8 PASSI PER INTRODURRE LA CULTURA DELL'INNOVAZIONE
Foto fatta da me, sostando in corsia di emergenza in tangenziale est - Padova (2014)

8 PASSI PER INTRODURRE LA CULTURA DELL'INNOVAZIONE

Non basta una sedia arancione in un ufficio di ciechi e sordi per creare un ambiente creativo. Non basta vestirsi da Google per diventare Google. Il simpatico cartello visualizzato si trova a Padova poco prima dell’ingresso del casello di Padova Est. Rappresenta un prodotto complesso, non casuale; non si può certamente dire che sia stato fatto per sbaglio. Potrebbe essere stato previsto nel capitolato di appalto? È comunque costato “fatica”, qualcuno ha calcolato i km, qualcun altro ha sviluppato la grafica, infine una squadra lo ha installato. Il cartello non ha contribuito significativamente al PIL nominale italiano, non ha generato “an innovative business opportunity” ma è interessante porsi alcune domande:

  • in quale contesto è nata l’idea?
  • cosa stava facendo chi l’ha avuta?
  • cosa avranno pensato e come hanno reagito gli interlocutori quando è stata proposta?

Soprattutto, in quale modello di organizzazione sarebbe stato possibile?

Questo semplice esempio lancia un assist per introdurre il concetto di “cultura” dell’innovazione. L’innovazione può nascere e fiorire all’interno di un contesto “culturale” che l’accoglie e la nutre fin dai primi passi. La cultura sta all’innovazione come il nido sta ai pulcini. Non è il nido che li genera ma è nel nido che questi possono crescere, svilupparsi e diventare adulti.

Ecco dunque la ricetta magica per la cultura dell’innovazione e predisporre il "nido".

  1. avere il Leader del cambiamento: chiunque al di sotto della direzione generale (CEO/DG) o della proprietà ha poche probabilità di successo;
  2. definire un insieme di valori e condividerli con l’intera organizzazione.
  3. abbattere le resistenze (con forza, spietatamente);
  4. concedere fiducia e creare le basi per l’autogestione e la responsabilizzazione;
  5. accettare gli errori, eliminare la blame culture;
  6. incentivare il lavoro in team (interdisciplinarietà, supporto, solidarietà);
  7. introdurre la meritocrazia;
  8. abilitare le iniziative autonome di espressione e proposta.

Leader del cambiamento. “Per anni avete fatto cosi… bene da oggi si farà altrimenti…”, banale, semplice ma necessario. Ci vuole un leader che almeno inizialmente imponga il nuovo corso e dall’altezza del ruolo e della statura “morale” almeno all’inizio sia impositivo, dirigista e affermi “fidatemi di me”. Il leader serve per le persone che non vedono e non ascoltano ma tutto gli sarà chiaro a cose fatte. Il leader inizialmente è colui che porta avanti tutti i punti descritti in questo elenco. Solo dopo il superamento della “resistenza di primo distacco”, egli troverà solide spalle e sponde con cui proseguire questo percorso. Il leader deve essere al massimo vertice aziendale, colui che dà l’esempio.

Insieme di valori. Il leader, eventualmente con i suoi più stretti collaboratori, definisce i valori su cui si regge l’impresa e le persone. È chiaro che ci si aspetta valori altisonanti e prosaici “Il benessere dei collaboratori”, “Soddisfazione dei clienti”, e cosi via. Non c’è niente di male a utilizzare “slogan”: il problema non è negli slogan ma nella coerenza mostrata tutti i giorni. I valori vanno condivisi con la promozione (cartelli, video) e formazione (corsi) ma non basta. Quale sarà il modo migliore per insegnare a vostro figlio o figlia di mettersi la cintura sempre quando sale in macchina? Forse con l’esempio?! I valori si condividono da soli con la costanza dell’esempio. In un’azienda in cui è stato fatto un progetto 5S (pulizia, ordine .,.), si può essere certi che il titolare (leader) che raccoglie uno sfrido sporco d’olio caduto fuori fusto fa molta più promozione che un video motivazionale su Youtube.

Abbattere le resistenze. Se i primi due punti forse non destano scalpore o sorpresa (qualunque testo di management li riporta), questo punto è certamente più tosto; non ci sono mezze misure o giri di parole per rendere tutto più politically correct: dopo la condivisione, la formazione, la responsabilizzazione e tutto il resto, se v’è ancora resistenza questa va semplicemente abbattuta, eliminata, estirpata arrivando anche a rimuovere fedeli collaboratori che non sono in grado di accettare il cambiamento.

Concedere fiducia e autoresponsabilizzare. Ogni persona è responsabile di un pezzettino per quanto piccolo sia; il buon esito dipende da lui. Questa è la parte facile: più difficile è far capire alle persone che fare bene la propria parte significa aiutare gli altri a fare bene la propria. Concedere fiducia implica concedere alle persone l’autonomia per realizzare i propri obiettivi mentre responsabilizzare significa chiedere a quelle stesse persone di portare avanti le azioni, ma anche di tornare indietro e nel caso sia utile chiedere ad altre persone di proporre soluzioni.

Accettare gli errori, eliminare la blame culture. In un precedente post (LINK) ho scritto all’esperienza dell’aeronautica militare e del lavoro fatto nell’ultimo decennio.  Gli errori accadono ed il cambiamento culturale da portare avanti è che è più importante capire come non debba più accadere piuttosto che trovare il colpevole. In tale senso è importante sviluppare una cultura verso l’anticipazione del problema in modo sistematico e capacità di affrontarlo anche al giusto livello gerarchico, appunto, responsabilizzando le persone.

Lavoro in Team. Un aforisma afferma “Chi vuole arrivare primo corre da solo, chi vuole arrivare lontano cammina insieme”. Il lavoro in team serve generare un valore superiore (più teste) e portare più lontano (più efficacia). La bibliografia al riguardo è ampia e facilmente disponibile. Qui il punto è un altro: il team diventa uno strumento per portare un miglioramento in azienda ma, contestualmente e contemporaneamente, permette ad ogni membro del team di migliorare.

Meritocrazia: significa riconoscere il merito, pubblicamente. Non si sta parlando di sistemi incentivanti e premianti: ci si arriverà prima o poi. Nel cambiamento culturale qui proposto, meritocrazia significa riconoscere e dare merito a chi ha avuto la capacità di prendere dell’iniziativa, assumere una responsabilità e portare a termine un compito non scontato.

Iniziative Autonome: un imprenditore non può “imporre” di essere creativi, non può imporre di essere coraggiosi e innovativi; egli può fare in modo che ciò accada spontaneamente, creando il contesto giusto perché chi possiede determinate doti possa esprimerle senza timore di giudizio e condanna. Dunque l’imprenditore o il leader del cambiamento deve essere una figura “abilitante”, deve permettere che una cosa possa accadere ma nell'azienda innovativa non è lui a portarla avanti.

Utopia? No di certo! E' accaduto in una PMI bresciana (più P che M): asilo nido, lezioni di filosofia, operai i quali crescono e diventano responsabili di produzione, prodotti all'avanguardia in un settore estremamente competitivo. Il caso è dettagliatamente descritto nel libro Innovazione Infinita. Faticoso, difficile? Si, molto ma non impossibile!

Massimo Piva

Michele Morosin

Responsabile Commerciale presso Wintech Spa

7 anni

Condivido completamente... Grazie al consigli di Giorgio!

Massimo Piva

Wepladoo Product Owner | MBA | Innovation & Product Development Expert | Pilot & Flight Instructor

7 anni

Ciao Tonino, i passi da fare non sono facili come tu ben sai però lavorandoci, i risultati sono arrivati. Lo dimostra il tuo lavoro e del tuo team i numeri che hai fatto ed i numeri che sta facendo la tua azienda!

Tonino Tassinari

Consulente in approvvigionamenti aziendali presso RV10

7 anni

.......creando il contesto giusto perché chi dispone di doti, buoni propositi ed idee positive, possa esprimerle ed attuarle senza timore di giudizio o condanna. Mi piace!! T

Per visualizzare o aggiungere un commento, accedi

Altri articoli di Massimo Piva

Altre pagine consultate