Belle e imperfette: il nudo senza nudo del Calendario Pirelli 2017
Addio erotismo, e anche l’esotismo è un ricordo. Non c’è trucco, e nemmeno l’inganno. Per raccontare le donne come sono, molto meglio spogliarne l’anima, fissarne l’essenza. Senza ritocco viene fuori tutto com’è davvero: l’emozione, la verità, la sensibilità che un corpo, anche perfetto, non rivelerebbe mai. “Per questo il mio calendario senza nudo, è più nudo che mai…”.
Coprire per scoprire, ecco la svolta che continua. Aveva iniziato la leggendaria Annie Leibovitz con gli scatti della passata edizione, per la prima volta nella storia più o meno rigorosamente vestiti. Ora tocca a Peter Lindbergh, che 15 anni dopo l’ultima e per la terza volta, è tornato a firmare il calendario Pirelli 2017, semplicemente (e aristocraticamente) “The Cal” per la ristretta cerchia di chi lo riceverà in omaggio visto che non è in vendita e mai lo è stato. A suo modo un’icona, che mantiene il suo rituale unico nel rapporto tra promozione pubblicitaria e virtuosismo fotografico, ma rinuncia alla morbosità delle forme, e questa volta anche alle modelle celebri.
Sorrisi, rughe, verità. Donne, appunto. Solo quelle. Un gruppo di attrici, più un’intrusa, Anastasia Ignatova, affascinante docente russa di scienze politiche all’Università di Mosca e designer di gioielli a tempo perso. Tutte famose, anche fieramente non più giovani, ma mai scrutate con questa luce addosso. Nicole Kidman, Uma Thurman, Lea Seydoux, Lupita Nyong’o, Rooney Mara, Penelope Cruz, Julianne Moore, Charlotte Rampling, Helen Mirren, Alicia Vikander, Zhang Ziyi, Robin Wright, Jessica Chastain, Kate Winslet: sul set di Peter Lindberg che le ha ritratte in pose semplici e profonde, ci hanno messo la faccia. E il corpo solo come accessorio, per rappresentare il successo, la femminilità, la bellezza senza colore e senza Photoshop. Forse è un altro segno, una conferma del fatto che il mondo non ha più voglia di cose e di volti artefatti, di donne finte, levigate, perfette. Anche loro, che pure recitano per mestiere, avevano bisogno di farsi imprimere così sulla pellicola: molto sincere, molto reali, consapevoli delle loro imperfezioni.
Lindbergh, nato in Polonia e cresciuto in Germania, per vivere poi tra Parigi e New York, le ha ritratte come fosse uno psicologo più che un fotografo famoso. «Ma c’è bellezza più autentica – finge di chiedersi lui – di una donna in un momento di massima naturalezza?». E allora addio passato. Addio al trucco e ai trucchi della seduttività esplicita, aggressiva, appositamente accentuata, dove il nudo diventa un pugno. E invece spazio alla delicatezza distesa di donne che interpretano se stesse, sedute pensierose con i gomiti su un banco e il volto sorretto da una mano stanca, come Lindbergh ha voluto immortalare Charlotte Rampling. Oppure scapigliata, sorpresa e gioiosa come Uma Thurman, in una delle immagini più intense tra quelle scattate sui set di New York, Los Angeles, Berlino, Londra e Calais.
Anche il Calendario in fondo e a suo modo, è sempre stato un simbolo dei tempi: nacque a Londra nel 1964, quando i capelli dei ragazzi si stavano allungando e le gonne delle ragazze si stavano accorciando. Da allora la sua forza è sempre stata quella di assorbire le tendenze senza scadere nella volgarità, pur immortalando una realtà a senso unico. Ma i tempi cambiano, anche il fascino ha imparato a diventare adulto. Nato per il nudo, il Calendario Pirelli lo ha ripudiato. Non per pudore, ma perché non interessa più. Costruito sull’ossessione dell’immagine, ora ha rifiutato anche quella. Ha spiegato Peter Lindbergh, prima del gran galà per il lancio del Calendario di questa sera alla Cité du Cinema di Parigi: “La bellezza oggi è uno status commerciale, io ho voluto mostrare l’opposto. Un urlo contro il terrore dell’imperfezione e contro il mito dell’eterna giovinezza. Una sfida al mondo social di oggi rovinato dai “selfie”, stupide manifestazioni di egocentrismo ”. Un cambio di prospettiva totale, rigorosamente in bianco e nero, come la vita. (Copyright “Avvenire”)
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