Cap. 7 - Comunicare nelle relazioni

Cap. 7 - Comunicare nelle relazioni

La comunicazione è la linfa vitale di tutte le organizzazioni. Va coltivata a tutti i livelli. Che sia un investimento è dimostrato dai danni generati, all’interno e all’esterno, dal suo fratello gemello perfido: la confusione!

Il “cosa” e il “come”

Mettiamo in luce alcuni aspetti dell’atto del comunicare che rinforzano le nostre capacità (Leonardi, 2007).

Nella relazione fra persone entrano in gioco molti fattori. Il messaggio che nasce è formato da due parti: cosa diciamo e come lo esprimiamo. Concetto che viene riproposto come la “dualità” : il cosa e il come. L’aspetto interessante è che hanno un peso diverso: i messaggi trasmessi dal “come” hanno effetti più consistenti ed incisivi sul destinatario rispetto a quelli del “cosa”.

Analizziamoli: il cosa sono le parole, il come origina dalla voce e dal corpo. Gli studi di Albert Mehrabian (1972) hanno fornito un ordine di grandezza del peso di queste tre componenti: 7% le parole, 38% la voce, 55% il corpo. Fermarsi ai numeri sarebbe inutile e controproducente. Queste percentuali non vogliono dire che le parole non sono importanti ma piuttosto che il corpo veicola messaggi, che possono tradirci!

Quando questi elementi esprimono lo stesso pensiero, il destinatario è favorito: gli sarà facile capire ciò che l’emittente voleva dire. Quando invece c’è disallineamento fra questi tre elementi, sorge una prevaricazione: domina il messaggio veicolato dal corpo.

Le parole vengono selezionate: dire di “aver preso parte ad un corso” è ben diverso dal dire di “aver subito un corso”. Alle parole si sommano contributi legati alla voce: il tono, il volume, le pause, le inflessioni rinforzano o modificano il significato letterale delle parole. Effetto prodotto anche dalla gestualità, dalla mimica facciale, dalla postura. Considerando che il messaggio è formato non solo da parole, ma anche dalla voce e dal corpo, prendiamo atto che il destinatario utilizza non solo l’udito, ma anche la vista.

Le parole, la voce e il corpo diventano un tutt’uno. Un messaggio di saluto, a parità di parole può essere accogliente o respingente.

  • “Buongiorno signor Bianchi!” La frase è formulata con una voce calda e un tono garbato; la persona sorride, guarda in viso l’arrivato e si stabilisce un sereno contatto occhi con occhi. Risultato: è un bel messaggio di benvenuto.
  • “Buongiorno signor Bianchi!” La frase è formulata con una voce sgradevole e un tono urlato; la persona guarda altrove, con la testa incassata fra le spalle, una postura rigida e mentre parla sta scrivendo al PC; non si stabilisce alcun contatto. Risultato: non è un messaggio di benvenuto.

Nell’atto comunicativo fra emittente e destinatario si genera un flusso di energia (Leonardi, et al, 2003) che dà origine a forme di comunicazione che possiamo etichettare fredda e calda.

La comunicazione fredda è quella in cui l’emittente vuole mantenere una distanza dal suo interlocutore: il messaggio cela fra le righe una netta separazione, del tipo “noi e loro”, e sembra provenire da una torre d’avorio. Qui non vengono messe in gioco emozioni che promuovo la relazione, né si coglie alcuna personalizzazione. La rigidità di questa comunicazione può arrivare al punto di generare una situazione quasi conflittuale: “Il mio messaggio afferma il mio ruolo di vincitore, e tu sei perdente.” A dare questo taglio non sarà solo il contenuto, ma soprattutto la forma:

  • le modalità: incontro in un ambiente in cui c’è una notevole distanza fisica fra chi parla e chi ascolta o con barriere fisiche (tavoloni, banconi…) fra emittente e destinatario, accento sugli errori e carenze degli altri, sottolineatura delle manchevolezze altrui, sintassi complessa …
  • le componenti non verbali: tono, sguardo non rivolto ai destinatari, postura rigida, espressioni del viso, inflessioni della voce, ritmo delle parole …

La comunicazione calda invece ha tutt’altra finalità: vuole promuovere il dialogo, e sollecitare emozioni. E’ caratterizzata da un agire condiviso, e si realizza mediante: workshop, gruppi multifunzionali, attività di squadra, incontri basati sul dialogo e sullo scambio di contenuti e di vissuti, attività di coinvolgimento, promozione di partecipazione... Qui le finalità

sono ben dichiarate: c’è quasi una sorta di complicità, per giungere all’obiettivo che vuole essere condiviso, e, fondamentalmente, vige rispetto e accettazione delle opinioni e posizioni degli altri.

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