A chi piace davvero l’employer branding?

A chi piace davvero l’employer branding?

Wikipedia dice: L'espressione employer branding è entrata in uso a partire dagli anni novanta per riferirsi alla reputazione che un'azienda si costruisce come datore di lavoro (employer) - Con l'"employer branding" l'impresa definisce, ma soprattutto comunica, ai potenziali prossimi collaboratori, quali siano le caratteristiche che rendono unico e peculiare quel posto di lavoro.

Io negli anni novanta c’ero eccome, entusiasta partecipante all'evoluzione di questo fenomeno. E da allora molto è successo. Ci ho lavorato, ci ho creduto davvero, usando questo termine più o meno a proposito in tantissime occasioni. Mi pareva bella l’idea che prima di scegliere la propria azienda si potesse conoscerne usi, costumi e logiche. Trovavo interessante una comunicazione che trascendesse le logiche della mera pubblicità, concentrandosi su principi e missione, sui valori chiave di un’azienda.

Oggi però non sono più sicura che l’employer branding così com'è mi piaccia davvero.

Per come lo vedo io, employer branding da principio interessante è diventato una specie di concorso a premi, dove chi gioca di più vince di più, indipendentemente dai valori o dai messaggi. Le campagne hanno assunto i toni della pubblicità a tutto tondo, sfruttando strumenti di ogni genere pur di arrivare ad un numero esorbitante di click o di cv, indiscriminatamente, alimentato fortemente dai social network.

Spesso non vince il migliore, vince chi ha più budget.

Saranno le logiche del mercato, non lo discuto, ma nel mio piccolo io non vorrei abbandonare il mio amico employer branding al suo destino: ci conosciamo da tanto tempo, non posso lasciarlo affogare tra gli hashtag.

Giro da anni negli atenei, parlo tanto con gli studenti, incontro HR e recruiter di aziende più o meno innovative e credo di aver imparato a distinguere la pubblicità dalla realtà. E sì, confermo che ci sono davvero moltissime realtà degne di nota, occasioni interessanti per giovani che hanno voglia di mettersi in gioco. Solo che spesso queste occasioni non vengono riconosciute, non incontrano nessuno che possa coglierle.

E quindi? Che si può fare oltre ad una bella campagna pubblicitaria?

Ho imparato il valore del passaparola come arma potente e concreta per trasferire le informazioni tra persone interessate ad uno stesso argomento. Da quando ho iniziato a lavorare su attività di incontro diretto tra studenti e aziende ho capito che solo così i potenziali lavoratori possono capire davvero se quello è l’ambiente dove davvero vogliono crescere come professionisti.

Ci ho lavorato, ci ho pensato su e ho creato Aptas - Ambassador Program to Attract Students: un network di studenti ambasciatori incaricati di trasmettere ai loro amici e colleghi ciò che l’azienda che rappresentano può offrire. Nessuno di noi rappresenterebbe un’azienda che non gli piace, nessuno accetterebbe di trasmettere informazioni che non ritiene utili. Ed ecco perché funziona.

L’ambasciatore è lo strumento perfetto per assimilare i valori di un’azienda e trasmetterli in ateneo, per davvero. Per un ragazzo che ha visto e incontrato veramente l’azienda, raccontare agli amici ciò che ha visto, vissuto e apprezzato sarà un piacere. Per noi recruiter sarà una sorpresa scoprire cosa i ragazzi si aspettano, come vogliono dialogare e con quali strumenti vogliono confrontarsi, sollevandoci dal rincorrere statistiche e articoli altisonanti scritti da “guru” della comunicazione che in ateneo magari non hanno più messo piede dalla loro laurea.

Aptas non è la risposta a tutto, non soppianta le logiche del mio amico employer branding, ma è un piccolo nuovo inizio: la possibilità per le aziende di dialogare davvero con gli studenti universitari per diffondere informazioni concrete e imparare tanto sulle future leve di lavoratori. 

Scopri di più su www.aptas.it o contattami per capire se questo progetto fa per te.

Riccardo Maggiolo

Formatore, consulente, speaker | Autore di "Lavorare è da boomer - dal culto alla cultura del lavoro" | Ex Fondatore Job Club | Opinionista @HuffPost | 2x TEDxSpeaker | Padre

8 anni

Ciao Alessandra. Sono il fondatore del Progetto Job Club (www.job-club.it). Nel programma Job Club prevediamo anche un'intervista informativa, in cui i partecipanti fanno domande a una persona esperta di una particolare azienda o settore. Potrebbero esserci dei punti di collaborazione? Quanto hai un po' di tempo dai un'occhiata al sito e dimmi che ne pensi. Ciao.

Simona Vitale

Funzionario contabile

8 anni

Complimenti Alessandra Zucca davvero un ottimo articolo. Mi sono occupata di orientamento e placement universitario presso la Facoltà d'Ingegneria Federico II° di Napoli e ho curato di recente una guida alle professioni degli ingegneri neolaureati. Mi ritrovo con tutto quello che hai scritto anche se non mi sono occupata propriamente di Employer Branding, ma durante i numerosi colloqui di orientamento e i dialoghi tenuti con gli HR aziendali, ho da sempre notato la differenza tra la percezione della professione da svolgere e la visione aziendale in cui effettivamente verrà svolta quella professione. Il passaparola è l'arma vincente per ogni tipo di iniziativa, la migliore delle pubblicità, perchè se una cosa funziona stai sicura che la voce gira! Credo che la scelta di un "ambasciatore" sia perfetta, tra l'altro egli è colui che ha vissuto in azienda e conoscenze l'attesa di chi da fuori scruta per capire se investire o meno le sue capacità e aspettative, nessuno meglio di lui può fare da intermediario!

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