15.9.2018
VI INCOLLO UN POST CHE IN QUESTI GIORNI SI STA DIFFONDENDO COME NON AVREMMO MAI SPERATO IN FACEBOOK. L'HA SCRITTO MIO FIGLIO, PRESIDENTE DELLA FONDAZIONE COSTITUITA IN NOME DI MIO MARITO.
GRAZIE PER LA VOSTRA ATTENZIONE
Francesco Ciai è morto 8 anni fa, esattamente il 15 settembre 2010.
Ti chiedi se è rimasto vittima di questo incidente? No, non è così.
È stato brutalmente ammazzato da sua madre: l’Italia. Eppure è Francesco che sta scrivendo… come è possibile che sia morto ma che possa ancora elaborare post? Adesso ti spiego.
Quel giorno sui media iniziò a circolare la notizia di un gravissimo incidente stradale. Non avrei mai pensato che fosse coinvolto mio padre, che non lo avrei mai più visto come prima… e soprattutto che per lui e per noi, il peggio dovesse ancora arrivare. Perché?
Perché è stato travolto in autostrada da un camion mentre prestava servizio per Telecom Italia, riportando gravi lesioni cerebrali che gli hanno causato deficit motori e funzionali permanenti.
Perché è morto quasi 4 anni dopo, il 19 marzo 2014… giorno del mio 27° compleanno nonché giorno della festa del babbo.
Perché Ivan Shulhan, il conducente del camion che lo ha investito, è latitante dal settembre 2010.
Perché a distanza di OTTO ANNI, conclusosi infruttuosamente l’iter stragiudiziale, abbiamo ricevuto da Unipol solo una piccola parte del risarcimento spettanteci e siamo stati costretti ad avviare la procedura giudiziale che è tuttora in corso.
Perché da luglio 2012 Telecom Italia ha cessato di corrispondergli lo stipendio, senza recedere dal rapporto di lavoro, non consentendogli di avere accesso ad ammortizzatori sociali, al TFR e alle ulteriori competenze di fine servizio in un momento di grave difficoltà economica.
Perché i miei vicini di casa hanno impedito, ricorrendo a vie legali, l’installazione di una piattaforma elevatrice che gli permettesse di tornare a casa, nonostante avessimo tutti i permessi.
Perché il giudice ha preferito non alterare l’equilibrio della facciata piuttosto che tutelare i diritti di un disabile.
Perché questa decisione ha impedito a mio padre di vivere nella sua casa e lo ha obbligato a rimanere parcheggiato in una clinica lontano dai suoi affetti, oltre a imporci il rimborso delle spese legali ai nostri cari condomini.
Perché il primo avvocato che ci seguiva, al quale abbiamo revocato il mandato perché agli arresti domiciliari per truffa aggravata ai danni delle assicurazioni, ci ha rimesso una notula di oltre 55.000 euro tassata dall’Ordine degli Avvocati.
Ti pare normale tutto questo?
Ma certo, continuiamo pure a vivere nel mondo delle Kardashian!
Questa è la mia storia, ma non è la sola. Questo è quello che succede nel nostro Paese quando si è travolti da una simile disgrazia ed è quello che ho deciso di combattere. Per questo, nonostante la rabbia per tutte le ingiustizie subite, ho deciso di canalizzare le mie energie e dar vita nel 2014 alla Fondazione Claudio Ciai che si occupa di dare sostegno alle vittime di incidenti stradali e alle relative famiglie.
Ma perché l’Italia permette che i suoi figli vengano trattati così? Perché è più importante parlare del mondo delle celebrità di Instagram che di tematiche sociali?
Francesco era un ragazzo di 23 anni che viveva come tanti alla sua età. Un pomeriggio riceve una telefonata, una bruttissima notizia... quello era l’inizio della fine. Ma lui non lo sapeva. Come poteva saperlo?
Quel Francesco non esiste più, ora ci sono io, la sua copia abbrutita con qualcosa che mi mangia dentro giorno dopo giorno. L’Italia mi ha tolto tutto ciò che mi era rimasto dopo la tremenda perdita di mio padre: la dignità, la fiducia nella giustizia, i diritti, la protezione e la libertà.
Se penso all’immagine che hanno del nostro Paese all’estero (cibo, mignotte, corruzione e inefficienza), posso dargli torto?
Guardo tutte le cose sbagliate che mi circondano e mi chiedo se posso fare qualcosa per cambiarle. Voglio che le cose cambino. La gente come me vuole che le cose cambino.
Non mi fermerò, continuerò a lottare e a cercare di essere sempre una persona migliore delle tante che ho trovato sulla mia strada.
Ho visto come funziona il sistema e l’ultima cosa che mi aspetto è la giustizia, ma alla fine cosa ho da perdere? Ho già perso tutto. Niente mi fa paura, neanche la morte; la mia anima è già morta otto anni fa con l’omicidio stradale di mio padre. Questa non si chiama vita ma sopravvivenza.
Faccio un appello ai giornalisti che non abbiano paura di parlare di cose scomode e che vogliano rendere giustizia a mio padre e a tutte le vittime come lui. Contattatemi privatamente.
Invito anche tutte le persone che si ritrovano in quello che dico o che pensano che sia ora di cambiare a condividere questo post, ma di non fermarsi a questo. Segnalate le ingiustizie e promuovete le attività delle piccole associazioni presenti nel vostro territorio che lottano quotidianamente per un'Italia migliore.
Da solo non posso fare niente, ma insieme possiamo fare tanto!
Taggate tutte le persone che possano essere interessate a questa storia, famiglie che hanno incontrato i miei stessi problemi e coloro che hanno voglia di agire sull'opinione pubblica per una corretta informazione e sensibilizzazione. Non siate complici del mio assassinio. TIM UnipolSai Assicurazioni
Grazie
Francesco Ciai - Presidente Fondazione Claudio Ciai
PENSIONATO "leggo per difendermi" socio fondatore APS CAMBIA MENTI
4 anniInvito tutta la mia famiglia di linkedi Di condividere questo toccante appello Di un figlio distrutto e angosciato dal dolore Per la scomparsa improvvisa del padre Un abbraccio di cuore a tutti MARIO ALLEGRINI
PENSIONATO "leggo per difendermi" socio fondatore APS CAMBIA MENTI
4 anniSono talmente giuste, colme di umanita', di amore verso tuo padre, ma giustamente hai tanta rabbia per tutte le ingiustizie che avete subito te e tua madre, che mi commuovo, Tante nefandezze subite, non solo surreali, Ma indegne di un paese democratico; Voglio sperare che quanto prima dia fatta giustizia, per tuo padre, e che vi venga dato Cio' che appartiene di diritto. Un abbraccio a te e tua madre Con tanto affetto e stima Mario Allegrini