Apple e dati personali
Sono nel bel mezzo di un esperimento piuttosto intrigante per quel che mi riguarda, che a me piace chiamarlo delirio epifanico, e che tratta (in un certo senso) l'effetto che ha sulla specie umana questa continua distorsione della coscienza e delle nostre consapevolezze che subiamo come conseguenza di un uso poco consapevole dei social media, anche se più in generale di Internet.
In questo contesto uno dei pensieri collaterali ricorrenti del momento è quello di constatare, e guardare in maniera del tutto soggettiva, a come l'impegno di Apple nella protezione della privacy e dei dati personali dei suoi utenti sia una delle poche iniziative concrete messe in atto per mitigare questo tipo di fenomeni.
Qualcosa che indubbiamente è vista dai più come ambigua e anti-concorrenziale rispetto alle realtà che saranno severamente danneggiati da questo comportamento.
Tim Cook nel suo intervento alla conferenza CPDP (Computers, Privacy and Data Protection) svoltasi a Bruxelles a fine gennaio 2021 ha rilasciato alcune dichiarazioni estremamente critiche su aziende e piattaforme che adoperano modelli di business basati sullo sfruttamento dei dati personali senza però fare nomi, anche se è stato chiaro a tutti che il bersaglio principale fosse lo stesso Facebook:
Se accettiamo come normale e inevitabile che tutto nella nostra vita possa essere aggregato e venduto, perdiamo molto più dei dati, perdiamo la libertà di essere umani.
Se un'azienda si basa su dati fuorvianti, sullo sfruttamento dei dati, su scelte che non sono affatto scelte, non merita la nostra lode. Merita una riforma.
Non possiamo più chiudere un occhio davanti a una teoria della tecnologia che dice che tutto il coinvolgimento è buono - soprattutto se dura a lungo - e che le aziende dovrebbero continuare a raccogliere quanti più dati possibile.
Quali sono le conseguenze non solo di tollelare, ma anche di ricompensare i contenuti fake che minano la fiducia del pubblico, se non vedere migliaia di persone unirsi in gruppi di estremisti, spesso attraverso condivisioni su queste piattaforme?
Cook nel suo intervento ha definito alcune di queste piattaforme come "venditori ambulanti di divisione" e "trafficanti di dati personali" che possono portare alla violenza. Ed è veramente difficile dargli torto.
Se paragonato a ciò che ha fatto Facebook per cercare di migliorare il suo algoritmo con il concetto di meaningful interaction non c'è da stupirsi se ha ottenuto l'effetto contrario a quello desiderato, di fatto esasperando l'effetto "camera dell'eco" tipico di una piattaforma social.
E non c'è da stupirsi neppure se è proprio Facebook in prima fila ad accusare Apple di pratiche anti-concorrenziali ogni volta che quest'ultima fa semplicemente la cosa giusta da fare:
Prendersi le proprie responsabilità.
Sarò considerato anche un fan-boy di Apple nel dire così, non importa, e magari sono anche condizionato dalle mie competenze tecniche nello sviluppo di applicativi mobile orientati (esclusivamente) all'ecosistema di Apple, ma continuo ad essere del parare che lo stesso ecosistema è tuttora il più idoneo per la sperimentazione di nuovi modelli di business profittevoli.
D'ora in poi, a questa mia convinzione, aggiungerò anche il fatto che, essendo le regole del gioco cambiate, più che lamentarsi per sperare di cambiare le cose, bisognerà abbracciare il cambiamento e percorrere le inedite sfide che un modello del genere ti propone.
Io voglio credere che in questo inedito contesto sono nascoste le migliori sfide per il futuro che un innovatore consapevole deve saper cogliere, e che sta solo a noi (innovatori-consapevoli-provetti) andarle a scoprire per renderle concrete.
Per me "questo" è l'inizio di una nuova era, ora vediamo che succede.
fm.