Bancari a un bivio
Presumo che il conflitto di interesse tra cliente e impresa esista da quando un nostro lontano progenitore decise di procurarsi da vivere cedendo delle merci a un suo simile in cambio di un compenso. È un comportamento naturale e accettabile sino a quando resta confinato nel campo della ragionevolezza e della liceità.
La storia di alcuni Istituti finanziari (italiani e non ) nell’ultimo decennio è purtroppo costellata di esempi di comportamenti poco ragionevoli e non sempre leciti. Restando nei confini italici, viaggiando nelle piccole e grandi città del Veneto si incontrano molti impiegati e funzionari di banca che faticano a mostrarsi per strada dai tanti clienti ai quali per anni hanno suggerito di acquistare titoli che adesso valgono meno della carta sui quali furono stampati.
Il mio lavoro consiste nella selezione di professionisti che svolgono attività di gestione con la clientela all'interno di istituti bancari e, al di fuori del caso - fortunatamente limite - al quale accennavo sopra, spesso negli incontri che effettuo mi trovo di fronte professionisti giovani, tecnicamente preparati e competenti che, per le modalità con le quali sono chiamati a svolgere il loro lavoro, mi ricordano maggiormente degli addetti ai banconi di un supermercato che non dei consulenti finanziari.
Rigorose e inderogabili logiche di budget giornaliere e, nel migliore dei casi, settimanali imposte dall’alto li obbligano infatti a proporre ai clienti ricette di investimento composte da qualche etto di polizze, generose dosi di certificate e via discorrendo e il mancato conseguimento degli obiettivi economici aziendali rischia per loro di tradursi nell’azzeramento dei bonus ad personam oppure nell’assegnazione ad altri incarichi.
Molti di questi professionisti in sede di colloquio dichiarano espressamente il proprio disagio. Ma, invece di cercare alternative, preferiscono restare dove sono e cercare di sfruttare i minimi margini di manovra rimastigli per dare un servizio accettabile ai clienti. Comportamento entro certi limiti comprensibile, ma a valore aggiunto prossimo allo zero.
A mio parere - se si ama questa professione e si vuole svolgerla in maniera più libera - esistono alternative.
La più diretta consiste nello scegliere la libera professione all’interno di Società finanziarie solide in cui la titolarità del rapporto con i clienti è ribaltata rispetto alle banche tradizionali, ovvero è in capo al consulente e dove, grazie a una struttura variabile dei costi, è più facile trovare un allineamento soddisfacente degli interessi dei tre attori in gioco: Cliente – Consulente – Società.
La libera professione è una scelta di vita prima ancora che di lavoro e va quindi effettuata con consapevolezza dopo un adeguato processo di maturazione. Non è per tutti ma una volta fatta raramente delude.
Negli ultimi anni molti dipendenti di banca l’hanno effettuata con successo e il trend è in forte crescita mentre sono sporadici i casi di liberi professionisti che compiono il percorso inverso.
Nel suo piccolo è’ una vera e propria “rivoluzione bancaria”.
Poiché il primo concreto passo nella direzione della libera professione è rappresentato dall’iscrizione all’Albo dei Consulenti Finanziari previo superamento di un esame (salvo che non si possiedano i diritti automatici), vale forse la pena di approfittare della pausa natalizia per dedicare un po’ di tempo allo studio.
Buone feste
Area Manager Retail UniCredit Messina
6 anniio credo che nella vita e nella professione si facciano delle scelte anche in base alle capacità.Non tutti i consulenti-dipendenti sono in grado di essere dei buoni imprenditori di se stessi.
Consulente Patrimoniale presso Valori & Finanza Investimenti SIM S.p.A.
6 anniGrazie Alex Cisana, ma i clienti hanno comportamenti discordanti e non sempre considerano l'ottima relazione instaurata con il consulente bancario ma guardano il marchio (come per i vestiti firmati li comprano anche se fatti in Cina). Da parte mia, dopo circa 5 anni di valutazioni (forse troppi) l'anno scorso mi sono licenziata dalla banca (ero direttore di filiale) in quanto avevo maturato un ottimo pacchetto clienti e con loro instaurato un rapporto molto confidenziale in 20 anni (ho visto nascere nipoti, morire i vecchi ....problemi di famiglia) e sono consulente patrimoniale per una SIM autonoma e indipendente e lavoro in assenza di conflitti di interesse (fantastico!! nessun obbligo di vendita). In breve di questi clienti neanche il 10% mi ha seguita ed ho molte più soddisfazioni con clienti nuovi che non conoscevano un approccio come il mio e soprattutto anche il nuovo metodo di lavoro. I vecchi clienti continuo a dare consulenza sperando che decidano di mollare il MARCHIO banca che a dir loro da più sicurezza.
Responsabile recruiting wealth management
6 anniUna fotografia attuale del mondo bancario. Un'analisi corretta della situazione. Il grande problema, a mio parere, sta nell'individuare quelle figure bancarie realmente fiduciarie della relazione con la propria cliente. Diversamente diventa un problema sia per il neo consulente che per la neo mandante. C'è una regola d'oro per avere successo nel passaggio, ovviamente no, ma ho notato nell'aver accompagnato un buon numero dei colleghi dipendenti verso la professione che quei dipendenti che hanno coltivato negli tempo la cura verso i piccoli particolari personali dei clienti hanno fatto un discreto successo. Quanti dei colleghi bancari conoscono gli hobbies dei clienti? Quanti la composizione famigliare e tutte le date importanti che ne conseguono? e via dicendo ... tutto ciò è un embrionale concetto di empatia. I professionisti affermati nella consulenza finanziaria hanno basato la loro carriera sulla gestione della relazione con il proprio cliente e non tutti sono dei meravigliosi gestori patrimoniali . Un in bocca al lupo a chi avrà la lungimiranza di cambiare paradigma
Direttore
6 anniIn effetti le pressioni commerciali ed il tratto scadente di alcuni Direttori del cd "Mid Management" , assolutamente privi di autorevolezza e con un profilo di leadership del tutto assente hanno aperto la strada ad esodi e fuga dai grandi Istituti di Credito verso il Sistema Bancario locale, l'unico in grado di mantenere una stretta dialettica con tutte le Comunita' presenti sul Territorio.