2024
New beginning or old style????
02/01/2024
Nel 2023 abbiamo assisto ad un andamento bipolare dei tassi di interesse. Se fino ad ottobre 2023 la curva dei tassi ha avuto un costante incremento, con nuovi massimi degli ultimi 15 anni (il rendimento del Treasury a 10 e 30 anni oltre il 5%, il Bund a 10 anni oltre il 3% e il nostro BTP a 10 anni oltre il 5%). Dalla fine di ottobre, le aspettative che il peggio fosse alle spalle e che il 2024 sarebbe stato l’anno dell’inversione delle politiche monetarie hanno avuto il sopravvento, con un rally delle quotazioni obbligazionarie che ha portato i tassi a chiudere sui minimi dell’anno. Al termine del 2023 solo la parte più breve della curva (1 anno) Euro ha chiuso con un modesto incremento di + 0,25%. La sua conformazione, ampiamente invertita, sta dando corpo ad attese di riduzioni dei tassi ufficiali importanti e in tempi brevi (un dimezzamento dagli attuali livelli del 4,50%, a partire da marzo 2024). Aspettative, forse, molto più ampie e rapide di quanto farà effettivamente la BCE. Una riduzione più lenta dei tassi ufficiali, accompagnata da un rigurgito di pressioni inflazionistiche, potrebbe portare nel primo semestre 2024 ad un andamento non benevolo dei mercati obbligazionari Europei. In particolare i nostri Titoli di Stato dovranno scontare emissioni sul primario per l’intero 2024 elevate (oltre 450/MLD), in un contesto di ulteriore riduzione del bilancio da parte della BCE, che inizierà a chiudere anche il piano antipandemico PEPP a partire dal primo luglio 2024, diventando venditrice netta sul mercato per 7,5/MLD al mese.
L’andamento della curva dei tassi di Titoli di Stato Tedeschi nel corso del 2023, ha seguito l’andamento generale dei tassi IRS Euro, chiudendo anch’essa sui minimi dell’anno.
Nel corso del 2023 la Germania ha ridotto lo spread rispetto ai tassi IRS a proprio favore, confermando, una fase più fiduciosa dei mercati sul medio periodo.
Lo spread fra Titoli di Stato italiani e tedeschi è rimasto per tutto il 2023 in una fascia di oscillazione contenuta, pur mantenendo una conformazione crescente, senza particolari indicazioni. Eventuali effetti derivanti dalla mancata ratifica della riforma del MES e dall’accordo sul nuovo Patto di Stabilità non sono ancora state prezzate dai mercati, perché troppo recenti e avvenute in una fase di mercati sostanzialmente chiusi. Le elezioni Europee di giugno 2024, la chiusura del piano pandemico PEPP da parte della BCE, l’elevata pressione sul primario da parte del nostro Paese, potrebbero generare una discreta volatilità. Il posizionarsi sulla parte lunga della curva, in assenza di una profonda recessione, potrebbe risultare un vero azzardo nel corso del 2024. La parte più conveniente dell’investimento in Titoli di Stato Italiano è attualmente quella dei BTP Italia 2028 e 2030, legati all’inflazione (ai prezzi attuali hanno un break even di inflazione media attesa inferiore all’1% medio annuo), e le vecchie emissioni di BTP Futura 2028 e 2030 che offrono un spread di rendimento interessante su analoghe scadenze di BTP tradizionali.
La conferma di una politica monetaria ferma e restrittiva da parte degli Stati Uniti per tutto il 2023, ha comportato un andamento della curva dei tassi assai simile a quello Euro. La presa d’atto, nel periodo estivo, che non ci sarebbero stati ribassi dei tassi nel 2023, ma solo rialzi, ha creato una pressione che ha portato il trimestre agosto/ottobre in una situazione molto simile a quella vissuta nell’ultimo trimestre 2018, con perdite importanti sui mercati obbligazionari e azionari (il tasso del Treasury a 10 e 30 anni è andato oltre il 5% per la prima volta in 20 anni). Solo l’ammorbidimento dei toni da parte del Governatore della FED Powell, a partire da novembre 2023, ha consentito il recupero delle quotazioni che si sono riportate ai livelli di fine 2022, consentendo la chiusura in positivo dei mercati obbligazionari per l’intero 2023 e il forte rally del mercato azionario USA, che si è riportato sui massimi storici toccati a fine 2021. Attualmente il mercato sconta una riduzione dei tassi ufficiali ben sotto il 4%, contro un annuncio per una riduzione tassi attorno al 4,60% per la fine del 2024. Che i mercati si siano spinti troppo avanti anche in questo caso?
Per i mercati azionari il 2023 si è chiuso in maniera sfavillante, segnando l’anno del Grande Rimbalzo.
Il focus è stato e rimane sul mercato americano, per la sua rilevanza mondiale. I mercati cinesi hanno segnato il peggior andamento dei mercati azionari a livello globale a causa del persistere dei problemi dell’economia cinese, in una fase complessa dove la situazione geo-politica, la bolla immobiliare e il reshoring, hanno portato le quotazioni a livelli di pura opportunità opzionale. Il freedom premium che deve garantire la #Cina per attirare capitali è la componente più importante che deprime le quotazioni. Come scrissi l’anno scorso bisogna ancora “considerare di stare sempre stare dalla parte di chi ti può restituire i tuoi denari”.
Lo stato di salute dei mercati USA sembra sprizzare forza e ottimismo come non mai. Le quotazioni degli indici si sono riportate sui massimi storici del 2021. Solo l’S&P 500 non ha aggiornato il massimo storico, ma il Dow Jones e il Nasdaq, si. A Trainare per l’indice dei titoli tecnologici è stata la narrativa sulle potenzialità legate ad un’introduzione più massiva dell’Intelligenza Artificiale nei processi produttivi, anche attraverso un’AI autogenerativa. Resta il fatto che, in base ai fondamentali, il mercato USA è ai limiti della convenienza economica di investimento.
Il 2023 dei principali indici azionari USA si è chiuso con rialzi importanti.
Il Dow Jones del + 13,70%, L’S&P 500 del + 24,05%, Il Nasdaq 100 del + 53,80%.
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Quello che fa specie dei risultati 2023 è la partecipazione predominante alla performance di pochi titoli a larghissima capitalizzazione (gli ex FAANG, ora denominati i Magnifici Sette o le Sette Sorelle), tutti appartenenti al settore tech.
Del + 53,80% di rialzo del Nasdaq 100, ben il 40,82% è dovuto ai primi 10 titoli, il rimanente 12,97% agli altri 90. Del + 24,05% di rialzo dell’S&P500, ben il 20,09% è dovuto agli stessi titoli e il rimanente 3,96% agli altri 490!
A riprova di ciò è la performance dell’S&P500 nella forma equal weight che è cresciuto “solo” del + 11,56%.
La concentrazione negli indici #USA e globali delle prime 10 società per capitalizzazione, quasi tutte società tech, è motivo di dibattito, sia per capire quali siano le motivazioni che hanno portato a questa situazione, sia per gli effetti che tale concentrazione può avere in futuro, in termini finanziari ed economici.
Performance attribution 2023.
Alcune curiosità. Nelle prime dieci posizioni dei 2 indici principali è rimasto un solo titolo della cosiddetta old economy. Per l’S&P500, l’holding di Warren Buffet, la #Berkshire Hathaway, che ha, però, come principale partecipazione #APPLE. Per il Nasdaq100, #Cotsco Wholsale, che si sta proponendo, però, come principale concorrente di Amazon nell’e-commerce.
Il ritorno sui massimi assoluti degli indici USA non è stato accompagnato da alcun miglioramento effettivo dei fondamentali. Il rapporto prezzi utili aggregato staziona oltre quota 30 (se si tolgono i titoli di cui sopra si allinea attorno ai 20) e il premio al rischio, misurato dall’Excess CAPE Yield – ECA – ha finito l’anno all’1,48%, al di sotto dei minimi toccati all’apice della bolla internet del 2000.
In realtà la cura delle Banche Centrali, che stanno cercando una nuova “normalità” (vedasi articolo di Donato Masciandaro del Sole 24 Ore del 31 dicembre 2023 pag. 5), è lungi dall’essere giunta a termine.
La dimostrazione sta nella correlazione ancora positiva fra andamento tassi di mercato e andamento dei mercati azionari che obbligazionari, sia nel 2022 in un contesto rialzista dei tassi, che al termine del 2023, in una fase fortemente ribassista degli stessi. La dipendenza dalla enorme liquidità generata dalle politiche monetarie del periodo 2007-2022, non è ancora stata superata, forse perché la liquità ancora presente sui mercati rimane abbondante (ne sono a riprova l’ammontare ancora molto elevato delle operazioni di Reverse Repo della FED per gli USA e i tassi Euribor abbondantemente sotto il 4% tasso dei depositi della BCE, per l’area Euro), mentre le politiche economiche e fiscali rimangono accomodanti in Europa ed espansive negli USA.
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