il nuovo #esecutivo. L'annuncio ha provocato dure reazioni nel campo della #sinistra, che era faticosamente riuscita a proporre una candidata unitaria dopo settimane di scontri intestini. ✨ Trovi l'articolo completo di Francesco Bortoletto sul nostro sito: https://lnkd.in/dYx3xSxS
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#elezionipolitiche #Francia Le elezioni europee stanno mettendo a dura prova la Presidenza #Macron precipitando la Francia verso una futuro incerto che coinvolge e contamina sia la sinistra che la destra nella quale però un accordo tra Repubblicani, il partito di #Lepen (RN) e la formazione di #Zemmour (Rq) potrebbe portare ad una vittoria schiacciante della Destra come mai prima e ad una coabitazione tra Presidente della Repubblica e Primo Ministro. Una situazione che risulterebbe imbarazzante anche per gli equilibri comunitari.. Le Borse europee nei giorni scorsi hanno mostrato la loro fragilità rispetto ad una vicenda che nelle sue estreme conseguenze potrebbe condurre verso politiche economiche meno espansive e più rigide rispetto ai principi di mutualità e finanziamento, soprattutto, della guerra in Ucraina. Attendiamo. L'accordo Repubblicani-Le Pen spacca la destra. Ma Macron è più solo https://lnkd.in/g4R3pNrW
Francia. L'accordo Repubblicani-Le Pen spacca la destra. Ma Macron è più solo
avvenire.it
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Un percorso complicato creato dall’Eliseo Vedi anche il sito ilcorriereblog.it In fin dei conti, Emmanuel Macron ha battuto Marine Le Pen tre volte. Due volte nella battaglia per l’eliseo e una terza nella più imprevedibile contesa elettorale della recente storia di Francia. Se vale l’immagine del bicchiere mezzo pieno, Emmanuel Macron può vantare il fatto di avere risparmiato alla Francia il salto nel buio della reazione xenofoba, populista ed euroscettica, con implicite e drammatiche ricadute sul fronte europeo e internazionale. La sconfitta dell’estrema destra, dopo tanta euforia, è cocente. La dinamica del consenso popolare si è di colpo invertita, il pendolo è andato a sinistra e forse compromette definitivamente la corsa della Le Pen all’eliseo, nel 2027. La compagine presidenziale esce dimezzata all’assemblea rispetto al 2017 e perde ancora qualche decina di deputati rispetto al 2022, ma è pur sempre la seconda forza nel Paese. Macron ha pagato a caro prezzo l’involuzione accentratrice e narcisistica che quasi sempre diventa la cifra del potere per i presidenti francesi, ma lo «Jupiter» dimezzato, criticato dall’establishment, da tempo inviso alle piazze in subbuglio, è ancora in grado di dare le carte. In molti hanno ritenuto un azzardo la decisione di sciogliere l’assemblea e indire elezioni anticipate. Noi avevamo parlato di «mossa del cavallo», lo stratagemma dello scacchista che disorienta l’avversario. Un giudizio esaustivo si potrà dare soltanto nelle prossime settimane o nei prossimi mesi, quando — e se — Macron riuscirà a inventare un governo e una nuova maggioranza in un quadro politico complicato e inedito per la Francia. I critici, sia a destra, sia a sinistra, continuano a rimproverargli di avere gettato nell’instabilità un Paese già lacerato e scontento. Nel bicchiere mezzo pieno, c’è appunto un’assemblea fortemente divisa, in cui nessuna forza ha la maggioranza assoluta per formare un governo. Il nuovo Fronte popolare delle sinistre, essendo la componente maggioritaria, ne reclama la guida, ma eventuali alleati non accetterebbero l’ingombrante presenza del radicale Jeanluc Mélenchon. In un Paese per mentalità poco incline al compromesso e più propenso a ribaltoni schizofrenici, si cominciano ad accarezzare soluzioni all’italiana (genere governi tecnici) o alla tedesca (genere grande coalizione), con la sola certezza che il percorso sarà comunque lungo e complicato. Per ora, Macron si affida per gli affari correnti ancora al giovane Attal, ma gli «affari correnti» sono le Olimpiadi, i vertici internazionali, i nuovi assetti nella Ue, i conflitti in corso. La voce della Francia rischia di essere, almeno momentaneamente, inaudibile quando dovrebbe essere una delle più autorevoli e più ascoltate. Jupiter dovrà dunque calarsi nei panni di Sisifo: inventare un compromesso per il governo, invertire la rotta (...) Massimo Nava - Corriere della Sera – 9 luglio 2024 Continua la lettura sulla pagina facebook de Il giornale dei giornali
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Con tutta probabilità, le prossime elezioni legislative in Francia saranno un duello tra la destra lepenista e la coalizione di sinistra a guida Mélenchon. Un ritorno al bipolairsmo, anzi l'emergere di un nuovo bipolarismo, che pone i protagonisti del "vecchio" sistema (Républicains e Socialisti) di fronte a un dilemma. Il mio commento per il Giornale di Brescia:
La Francia verso un nuovo bipolarismo
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La sinistra inadatta a governare, la destra incapace di convincere, il centro illuso di rappresentare. “L’uomo maturo che s’avvia con coraggio verso il declino e che cura il suo esteriore perché non vuol lasciarsi andare” non è più solo Antoine Roquentin, il protagonista de La Nausea di Jean-Paul Sartre, ma l’intera Francia. Posto che politica e società non sono monadi a sé stanti bensì rappresentazioni collettive degli individui che abitano un certo spazio in un determinato tempo, le elezioni legislative francesi, provocate dallo scioglimento dell’Assemblea nazionale da parte del presidente Emmanuel Macron, hanno rivelato il sentire comune d’Oltralpe: la consapevolezza di essere diventati impotenti di fronte al mondo che cambia e, allo stesso tempo, il timore di ammettere che l’epoca della grandeur è finita. Il rapporto dell’Institut Montaigne sulle fratture nazionali conferma: “l’85% dei francesi ritiene che il paese sia in declino e il 34% lo ritiene irreversibile”. In effetti, dall’ultima campagna elettorale emerge che i francesi si sentono insicuri, non sanno come gestire l’immigrazione e la delinquenza, hanno grossi problemi col debito pubblico, sono preoccupati dall’inflazione e dalla riduzione del potere d’acquisto. Inoltre, discutono su quale debba essere il ruolo dello Stato a causa delle tante privatizzazioni, del collasso della sanità nazionale e della crisi del sistema educativo. Chi ha votato l’estrema destra, Rassemblement National (Rn), o l’estrema sinistra, Nouveau Front Populaire (Nfp), è d’accordo su un punto: nonostante le promesse di Macron, la reputazione della Francia negli ultimi sette anni è peggiorata. Polarizzazione, instabilità e incomprensione sono elementi tipici di una società definita “violenta, arrabbiata e antiestablishment”. La politica, incapace di trovare veri leader, di cercare il compromesso e di avvicinarsi alla realtà, riflette la divisione in blocchi inconciliabili: oggi non esiste più una sola Francia. Esistono “le France”. Nulla di nuovo, se si pensa che la Gallia era “divisa in partes tres” già nel 58 a.C. Radiografia di un declino annunciato su Limes, Rivista Italiana di Geopolitica. Con il prezioso contributo di Jean-Baptiste Noé, Maroun Eddé e Christophe Pipolo. https://lnkd.in/dbCvjrXb
Le France dopo il voto: una nazione in via di frammentazione?
limesonline.com
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In vista delle elezioni europee di questo fine settimana, Costantino De Blasi continua ad analizzare il programma elettorale dei partiti. Oggi è il turno della difesa e delle politiche internazionali: quali sono le proposte avanzate dai vari schieramenti? #UE
I programmi per le Europee: difesa e politica internazionale
liberioltreleillusioni.it
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In #Francia vince il duo #LePen-#Bardella, va bene la sinistra unita. Un solo grande perdente: il presidente #Macron il cui partito ottiene solo il 20%. Ma al momento nessuno ha la maggioranza assoluta . E sarà decisivo il secondo turno di domenica prossima. Messaggio complessivo di un’elezione comunque storica: i francesi hanno voglia di un vero cambiamento. Questo voto ha le sue origini nel fenomeno dei Gilets Jaunes, che il COVID apparentemente aveva archiviato. Ma quel malessere in questi anni non è stato curato. I francesi sono sfiduciati, si sentono traditi dall’establishment, sono sfiancati da una crisi economica strisciante, particolarmente incisiva nella Francia profonda, dove il declino è percepibile. La conseguenza adesso è evidente a tutti: una Francia polarizzata che non si riconosce più in Macron e dei due partiti storici, (quello socialista e i gollisti), quindi cerca risposte e soluzioni altrove. Dove è fin troppo chiaro: sempre più a destra o sempre più a sinistra. E non è una fiammata ma una tendenza di fondo, che avrà conseguenze anche negli altri paesi europei. C’è una spaccatura fra élite e popolo e fino a quando le elite non lo ammetteranno e non si decideranno a cambiare passo, la spaccatura non solo non verrà ricomposta ma tenderà ad allargarsi.
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La Francia vive un momento di rottura politica e sociale. Il governo di Michel Barnier, nato fragile e costretto a navigare tra scelte impopolari e compromessi parlamentari, rischia di essere sfiduciato. Una crisi istituzionale che non si vedeva dai tempi di De Gaulle. La controversa decisione di utilizzare l’articolo 49.3 della Costituzione per bypassare il voto parlamentare sul bilancio 2025 segna un ulteriore punto di tensione. Il malcontento che pervade le piazze francesi non è nuovo: è il risultato di anni di politiche percepite come lontane dalla realtà delle persone. La società si ritrova divisa, stretta tra l’ascesa del Rassemblement National di Le Pen e l’opposizione di sinistra, guidata da Mélenchon, che però fatica a trasformare la protesta in un progetto alternativo di governo. Ma il problema della Francia non è isolato. Il contesto europeo vede anche la Germania, motore storico dell’Unione, bloccata da crisi interne alla coalizione di Scholz. Siamo di fronte a un’Europa frammentata, dove la crisi economica, le guerre alle porte e l’ascesa di movimenti populisti mettono a dura prova le democrazie liberali. Il modello macronista, che aveva promesso un rinnovamento politico e sociale, sembra ormai esaurito. Gli elettori francesi hanno manifestato il loro dissenso alle ultime elezioni europee, aprendo la strada a nuovi scenari politici. Cosa significa questo per l’Europa? Può la sinistra, in Francia come altrove, recuperare il ruolo di guida, o il futuro sarà segnato da un’ulteriore deriva populista? Di questi temi, e delle possibilità di un nuovo fronte democratico in Francia e in Europa, ha scritto Sara Gentile su Pubblico - la newsletter di Fondazione Feltrinelli. ➤ https://lnkd.in/dnnZWN9M #Francia #Macron #FGF24 #Pubblico
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Francia, exploit e delusioni: ecco l’assemblea Vedi anche il sito ilcorriereblog.it I lepenisti hanno metà dei seggi «previsti» ma ne guadagnano 36; i macronisti invece esultano, ma ne hanno persi in tutto 85 Più che quello dei seggi — guadagnati o persi, sia rispetto alle proiezioni che alle elezioni del 2022 — il numero che ha forse deciso le legislative francesi è stata una percentuale: quella dell’affluenza. Era la partecipazione, infatti, la grande incognita del secondo turno. E gli analisti concordavano su una previsione: più bassa l’affluenza, maggiori le speranze per il Rassemblement national di avvicinarsi ai 289 deputati che gli avrebbero garantito la maggioranza assoluta all’assemblea nazionale, e viceversa. Un’incognita perché, se al primo turno la percentuale di cittadini votanti è stata la più alta dal 1997 — 66,7 per cento, contro il 47,5 per cento di due anni fa — si pensava che al secondo turno molti elettori non sarebbero tornati alle urne: le decine di desistenze avrebbero scoraggiato gli elettori di centro e sinistra. Al contrario: anche domenica l’affluenza ha superato ancora di pochi decimali il 66 per cento, con il risultato che l’aula uscita dalle urne è assai diversa da quella immaginata da sondaggi e previsioni. Anzitutto, l’«onda blu scuro» dei lepenisti non ha preso forma; e il partito guidato da Jordan Bardella si è fermato a 125 seggi, poco più della metà di quelli che gli venivano assegnati quando, lo scorso martedì, i duelli e le triangolazioni sono stati definiti. Sicché il Rn, pur avendo conquistato il 29,2 per cento dei voti al primo turno e il 32 al secondo, è insieme ai transfughi gollisti la terza coalizione, con 143 eletti. Cifre che rispecchiano quelle ottenute un mese fa alle Europee, e che hanno comunque garantito all’ex Front national un allargamento della propria truppa parlamentare rispetto agli 88 seggi dell’assemblea uscente (nel 2022 i voti raccolti furono il 18,6 per cento e il 17,3). Chi ha da esultare è senza dubbio la grande coalizione di sinistra, il Nuovo fronte popolare, che si ritrova in testa con 184 seggi: per la precisione, 78 per la France insoumise di Jean-luc Mélenchon — che ne aveva 75 — seguita da un rilanciato Partito socialista, passato da 31 deputati a 69 (una ventina in più rispetto alle proiezioni di sette giorni fa). Indietreggiano i comunisti, che scendono a 9 eletti perdendone 13, e crescono i Verdi, che ne guadagnano 5 (ora ne hanno 28). Il centro si trova, geograficamente e numericamente, a metà tra coalizioni. Merito, anche qui, delle desistenze, che hanno permesso a Macron e alleati di far eleggere in tutto 166 parlamentari. Renaissance, il partito del presidente, ha raccolto un insperato successo: ne ha 99, una settantina in meno che nel parlamento sciolto il 9 luglio; ma le previsioni gliene assegnavano meno di 80 (...) Samuele Finetti - Corriere della Sera - 9 Jul 2024 Continua la lettura sulla pagina facebook de Il giornale dei giornali
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DISORDINE E PERDITA DELL'IDENTITÀ, ACCETTANO TUTTO PUR DI FERMARE IL NEMICO POLITICO. Il responso è chiaro in questo secondo e decisivo turno delle elezioni legislative francesi: il partito di Le Pen e Bardella non solo non ha raggiunto la maggioranza assoluta, ma è arrivato addirittura terzo nel computo totale dei seggi dietro sia al blocco delle sinistre che ai macroniani. In un sistema sano, come regole elettorali e come coerenza delle proposte politiche, non ci sarebbe nulla di male nel prendere atto di una sconfitta e attivarsi per migliorare. Non è però questo il caso di un modello francese che, così disegnato, frena appositamente una parte politica ampiamente prima nel consenso fra i diversi partiti in lizza e che quindi non viene considerata degna di rappresentare oltre il 30% dei francesi, che se poi si depura il numero dai tantissimi immigrati mai integrati magari ci si avvicina al 50% dei voti. Oltre a tale sistema elettorale, maggioritario puro a doppio turno senza alcuna moderazione di una quota proporzionale che che così inficia la rappresentatività dei voti dei cittadini, vi è poi la scelta politica di creare accozzaglie di partiti appiccicati fra loro solo per andare contro al nemico politico e fregandosene di avere il necessario collante ideale che può portare ad un governo efficace. Ora però i risultati disastrosi, che inevitabilmente porterà questa impossibile compagine, se li sorbiranno i francesi stessi, soprattutto quelli che possiedono beni e hanno un lavoro serio, mentre invece gli utili idioti delle banlieu continueranno a vivere le loro vite di basso livello dandosi un tono con la strumentalizzazione di Gaza, giusto per sfogare la loro rabbia insaziabile e per continuare a pappare i sussidi forniti dai potenti. A questi ultimi poi, isolati nelle loro torri d'avorio, non preoccupa la presenza di questo ampio esercito di disperati perché li vedono come soldati pronti da attivare ogni volta che il cambiamento nella giusta direzione sembra avere speranze di successo. Con al governo i globalisti e le sinistre immigrazioniste, islamiste, nonché teppiste, i francesi subiranno una erosione veloce e significativa del poco benessere che ancora rimane loro, oltre a vivere in una società pericolosa in cui si sentiranno sgraditi come l'ospite che dopo 3 giorni puzza. Ai vari Melenchon, Macron, Glucksmann non sembra vero che sono riusciti anche stavolta a scamparla grazie al contributo di francesi addormentati dalla propaganda antifascista e immigrati convinti ad andare a votare da calciatori anch'essi non autoctoni, essendo il calcio l'unica cosa che può influenzare persone così deboli. La Storia però insegna che non si possono frenare per troppo tempo le tendenze popolari e se si usano stratagemmi per fregare il popolo poi la reazione può essere anche potente. #Francia #elezioni #LePen #Bardella #Macron #Melenchon #Glucksmann #Mbappe #banlieu #Gaza #immigrati #Islam #disonore #popolo #identità #ordine #lungimiranza #buonsenso
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Silvano Danesi dal NGN parla di tradimenti e incuici a proposito delle prove di governo in Francia… Mi dissocio completamente da questo giudizio, pur comprendendo che a tanti non piace la sconfitta di RN. A mio giudizio la Francia di Macron mostra quello che la Politica è: un’arte! Il Patto di desistenza ha avuto l’effetto sperato e Macron ha invocato un Patto Repubblicano con un solo scopo : impedire che la Francia precipitasse nelle fauci del RN. Quanto alla governabilità la politica è alchimia geometrica, ed è un insegnamento da trarre. Conviene osservare come si evolve ciò che avviene in Francia perché gli effetti saranno importanti anche sul piano europeo dove, repetita iuvant, 3 europei su 4 non hanno votato a destra!!! Si spera che tale approccio sia di ispirazione alla politca nostrana! L’esclusione degli estremi è quanto di meglio possa accadere in un Paese così come in Europa, per garantire quell’approccio moderato e ponderato che nulla a che fare con tutti quegli strepiti demagogici, vittimistici e revanscisti che poco offrono sul piano della realtà…. Naturalmente ciò non significa ignorare i segnali di malessere delle campagne e delle periferie, saranno quella spinta anche per la nuova Ue, a procedere pensando non solo a far quadrare i conti, ma a quell’approccio solidale e sociale senza il quale nessuna costruzione può prosperare!…
MACRON DÀ IL BENSERVITO A MÉLENCHON
nuovogiornalenazionale.com
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