cap. 6 | la montagna | "Una vita in ascolto. Dieci conversazioni sulla musica con Michele Trenti" (Serel)
La montagna fa pensare al silenzio. Al silenzio e, quindi, all’ascolto.
«Per i credenti – dice Giulia Cassini nel sesto capitolo di ‘Una vita in ascolto. Dieci conversazioni sulla musica con Michele Trenti’ (Serel | Stefano Termanini Editore, 2021) – è l’anello di congiunzione tra la terra e il cielo». Per Michele Trenti, che alla sollecitazione di Giulia Cassini risponde, la montagna è l’oggetto di un rapporto speciale. Nel libro – alla montagna – si dedica un intero capitolo. «Mio nonno materno – racconta Michele Trenti – Matteo Demez, era guida alpina. Fu due volte campione italiano di sci di fondo e partecipò alle Olimpiadi di St. Moritz nel 1928». Sì, è vero: almeno in parte si tratta di dna. O di una tradizione, se si vuol dire altrimenti, profonda e radicata. Racconta ancora Michele Trenti, venendo a tempi più recenti: «Mio padre ebbe la passione dell’alpinismo, [...] fu presidente dello Sci Club Genova, socio Cai per oltre 60 anni. Quando ero bambino le nostre vacanze estive prevedevano sempre qualche settimana in Carinzia, dove abitava mia nonna, e sovente in baite alpine. Mi sono abituato fin da piccolo a respirare la libertà che solo la vita nella natura può dare». Alle montagne, Michele Trenti e la sua famiglia legano ricordi lieti e tristi. «Il mio nonno paterno – ricorda –, Arcangelo, fu ferito sulle montagne del Carso durante la Prima guerra mondiale». Si salvò, aveva vent’anni. Ma portò con sé le conseguenze di quelle ferite, al punto da aver minata la salute. Morì a soli 35 anni. Vicino a Tarvisio, a 1800 metri d’altezza, nel bosco, durante la Seconda guerra mondiale «i miei nonni avevano preso in gestione un rifugio», ricorda ancora Michele Trenti. «Mio nonno si sentì male dopo pochi mesi e, cercando di raggiungere il centro abitato più vicino, scomparve senza che si potesse mai trovarne traccia», dice. «Mi madre mi raccontava spesso delle vicende, a sua volta apprese da sua madre, dell’infanzia molto difficile» trascorsa sulle montagne.
Lo sollecita ancora Giulia Cassini: «I tuoi genitori ti hanno trasmesso anche tanti valori positivi della vita all’aperto». La felicità della conquista, sport anche molto duri, i percorsi alpinistici. Cita Erri De Luca: «una cima raggiunta è il bordo di confine tra il finito e l’immenso». Risponde Michele Trenti, che in montagna ama andare da solo e che in montagna si ritira a comporre: «Una delle grandi lezioni della montagna consiste nella possibilità di scoprire la bellezza e la soddisfazione di superare una difficoltà. È molto più bello superare una difficoltà che non trovarne nessuna sul proprio cammino». La montagna può essere pericolosa. Non va sfidata. Da soli, se si sbaglia, c’è poco da sperare. Insegna, però, la montagna. Ci lascia stare con noi stessi. Ci educa a restare soli con noi stessi. Soltanto così ci si aggancia alla Terra, con la parte più profonda di se stessi. La montagna e la Terra ci inspirano. Bene lo dice, a Giulia Cassini, Michele Trenti: nel 2008 ha comprato una baita in Carinzia, «una casetta in legno, in cui ho solo quello che è strettamente necessario [...]. Lì posso suonare, studiare e, naturalmente, comporre indisturbato». Non vi sono né televisione, né radio, né internet, né copertura telefonica. «La concentrazione – conclude - è garantita».
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