Si è svolta svolta ieri a Milano l’Assemblea Annuale di UNIC – CONCERIE ITALIANE. Sotto i riflettori l’analisi congiunturale del 2023, un anno caratterizzato, come ha spiegato il presidente Fabrizio Nuti (Conceria Nuti Ivo S.p.A) da “un’ampia contrazione delle nostre attività". Secondo i dati elaborati dal Servizio Economico UNIC, il valore annuale della produzione conciaria italiana nel 2023 è stato pari a 4,3 miliardi di euro, in calo del 6,5% sull’annata precedente. In volume, il calo equivale al -9,5%, arretrando sotto la soglia dei 100 milioni di metri quadri. Il calo ha riguardato tutte le principali destinazioni d’uso della pelle italiana. “Quelle legate alla moda hanno sofferto maggiormente, con calzatura e pelletteria in ribasso a doppia cifra. L’automotive ha, invece, limitato le perdite meglio dell’arredamento”, commenta il presidente Nuti sottolineando come la Francia si confermi il primo mercato di destinazione dell’export e come “nel complesso, le nostre vendite verso l’area euro (incluso il mercato nazionale) sono ora pari al 77% del totale, quasi il 10% in più rispetto al 2013”. Leggi la notizia sul sito UNIC - Concerie Italiane
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Ca' Macana, il futuro dietro la maschera Artigianalità e mondo digitale: le strategie di Ca' Macana per coniugare due mondi e preservare una tradizione manifatturiera italiana. Ne abbiamo parlato con il titolare Davide Belloni Continua a leggere su https://lnkd.in/dysjCeGi Antonella Tereo
VENETO ECONOMY - Ca' Macana, il futuro dietro la maschera
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Interessanti sviluppi in arrivo per il mondo della moda! 🌍✨ Cinque nuove leggi europee sono pronte a ridefinire il futuro dell'industria, puntando su sostenibilità e responsabilità nella supply chain. Un passo avanti per la moda e per il nostro pianeta! #ModaSostenibile #LeggiEuropee #FuturoDellaModa”
Partner at KPMG Advisory - Sustainable Trasformation #ESG #Sustainability #ClimateChange #HumanRights
Trasformazione sostenibile del modello di business delle aziende del settore moda: tra pressioni di mercato crescenti e nuovi requisiti normativi stringenti. I provvedimenti presi dalla Comissione UE in questi mesi avranno ricadute significative sull’intera filiera della moda, l’Italia sarà uno dei Paesi maggiormente impatti per la numerosa presenza di filiere del settore. Molto probabilmente per gestire questa nuova fase sarà necessario un processo di aggregazione\integrazione tra le imprese del settore oltre che di un sostegno delle Istituzioni alle PMI della filiera.
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Che cosa si cela dietro il paravento, a volte addirittura l’alibi, dell’etichetta made in Italy. E di che cosa c’è bisogno per non disperderne il valore, oggi che le inchieste della Procura di Milano sul caporalato e la crisi del tessuto toscano portano a galla i coni d’ombra e le zone grigie della filiera. Ricorderemo il 2024 come l’anno della grande crisi, di consumi e quindi industriale, della moda. E come l’anno che ha costretto ad affrontare in maniera sistemica i problemi del tessuto manifatturiero. Ne parliamo sul numero di novembre del mensile LaConceria dal titolo “Ma quale made in Italy”. Clicca https://lnkd.in/dWacuTKn per sfogliare “Ma quale made in Italy” Il mensile La Conceria è riservato agli abbonati: scopri le formule di sottoscrizione cliccando qui https://lnkd.in/db8Vmr-Z
Un numero per discutere dell’etichetta made in Italy, oggi - LaConceria | Il portale dell'area pelle
laconceria.it
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CNA Federmoda “…influire sull’Europa che verrà.” Ormai credo sia chiaro che o si è attenti a quello che viene definito a Bruxelles oppure ci si trova in difficoltà. Solo se sapremo proporre modelli di business nel sistema moda che sappiano ascoltare le richieste dei “consum-attori” potremo cambiare il modello produttivo. Il modello piramidale della grande industria che si rivolgeva ad un “mercato di massa” è stato ormai superato dal modello delle reti interconnesse per andare incontro al cambiamento che ci ha portato ad avere “masse di mercati”. Come #CNAFEDERMODA lo diciamo da sempre, le micro e piccole imprese, se coordinate e messe in rete, sono la vera ricchezza e che il nostro modello produttivo è sostenibile in tutti sensi , sociale, economico ed ecologico e può diventare il modello europeo contro il modello cinese che non rispetta i basilari principi etici. #newbusinessmodel #fashion
Costantini: “L’Europa che verrà tuteli le nostre imprese dalla concorrenza sleale”
https://www.cna.it
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La caccia alle streghe di questo periodo storico è iniziata con la messa al bando dei cinesi. È un tema delicato, difficile da affrontare senza cadere nel banale, patetico o rischiare la denuncia. Proverò a evitare queste trappole. La prima riflessione è sul perbenismo di certi imprenditori o manager, che, quando si parla di cinesi, si affrettano a dire: “Noi non abbiamo cinesi”. Ma cosa hanno rappresentato i cinesi per la filiera del Made in Italy? Hanno segnato uno dei punti più bassi del nostro settore, un “buco nero” da cui la pelletteria è uscita devastata. Se si parla di decadenza, bisogna riconoscere che, quando i cinesi hanno iniziato a prendere il posto degli artigiani italiani, nessuno ha detto nulla. Molte aziende, anzi, lo hanno incentivato. Tuttavia, preferisco parlare di aziende legali e illegali, piuttosto che fare un discorso razziale. Da napoletana, so cosa significa subire pregiudizi. Negli ultimi anni, i cinesi hanno permesso a molte filiere di raggiungere numeri significativi, sia in produzione che in termini economici. Poi, arrivano gli scandali e, con i cambiamenti politici, si scatena la caccia alle streghe. Se fossimo onesti, dovremmo raccontare ciò che abbiamo visto in questi anni: cose che chi è fuori dalla filiera non può immaginare. Essere onesti spesso non paga, perché, nonostante gli audit e i controlli superati, quando è il momento di tagliare, siamo i primi a essere eliminati. Non è mai chiaro perché alcune situazioni vengano tollerate e altre no. Qualcuno ha detto che la crisi oggi si sente di più perché prima, quando arrivava, colpiva solo i cinesi. Forse è vero, ma tra un anno farò un giro nelle filiere, qualunque cosa io stia facendo, per vedere cosa sarà rimasto. Questo periodo non lo dimenticherò, e nemmeno voi dovreste. #ornellaauzino #pelletteria #madeinitaly #kering #lvmh #Gucci #dior #ysl #fendi #burberry #louisvuitton #chanel #sostenibilità #contraffazione #unic #assopellettieri
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Trasformazione sostenibile del modello di business delle aziende del settore moda: tra pressioni di mercato crescenti e nuovi requisiti normativi stringenti. I provvedimenti presi dalla Comissione UE in questi mesi avranno ricadute significative sull’intera filiera della moda, l’Italia sarà uno dei Paesi maggiormente impatti per la numerosa presenza di filiere del settore. Molto probabilmente per gestire questa nuova fase sarà necessario un processo di aggregazione\integrazione tra le imprese del settore oltre che di un sostegno delle Istituzioni alle PMI della filiera.
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Prodotti cosmetici I dati non lasciano dubbi: il cuore pulsante dell’industria cosmetica italiana si trova in Lombardia. A evidenziarlo è il rapporto di Intesa Sanpaolo sull’andamento del comparto, dal quale emerge non solo l’ottimo stato di salute del beauty italiano, ma anche la fortissima concentrazione regionale ben fotografata dalla graduatoria delle prime dieci province italiane per export nei primi nove mesi del 2023. Il podio è un monocolore lombardo: svetta Milano con più di 1,5 miliardi di euro, a seguire Monza Brianza con 740 milioni e Bergamo con 631 milioni. Ma anche il resto della classifica è dominato dalle province lombarde con le sole eccezioni di Torino, che si piazza quinta, e poi di Parma (settima) e Firenze (ottava).
La Lombardia è al top per l’export
milanofinanza.it
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Mentre chiudiamo il 2024, riflettiamo sui numeri e i trend che hanno definito la filiera del lusso: ✅ Più di 60.000 aziende attive in Italia, un network di eccellenze artigianali e industriali. ✅ La Toscana ha rappresentato più del 20% dell’intero comparto nazionale, potendo vantare distretti leader in ogni comparto merceologico, dall’Abbigliamento alla Pelletteria, dalla Calzatura all’Accessoristica. ✅ Le imprese hanno risposto alle nuove sfide con flessibilità e digitalizzazione, puntando su nuove collaborazioni e processi più efficienti. Quest’anno ci ha insegnato che la resilienza e l’innovazione saranno la chiave per guardare al futuro. Una filiera unita, dinamica e aperta al cambiamento rappresenta la risposta alle sfide globali che attendono il lusso italiano nel 2025.
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Conoscere i numeri della filiera è il primo passo per attuare strategie commerciali moderne. Con fasonista vogliamo mappare i distretti, analizzare i numeri, dare cultura dei territori di specializzazione, analizzare quali sono i distretti più congestionati e quali invece hanno "spazi aperti" di mercato. Per favorire connessioni utili, veloci, flessibili. #luxury #supplychain #fasonista
Mentre chiudiamo il 2024, riflettiamo sui numeri e i trend che hanno definito la filiera del lusso: ✅ Più di 60.000 aziende attive in Italia, un network di eccellenze artigianali e industriali. ✅ La Toscana ha rappresentato più del 20% dell’intero comparto nazionale, potendo vantare distretti leader in ogni comparto merceologico, dall’Abbigliamento alla Pelletteria, dalla Calzatura all’Accessoristica. ✅ Le imprese hanno risposto alle nuove sfide con flessibilità e digitalizzazione, puntando su nuove collaborazioni e processi più efficienti. Quest’anno ci ha insegnato che la resilienza e l’innovazione saranno la chiave per guardare al futuro. Una filiera unita, dinamica e aperta al cambiamento rappresenta la risposta alle sfide globali che attendono il lusso italiano nel 2025.
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Che cos’è la filiera e perché non viene vista come un asset strategico? La filiera produttiva del Made in Italy include tutte quelle aziende, di varie dimensioni, che realizzano articoli come borse, portafogli, cinture, scarpe, abbigliamento, e così via, per conto di brand del lusso o di altre aziende. Possiamo dire che i brand del lusso sono i principali clienti di questa rete. Nel corso degli anni, la filiera ha subito profonde trasformazioni. Fino agli anni 2000, il panorama imprenditoriale era costituito principalmente da aziende che producevano per i propri marchi. Successivamente, queste imprese sono diventate terzisti, o fasonisti, come vengono chiamati nel settore, adattandosi alle dinamiche di mercato influenzate dall’invasione di prodotti cinesi o dal fatto che molte aziende italiane hanno spostato la produzione all’estero. Questo cambiamento ha creato una rete di microaziende, in parte dovuto ai numeri sempre più imponenti richiesti dal mercato. I brand hanno iniziato a esplorare nuovi sbocchi, cercando di massimizzare i risultati ottenuti e, spesso, sono state acquistate da grandi holding internazionali. Un punto di svolta è arrivato con uno dei primi scandali, reso noto da un’inchiesta del programma Report, che ha portato alla luce il grave problema dei subappalti non controllati. Era il 2014 e anche allora si puntava il dito contro la manodopera cinese. Da quel momento è partita una vera e propria campagna da parte dei brand per ridurre la complessità della filiera, con l’obiettivo di accorciare la catena di subforniture e di imporre un censimento più rigoroso dei subappaltatori. Questo ha segnato l’inizio di una nuova fase storica, che approfondirò ulteriormente domani. Mi interessa molto sapere la tua opinione su questo tema e quale sia la tua esperienza personale in questo contesto storico. #ornellaauzino #pelletteria #madeinitaly #kering #lvmh #Gucci #dior #ysl #fendi #burberry #louisvuitton #chanel #sostenibilità #contraffazione #unic #assopellettieri
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