APP accessibili: Telegram e la petizione online
Il mobile è parte integrante della nostra vita, ci permette di essere in contatto con amici e parenti in qualsiasi momento e in qualsiasi luogo: l’accesso ad internet e l’utilizzo condiviso delle APP hanno abbattuto barriere che sembravano invalicabili, troppo grandi.
Da una recente ricerca, l’utilizzo dello smartphone è in continua crescita nel nostro paese: sono 31 milioni gli italiani attivi sui social media, 28 di questi accedono da mobile. Tra le varie APP, Facebook e YouTube la fanno da padrona, seguite subito dopo dalle applicazioni di messaggistica. Whatsapp è il servizio più utilizzato per scambiarsi messaggi, foto, audio e video, seguita da Messenger di Facebook (quest’ultima sta sempre più spingendo ad un target azienda integrando, grazie ai bot, un e-commerce istantaneo con l’utente presente nella Fan Page).
Esiste una APP di messaggistica che ha una percentuale piccola di diffusione e utilizzo, circa il 6%, ma che cresce costantemente, totalmente free e gratuita: Telegram. Spesso citata in merito alla sua sicurezza, tanto da essere usata dai terroristi dell’ISIS (la casa madre ha fatto diversi interventi per bloccare account sospetti e a finalità illegali), Telegram ha numerose funzionalità che le APP concorrenti non hanno: supergruppi, chat segrete, canali, versione nativa per desktop, stickers e tanto altro.
Purtroppo Telegram ha un gran difetto: non è inclusiva, quindi non accessibile alle persone non vedenti; il limite è forte, in quanto non è possibile utilizzare un Voice Over per poter utilizzare il tool di messaggistica. Da qui la mobilitazione delle persone non vedenti: non volendo arrendersi, questi ultimi hanno lanciato una petizione per far sentire la propria voce agli sviluppatori di Telegram.
Per completezza di informazioni, i solleciti degli utenti hanno ricevuto una risposta dall’account Twitter ufficiale, dal quale è stato comunicato che è presente nella “road map” aziendale la volontà di rendere accessibile l’APP. Non ci resta che attendere e firmare la petizione!
Fonte: Jobmetoo