AUMENTO PROBLEMATICO DELLA SELVAGGINA: IL FUTURO STA NEL CONTROLLO DELLE POPOLAZIONI
Dott. Alberto Colleselli, non solo le sue origini sono montanare, ma il suo lungo, qualificato e apprezzato percorso di responsabilità all’interno del Corpo Forestale dello Stato sono l’attestazione più evidente della sua conoscenza della montagna, del suo territorio e delle sue problematicità.
Il crescente numero della selvaggina nella nostra provincia è un problema che si sta sempre più aggravando. Ci sono branchi di cinghiali che scorrazzano dalla montagna al fondo valle, i lupi che mettono a repentaglio gli animali negli alpeggi e creano apprensione nella popolazione, i cormorani che si cibano delle pregiate varietà autoctone, come la trota marmorata che è a rischio di estinzione, gli ungulati che attraversando le strade creano collisioni con i veicoli con danni ai mezzi e talvolta anche ai passeggeri, ecc.
Secondo lei, cos’è che non funziona nella gestione della selvaggina? Mancanza di personale dedicato? Fondi specifici? C’è la necessità di una revisione della normativa? Cosa si dovrebbe fare per contenere la crescita incontrollata degli animali selvatici?
Per la gestione della nostra fauna è necessario un approccio scientifico non di parte con una visione globale dell’ambiente, sua naturalità, presenza d’insediamenti antropici, di agricoltura, di eventuali insediamenti turistici e produttivi. Solo con una conoscenza dell’ambiente e della sua capacita di “sopportare “ popolazioni di selvatici si può pensare a un piano faunistico. La presenza d’insediamenti agricoli, soprattutto in aree montane, deve essere elemento fondamentale nelle scelte come la consistenza delle aree forestali e la loro tipologia. Solo una minima parte delle specie presenti è soggetta a gestione venatoria e quindi con possibilità di gestione e interventi per eventuale contenimento numerico se necessario. Il futuro della pianificazione faunistica in un contesto europeo non può essere che un controllo delle popolazioni (ungulati ,corvidi e altri uccelli dannosi alle coltivazioni) , una “gestione “ delle specie attualmente non cacciabili anche se oggi super protette ma che stanno raggiungendo numeri non compatibili con attività agricole e turistiche .Le Alpi sono la catena montuosa più popolata del mondo ! La stessa attività venatoria avrà futuro solo con un prelievo sempre sostenibile e in linea con le esigenze della società fra cui per primi ci devono essere chi gestisce l’ambiente (gli agricoltori di montagna !) e ci vive. Purtroppo l’opinione diffusa è legata a una conoscenza limitata dell’ambiente nella sua complessità ecosistemica in cui un singolo elemento (un albero o un cerbiatto) è enfatizzato e protetto a discapito della popolazione a cui appartiene che deve essere l’obiettivo della nostra gestione. Non servono fondi particolari e forse nemmeno tante aree protette ma una moderna normativa con precisi obiettivi per una conservazione dell’ambiente nel suo complesso.
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Lei è Presidente di Federcaccia della Provincia di Belluno.Quali azioni si possono mettere in campo sin da ora per far si che le popolazioni selvatiche siano in equilibrio con l’ambiente, il territorio e le attività umane ? Che ruolo devono avere le Riserve di Caccia e i cacciatori nel contesto del contenimento e selezione della selvaggina?
Le Riserve di caccia di Belluno e in generale delle Alpi, proprio per la particolarità del rapporto cacciatore territorio, hanno un futuro di controllo e gestione delle popolazioni di selvatici: solo in questo modo (come avviene in alcuni Paesi europei) potranno riguadagnare il rispetto e la considerazione della collettività e in particolare di chi vive nel nostro ambiente, chi lo gestisce e del mondo agricolo che ha bisogno di un controllo delle popolazioni di alcuni selvatici.
Il suo impegno nel progetto per prevenire l’estinzione della lince nei Monti Dinarici e nelle Alpi Sudorientali nasconde anche il suo lato “ ecologista e animalista”?
Appartengo a questa associazione che da anni si interessa di specie importanti dal punto di vista ambientale e non solo perché ho un lato “ecologista e animalista “,da forestale ho imparato la gestione dell’ambiente e la conservazione degli ecosistemi in tutte le sue componenti con particolare interesse a quelle che più necessitano di attenzione. Collaborare al ritorno della lince nelle Alpi Sudorientali è Monti Dinarici è uno degli impegni dell’associazione (ne fanno parte persone di diversa estrazione: appassionati, forestali, cacciatori, faunisti, studiosi ecc.) che nella vicina Slovenia vede collaborare i forestali con i cacciatori e gli ambientalisti, nel comune intento di conservare una specie che veramente ha bisogno di essere seguita. Credo che questo progetto in cui mondi diversi e (da noi contrapposti) collaborano con risultati apprezzabili e con pubblico consenso.
E.C.