Post di Simone Polese

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I Giochi della XXXIII Olimpiade si sono appena conclusi e sono stati per i colori azzurri forieri di emozioni e grandi risultati sportivi. Oggi nell'ennesimo pomeriggio afoso di agosto, ripensando alle tante gare, un po' per noia, un po' per giocare con i numeri, mi è venuta la curiosità di rapportare il numero di medaglie ottenute dai primi 15 Paesi del medagliere con le loro rispettive popolazioni, calcolando quindi il numero di medaglie per milione di abitante. In questa nuova classifica l'Italia si ritroverebbe più o meno nella stessa posizione del medagliere, con quasi 0.7 medaglie per milione di abitante, nettamente davanti a chi il medagliere lo ha dominato - Stati Uniti e Cina, ma molto lontana dalle irraggiungibili Nuova Zelanda e Australia. Le obiezioni e contestazioni a questa mia analisi potrebbero essere molteplici: mancavano gli atleti russi, si tiene conto solo delle medaglie e non dei piazzamenti, non si considera l'età mediana della popolazione, alle medaglie viene dato a tutte lo stesso peso indipendentemente dal pregio del metallo, alcuni Paesi che compaiono oltre il quindicesimo posto del medagliere sarebbero sicuramente entrati nei primi quindici posti, e così via. Eppure i numeri dicono comunque qualcosa, almeno nella mia interpretazione. Personalmente ho sempre considerato la possibilità di praticare sport, e l'accessibilità a strutture e ambienti indoor e outdoor, come un indice della qualità della vita, e dai numeri risulta che due superpotenze sono agli ultimi posti. E allora sembra trovare conferma quello che Dario Fabbri spiega tanto bene nei suoi interventi, parlando di geopolitica, storia e filosofia: negli Imperi, soprattutto nei nuclei centrali, si vive peggio che nelle province (o Stati satelliti). Da sempre. Empiricamente queste Olimpiadi hanno però mostrato e dimostrato molto altro. Quando ero piccolo e mi avvicinavo allo sport, ma anche più tardi in età adolescenziale, c'era ancora la convinzione che alcune specialità fossero precluse a un bambino o ragazzo italiano e fossero solo appannaggio di altre popolazioni. Era considerato improbabile diventare un forte velocista. Poi, in due Olimpiadi di seguito, ci siamo ritrovati nella finale dei 100 m e della 4x100. Sì pensava quasi impossibile competere con i vari kenioti ed etiopi nel mezzofondo, poi è arrivata una ragazza classe 2000. Questi Giochi hanno mostrato che non ci sono tabù e nessuna via è preclusa, ed è forse questo il messaggio più bello che hanno saputo trasmettere alle nuove generazioni, che hanno ancora il fattore tempo dalla loro, e a tutti noi.

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