#borsavalori #finedeigiochi La prima motivazione è che la Borsa sta catalizzando l'interesse degli investitori su pochi titoli, tendenzialmente di natura tecnologica: nel 2023 sette delle prime otto società quotate sono tecnologiche (tranne Saudi Aramco), con la capitalizzazione delle prime della lista che è circa 6 volte superiore a quella che attraevano 15-20 anni fa - spiega l'esperto - La seconda ragione è legata alla complessità di natura amministrativa, di costo e di gestione in senso lato che deriva dallo status di società quotata; credo che all'interno del CdA di una società quotata si parli di business per il 40% del tempo, mentre per il 60% del tempo si parla di amministrazione, compliance e audit. Un terzo tema, soprattutto per i paesi con prevalenza di aziende familiari come in Italia, è la tutela rafforzata delle minoranze, quasi fosse un'ingerenza".
I delisting di Tod's e Saras stanno facendo discutere perché, oltre che rappresentare due società molto note e con alle spalle famiglie importanti del capitalismo italiano, arrivano in un momento di attenzione da parte dei legislatori per la Borsa. Negli scorsi giorni è infatti arrivata l'approvazione del Ddl Capitali (serve solo un altro passaggio al Senato per motivi tecnici legati alle coperture) e l'accordo politico di Consiglio e Parlamento UE sul Listing Act.
Secondo molti, è eccessivo pensare che interventi pensati soprattutto per eliminare il gold plating possano avere un effetto dirompente sulle scelte delle società. "In Italia c'è un tema di scarsa vivacità del mercato delle quotazioni, dunque si giustificano i tentativi di agire sulla normativa per rendere la borsa più attraente, ma è anche vero che la leva regolamentare non è decisiva, perché anche la scarsa vivacità del mercato delle quotazioni non è un fenomeno solo italiano. In altri termini, serve ma non possiamo illuderci che sia una panacea".
Un altro aspetto da considerare è che il Ddl Capitali si è concentrato su misure a costo zero per la finanza pubblica, mentre secondo gli operatori servono interventi più incisivi e diretti a investitori istituzionali domestici e intermediari finanziari (come emerso nel Manifesto per lo sviluppo dei Mercati dei Capitali in Italia), e introdotto norme che non erano nel progetto iniziale. È il caso del controverso articolo 12, quello oggetto di numerosi emendamenti e che consente (per legge e non più solo per prassi di mercato) allo statuto societario di prevedere che il CdA uscente possa presentare una lista di candidati per l'elezione dei componenti del medesimo organo di amministrazione.
Il risultato finale è una formulazione complessa e che rappresenta un unicum a livello internazionale, con risultati quasi paradossali in cui una lista vincente potrebbe non ottenere la maggioranza assoluta, o in cui non si avrebbe automatica certezza sull'elezione del presidente e del CDA
#innovazione #fintech
Full Professor Roma Tre University
9 mesiOttima proposta! Se si cambiano le regole in corsa, bisogna considerare i "diritti quesiti" degli azionisti di minoranza, altrimenti i risparmiatori perdono la fiducia nel corretto funzionamento dei mercati e non è una buona cosa per favorirne la crescita.