Aspetti sociali e psicologici della perdita del lavoro di Paolo Cardoso

Aspetti sociali e psicologici della perdita del lavoro di Paolo Cardoso

La perdita del lavoro è un fenomeno che purtroppo accade spesso nel nostro Paese. I dati INPS di un po' di tempo fa riportavano al 9% il tasso di disoccupazione A finire a casa soprattutto i giovani sotto i 25 anni e la fascia 40/50 anni. Naturalmente è sempre un brutto trauma, ma a 20, 30 anni si hanno sicuramente più possibilità di ricollocarsi nel mercato del lavoro. Ma cosa accade quando si anno più di 40 anni? Le difficoltà di "riciclarsi" divengono sempre maggiori e non è che lo Stato aiuti molto. Sì vengono fatti corsi di riqualificazioni, di formazione dalle Agenzie del lavoro, ma servono davvero? Io a volte ho la percezione che gli unici a cui sono utili sono le Agenzie stessi ed ai formatori (me compreso). Non c'è un vero incrocio tra la domanda e l'offerta. Non studi approfonditi su quali sono e saranno le reali necessità delle Aziende nel futuro.

Ma a parte ciò, cosa accade a chi perde il lavoro? Purtroppo io ho seguito varie persone che si sono ritrovate in pochi giorni, fuori dall'Azienda dove spesso avevano trascorso la maggior parte del loro tempo/lavoro.

Dopo un breve periodo in cui si realizza l'accaduto c'è la ricerca di un nuovo lavoro e lì si inizia a "rimbalzare", a fare colloqui inutili o senza sbocchi. Magari si frequentano i corsi di riqualificazione, ma si seguita a non trovare niente. L'autostima inizia a perdere colpi, si perde il ruolo sociale che avevamo. Si inizia a dover fare i conti con la mancanza dei soldi. Si deve, in poche parole, riattestarsi su un livello più basso di vita e di scala sociale. Si precipita verso la base della Scala di Maslow. Magari ci si ammala, ma non ci si può curare adeguatamente. Crescono le tensioni e le discussioni in famiglia. Là dove invece sarebbe necessario fare squadra, sostenersi l'un con l'altro. Più era elevato il tipo di lavoro e più difficile è accettare il cambiamento, il dover tornare indietro nella scala del lavoro. Spesso è la moglie che lavora ed il disoccupato si ritrova a fare il "casalingo" e la depressione va alle stelle. Uni studio svedese ha comprovato che la perdita di lavoro, se si prolunga a lungo, porta ad u fattore di rischio maggiore di malattie legate alla demenza, rispetto a chi invece lavora.

Spesso sorge l'incapacità a riconoscersi in ruoli di lavoro e sociali diversi. Il sociologo americano Slocum individua sei funzioni principali del lavoro:

  1. Il lavoro è una forma di reddito
  2. Il lavoro struttura il tempo
  3. Il lavoro contribuisce alla creazione ed al mantenimento dei contatti sociali
  4. Il lavoro forma l'identità
  5. Il lavoro dà uno scopo alla vita
  6. il lavoro mantiene in attività

Vi sono poi una serie di fasi che attraversa chi perde il lavoro ovvero si passa dall'incredulità alla fase di disperazione e pessimismo per cadere poi nella rassegnazione.Insorgono stati di ansia seguiti da depressione, senso di rabbia e frustrazione.

Bene detto tutto ciò che si può fare per rendere la dignità, la speranza, il sogno alle persone?

Intanto occorrerebbe che queste persone fossero seguite da psicologi adeguatamente formati, che li aiutassero ad elaborare la perdita, che alla fine è come un lutto. Che li aiutassero a individuare tutte le potenzialità che la persona ha e che magari non ha mai preso in considerazione. Poi ci vorrebbero dei corsi di formazione performanti, che non fornissero delle nuove competenze richieste dal mondo del lavoro in quel momento. Poi che si cercasse di stimolare il "sogno", magari mai realizzato da quella persona nel campo dello studio o di un lavoro autonomo. Aiutarlo a mettere in atto delle tattiche utile a migliorare la propria autostima (la famiglia, il volontariato ecc.) e delle strategie a più lungo termine. Più che altro non far sentire sole ed abbandonate queste persone.

Chi dovrebbe intervenire? Prima di tutto il Ministero del lavoro, le Regioni, le Agenzie del lavoro, ma anche il S.S.N. ed il Volontariato.

L'automazione, l'intelligenza artificiale, la robotica, stanno preoccupando tutto il mondo perchè manderanno a casa molte persone e qui non è il luogo per parlar di questo. Siamo davanti ad una situazione che di per se sicuramente non va a migliorare. Allora occorre mobilitare tutte le risorse, ma in modo organico, così da orchestrare al meglio le già scarse risorse. Ci vogliono risposte che sostengano le persone e che diano vere opportunità. Il tempo dei balocchi è finito. Questo problema va affrontato in modo complessivo ed organico.

Si creano tante cabine di regia, commissari straordinari e commissioni inutili. Facciamone una sola ma con poteri veri e composta da esperti veri.

Il mio è un messaggio nella bottiglia in un mare in tempesta? Può essere ma spero che qualcuno lo raccolga e lo legga.


Stefano Riccardo Natale

Vigilanza Privata e Servizi di Sicurezza, Attestato Safety & Sicurezza ---. lavoro presso AG. MISSION GROUP

6 anni

Bravo Paolo che questo messaggio venga letto e sia buon segnale. Vado avanti sempre i colloqui ci sono: le attese sono lunghe.... Buona Pasqua. Cordiali saluti Stefano R. Natale

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