24 SECONDI

24 SECONDI

24 secondi. Nel basket, è il tempo massimo che viene concesso alla squadra in attacco per fare un tiro a canestro dal momento in cui prende possesso di palla.

24 secondi sembrano un battito di ciglia. Uno spazio troppo piccolo per poter anche solo pensare di fare qualcosa di sensato. Il tempo di salire le scale. Un orologio che scorre senza nemmeno realizzare. Il telefono che squilla e tu che dici pronto. Per chi dice pronto, naturalmente. L’auto da parcheggiare in garage, quel pezzo di canzone che ascolteresti all’infinito.

24 secondi in una partita di basket sono un tempo infinito. Cambiano la storia, iniziano e finiscono ripetutamente. Scadono. Ricominciano. Gestiscono la partita. Impongono a chi sta vincendo di tenere alta la guardia. E permettono a chi sta perdendo di sperare sempre. Che fino all’ultimo decimo di secondo è sempre tutto in gioco.

In 24 secondi devi decidere di tirare. Costruire il gioco, seguire lo schema, scegliere la strategia e definire la tattica. Applicare di fatto tutto quello che avevi deciso fuori dal campo. Ripetere per davvero tutte le cose che hai imparato in allenamento. Giocare. E puntare al tabellone che decreta il tuo successo. O il tuo fallimento.

Se tiri troppo presto lasci alla squadra avversaria tanti secondi in più per fare suo il tuo stesso obiettivo. Se tiri troppo tardi l’arbitro fischia e devi lasciare al tuo alter ego il possesso del gioco. Nel mentre ci sono un sacco di regole da seguire. Falli da evitare. Posizioni da prendere. Ruoli da rispettare. Compagni di gioco da coinvolgere. Avversari da gestire.

In quei 24 secondi ti giochi tutto. Anche se non sei tu a giocare. Anche se sei in campo ma la palla ce l’ha il numero 10. Quello che ci sono volte che non capisci bene cosa fa. Che dentro di te ti viene da dirgli “tira. adesso.” e lui sta lì fermo, in un’immobilità incomprensibile mentre la partita sta per chiudersi. A palleggiare senza coinvolgerti. Ad affrontare senza convincerti. A non tirare. O a tirare quando tu pensavi che avrebbe dovuto aspettare.

24 secondi per fare squadra. Più che per giocare. La squadra quella che sa vincere, perchè la partita era perfetta e i tempi sincronizzati. Quella che sa crescere. Entusiasmarsi. Strutturarsi. Passarsi la palla.
Ma soprattutto la squadra quella che sa perdere. Che non cerca le colpe e non attribuisce responsabilità. Che sa fidarsi anche se la strategia non è quella che aveva in mente. Che sa giocare per vincere e sa perdere per imparare.

Che così ogni risultato è un passo avanti. Un successo che fai tuo. Un sorriso che non ti dimentichi più.

www.deboraoliosi.it

Gustavo Bellas Bianchi

CAPACITADOR DOCENTE, DETECCIÓN DE TALENTOS - INSTITUTO PERUANO DEL DEPORTE

9 anni

Questo dimostra che il paniere sotto forma di gioco, è come la vita stessa

Complimenti per la bellissima metafora ! I 24 secondi mi ricordano molto il senso del ritmo che in un team Può dare la differenza. Grazie per avermi aiutato a riflettere anche sul senso delle sconfitte che, a volte, sono millimetriche ma davvero educative.

Laura Rossi

Resp. Acquisti Allestimarca srl

9 anni

Mi piace l'analogia tra uno sport che adoro (i miei figli più grandi giocano a questo meraviglioso "gioco") e il senso che do alla vita. Grazie Debora Oliosi

Riccardo Samiolo

gestione delle crisi e ristrutturazioni, CFO Mentor, internazionalizzazione, M&A, fractional e temporary officer

9 anni

molto interessante che un'analogia del genere, in cui si parla di squadra, nasca da chi usa il territorio e le relazioni per lavorare e rivalorizzare

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