11/03/2011-11/03/2021: Fukushima - La questione ambientale
Foto disastro di Fukushima da © Il Corriere

11/03/2011-11/03/2021: Fukushima - La questione ambientale

>> Riprendo il piccolo lavoro della Dott.ssa Ing. Alice Fornari, amica e compagna di avventure che ringrazio per l'idea e l'opportunità, che si è soffermata sull'analisi dell'incidente avvenuto dieci anni fa nella centrale giapponese di Fukushima Dai-ichi e che vi invito a leggere: 11/03/2021: Fukushima - L'incidente, per parlarvi di seguito della questione ambientale ancora oggi attuale e lontana dalla reale risoluzione.

Aria, Acqua e Suolo: cosa è successo?

Aria --> La bonifica dell’area limitrofa alla centrale è stata ed è tuttora particolarmente vasta e difficile da realizzare: una agenzia giornalistica giapponese il 21 marzo 2011 riportava le dichiarazioni dell’OMS nella quale dichiarava che "le radiazioni provocate dal disastro dell'impianto nucleare di Fukushima ed entrate nella catena alimentare sono più gravi di quanto finora si fosse pensato" e che l'effetto dell'incidente "è molto più grave di quanto chiunque avesse immaginato all'inizio, quando si pensava che si trattasse di un problema limitato a 20-30 chilometri". Radionuclidi eccedenti i limiti fissati dalla normativa nazionale furono rilevati nel latte prodotto nella prefettura di Fukushima e negli spinaci prodotti nelle prefetture di Fukushima, Ibaraki, Tochigi e Gunma. Il giorno dopo la Tepco comunicò la presenza di iodio, cesio e cobalto nell'acqua di mare nei pressi del canale di scarico dei reattori 1, 2, 3 e 4. In particolare, si sono rilevati livelli di iodio-131 ben 126,7 volte più alti del limite consentito, livelli di cesio-134 di 24,8 volte superiori, quelli del cesio-137 di 16,5 volte e quantitativi non trascurabili di cobalto-58.

Suolo --> Data la conformazione geografica del luogo, la priorità delle autorità fu quella di bonificare i boschi limitrofi cercando di eliminare più alberi possibili e raccogliere il materiale inquinato presente nelle zone abitate: lo stesso fu quindi raccolto e stipato in circa 50.000 diversi siti dell’intera prefettura, nei parchi pubblici e nei cortili delle scuole, in attesa di essere caricato dal personale addetto e successivamente smaltito.

Oltre a ciò, si diede il via alla copertura e rimozione dei rifiuti solidi più contaminati dai reattori numero 1, 2, 3 e 4 con l’utilizzo di robot e gru, di ricoprimento dei quattro reattori con strutture provvisorie, per impedire la fuoriuscita dei vapori radioattivi.

I lavori per spostare il terreno contaminato in depositi temporanei nella prefettura di Fukushima sono iniziati nel 2015, con un volume che ammontava a 2,35 milioni di m3 nel 2019. Inizialmente la data/obiettivo fissata dal governo giapponese di spostare tutto il terreno contaminato in un deposito permanente al di fuori di Fukushima era quella di Marzo 2045, ma nel giugno 2016 un gruppo di esperti istituito dal ministero dell’ambiente aveva già avvertito che era irrealistico pensare di poter spostare l’intero volume di terreno contaminato in un deposito finale, suggerendo la riduzione del volume di suolo contaminato riutilizzando le parti ritenute sicure in base agli standard di radiazione in atto, che sembra poter essere l’opzione migliore in attesa di trovare un sito candidato per ospitare l’impianto di stoccaggio finale.

Acqua --> Maggiore preoccupazione fu destata dalla bonifica delle acque, sia dolci che salate. L’obiettivo principale era quello di decontaminare tutta l’acqua presente nel perimetro della centrale. Il governo giapponese si rivolse inizialmente alla Russia, chiedendo di poter utilizzare l’impianto di decontaminazione nucleare Landysh, ma in seguito accettò l’offerta del governo francese, che mise a disposizione i servizi della Areva, che congegnò un efficace sistema costituito da un gigantesco muro di ghiaccio. Il funzionamento della struttura era alquanto semplice: circa 1500 tubi piantati nel terreno fino ad una profondità di 30 m, che creano una palizzata di ghiaccio sotterranea che circonda i reattori; all'interno delle tubazioni viene fatta passare una soluzione salina a circa -30 °C, che congela tutto il terreno circostante. L’obiettivo principale di questo muro di ghiaccio è stato quello di evitare l’accumulo di ulteriore acqua radioattiva sotto i vari reattori, la quale poi, attraverso i sistemi di drenaggio, sarebbe stata scaricata nell'oceano con conseguenze catastrofiche. Durante la fase di costruzione, il flusso di acqua contaminata nel mare si è comunque ridotto da 400 tonnellate a circa 90 tonnellate, fino ad arrivare a 50 tonnellate a fine lavori.

Ad oggi quale è la situazione?

È proprio di qualche settimana fa (Febbraio-Marzo 2021) l’annuncio della Tepco della fine dei lavori di rimozione delle 566 barre di combustibile esausto del reattore 3 che erano depositate in una piscina di stoccaggio, rimosse in maniera automatizzata con una gru azionata a circa 500 metri di distanza e ora stivate in un deposito speciale all'interno della centrale (il primo dei tre reattori in cui sono stati completati i lavori di rimozione del combustibile esausto, che erano iniziati nell'Aprile del 2019).

Secondo la nuova tabella di marcia e l’aggiornamento del nuovo piano di smantellamento - che dovrebbe concludersi tra il 2041 e il 2051 - si rileva che l’allontanamento del prodotto della fusione del nocciolo nel reattore numero 1 a causa della grande quantità di detriti che contiene subirà un ritardo tra i tre e i cinque anni, con i lavori che non inizieranno prima del 2027. Gli interventi al reattore numero 2, invece, saranno prorogati tra i due e i tre anni, con l’avvio intorno al 2024, a causa delle radiazioni ancora alte. I ritardi sono dovuti alle nuove norme necessarie a impedire l’eccessiva propagazione delle radiazioni. Il governo prevede di terminare le operazioni di dislocamento del magma da tutti i sei reattori della centrale atomica entro la fine del 2031.

Nel frattempo il sito deve essere continuamente raffreddato con l’equivalente di 170 tonnellate di acqua radioattiva prodotte giornalmente, con una graduale riduzione del liquido radioattivo a cento tonnellate giornaliere entro il 2025. Naohiro Masuda - capo disattivazione della Fukushima Dai-ichi Decommissioning Company - ha dichiarato che "non esiste ancora la tecnologia giusta per rimuovere i detriti altamente radioattivi dai reattori danneggiati" sostenendo così "che lo smantellamento della centrale entro il 2051 non può essere possibile senza enormi salti in avanti del progresso tecnologico". È stato inoltre stimato che la ricaduta di plutonio è 70.000 volte superiore a Hiroshima.

Scelte sbagliate della Tepco e la posizione della centrale molto bassa rispetto al livello del mare e quindi soggetta ad allagamenti e infiltrazioni, ha portato ad a una continua contaminazione delle acque sotterranee che la stessa società non è riuscita a fermare negli anni. Lo spazio riservato alla gestione dell’acqua contaminata si sta rapidamente esaurendo, ed è di inizio anno (2021) l’annuncio della possibilità di riversare oltre un milione di tonnellate di acqua radioattiva negli ecosistemi oceanici della costa giapponese, dopo un procedimento di purificazione e diluizione o in alternativa di vaporizzazione in atmosfera, o ancora di combinare le due opzioni. Il sistema di decontaminazione utilizzato finora doveva rimuovere ogni elemento radioattivo dall'acqua ad eccezione del trizio, un isotopo radioattivo dell'idrogeno relativamente poco dannoso e difficile da separare. Tuttavia, i tecnici della Tepco hanno constatato che l'85% dell'acqua risulta, dopo il primo filtraggio, ancora contaminata, e che occorre una seconda bonifica.

Ripensare ad un nuovo piano sostenibile e green, si può!

Greenpeace si oppone a questa gestione, pubblicando due rapporti “Fukushima 2011-2020” e “Decommissioning of the Fukushima Daiichi Nuclear Power Station From Plan-A to Plan-B Now, from Plan-B to Plan-C” dove emerge che:

  • la maggior parte degli 840 chilometri quadrati della Special Decontamination Area (SDA), per cui il governo è responsabile della decontaminazione, rimane contaminata da cesio radioattivo.
  • l’analisi dei dati dello stesso governo confermano che nella SDA è stato decontaminato in media solo il 15%.
  • è indefinito il quadro temporale entro cui il livello obiettivo di decontaminazione a lungo termine del governo giapponese – di 0,23 microsievert per ora (μSv/h) – sarà raggiunto in molte aree. I cittadini saranno comunque esposti per decenni a radiazioni superiori al massimo raccomandato di 1 millisievert all’anno.
  • Nelle aree in cui gli ordini di evacuazione sono stati revocati nel 2017 - in particolare a Namie e Iitate - i livelli di radiazione rimangono al di sopra dei limiti di sicurezza, potenzialmente esponendo la popolazione a un maggiore rischio di cancro. Fino al 2018, decine di migliaia di lavoratori sono state impiegate nella decontaminazione nella SDA
  • I lavoratori – la maggior parte dei quali sono subappaltatori mal pagati – sono stati esposti a rischi ingiustificati di radiazioni per un programma di decontaminazione limitato e inefficace
  • Non ci sono piani credibili per il recupero delle centinaia di tonnellate di detriti di combustibile nucleare che rimangono all'interno e sotto i tre contenitori a pressione del reattore;
  • La contaminazione dell’acqua usata per il raffreddamento dei reattori, delle acque sotterranee e di quelle successivamente accumulate nei serbatoi, continuerà ad aumentare nel futuro, a meno che non si adotti un nuovo approccio;
  • Tutto il materiale nucleare contaminato dovrebbe rimanere sul sito a tempo indeterminato. Se i detriti di combustibile nucleare verranno recuperati, anch'essi dovrebbero rimanere sul posto. Fukushima è già e dovrebbe rimanere un sito di stoccaggio di rifiuti nucleari a lungo termine;
  • Il piano attuale è irraggiungibile nell'arco di tempo di 30-40 anni definito dall'attuale tabella di marcia. È inoltre impossibile da realizzare se l’obiettivo è il ritorno allo status di greenfield.

La loro proposta è quella di ripensare ad nuovo approccio ed un nuovo piano per lo smantellamento del sito, includendo una revisione dei tempi di rimozione del combustibile fuso a 50-100 anni o più, con la costruzione di edifici di contenimento sicuri per il lungo termine, e per prevenire l’ulteriore aumento di contaminazione radioattiva delle acque, suggeriscono il raffreddamento ad aria dei detriti di combustibile nucleare, con conseguente isolamento del sito dalle acque sotterranee – diventando una “dry island” – con la costruzione di un profondo fossato (fonte greenpeace.org).

Una tecnica di decontaminazione e di bonifica del suolo oramai accreditata per la sua efficacia è la phytoremediation, processo naturale di bonifica dei suoli che utilizza alcune piante che sono in grado di fito-estrarre metalli pesanti e/o indurre la degradazione di composti organici in terreni contaminati. Un interessante articolo pubblicato su Science Direct dalla mia amica e collega Ing. Daniela De Medici analizza il potenziale trasferimento del cesio dal suolo contaminato alla catena alimentare, come ad esempio quello avvenuto proprio nei pressi della centrale di Fukushima. Vi invito a leggerlo qui: Valutazione del potenziale trasferimento di cesio dal suolo contaminato a la catena alimentare come conseguenza dell'assorbimento da parte delle verdure commestibili

C’è ancora tanto da fare, c’è bisogno di scelte coraggiose e probabilmente economicamente svantaggiose per far fronte alla grave situazione in corso, con la speranza che le innovazioni tecnologiche diano un aiuto significativo alle bonifiche.

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