La Commissione muove una serie di rilievi a Bluesky, la piattaforma verso cui nelle ultime settimane sono scappati molti utenti di X: mancano i dati sugli utenti e un rappresentante nell’Unione
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X modifica la funzione di blocco: cosa cambia per gli utenti #Bloccato #Blocco #Contenuti #ElonMusk #Funzione #Interagire #Modifica #Notizie #Post #Privacy #Social #SocialMedia #SocialNetwork #Tech #TechNews #Tecnologia #X
X modifica la funzione di blocco: cosa cambia per gli utenti
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La newsletter di Matrice Digitale ha dedicato un approfondimento sulla censura in Italia dopo i casi Telegram, X e la conferma della censura di Facebook La #censura in Italia: chi decide cosa possiamo leggere? Negli ultimi anni, la questione della libertà di stampa e d'espressione ha subito colpi durissimi, soprattutto nel nostro Paese. Il caso Meta e la gestione delle informazioni durante la pandemia hanno sollevato importanti interrogativi: fino a che punto siamo liberi di informarci? E chi decide quali contenuti possiamo vedere sui social? In Italia, il controllo sui media digitali si fa sempre più stringente: dalle pressioni sul governo Draghi, che ha applicato misure draconiane giustificate da dati scientifici spesso smentiti, fino alla censura preventiva promossa da figure istituzionali legate alla nuova era dell'#intelligenzaartificiale. Tutto questo mentre importanti fughe di dati hanno esposto migliaia di italiani a truffe e minacce alla sicurezza. Chi difende realmente i diritti dei cittadini nel mondo digitale? Ginevra Cerrina Feroni, membro del Garante della Privacy, sembra essere l’unica voce contraria all’omertà istituzionale. Ma potrà fare la differenza contro un sistema sempre più orientato a limitare la nostra libertà d’espressione? Cosa ne pensi del futuro della libertà d’informazione in Italia? https://lnkd.in/dGcDrBjN Ginevra Cerrina Feroni Ordine Nazionale Dei Giornalisti Presidenza del Consiglio dei Ministri Marco Pugliese Roberto Macavero Enrico Verga Giovanni Barbuti 🏳️🌈 Dario Denni
Censura, l'Italia è pronta
matricedigitale.substack.com
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🇺🇸📲 Lo scorso 27 agosto, con una lettera indirizzata alla Camera degli Stati Uniti, Mark Zuckerberg ha dichiarato di aver subito, durante la pandemia, pressioni da parte di funzionari dell’amministrazione Biden per censurare gli utenti che diffondevano informazioni contrarie alla narrazione del governo sulle piattaforme social. Il caso Zuckerberg, insieme a quello di Pavel Durov e della sua piattaforma Telegram, e il blocco di X (ex Twitter) in Brasile, riaccende i riflettori sul complesso rapporto tra politica e big tech. Si tratta di un mito infondato quello della dipendenza della politica dai centri di potere economico-industriali: per uno Stato con imperativi di autoconservazione, oltre che di proiezione, quelli con le big tech non possono essere mai rapporti alla pari, o addirittura di subordine. Negli Stati Uniti fanno scuola almeno due casi. Il primo riguarda ancora Zuckerberg, che nel 2018 si scusò innanzi al Congresso per non essere riuscito a impedire che Facebook passasse i dati sensibili di milioni di americani alla società britannica Cambridge Analytica, che si presume li abbia poi venduti alla Russia. Un'emorragia di informazioni e profilazioni inammissibile per gli apparati per cui era necessario rimettere mediaticamente - oltre che giuridicamente - in riga il Ceo di Meta. Il secondo caso riguarda la filiera dei semiconduttori. L’amministrazione Biden ha imposto restrizioni sull’esportazione di chip Ai in funzione anti-cinese, provocando l’insofferenza delle aziende statunitensi come Intel, Qualcomm o Nvidia. Sembrerebbe che i processori di Nvidia siano comunque riusciti ad arrivare in Cina attraverso una rete di contrabbando. Il Ceo di Nvidia ha assicurato di essere ligio ai paletti imposti da Washington. Tuttavia, il Dipartimento di Giustizia ha già emesso richieste giuridicamente vincolanti nei confronti del colosso per verificare se vi sia stata una violazione delle leggi antitrust, dopo che è stata aperta un’indagine per abuso di posizione dominante. Nell’ultimo report di Aliseo Plus, il servizio premium di Aliseo, approfondiamo il rapporto esistente tra governi e big tech. Puoi provare gratis Aliseo Plus a questo link https://lnkd.in/dQ94xbsz #bigtech #usa
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https://lnkd.in/dHsa_EHM Il fatto è che se si inizia a censurare un social come X poi diventerebbe un evento che potrebbe innescare una serie di conseguenze sulla libertà di parola e di informazione ad un livello più esteso. Elon Musk può piacere o meno ma ha investito su quello che era una volta Twitter per la sua visione di social ed informazioni. L'articolo poi accenna al utilizzo di Tik Tok negli USA. Ovviamente tutto è da confermare ma solamente il fatto che se ne parli è già preoccupante. Guarda caso Facebook ma altri social, con censure di tipo cinese, sono esenti. Vi viene, per caso, un sospetto? La libertà di informazione è essenziale per l'essere umano e per una società sana. Ci sono diverse leggi o dichiarazioni comuni, come quelli dei diritti umani del 1948, ma rimangono solo ideale comune da raggiungersi da tutti i popoli e da tutte le Nazioni, al fine che ogni individuo ed ogni organo della società, avendo costantemente presente questa Dichiarazione, si sforzi di promuovere, con l'insegnamento e l'educazione, il rispetto di questi diritti e di queste libertà e di garantirne, mediante misure progressive di carattere nazionale e internazionale, l'universale ed effettivo riconoscimento e rispetto tanto fra i popoli degli stessi Stati membri, quanto fra quelli dei territori sottoposti alla loro giurisdizione.(estratto dal Preambolo della Dichiarazione dei Diritti Umani redatto il 10 dicembre 1948 dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite). La libertà di opinione è il sale della vita. #libertà #espressione #censura #diritti #umani #sale #vita
'Viviamo nel 1984': la crypto-community reagisce alla sospensione di X in Brasile
it.cointelegraph.com
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Il Brasile avrebbe vietato la piattaforma "X" di Elon Musk (precedentemente conosciuta come Twitter) e imposto pesanti multe giornaliere per chi utilizza VPN per aggirare il divieto. Questo tipo di misura potrebbe essere legato a preoccupazioni riguardo alla diffusione di disinformazione, contenuti illeciti o altre ragioni politiche e di sicurezza anche se rappresenta una decisione che appare in controtendenza rispetto ai principi di libertà di espressione e di globalizzazione che caratterizzano l'era dei social media. I social media, infatti, sono stati storicamente considerati spazi di libera espressione, dove gli individui possono condividere idee, opinioni e informazioni senza restrizioni governative. Il blocco di una piattaforma come X - da parte del Brasile - limita direttamente la capacità degli utenti di esprimersi e di accedere a una vasta gamma di contenuti e punti di vista. Questo tipo di censura può essere visto come un passo indietro verso un controllo statale delle informazioni, reminiscenti di regimi autoritari. Queste misure possono creare un ambiente di autocensura, dove le persone potrebbero essere riluttanti a esprimere liberamente le proprie opinioni per timore di ripercussioni legali. La globalizzazione ha promosso l'idea di un mondo interconnesso, dove le informazioni e le idee possono fluire liberamente oltre i confini nazionali. Le piattaforme di social sono state cruciali in questo processo, abbattendo barriere e creando connessioni tra persone di diverse culture e paesi. Imponendo restrizioni su una piattaforma social, il Brasile non solo isola i suoi cittadini dal resto del mondo digitale, ma interrompe anche il flusso di idee e informazioni che è essenziale per la crescita e lo sviluppo in una società globale. L'imposizione di multe per l'utilizzo di VPN dimostra un ulteriore tentativo di controllare e limitare l'accesso alle informazioni esterne, opponendosi così alla tendenza globale verso una maggiore interconnessione e condivisione delle informazioni. La decisione del governo brasiliano potrebbe avere conseguenze negative sia a livello nazionale che internazionale. A livello interno, può minare la fiducia dei cittadini nei confronti del governo e delle sue intenzioni, alimentando sentimenti di insoddisfazione e protesta. A livello internazionale, tale decisione può danneggiare l'immagine del Brasile come nazione democratica e aperta, potenzialmente influenzando negativamente le relazioni diplomatiche e gli investimenti esteri. In conclusione, la decisione del Brasile di vietare X e penalizzare l'uso delle VPN si scontra con i principi di libertà di espressione e di globalizzazione, elementi chiave dell'era digitale moderna. Tali azioni non solo limitano la libertà dei cittadini, ma possono anche isolare il paese dal resto del mondo, con conseguenze a lungo termine per la democrazia e lo sviluppo economico.
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Modifica significativa alla funzionalità di blocco di X: Contenuti informativi su importanti modifiche alla funzionalità di blocco di X. In che modo queste innovazioni influenzeranno l’esperienza dell’utente? Leggi ora per i dettagli!
Modifica significativa alla funzionalità di blocco di X
it.rayhaber.com
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Huston abbiamo un problema. La violenza politica scoppiata nel Regno Unito dopo l’accoltellamento a Southport è fomentata online ha riaperto l’enorme dibattito sull’estremismo e la disinformazione sui social media. È online che è partita la disinformazione sulle origini islamiche dell’ attentatore, ed è sempre online che l’estrema destra britannica si è mobilitata per attaccare i centri per l’immigrazione e fabbricare molotov. Elon Musk sul suo social X ha aizzato l’odio, pubblicando teorie del complotto e fake news come quella secondo cui Starmer avrebbe deportato gli arrestati alle manifestazioni nelle isole Falkland. E proprio contro X giovedì i leader del gruppo liberale Renew si sono rivolti con una lettera alla Commissione europea chiedendo di adottare “ogni possibile azione immediata” per mettere fine alla continua diffusione di disinformazione sulla piattaforma, perché è preoccupante il ruolo di Musk “nel fomentare la violenza politica in Europa”. E dove non c'è etica, deve intervenire la legge, dicono i liberali: “il diritto alla libertà di parola non è un lasciapassare per la disinformazione”. La prima indagine formale dell’Ue contro l’ex Twitter era stata aperta a dicembre 2023, a luglio ha formalmente accusato X di non aver rispettato la legge europea sui social media (Dsa) – a cui Musk ha risposto con ulteriore disinformazione su “un presunto accordo segreto e illegale”. Renew però chiede a Bruxelles di agire più velocemente, perché potrebbe essere già tardi. Piattaforme come Instagram, Facebook e YouTube si sono dimostrate più responsabili e hanno rivisto alcuni algoritmi dopo che l’Ue ha avviato indagini sulle loro società, X invece continua a ignorare la questione giustificandosi con strumenti poco efficaci come l’opzione “Community note” di fact-checking tra gli utenti. Sempre giovedì il think thank britannico Center for Countering Digital Hate ha individuato 50 fake news sulle elezioni americane pubblicate da Musk dall’inizio dell’anno: hanno generato quasi 1,2 miliardi di visualizzazioni, nemmeno una riportava la famosa “nota della comunità”.
L'odio su X è un problema. Renew contro Musk: “La libertà di parola non autorizza la disinformazione”
ilfoglio.it
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Per molti versi, sembra di essere tornati al 2016: l’annus horribilis dei social network, durante il quale – dopo essere stati considerati per anni uno strumento di diffusione della democrazia e della libertà – vennero travolti dallo scandalo Cambridge Analytica. Dopo quelle vicende e le accuse di aver fatto poco o nulla per proteggere gli utenti da disinformazione, troll russi, propaganda e fake news, i social network sono stati costretti a cambiare rotta. Nonostante le difficoltà incontrate nel periodo del Covid e delle elezioni statunitensi del 2020 (durante le quali hanno faticato ad arginare la diffusione di teorie del complotto e non solo), Facebook, Twitter, YouTube e le altre piattaforme hanno comunque mostrato, negli ultimi anni, un netto cambio di approccio: le squadre di moderatori sono state rafforzate, sono stati varati comitati indipendenti per il controllo dei contenuti e si è arrivati a mettere al bando anche figure di primissimo piano (tra cui, eclatante, il caso di Donald Trump). Non è durata a lungo. Nell’ultimo anno, e in particolar modo dall’arrivo di Elon Musk alla guida di Twitter (poi diventato X), le cose sono infatti nuovamente cambiate. “Le aziende che guidano i social media stanno rinunciando al loro ruolo di controllori della disinformazione politica, abbandonando gli sforzi più aggressivi relativi al monitoraggio delle falsità che circolano online”, si legge sul Washington Post. Questo ritorno al passato e l’apparente resa di Facebook, X, YouTube e gli altri nei confronti della disinformazione – il tutto alla vigilia di cruciali appuntamenti elettorali – rischia però di entrare in collisione con l’Unione Europea e con il suo nuovo regolamento: il Digital Services Act (DSA). A partire dallo scorso agosto, le 19 principali piattaforme tra social, e-commerce e motori di ricerca dovranno infatti aderire alle leggi della UE che le obbligano, tra le altre cose, a monitorare attentamente i contenuti che circolano al loro interno. Il varo del DSA ha però riaperto un irrisolto e antichissimo dibattito: chi decide, in democrazia, che cosa sia o non sia disinformazione? Può davvero essere un’istituzione sovranazionale (e con noti deficit democratici) come l’Unione Europea a dettare che comportamento debbano avere i social media nei confronti dell’informazione? I social network hanno insomma riaperto il vaso di Pandora: quali sono i confini della libertà d’espressione? E ancor prima: che cos’è la libertà d’espressione? E a chi spetta difenderla, in una fase in cui i social media vengono spesso (ed erroneamente) equiparati a delle piazze pubbliche digitali, anche se il loro unico scopo è la massimizzazione del profitto? Continua su Siamomine —> https://lnkd.in/dyrfHnDs
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Cofounder Hörmann Italia Srl adesso in pensione presso INPS_official
3 giorniScappano da X ma viaggiano in Tesla Soloni in cortocircuito intellettuale