Alcune riflessioni sparse sul sapere unificato. La Relianza un tema su cui riflettere molto.
Si parla ormai da tempi antichi della distanza tra scuola, università e mondo del lavoro. Il dibattito e la riflessione economica su questo tema si sono accentuati in questi tempi di crisi.
Sotto tale profilo, permangono, appunto, problemi di lungo corso. In Italia, la ricerca di personale assume spesso contorni paradossali che si manifestano con inserzioni che aprono con: "cercasi apprendista qualificato" o "cercasi neolaureato con esperienza". Si tratta nella maggior parte dei casi di annunci che tradiscono la poca disponibilità dell’impresa a farsi carico della formazione delle persone che intende assumere. Se è vero che parte delle competenze tecniche si acquisiscono con l’esperienza è, tuttavia, indispensabile che vi sia una qualche forma accompagnamento codificata (e retribuita) nella fase di ingresso del giovane nella posizione lavorativa. Tanto più che sono proprio le imprese a lamentare la distanza tra le conoscenze acquisite dai giovani nei percorsi di studi e le competenze necessarie all’attività lavorativa.
Per quanto riguarda la riflessione economica, essa condivide con altre discipline scientifiche il problema del lontananza tra la realtà complessa e gli strumenti parziali con i quali tale realtà viene indagata. La parcellizzazione, la compartimentazione, l’atomizzazione del sapere rendono incapaci di concepire un tutto i cui elementi siano solidali, e con ciò tendono ad atrofizzare la conoscenza stessa della solidarietà e la coscienza della solidarietà. Rinchiudono l’individuo in un settore “chiuso e circoscritto” e con ciò tendono a delimitare strettamente la sua responsabilità, quindi ad indebolire la sua coscienza della responsabilità. Così il pensare male corrode l’etica alle sue fonti: solidarietà e responsabilità. L’incapacità di vedere il tutto, di legarsi al tutto infatti de-solidarizza e irresponsabilizza.
Vi sono quindi ovvie implicazioni anche per il sistema educativo: il nostro sistema di educazione dovrebbe essere riformato poiché è fondato sulla separazione dei saperi, delle discipline, delle scienze – e produce delle menti incapaci di “connettere e integrare” le conoscenze, di riconoscere i problemi globali e fondamentali, di raccogliere le sfide della complessità e di un sistema fluido. Un nuovo sistema di educazione, fondato sullo spirito di relianza (traduzione italiana del neologismo che lega i termini francesi alliance e relier che si deve al filosofo e sociologo francese Edgar Morin che conia questo termine per indicare come l’uomo, singolo individuo, sia legato indissolubilmente a tutto ciò che lo circonda dall’universo alla più piccola creatura). Sistema quindi radicalmente differente da quello attualmente esistente, che dovrebbe sostituire.
E’ quindi necessaria l’adozione di un approccio interdisciplinare nella ricerca, dove siano favorite le retroazioni da e verso ogni disciplina sulle altre, fino all’emergere di una comprensione unificata. Si tratta poi di favorire una formazione ed un’istruzione che diano unità al sapere e quindi al soggetto discente.
Farsi carico della realtà, conoscerla e comprenderla nella sua complessità, da un punto di vista privilegiato perché unitario e identico nel tempo. Questi sono i correttivi da apportare al sapere, essi hanno evidentemente più la forma di auspici che di politiche operative, e più che indicare un’opzione esplicita, segnalano gli ambiti sui quali occorre vigilare e investire.
Ma senza questo cambio di visione del sapere le distanze tra esso le imprese, il mondo del lavoro e la stessa conoscenza sono inevitabilmente destinate ad aumentare.
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7 anniCondivido il suo pensiero, la difficoltà e distanza tra mondo del lavoro e scuola è anche dovuta, a mio modesto parere ed esperienza come docente, alla mancanza di preparazione dei futuri lavoratori sulle competenze relazionali, si insegna loro ad essere professionisti e ad avere competenze iper tecnologiche, ma poi nel mondo del lavoro si scontrano con il fattore umano, in cui una decisione viene presa molte volte, al di là degli aspetti tecnici, ma come direbbe il mio vecchio datore di lavoro "di Pancia" e questo per chi è abituato dalla scuola a sapere da sempre che due più due fa quattro è un impatto terrificante. Perché chi lavora da anni sa che due più due può avere un risultato variabile da o a infinito in un'impresa, perché l'obiettivo che uno si prefigge deve tenere conto non solo di ottenere il risultato ovvio previsto, ma tutti quei risultati che dipendono: dalle persone che lavorano al progetto, da come si relazionano, dall'ambiente in cui si realizza, dal cliente che deve usufruirne, anche da chi farà concorrenza ad esso, ecc...una complessità che si acquista dall'esperienza, ma che hanno basi comuni di conoscenza che andrebbero formate a scuola.
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7 anniIrene Assunta Pisanosulla base delle sue indicazioni ho letto con vivo interesse l’interessante articolo del Prof. Piero Dominici, http://www.vita.it/it/interview/2017/06/09/nella-societa-ipercomplessa-la-strategia-e-saltare-le-separazioni/119 che evidenzia la necessità, in una società fluida e complessa come quella che stiamo vivendo, di favorire la diffusione un pensiero multidimensionale e di un sapere unico. Credo che sia oggi irrinunciabile farsi carico della realtà, conoscerla e comprenderla nella sua complessità, da un punto di vista privilegiato perché unitario e identico nel tempo. Questi i correttivi che ho suggerito, perché hanno evidentemente più la forma di auspici che di politiche operative, e più che indicare un’opzione esplicita, segnalano gli ambiti sui quali occorre vigilare e investire.