Che cosa vuol dire “fare strategia” per un Consulente di Management?

(basato sulla mia esperienza pratica ed ispirato da alcuni articoli di David Maister)


Un giorno un gruppo di Partner della Società XYZ stava discutendo della propria strategia. “Come possiamo pensare che tutti i nostri clienti apprezzino un unico tipo di approccio alla soluzione dei loro bisogni?” chiese ad un certo punto Partner Uno. “Dobbiamo – proseguì - metterci nella condizione di offrire una più ampia gamma di tipi di approcci per la soluzione migliore dei problemi dei nostri clienti.”

“Per me sarebbe invece meglio concentrarci su un'unica modalità di erogazione dei nostri servizi, da definire in funzione del segmento di mercato che abbiamo deciso di servire”, replicò Partner Due.

“Ma se noi ci specializziamo in un unico tipo di approccio, può darsi che alcuni clienti non lo gradiscano. E in questo caso corriamo il rischio di perderli” ribatté Partner Uno.

“Certo, - intervenne Partner Tre – ma avere una strategia non significa solo scegliere il segmento di mercato a cui vogliamo rivolgerci, ma anche individuare un approccio che ci consenta di offrire / garantire nel tempo ai nostri clienti dei benefici specifici, apprezzati e dunque ben accolti. Dobbiamo però essere ben coscienti che le scelte che faremo per rendere più efficace la nostra offerta nei confronti dei clienti del nostro target, inevitabilmente, ci renderanno meno attrattivi per altri tipi di clienti, che cercano, apprezzano e si aspettano cose diverse. Se invece vogliamo organizzarci per servire una più ampia varietà di richieste e di bisogni, adattandoci alle diverse esigenze che ci verranno via via manifestate dai nostri clienti, la nostra “attrattività”, il nostro “appeal” si ridurrà al dimmi cosa vuoi, ed io te lo faccio. Rinunceremo cioè a costruirci una reputazione, basata in modo inequivocabile sui nostri specifici differenziali competitivi.”

A quel punto Partner Uno commentò a mezza voce: “Ma avremo mai il coraggio di rifiutare delle opportunità di business? Potremo mai dire ad un cliente che non siamo adatti a soddisfare i suoi bisogni?”

“Non solo dovremmo averlo, questo coraggio – affermò a questo punto con vigore Partner Tre – ma per me questa sembra l’unica via che ci può consentire di ottenere una differenziazione strategica realmente percepibile da parte dei nostri clienti. Per me fare strategia significa non tanto scegliere quali clienti e che tipo di servizi siamo pronti ad offrire in maniera eccellente, ma piuttosto saper decidere a quali tipi di business siamo disposti a rinunciare!”

“In effetti credo sia impossibile per una stessa organizzazione perseguire nello stesso tempo obiettivi di alta qualità, costi contenuti, ampiezza di gamma e rapidità di esecuzione” commentò Partner Due, che in cuor suo si preoccupava più della definizione del modello operativo da adottare che non della scelta del tipo di strategia.”

“Per avere una strategia – incalzò Partner Uno – innanzitutto dobbiamo essere selettivi rispetto al segmento di mercato che andremo a individuare, da un lato, e ai vantaggi specifici e particolari che i nostri servizi saranno in grado di offrire, dall’altro. Poi si tratterà di essere creativi e al tempo stesso focalizzati al massimo, per mettere la nostra organizzazione in grado di realizzare nel modo migliore i servizi che costituiscono la nostra offerta.”

“Tuttavia – intervenne Partner Quattro, che fino a quel momento si era tenuto un po’ in disparte – è anche vero che molte Società di consulenza si propongono al cliente come un interlocutore unico, pronto ad offrire, attraverso meccanismi di cross-selling gestiti da chi svolge il ruolo di “Account Partner”, una vasta gamma di servizi. Queste società hanno basato la loro strategia più sulla crescita dimensionale che non sulla differenziazione.”

“Certo – osservò Partner Uno – così facendo hanno accresciuto il loro giro d’affari, ma non hanno ottenuto una reputazione di eccellenza in qualche specifico settore di attività. Si presentano come bravini in tutto, un po’ come dei decatleti, sicuramente battuti dagli specialisti nelle singole discipline …”

“In effetti, il modo di ragionare di queste Società, che non rinunciano mai ad un lavoro, anche a costo di dare un servizio appena accettabile (era Partner Tre che interveniva, quasi parlando tra sé) sta forse ad indicare che oggi le risorse percepite come più scarse non sono più, come era un tempo, le diverse “competenze” (di diagnosi,  di prognosi e di esecuzione delle soluzioni trovate e concordate col cliente), non più, dunque, le capacità di dare un servizio d’eccellenza, quanto invece le capacità di stabilire rapporti commerciali duraturi nel tempo, e le relazioni che ne conseguono. Una volta ottenuta la fiducia di un cliente, si cerca di far leva su quella fiducia, vendendogli quanti più altri servizi sarà possibile.”

“In realtà – osservò ancora, un po’ pensieroso, Partner Uno - ciò che qualche volta dovremmo avere il coraggio di dire ad un cliente non è tanto Non vogliamo servirti in questo campo, quanto piuttosto Caro cliente, guarda che in questo campo non riteniamo di essere la miglior scelta per te. Potremo anche servirti, se proprio insisti, ma noi ti consiglieremmo di andare da …

***

Qualche domanda, giunti a questo punto:

·      A quale Partner vi sentireste di dare maggiormente ragione e perché?

·      La situazione sopra descritta parla di Società di consulenza. Ritenete possa valere anche per i consulenti singoli?

o  per nulla

o  almeno un po’

o  certamente, ancora di più che per le Società?

·      Oggi si fa un gran parlare di imprese a rete: secondo voi, come si collegano con i discorsi sopra riportati?

·      Avete altre osservazioni? …


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