CARO ENERGIA E TRANSIZIONE ECOLOGICA, QUALI PROSPETTIVE?

CARO ENERGIA E TRANSIZIONE ECOLOGICA, QUALI PROSPETTIVE?

La recente crisi energetica sta colpendo l’Europa con un impatto negativo sotto molteplici profili: in primis con un significativo aumento del costo delle bollette e conseguente disagio per cittadini ed imprese. Al contempo, questa situazione costituisce un ostacolo alla transizione ecologica, già di per sé di non facile ed immediata attuazione.

Secondo quanto stimato dall'ARERA, l’autorità garante per l'energia elettrica e il gas, nel primo trimestre del 2022 rispetto a quello precedente, la bolletta per una famiglia media italiana subirà un aumento del 55% per l'energia elettrica e del 41,8% per il gas metano.

Ciò è dovuto all'aumento delle quote di CO2 sul mercato delle emissioni, che implica maggiori costi per le aziende produttrici e venditrici di energia e di conseguenza l'aumento dei prezzi di luce e gas. A questo poi si aggiunge l’attuale incertezza e minaccia rappresentata dalle recenti tensioni internazionali nell’est Europa.

In questo contesto si complica, o comunque subisce un rallentamento significativo, il processo di transizione energetica. Vengono infatti rivisti e ridimensionati gli incentivi alle fonti rinnovabili come il fotovoltaico, puntando nel breve periodo sul gas, mettendo in secondo piano il biometano e procedendo con meno vigore verso il taglio degli aiuti alle fossili.

È necessario ridurre i consumi di gas tramite significative azioni di efficientamento energetico, che contrastino il caro bollette nel breve termine, ma al contempo occorre non compromettere il raggiungimento degli obiettivi climatici da qui al 2030.

Il governo italiano per mitigare i rincari sulle bollette ha destinato un nuovo intervento tra i 5 ed i 7 miliardi di euro, con misure che interessano anche il settore delle energie rinnovabili, ma ciò non basta a remunerare adeguatamente i produttori rispetto gli attuali prezzi del mercato elettrico.

Sul fronte UE, tra gli investimenti “sostenibili” sono stati recentemente inclusi il gas ed il nucleare, che seppur non considerabili “green”, vengono definiti «utili», in virtù delle emissioni inferiori rispetto a quelle di altre fonti di energia. Ciò ha provocato la reazione del fronte ambientalista, molto scettico sotto il profilo della sicurezza degli impianti nucleari e di un effettivo smaltimento delle scorie, oltre ai tempi lunghi di realizzazione poco compatibili con quelli della transizione già in atto. 

Inoltre, un impiego di importanti risorse economiche per il gas, a discapito della conversione ecologica, farebbe permanere un’importante dipendenza dai combustibili fossili, oltre a togliere risorse destinate alle rinnovabili, rallentando appunto la transizione stessa.

Per il nuovo PNIEC (Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima), entro il 2030 l’Italia dovrà arrivare al 55% di fonti rinnovabili, infatti una buona parte dei fondi previsti con il PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) saranno destinati allo sviluppo delle energie sostenibili.

Come sottolinea il ministro del MiTE Roberto Cingolani però, ancora oggi l’85% circa dell’energia usata nel mondo proviene da fonti di origine fossile come petrolio e derivati. La transizione incontra dei rallentamenti, ma è destinata a proseguire con ancora più convinzione, richiedendo un approccio strategico, con investimenti pubblici e privati di lungo termine, fronteggiando al contempo l’attuale emergenza sopraggiunta. Tutto ciò evitando di compromettere il percorso virtuoso iniziato dopo tante difficoltà, e riducendo il più possibile disuguaglianze e discriminazioni che possano accentuarsi o derivare da questa fase, per uno sviluppo sostenibile dell’intera società.

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