Ambienti virtuosi e ambienti inquinati. Tu come lavori?

Ambienti virtuosi e ambienti inquinati. Tu come lavori?

Ecco la premessa:

Quando si lavora in un gruppo più o meno eterogeneo, possono svilupparsi numerose dinamiche che derivano, oltre che dal temperamento di ognuno, dalla differenza di potere (decisionale) e di competenza (sopratutto specifica).

Inoltre, anche quando la visione sul medio-lungo periodo è chiara e condivisa, i processi di ideazione, produzione, implementazione e sviluppo degli ouput possono essere appannaggio di singoli o segmenti del gruppo.

Aggiungo un'altra considerazione: quante influenze e suggestioni subiscono continuamente i nostri "capi"? Innumerevoli. E non tutte sono degne di nota, anzi, spesso mentre noi remiamo per generare un certo tipo di consapevolezza rispetto al lavoro svolto (metodo, qualità, orientamento ai risultati), N forze ci remano contro inquinando la nostra attività.

Quindi, come si fa a capirsi in merito ai reali processi di lavoro che permettono di arrivare da 0 a 100, ma sopratutto, come si genera consapevolezza rispetto al metodo e alla qualità del lavoro da produrre? Me lo sono chiesto in questi ultimi giorni.

1) Parlandosi e ascoltandosi: la storia più vecchia del mondo direte voi, eppure, se non è ancora scontata, vale la pena di ripeterla e di porla al primo posto.

2) Riconoscendo le competenze altrui e condividendo esperienza: ognuno di noi ha esperienze, conoscenze e competenze differenti. Se lavoriamo insieme probabilmente è perché le nostre competenze sono complementari o comunque sono tutte utili / necessarie. Sviluppare flussi di lavoro virtuosi è possibile solo se lo spazio e le capacità di tutti vengono dignitosamente riconosciute e valorizzate.

3) Aprendosi a condizioni e possibilità di scambio: quando un piccolo gruppo è abituato a lavorare testa a testa, rischia di perdersi delle possibilità. Coinvolgendo colleghi che non farebbero necessariamente parte del gruppo ristretto, si aggiunge valore ed è importante.

4) Ponendo attenzione: (diretta conseguenza del punto precedente) spesso dallo scambio che si ha con un collega, attraverso la richiesta si un parere, ma anche in pausa caffè o pranzo, si genera la possibilità di apprendere, integrare punti di vista e/o competenze inedite. È reale formazione. Perché si generi una condizione di condivisione spontanea e utile, è necessario un clima favorevole e una volontà di osservazione costante. Ho sentito spesso chiedere corsi di formazione interna a persone con cui si lavora, quando basterebbe riservarsi e strutturare del tempo per scambiare opinioni e visioni periodicamente.

5) Sviluppando flussi di lavoro chiari: (almeno sui progetti che lo consentono) tutti conoscono premesse, obiettivi, condizioni, sanno chi fa cosa e di che cosa ha bisogno per farlo. Avere una visibilità completa su persone e progetti, non vuol dire che "si fa tutto insieme", vuol dire che ognuno sa cosa serve per lo sviluppo del progetto, chi ha le competenze e/o la responsabilità degli output e qualcuno guida questo flusso. Nella mia esperienza più questi passaggi sono chiari, meno gli scambi tra le persone risultano ridondanti e confusi.

6) Agire sempre con fare collaborativo: eh. Devo aggiungere altro?



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